mercoledì 8 gennaio 2025

Omelia per la festa dell'Epifania del Signore (2025), di mons. Nazzareno Marconi


Omelia per la festa dell'Epifania del Signore

di mons. Nazzareno Marconi
Vescovo Diocesi di Macerata




Al centro della celebrazione dell’Epifania c’è il ricordo della visita dei Magi. Ma chi sono i Magi, e soprattutto il viaggio dei Magi come possiamo interpretarlo? Questo tema del viaggio dei Magi è significativo in questo tempo di Giubileo. Partiamo perciò da una domanda: i Magi sono turisti, sono viandanti o sono pellegrini? Rispondere bene ci aiuterà a comprendere come vivere il Giubileo.

Chi è il turista? La parola lo dice, il turista è uno che fa un tour, uno che fa un giro. Il turista ha una casa sua, ha un lavoro, ha le sue idee ed il suo stile di vita; fa un giro poi ritorna come prima. Certo durante il giro vede tante cose, ma non ha una meta definita, il turista fa solo un tour e il rischio, per noi che vogliamo vivere bene il Giubileo, è di limitarci a fare i turisti.
I Magi non sono stati dei turisti? Di fatto sono partiti da casa loro e sono tornati a casa loro; ma, ci dice il Vangelo, che quando iniziano il loro viaggio non sanno bene cosa cercare, dove trovare e soprattutto quale sia la via su indirizzarsi. Seguono soltanto dei segni, come la stella. Si rifanno ad un’autorità, come Erode. Lui cita loro il consiglio quanti studiano le Scritture, e così trovano Betlemme. Ma dopo che hanno incontrato Gesù, cambia tutto, perché ci dice il Vangelo che: ricevuto un avviso in sogno, per un’altra via tornarono a casa loro. Così sono cambiati, ora sanno dove andare e come fare, grazie ad un sogno. Riflettiamo: chi è che in questo Vangelo viene guidato da Dio a trovare la via giusta, a prendere le decisioni giuste attraverso un sogno? È San Giuseppe. I Magi sono diventati come San Giuseppe, sono diventati persone capaci di ascoltare Dio e di trovare la giusta via. Sono davvero cambiati, non erano semplici turisti.

Potevano forse essere dei viandanti? Il viandante è uno che va per la via, cioè uno che ha un obiettivo da raggiungere e prende la via più corta per farlo. Il viandante non si interessa a quello che succede lungo la strada, gli importa solo di arrivare in fondo. Il viandante parte e va. Il viandante potrebbe anche essere un fuggiasco, quello che scappa da un posto verso un altro e cerca solo la via più veloce, la via più breve. Potremmo vivere il Giubileo come viandanti: come gente che vuole scappare da una situazione. Ma i Magi non sono dei viandanti, né gente che scappa. Non è gente che non da attenzione alla via ed a quello che succede lungo la via, invece di tappa in tappa si lasciano illuminare, vivono un tempo in cui crescono nell’umanità e nella fede.

Chi sono allora i Magi? Sono dei pellegrini.

È bella la parola Pellegrino, peregrinus viene da: per agros, chi cammina attraverso la campagna. Il Pellegrino non prende la superstrada, ma cammina attraverso la campagna, cioè cammina attraverso la natura e cerca piano piano, di fare strada, di trovare la strada. Il Pellegrino guarda dove cammina e si lascia guidare, illuminare dai luoghi che attraversa, delle esperienze che incontra. Il Pellegrino è uno che si lascia arricchire dal cammino.

Il rischio che corriamo è di vivere il Giubileo da turisti o da viandanti, invece, come i Magi dobbiamo viverlo da pellegrini. Cioè dobbiamo camminare in questo anno lasciandoci guidare dalla Parola di Dio, come fecero i Magi, lasciandoci guidare dai segni che Dio ci dà, come il sogno dei Magi, cercando la nostra strada non come chi ha una fretta imbestialita di arrivare, ma come chi cammina in una bella campagna e guarda le stagioni, i tempi, i frutti della natura che Dio dona e contempla la bellezza di questo Creato. Euesto hanno fatto i Magi, al punto che hanno visto la stella. Varie volte ho pensato: secondo voi questa stella, gli altri non l’avevano vista? Di fatto sono rimasti dov’erano. Io mi immagino che l’abbiano vista in tanti, ma solo i Magi hanno capito che la stella diceva: “seguimi!”. Non basta vedere le cose, bisogna capirle! Preghiamo che in questo tempo giubilare, nelle cose che vedremo, nelle cose che ascolteremo e nelle esperienze che vivremo, ci lasciamo prendere nell’animo e le viviamo e le comprendiamo come segni di salvezza. Allora saremo davvero dei pellegrini. Il segreto è essere pellegrini e soprattutto essere pellegrini di speranza come i Magi. Che non sono andati a vedere un re già grande, ma sono andati a vedere la speranza di un re, perché era ancora un bambino appena nato. Sono andati a vedere la speranza di un Regno nuovo, solo agli inizi. I Magi erano dei veri pellegrini di speranza. Anche noi, in questo Giubileo, dovremmo essere pellegrini di speranza. In un anno non risolveremo i problemi del mondo, è inutile pensarlo, saremmo degli illusi. Però se sapremo ascoltare, vedere, accogliere, comprendere e contemplare i segni che Dio ci darà lungo quest’anno e cammineremo con fede e con speranza, riuscendo a riconoscere la via giusta di questo Regno che viene, allora porteremo un po’ di speranza anche al mondo.

Questa è la preghiera da rivolgere ai santi Magi. Sono stato in pellegrinaggio a Colonia, durante una GMG, alla tomba dei Magi. Infatti, nella cattedrale di Colonia c’è il ricordo delle reliquie dei Magi e così la tomba dei Magi. Quando andai li, pregai Signore: “fa che mi accorga di tutte le stelle che manderai nella mia vita e che trovi sempre la via giusta”. Credo che questa è la preghiera che per questo Giubileo possiamo ripetere anche noi.


lunedì 6 gennaio 2025

OMELIA DELLA S. MESSA DELL'EPIFANIA DEL SIGNORE (2025), di Papa Francesco


OMELIA DELLA S. MESSA DELL'EPIFANIA DEL SIGNORE

di Papa Francesco





«Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo» (Mt 2,2): questa è la testimonianza che i Magi rendono agli abitanti di Gerusalemme, annunciando loro che è nato il re dei Giudei.

I Magi testimoniano di essersi messi in cammino, dando una svolta alla loro vita, perché nel cielo hanno visto una luce nuova. Possiamo allora fermarci a riflettere su questa immagine, mentre celebriamo l’Epifania del Signore nel Giubileo della speranza; e vorrei sottolineare tre caratteristiche della stella di cui ci parla l’evangelista Matteo: è luminosa, è visibile a tutti e indica un cammino.

Anzitutto la stella è luminosa. Molti sovrani, al tempo di Gesù, si facevano chiamare “stelle”, perché si sentivano importanti, potenti e famosi. Non è stata però la loro luce – quella di nessuno di loro – a svelare ai Magi il miracolo del Natale. Il loro splendore, artificiale e freddo, frutto di calcoli e di giochi di potere, non è stato in grado di rispondere al bisogno di novità e di speranza di queste persone in ricerca. Lo ha fatto invece un altro tipo di luce, simboleggiata dalla stella, che illumina e scalda bruciando e lasciandosi consumare. La stella ci parla della sola luce che può indicare a tutti la via della salvezza e della felicità: quella dell’amore. Quella è l’unica luce che ci farà felici.

Prima di tutto l’amore di Dio, che facendosi uomo si è donato a noi sacrificando la sua vita. Poi, di riflesso, quello con cui anche noi siamo chiamati a spenderci gli uni per gli altri, divenendo, col suo aiuto, un segno reciproco di speranza, anche nelle notti oscure della vita. Possiamo pensare a questo: noi siamo luminosi nella speranza? Siamo capaci di dare speranza agli altri con la luce della nostra fede?

Come la stella, col suo brillare, ha guidato i Magi a Betlemme, così anche noi, col nostro amore, possiamo portare a Gesù le persone che incontriamo, facendo loro conoscere, nel Figlio di Dio fatto uomo, la bellezza del volto del Padre (cfr Is 60,2) e il suo modo di amare, fatto di vicinanza, compassione e tenerezza. Non dimentichiamo mai questo: Dio è vicino, compassionevole e tenero. Questo è l’amore: vicinanza, compassione e tenerezza. E possiamo farlo senza bisogno di strumenti straordinari e di mezzi sofisticati, ma rendendo i nostri cuori luminosi nella fede, i nostri sguardi generosi nell’accoglienza, i nostri gesti e le nostre parole pieni di gentilezza e di umanità.

Mentre perciò guardiamo i Magi che, con gli occhi rivolti al cielo, cercano la stella, chiediamo al Signore di essere, gli uni per gli altri, luci che portano all’incontro con Lui (cfr Mt 5,14-16). È brutto che una persona non sia luce per gli altri.

E veniamo così alla seconda caratteristica della stella: essa è visibile a tutti. I Magi non seguono le indicazioni di un codice segreto, ma un astro che vedono splendere nel firmamento. Loro lo notano; altri, come Erode e gli scribi, non si accorgono nemmeno della sua presenza. La stella però resta sempre là, accessibile a chiunque alzi lo sguardo al cielo, in cerca di un segno di speranza. Io sono un segno di speranza per gli altri?

E questo è un messaggio importante: Dio non si rivela a circoli esclusivi o a pochi privilegiati, Dio offre la sua compagnia e la sua guida a chiunque lo cerchi con cuore sincero (cfr Sal 145,18). Anzi, spesso previene le nostre stesse domande, venendo a cercarci prima ancora che glielo chiediamo (cfr Rm 10,20; Is 65,1). Proprio per questo, nel presepe, raffiguriamo i Magi con caratteristiche che abbracciano tutte le età e tutte le razze – un giovane, un adulto, un anziano, con i tratti somatici dei vari popoli della terra –, per ricordarci che Dio cerca tutti, sempre. Dio cerca tutti, tutti.

E quanto ci fa bene meditare su questo oggi, in un tempo dove le persone e le nazioni, pur dotate di mezzi di comunicazione sempre più potenti, sembrano diventate meno disponibili a comprendersi, accettarsi e incontrarsi nella loro diversità!

La stella, che in cielo offre a tutti la sua luce, ci ricorda che il Figlio di Dio, è venuto nel mondo per incontrare ogni uomo e donna della terra, a qualsiasi etnia, lingua e popolo appartenga (cfr At 10,34-35; Ap 5,9), e che a noi affida la stessa missione universale (cfr Is 60,3). Ci chiama, cioè, a mettere al bando qualsiasi forma di selezione, di emarginazione e di scarto delle persone, e a promuovere, in noi e negli ambienti in cui viviamo, una forte cultura dell’accoglienza, in cui alle serrature della paura e del rifiuto si preferiscano gli spazi aperti dell’incontro, dell’integrazione e della condivisione; luoghi sicuri, dove tutti possano trovare calore e riparo.

Per questo la stella sta in cielo: non per rimanere lontana e irraggiungibile, ma al contrario perché la sua luce sia visibile a tutti, perché raggiunga ogni casa e superi ogni barriera, portando speranza fino agli angoli più remoti e dimenticati del pianeta. Sta in cielo per dire a chiunque, con la sua luce generosa, che Dio non si nega a nessuno, non dimentica nessuno (cfr Is 49,15). Perché? Perché è un Padre la cui gioia più grande è vedere i suoi figli che tornano a casa, uniti, da ogni parte del mondo (cfr Is 60,4), vederli gettare ponti, spianare sentieri, cercare chi si è perso e caricarsi sulle spalle chi fatica a camminare, perché nessuno rimanga fuori e tutti partecipino alla gioia della sua casa.

La stella ci parla del sogno di Dio: che tutta l’umanità, nella ricchezza delle sue differenze, giunga a formare una sola famiglia viva concorde nella prosperità e nella pace (cfr Is 2,2-5).

E questo ci porta all’ultima caratteristica della stella: quella di indicare il cammino. Anche questo è uno spunto di riflessione, specialmente nel contesto dell’Anno santo che stiamo celebrando, in cui uno dei gesti caratteristici è il pellegrinaggio.

La luce della stella ci invita a compiere un viaggio interiore che, come scriveva Giovanni Paolo II, liberi il nostro cuore da tutto ciò che non è carità, per «incontrare pienamente il Cristo, confessando la nostra fede in Lui e ricevendo l’abbondanza della sua misericordia» (Lettera a quanti si dispongono a celebrare nella fede il grande Giubileo, 29 giugno 1999, 12).

Camminare insieme «è tipico di chi va alla ricerca del senso della vita» (cfr Bolla Spes non confundit, 5). E noi, guardando la stella, possiamo rinnovare anche il nostro impegno ad essere donne e uomini “della Via”, come venivano definiti i cristiani alle origini della Chiesa (cfr At 9,2).

Ci renda così il Signore luci che indicano Lui, come Maria, generosi nel donarci, aperti nell’accoglienza e umili nel camminare insieme, perché possiamo incontrarlo, riconoscerlo e adorarlo, e ripartire da Lui rinnovati portando nel mondo la luce del suo amore.

6 gennaio 2025


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