F. Pierini
L'Adorazione dei Magi
La scena dell'adorazione da parte dei magi, descritta in Mt 2,11 ("Entrati
nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo
adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro,
incenso e mirra"), è un quadretto preciso e concluso, preceduto
dalla visione della stella (v. 10) e seguito dal sogno, che invita ad
evitare la visita ad Erode (v. 12). L'adorazione si svolge dentro la
casa, tutto il resto fuori dell'abitazione. Ed è nella casa che i magi
trovano il bambino con Maria sua madre1. Giuseppe, in questo momento, non viene ricordato2.
Lo scopo del presente studio è di esaminare se e in che modo le vane
forme di interpretazione patristica di Mt 2,11 abbiano posto in rilievo
la figura e il ruolo di Maria, madre del bambino adorato dai magi. Gli
altri personaggi della scena (il bambino e i magi) verranno quindi
considerati solo in rapporto a questa ipotesi di lavoro. Altrettanto si
dica per le discussioni riguardanti il luogo (significato di ohda), il
tempo della visita, il simbolismo dei doni. Il testo, il contesto
immediato e il contesto profetico presupposto dall'evangelista
presentano una scena di carattere spiccatamente regale: regale il
bambino, regale la madre, regale l'omaggio dei magi, regali i loro doni3; ma sembra che si debba supporre qualcosa di più: una vera e propria proclamazione di regalità divina4. É
comunque indubbio che il testo di Mt sia costruito sulla base di
accenni che chiedono di essere esplicitati. La stessa analisi
strutturale-semiotica fa emergere questa esigenza5.
La ricerca esegetica moderna, tuttavia, non risulta molto ricca circa
1'aspetto mariologico di Mt 2,11. A parte le considerazioni già
accennate6, l'attenzione è rivolta soprattutto ai personaggi "attivi" dell'episodio, cioè ai magi7.
I Padri della Chiesa, da parte loro, fin dall' inizio hanno cercato di
sviluppare tutta una serie di interpretazioni, ricorrendo ai più diversi
generi letterari8, e, come si vedrà,
il ruolo di Maria è stato sempre più chiaramente e ampiamente
valorizzato. La periodizzazione dell'interpretazione patristica di Mt
2,11, sotto l'aspetto specificamente mariologico, comprende tre grandi
fasi. La prima va dalle origini sub-apostoliche fino alla metà del sec.
IV, quando cominciano a celebrarsi le feste liturgiche collegate alla
Natività e alla Teofania: in questa fase, i commenti a Mt 2,11, che si
possono incontrare nelle opere più diverse, sono in realtà puri e
semplici accenni, che si concentrano soprattutto sul significato
profetico dell'episodio; vi si trovano anche le prime rielaborazioni
letterarie. La seconda fase va dalla metà del sec. IV alla metà del sec.
VI: prosegue e si accentua la produzione dei commenti scritturistici,
delle prose narrative e della poesia, ma appaiono anche accenni sempre
più frequenti al problema, sia nei trattati trinitari e cristologici,
sia nelle prime monografie mariologiche; appaiono inoltre le prime
preghiere mariane liturgiche ed extraliturgiche, e, naturalmente, le
prime omelie e i primi sermoni riguardanti le già accennate feste della
Natività e della Teofania. La terza fase va dalla metà del sec. VI alla
fine dell'epoca patristica: mentre continuano i generi precedenti, si
vanno sviluppando elaborazioni leggendarie sempre più complesse attorno
alle figure dei magi, che offrono insieme variazioni assai significative
intorno alla figura della madre di Gesù. Questa fase vede inoltre
l'apparizione di un nuovo genere letterario: la vita di Maria. Essendo
impossibile, in uno studio puramente orientativo come il presente,
rendere conto di tutti gli echi patristici intorno a Mt 2,11 (che
richiederebbero una trattazione assai voluminosa), si è adottato il
metodo del sondaggio in riferimento sia alle tre fasi storiche
accennate, sia ai principali generi letterari usati dai Padri nel corso
del primo millennio. Si prendono in esame, perciò, prima di tutto i
commenti veri e propri a Mt 2,11 apparsi sotto le più diverse forme; poi
i vari tipi di ampliamenti teologico-narrativi attorno a quella
pericope evangelica: gli apocrifi, le parafrasi, la produzione poetica,
le leggende; la produzione eucologica e liturgica; l'abbondante
produzione di omelie e sermoni circa la festa liturgica; le vite di
Maria.
1. DALLE ORIGINI ALLA METÁ DEL SEC. IV
Nel periodo che va dalle origini alla metà del sec. IV, gli accenni a Mt 2,11 sono relativamente numerosi9,
ma quasi esclusivamente rivolti a mostrare 1'adempimento delle profezie
e a far risaltare 1' atto di ossequio compiuto dai magi ed il
significato dei doni da loro offerti. Tra questi accenni, merita di
essere segnalato il primo in ordine di tempo, quello di Giustino (†ca. 165), che vuole mostrare la realizzazione di Isaia 8,4, riferendo i puri e semplici dati evangelici: "Noi
possiamo dimostrare che Ciò si compì nel nostro Cristo ( ... ). Mentre
erano lì, Maria partorì il Cristo e lo pose in una mangiatoia: ivi lo
trovarono i magi venuti dall'Arabia"10. L'unico commento relativamente ampio al Vangelo di Matteo è, in questo periodo, quello di Origene (†254), composto nel 224, che tuttavia è conservato solo in parte e, purtroppo, non per la pericope evangelica che ci interessa11.
Tuttavia, un accenno si trova ugualmente quando il dotto alessandrino,
commentando l'invito del Signore a non ostacolare i bambini (Mt 19,14),
osserva come Dio stesso si sia fatto fanciullo e ricorda appunto i magi
che videro il bambino con Maria sua madre12.
Anche la produzione narrativa di questa fase, pur diffondendosi su
altri momenti della vita di Maria, si presenta singolarmente sobria
circa il suo atteggiamento di fronte ai magi. Il Protovangelo di Giacomo (sec. II) si limita a richiamare quasi alla lettera il testo di Matteo: "I magi videro il bambino con la madre di lui, Maria. Dalla loro bisaccia trassero fuori doni: oro, incenso e mirra"13. L'attività di Maria viene presentata, invece, poco dopo, sostituendo quasi l'iniziativa di Giuseppe: "Maria, udendo che si uccidevano i bambini, spaventata, prese il fanciullo, lo fasciò e lo pose in una greppia di buoi"14.
Uguale sobrietà si riscontra, dal punto di vista sia narrativo che
teologico, anche nel primo poema epico cristiano, quello del presbitero
spagnolo Giovenco (composto nel 330 Ca.): "I magi
provano grande gioia e salutano l'astro. Dopo aver visto il bambino al
petto della madre, si inchinano, coprendo col corpo prono La terra"15.
2. DALLA META DEL SEC. IV ALLA METÁ DEL SEC. VI
Nella
seconda fase, quella che va dalla metà del sec. IV alla metà del sec.
VI, si va sviluppando, con cautela nei commenti biblici, con maggiore
libertà nelle poesie e nelle preghiere, con grande ricchezza nelle prime
omelie per la festa della Natività-Teofania o Epifania, quello che già
si annuncia come l'autentico trionfo della "Madre di Dio". Le
polemiche trinitarie, con la definizione della divinità del Logos
(Nicea, 325) e dello Spirito santo (Costantinopoli I, 381); 1e po1emiche
cristologiche, con la condanna del nestorianesimo (Efeso, 431) e del
monofisismo (Calcedonia, 451), creano concretamente il terreno adatto
per 1'inquadramento dottrinale e per la promozione devozionale intorno
alla figura di Maria: vergine, madre, regina. É appunto nel fervore delle lotte anti-ariane che Ilario di Poitiers (†367)
richiama gli episodi dell'infanzia di Cristo, cercando di cogliere la
dialettica divino-umana che sta alla loro radice, e mettendo in rilievo
Maria come figura essenziale: "Giungono i magi e adorano l'infante
avvolto in fasce e, dopo una vita consacrata ai riti divinatori propri
della loro vana scienza, piegano le ginocchia davanti a colui che è
deposto in una culla. I magi adorano un'umile culla e i vagiti sono
festeggiati da una celestiale angelica gioia! ( ... ) Una cosa si
comprende e un'altra si vede, una cosa si scorge con gli occhi e
un'altra si coglie con l'animo. Infatti una vergine partorisce, ma il
suo nato proviene da Dio!"16. Il medesimo senso di stupore si manifesta in alcuni accenni di Gregorio di Nazianzio (†ca. 390)17, e soprattutto nelle considerazioni sviluppate da Ambrogio di Milano (†397), che sottolinea i contrasti sconcertanti che emergono dalla scena della natività di Cristo: "Qui
c'è il Signore, questa è la greppia, per mezzo della quale ci è stato
rivelato il divino mistero, che cioè i gentili, mentre prima vivevano
come bruti animali entro le stalle, saranno nutriti con l'abbondanza di
un santo alimento... Sono forse modesti questi prodigi, con cui si
dimostra la divinità di Cristo? Gli angeli lo servono, i Magi lo
adorano, i martiri lo confessano. Nasce da un grembo materno, ma splende
nel cielo; giace in un rifugio terreno, ma regna nello splendore
celeste. Lo ha partorito una sposa, ma una vergine lo ha concepito; lo
ha concepito una sposa, ma una vergine lo ha generato"18.
Ambrogio rileva, però, contemporaneamente l'atteggiamento interiore ed
esteriore, l'equilibrio spirituale della vergine-madre: "Maria, che
si era turbata all'apparire dell'angelo, ora rimane tranquilla innanzi
al succedersi di tanti miracoli, quali la fecondità nella sterile, la
maternità nella vergine, il favellare nel muto, l'adorazione dei magi..."19. Dopo l'accenno all'adorazione dei magi e alla presenza di Maria, che si può registrare in Epifanio di Salamina (†403)20,
proprio alla vigilia del concilio di Efeso arrivano le testimonianze
dei due più grandi rappresentanti della scuola di Antiochia, Giovanni Crisostomo (†407) e Teodoro di Mopsuestia (†428),
entrambi impegnati a collocare Maria più dalla parte umana che da
quella divina. Il primo, davanti all'adorazione dei magi, non nasconde
l'apparente paradosso del loro gesto: "Che cosa mai li indusse ad
adorare il bambino? La vergine, infatti, non mostrava, di per sé, nulla
di particolarmente straordinario; la casa non era certo eccezionale (
... ). Essi, tuttavia, non solo adorano, ma aprono i propri tesori ed
offrono dei doni, doni - si noti - non degni di un uomo, ma addirittura
di Dio (...). Eppure, nulla di ciò che cade sotto i loro occhi è degno
di nota, bensì l'abitazione è un tugurio, la madre è una povera donna: e
questo perché tu capisca e impari la semplicissima filosofia dei magi, e
cioè che essi si accostarono non ad un uomo puro e semplice, ma ad un
vero Dio benefico"21. Il secondo,
Teodoro di Mopsuestia, cerca di immedesimarsi, come Ambrogio, in Maria;
ma non tanto per esaltarne la perfezione spirituale, quanto piuttosto
per presentarla come testimone della fede, della certezza nella divinità
del Figlio: "Da dove mai sapeva che egli aveva il potere di operare
queste cose? Certo è che sua madre fin dalla puerizia concepì di lui
una grande opinione. ( ... ) Tra le altre circostanze, più mirabile per
lei fu la visita dei magi. Da tutte queste cose ella potè conoscere con
certezza la grandezza (del figlio)"22.
Nel campo della produzione poetica, invece, non vi sono riserve.
Dall'Oriente siriaco (Efrem) all'Oriente greco (Romano), all'Occidente
latino (Prudenzio), si leva un coro di esaltazioni a Maria, anche in
rapporto al ruolo da lei sostenuto durante la visita e l'adorazione dei
magi. Efrem (†373)
dedica un intero suo carme a descrivere non solo l'arrivo dei magi, ma
anche il dialogo fra costoro e Maria e il modo come gli interlocutori si
svelano reciprocamente, dopo le prime titubanze, il mistero di quel
bambino, che è Figlio di Dio. Il carme si conclude con la rivelazione
piena, nel colloquio incalzante fra Maria e i magi: "L'angelo
nunziante lo chiamò in mia presenza e prima che fosse concepito Signore e
Figlio dell'Altissimo. Ma chi fosse stato il suo padre io lo ignoravo./
A noi la stella annunziò che il nascituro figlio tuo era il Signore del
cielo e che avrebbe dominato sugli astri tutti sottomessi al suo
potere./ A voi svelerò un altro mistero: io da vergine ho concepito un
figlio che è Figlio di Dio e Signore; andate, annunciatelo!/ La stella
anche a noi ha rivelato che il figlio tuo era Figlio di Dio e Signore e
regnerà su tutti. Egli è davvero Figlio di Dio come tu hai detto!"23. Altrove, Efrem accosta il Padre celeste e Maria con singolare audacia teologica: "Ecco,
tu sei nel Padre tuo e in Maria, sul cocchio, nel presepe e in ogni
luogo! Nel Padre tuo tu sei con certezza, in Maria tu sei senza dubbio;
sul cocchio e nel misero presepe e in ogni luogo, perché tu sei il
Creatore"24. Prudenzio (†
ca. 405), tentando di descrivere la scena dei magi, appare più
problematico di Efrem, ma nel contrasto fra l'umano e il divino è il
senso del divino a prevalere, sia nella contemplazione del mistero da
parte dei magi, sia net ruoto svolto dalla Vergine-madre: "Non è
forse lui quel Dio la cui culla 1'Oriente è venuto a venerare offrendo
supplice, su piatti dorati, doni regali a lui che, ricoperto di
pannolini infantili, giace sul grembo della Vergine? Quale messaggero
alato e motto simile al rapido austro raggiunse i popoli dell'Oriente e
la remota Battriana per annunciare che era sorto il giorno luminoso
dalle ore allettanti, nel quale Cristo era aggrappato alla verginale
mammella? Abbiamo visto - affermano - questo fanciullo trasportato
attraverso gli astri, che risplendeva al di sopra delle antiche orbite
delle stelle"25. Romano il metode (†560),
invece, si muove con lo stesso stile di Efrem e drammatizza la scena
dei magi attraverso un dialogo che vede impegnati non solo costoro e
Maria, ma anche Maria e il bambino Gesù. Giuseppe è presente, ma in
silenzio. La Madonna qui appare in maniera chiarissima come grande
mediatrice fra Dio, suo Figlio e gli uomini. La scena si conclude
proprio con Maria che svolge in pieno questo ruolo: "Terminati i
racconti, i magi presero in mano i loro doni e si prostrarono davanti al
Dono dei doni, davanti al Profumo dei profumi. Offrirono a Cristo oro,
mirra e incenso, esclamando: «Accogli questo triplice dono come accogli
l'inno trisagio dei Serafini»... L'Intemerata, di fronte a tutte queste
cose nuove e splendide - i magi prostrati con le mani ricolme, lo
splendore della stella, i pastori inneggianti - rivolse al Creatore e
Signore di tutti questa supplica: «Accogli, Figlio, questo triplice dono
e adempi la triplice domanda di colei che ti ha messo al mondo»..."26.
Dai commenti biblico-teologici e dalla poesia di livello dotto ed
elaborato, l'esaltazione di Maria passa, in questo periodo storico,
anche alla letteratura popolare. Ne è testimone, tra il sec. V e VI, uno
dei primi apocrifi sui magi, la Caverna dei tesori. I
famosi personaggi orientali, diventati già tre di numero, scorgono, due
anni prima della nascita del Messia, nella toro terra di origine, la
Persia, una stella con al centro l'immagine di una vergine che porta in
seno un fanciullo coronato. Quando arrivano a Betlemme, si trovano di
fronte ad una scena motto diversa, ma la loro fede non vacilla: "Anche
se essi videro tutto quello spettacolo di squallore e di miseria, non
dubitarono nei loro cuori, ma si accostarono invece con timore,
pregarono e adorarono e offrirono i loro doni: oro, mirra e incenso.
Maria e Giuseppe furono molto rattristati per il fatto di non avere
niente da dare in contraccambio"27.
Ed è sempre in questo periodo che anche l'eucologia mariana, dopo una
lunga incubazione, esplode in tutta la sua forza ed eloquenza, come è
evidente nell'inno Akathistos, alcune strofe del quale
sono dedicate ad esprimere poeticamente il brano di Mt 2,1-12. Nel ben
noto inno (che qui tralasciamo) i magi "contemplano sulle braccia materne l'Artefice sommo dell'uomo", offrono i doni e poi prorompono in una preghiera a Maria, "madre del1'Astro perenne".
Contemporaneamente, però, si è avuta anche la fioritura rigogliosa di
omelie e sermoni liturgici riguardanti l'episodio dei magi. Una delle
più antiche testimonianze è sicuramente quella di Basilio di Cesarea (†379),
che celebra la Teofania in tutti quegli aspetti che sono caratteristici
per la teologia e la pietà greche, Teofania come autentico inizio della
salvezza per tutti, anche per Maria, che ha generato l'autore della
salvezza stessa: "Accorrono le stelle del cielo, partono i magi dai
paesi lontani, la terra apre una sua grotta. Nessuno resti insensibile o
si mostri ingrato. Innalziamo anche noi la voce per l'esultanza.
Chiamiamo la nostra festa Teofania, celebriamo la salvezza del mondo, il
giorno natalizio dell'umana natura. Oggi è stata pagata la pena di
Adamo. Non si può dire più: sei polvere e in polvere tornerai, perché
adesso, congiunto alla realtà celeste, sei ammesso in cielo. Non si
udirà più: partorirai i figli nel dolore. Infatti è beata colei che ha
partorito 1'Emmanuele, è beato il petto che lo ha nutrito"29. Anche Gregorio di Nissa (†ca. 399) esalta, per la festa natalizia di Cristo, Maria e i magi, anche se non in rapporto al momento dell'adorazione30.
A queste prime voci d' Oriente fanno eco quelle d' Occidente. Nel
frattempo, fra le diverse parti del mondo cristiano, si è verificato lo
scambio: la data del 6 gennaio resta in Oriente come festa del battesimo
di Cristo e penetra in Occidente a commemorare la triplice Teofania dei
magi, del battesimo e del miracolo di Cana; la data del 25 dicembre,
invece, resta in Occidente come festa del Natale e penetra in Oriente a
commemorare, insieme col Natale, anche l'adorazione dei magi31. Massimo di Torino (†prima
del 423) può quindi accennare, in uno dei suoi sermoni per la festa
dell'Epifania, al parallelismo fra Maria che presenta Gesù
all'adorazione dei magi e il Padre celeste che presenta il medesimo
Gesù, suo Figlio, al culto di tutte le genti32. Poco dopo è Agostino di Ippona (†430)
a dedicare all'Epifania sei sermoni, con accenni alla Vergine, sparsi
però anche in altre prediche liturgiche. Tra considerazioni volte a
sgombrare dalla mentalità degli uditori ogni idea legata alle
superstizioni o alle eresie, Agostino trova il modo di sviluppare
brevemente una specie di "comunicazione degli idiomi" tra madre e figlio, tra Maria e Gesù: "La
nobiltà del figlio fu la verginità della madre, la nobiltà della madre
fu la divinità del figlio. Mentre erano stati tanti i re dei Giudei già
nati e defunti, i magi non cercarono nessuno di essi per adorarlo,
perché di nessuno di essi il cielo aveva loro parlato"33. E ancora, sulla base dell'accostamento tra luce-Cristo e stella-Maria: "Non
fu notte la vergine Maria, ché anzi fu in certo modo la stella della
notte. Perciò ad indicare il suo parto fu una stella la quale condusse
la remota notte, ossia i magi dell'Oriente, ad adorare la luce; e così
anche per questi si adempì il detto secondo il quale dalle tenebre
risplendette la luce"34. Il parallelismo Padre-Maria e Cristo-Maria, in rapporto a Mt 2,11, si generalizza sempre più. Proclo di Costantinopoli (†446) mette sulla bocca dei devoti questa domanda: "Dove si trova colui che, in quanto è dal Padre, è invisibile e, in quanto è dalla madre, si trova racchiuso (nelle braccia)?"35.
Come si sta verificando nella poesia e nell'eucologia mariane,
l'esaltazione del meraviglioso si diffonde anche nelle omelie e nei
sermoni. Un esempio, in Occidente, è Pietro Crisologo († ca. 450). In una delle sue prediche, la Vergine e i magi vengono rappresentati come elementi dell'azione onnipotente di Dio: "Cosa
vi è di più razionale del fatto che Dio può far tutto ciò che vuole?
Infatti, chi non più ciò che vuole non è Dio. Dunque, l'angelo non fa
altro che eseguire i comandi di Dio, lo Spirito li porta a compimento,
la potenza divina li rende concreti, la Vergine crede in essi, la natura
li accetta e i cieli li narrano, il firmamento li annunzia, le stelle
li mostrano, i magi li predicano, i pastori li adorano e perfino gli
animali li riconoscono"36. Un esempio analogo, in Oriente, è Esichio di Gerusalemme (†451).
Anch'egli, parlando degli avvenimenti natalizi, pone esplicitamente, in
forma interrogativa, le questioni di fede che erano state tanto
discusse nei decenni precedenti e che i magi avrebbero potuto sollevare:
"Essi, mentre camminavano alla ricerca del bimbo, dietro la scia della
stella, non dissero a quelli che il interrogavano: «Com'è che la
concezione è divina? Com'è che il seno è senza seme? Com'è che il parto è
incorrotto? Come mai dopo il parto la madre è vergine? Come mai è
soggetto agli anni chi è prima di essi? Come è nel tempo chi è prima dei
secoli? Come potè il seno contenere l'Incontenibile? L'Incorporeo farsi
uomo senza mutazione? Come il gloriosissimo Dio Verbo, annientandosi
nel seno di una vergine, ineffabilmente prese carne da lei e forma di
servo?»... Ma, dopo essersi informati, pervennero in silenzio alla
grotta, con doni che offrirono con la dovuta riverenza al Re e Dio"37.
D'altra parte, il divario fra l'umano apparente e il divino effettivo
viene colto e sottolineato sempre più spesso e con sempre maggiore
compiacenza, come si pub constatare in due altri predicatori della
seconda mètà del sec. V e della prima metà del sec. VI. Leone I (†461)
sintetizza in maniera efficace e quasi iconografica la scena della
Vergine col bambino in una delle sue omelie sull'Epifania: "É ristretto tra le braccia della madre Colui che non è racchiuso da nessun limite"38. Fulgenzio di Ruspe (†
532), polemizzando anche con l'arianesimo dei Vandali invasori della
sua Africa, pub quindi richiamare i particolari dell'episodio dei magi
per mostrare come, dietro il loro esempio, Gesù possa e debba essere
adorato veramente come Figlio di Dio fatto uomo: "Archelao nacque in
un palazzo, Cristo in una locanda ( ... ). Ma quello non viene affatto
nominato dai magi, costui invece viene cercato, trovato e adorato
devotamente. Il primogenito del re viene del tutto trascurato, mentre
viene adorato con doni il primogenito di una donna poverella ( ... ).
Maria ebbe, come figlio nato proprio da lei, quella medesima persona a
cui la stella manifestò il proprio doveroso servizio. Maria a Betlemme
partorì quello stesso medesimo Dio-uomo che la stella annunziò ai magi
residenti in Oriente. I magi, dunque, arrivarono, e riconobbero nel
figlio della Vergine l'unico e medesimo Dio-uomo"39. Questi stessi pensieri, in Oriente vengono espressi spesso, nelle omelie, in forma dialogica e drammatizzata. É il caso dello Pseudo-Teofilo (sec. VI), che pone le proprie parole sulla bocca di Maria stessa: "Ecco
la stella, veduta in Oriente, il precedeva, finché giunse alla casa in
cui noi eravamo, io e mio figlio Gesù, e il guidò come una buona guida. E
quando furono entrati nella casa e videro il fanciullo sulle mie
braccia si prostrarono adorandolo, con i doni nelle loro mani, oro,
incenso e mirra"40.
3. DALLA METÁ DEL SEC. VI ALLA FINE DELL'ETA PATRISTICA
Il
terzo e ultimo periodo della riflessione patristico-mariologica
sull'episodio di Mt 2,11 va dalla metà del sec. VI at termine dell'età
patristica, che può collocarsi, in senso lato, intorno al Mille.
L'orizzonte esegetico di questa fase, coincidente nel mondo occidentale
col primo Medioevo, è dominato dal più ampio commento latino al Vangelo di Matteo e certo il più utilizzato nei secoli successivi - un'opera già attribuita a Giovanni Crisostomo
- ossia 1'Opera incompiuta su Matteo. Tornano e si fondono, nelle
considerazioni di questo anonimo autore circa Mt 2,11, i temi già
incontrati: la preoccupazione puntigliosa di sottolineare il contrasto
fra le misere apparenze umane e le realtà divine che vi si trovano
nascoste, e la fede dei magi che riesce ad oltrepassare tali apparenze,
cogliendo appunto 1' aspetto soprannaturale: "Forse videro un
palazzo splendido di marmi? Forse una madre coronata di diadema e
giacente su un letto d'oro? Forse un bambino avvolto da oro e porpora?
Forse una sala regia gremita di gente di popoli diversi? Che cosa videro
invece? Un abituro, oscuro e sordido, buono più per animali che per
uomini, dove certo nessuno si sentiva contento di abitare, se non
costretto dalle necessità del viaggio. La madre aveva appena una
semplice tunica, non per ornare il suo corpo ma per coprirlo, vestirlo, e
tale come poteva portarlo in viaggio la moglie di un falegname. Il
bimbo era avvolto in panni più che sordidi e si trovava collocato in una
mangiatoia, sordida anch'essa. Il luogo era talmente angusto che non
c'era spazio neppure per collocarvi il neonato. Se dunque essi erano
venuti a cercare un re della terra, la gioia avrebbe presto dato luogo
ad un sentimento di confusione, perché un così gran viaggio era senza
risultato. Ma siccome il re che essi cercavano era il Re del cielo,
benché non scoprissero in lui niente di regale, contenti della
testimonianza che gli rendeva la stella, si rallegrarono alla vista di
questo povero bambino, del quale lo Spirito Santo aveva loro svelato in
fondo al cuore la temibile maestà. E perciò che essi si prostrarono per
adorarlo, giacché, se i loro occhi non vedevano in lui che un uomo, essi
vi riconoscevano un Dio"41. Nelle
scuole patristiche dell'alto Medioevo, d'altra parte, l'esegesi di Mt
2,11 si definisce anche in termini mariologico-ecclesiologici, come si
riscontra nel commento a Matteo, già attribuito a Beda il Venerabile († 735): "Entrarono
nella casa e trovarono il bambino con Maria sua madre. Ossia, entrando
nella Chiesa per mezzo della fede, trovarono Cristo con la Chiesa
primitiva, che si convertì alla fede in lui uscendo dal popolo
d'Israele. E inginocchiati lo adorarono. Non lo avrebbero mai adorato se
non lo avessero creduto il Signore. Il cammino dei popoli credenti era
infatti di tipo mistico, e l'adorazione era basata sulla vera fede e
sulla pura testimonianza"42. Nell' opera di Strabone (†849) Si trovano accennate anche altre questioni, relative alla Trinità e a Giuseppe: "Entrati
in casa... i tre magi, con un solo itinerario, arrivano ad adorare Dio,
e questo perché in un solo Cristo, che è la Via, si giunge ad adorare
l'inseparabile Trinità. Il bambino con Maria sua madre... Il bambino
risulta nominato spesso, perché arrivino a riconoscere colui di cui è
detto: è nato a noi un bambino. Perché, inoltre, Giuseppe non viene
trovato, dai magi, insieme con Maria? Perché non fosse offerto nessun
pretesto di cattivo sospetto ai pagani che, appena nato il Salvatore,
mandarono a lui i magi, come loro primizie, ad adorarlo"43. Infine, Rabano Mauro (†856)
riassume, nella propria esegesi, un po' tutti i motivi tradizionali
collegati con Mt 2,11, e altri ancora, che riflettono, com'è evidente,
le idee e le preoccupazioni di una cristianità ormai molto diversa da
quella dei secoli precedenti: "Dice: entrati in casa, e ciò
significa nella locanda ricordata da Luca nel proprio Vangelo. Trovarono
il bambino con Maria sua madre. Perché venga chiamato bambino colui che
era ancora neonato dipende dal fatto che non necessariamente viene
attribuita un'età precisa a colui che è sempre perfetto. Ci si chiede,
inoltre, perché non viene detto che Giuseppe fu trovato dai magi insieme
col bambino e con Maria: questo perché non fosse offerto nessun
pretesto di cattivo sospetto ai pagani che, appena nato il Salvatore,
mandarono a lui i magi, come loro primizie, ad adorarlo. Entrano inoltre
nella casa in cui si trova Cristo, cioè arrivano alla Chiesa cattolica.
Entrando in essa attraverso il battesimo e la vera fede, trovarono
Cristo con la madre sua, ossia con la santa Chiesa che, rimanendo
vergine, ogni giorno genera figli a Dio Padre. Giuseppe è tenuto da
parte in quanto (simbolizza) il popolo giudaico, accantonato per la sua
incredulità"44. Al contrario di
quanto affermano i commentatori dotti, le leggende popolari Si
compiacciono, invece, di far intervenire spesso e volentieri il
personaggio tenuto in disparte, ossia Giuseppe. Mette soprattutto in
opera Giuseppe, per esempio, il Vangelo dell'infanzia armeno,
risalente alla fine del sec. VI. I magi si rivolgono infatti a lui e da
lui ottengono risposta. Maria, dapprima spaventata, si rassicura. Il
racconto continua poi descrivendo dettagliatamente le esperienze
spirituali vissute dai magi nelle visite successive al bambino, per
arrivare alla conclusione: "Tu sei Dio e Figlio di Dio!"45.
Nel Vangelo dell'infanzia arabo, quasi contemporaneo al precedente, la
scena è arricchita da un'iniziativa di Maria, che dona ai magi una
fascia in segno di benedizione. Il Vangelo dello pseudo-Matteo, risalente ai sec. VII-VIII, si limita a precisare che "entrati in casa, trovarono il bambino Gesù seduto in grembo alla madre", continuando poi nella descrizione dei doni41. Nel Vangelo arabo di Giovanni,
composto probabilmente fra 1' VIII e il IX secolo, prima ancora
dell'adorazione i magi vedono il bambino e sua madre già nella luce
della stella. Il Vangelo dell'infanzia del Salvatore,
risalente ai sec. IX-X, infine, mostra i magi che salutano Maria con le
parole stesse dell'angelo, sviluppando poi un ampio dialogo fra i magi
stessi e Giuseppe, in cui quest'ultimo viene adeguatamente informato
sull'origine e sulla divinità del bambino49.
Attraverso tutte queste leggende, l'episodio evangelico dell'adorazione
dei magi, modello della conversione dei pagani, si diffonde in
Occidente e in Oriente in vane direzioni, assolvendo un compito
missionario di singolare importanza50. Tarda eco di tutto questo leggendario sarà l'opera di Giovanni da Hildesheim († 1375)51. Ma
intanto, la produzione letterario-liturgica continua a sviluppare con
grande varietà e ricchezza, soprattutto in Oriente, il ruolo di Maria. Andrea di Creta († 740) canta, per esempio: "La
Vergine è seduta imitando i cherubini, portando nel grembo il Dio Verbo
incarnato. I pastori glorificano il neonato, i magi offrono doni al
Maestro ( ... ). Madre di Dio, Vergine, che hai messo al mondo il
Salvatore, tu hai cancellato la maledizione di Eva. Tu sei infatti
divenuta, per la benevolenza del Padre, la Madre che porta nelle viscere
il Verbo di Dio incarnato"52.
Nell' altrettanto abbondantissima produzione omiletico-liturgica, Maria
viene ugualmente sempre più esaltata, e se ne riepilogano spesso i vari
ruoli nella storia della salvezza, con una elencazione che prelude alla
dottrina sistematica dei suoi "privilegi". Un esempio può essere rappresentato dallo Pseudo-Epifanio,
del sec. VIII: "I magi, quando videro la stella, anzi, per meglio dire,
il Salvatore, provarono grande gioia. Si curvarono e lo adorarono,
offrendogli in dono oro, incenso e mirra come ad un essere mortale;
anzi, essi offrirono questi doni per indicare la sepoltura di Cristo,
creatore e artefice di tutte le cose, che Maria aveva generato, sposa
celeste, cielo, tempio e trono della divinità, ineffabile tesoro del
Paradiso (...)"53. Gli elementi
mariologici dell'interpretazione patristica di Mt 2,11 giungono però a
sistema e maturazione soprattutto nei primi tentativi, letterari e
teologici insieme, di vere e proprie elaborazioni di qualcosa che si può
chiamare Vita di Maria. In questo tipo di produzione,
l'attenzione è ormai concentrata su Maria, come protagonista, capolavoro
della grazia divina. Un primo esempio è il ritratto mariano attribuito a
Massimo il Confessore († 662). La scena dei magi è descritta così: "Videro
il grande prodigio, perché, quando si accostarono al neonato,
primogenito avanti i secoli, furono subito riempiti di grazia, di
tenerezza e di luce, e una gioia indescrivibile si effuse nei loro
cuori. Tuttavia, superiore ad ogni grazia e ad ogni gloria, era la
contemplazione e l'ascolto della Madre intatta, inesperta di nozze, e
l'armoniosa compostezza del suo aspetto era più alta di qualunque
conoscenza umana ( ... ). In verità, le sue glorie cominciarono allora a
manifestarsi; ma poi crebbero ancor più la sua gloria, la sua lode e la
sua fedeltà"54. Tralasciando l'opera analoga di Epifanio (sec. IX)55, concludiamo il nostro esame con la sintesi biografica di Simeone Metafraste (†
1000 ca.), che tiene conto in maniera equilibrata di quanto la
tradizione patristica più genuina aveva cercato di esplicitare circa la
profonda dialettica di umano e di divino, che aveva operato anche nel
destino di grazia di Maria, Madre di Dio: "Entrati nella casa -
narra l'evangelista - videro il bambino con Maria sua madre. Ma cosa
hanno visto di così grande da porsi in adorazione? Al contrario, tutto
si presenta in una condizione tale che non puà esserci nulla di pi1
modesto! Non vedono forse una grotta, una mangiatoia, delle fasce e una
madre tutta umiltà? Cosa, dunque, ha suscitato in essi tanta ammirazione
che non solo si sono apprestati all'adorazione, ma hanno portato anche
dei doni, e per giunta tali da significare con essi che il bambino è Dio
e Re? ( ... ) Che cosa, dunque, li ha mossi? Sempre e solo ciò che li
ha indotti ad uscire dalla loro patria e ad affrontare un così lungo
percorso: certamente la stella e la luce che, inviata da Dio, ha
illuminato i loro animi. Ma, naturalmente, quali pensieri attraversavano
l'animo della madre osservando queste cose? (...) Questo, in fondo, è
ciò che il Signore ha fatto fin dall'inizio: mentre ha paradossalmente
innalzato ciò che è vile e inglorioso, al contrario ha umiliato ciò che è
potente"56.
4. CONCLUSIONE
In
estrema sintesi, e come pura e semplice ipotesi di lavoro che nasce da
questo sondaggio orientativo, si può affermare che l'interpretazione
mariologica di Mt 2,11, da parte dei Padri della Chiesa, si sviluppa
gradualmente, ma in maniera molto ricca e complessa, sia nelle tematiche
teologiche, sia nelle forme letterarie (entrambe, naturalmente, legate
ad ambienti culturali e sociali che meriterebbero di essere indagati e
approfonditi). In una prima fase, ossia dalle origini alla metà del Sec.
IV, Maria in Mt 2,11 è vista soprattutto come un mistero di adempimento
profetico, strettamente funzionale al Cristo nato e manifestato ai
magi. In una seconda fase, dalla metà del sec. IV alla metà del sec. VI,
lo scandaglio del mistero si arricchisce per il contributo diretto e
indiretto delle grandi controversie teologiche sulla Trinità e
sull'Incarnazione e per gli stimoli provenienti dalle feste liturgiche
della Natività e dell'Epifania. In una terza fase, dalla metà del Sec.
VI al termine dell'epoca patristica, si sviluppano ulteriormente le
tematiche precedenti, ma vi si aggiungono anche quelle che conducono a
collocare Maria sempre più nella dottrina e nella vita della Chiesa e
nell'orizzonte missionario della cristianità. Emerge, così, una figura
di Maria, Vergine, Madre, Regina, mai staccata dai vari contesti
teologici (trinitario, cristologico, ecclesiologico, ecc.), mai resa
estranea; anzi, sempre più immersa nella vita liturgica, nella devozione
popolare, nell'attività apostolica e missionaria, e tuttavia sempre più
netta e precisa, sempre più se stessa, come donna veramente "umile ed alta più che creatura".
NOTE
1
Gli esegeti sottolineano concordemente la presenza del binomio: il
bambino-la madre, che ricorre ben cinque volte nel Vangelo dell'infanzia
di Matteo (2,11.13.14.20.21). Cf in tal senso A. LANCELLOTTI (Matteo,
Roma 1978, 50): "Sembra una formula coniata appositamente da Matteo per
mettere al loro giusto posto i personaggi che sono all'origine della
salvezza messianica. Viene in primo luogo il 'bambino' su cui si
concentra l'attenzione di tutti, potenze terrestri e celesti, e verso il
quale sono orientate le speranze dei giusti come le gelosie dei
tiranni. Poi viene 'sua madre' che lo generò. Giuseppe, il cui ufficio
di 'custode' occupa un posto centrale in tutta la narrazione, è come
lasciato in disparte".
2 Le ragioni per l'assenza di Giuseppe ci sembrano chiaramente spiegate da T. STRAMARE (San Giuseppe nella Sacra Scrittura, nella Teologia e nel Culto,
Casale M. 1983, 101-102): "Gli esegeti hanno saputo immaginare una
occupazione per Giuseppe allo scopo di giustificarne l'assenza. Ci
sembra, piuttosto, che la ragione dell'omissione di Giuseppe in Matteo
sia da cercarsi nella preoccupazione di mostrare perfettamente adempiute
le profezie dell'Antico Testamento, alle quali l'evangelista
continuamente si riferisce. ( ... ) I tre elementi di Michea (5,1),
Betlemme, il Messia e sua madre, vengono ripresi da Matteo, senza che
egli si senta in dovere di aggiungere altro e senza che egli pensi con
ciò di far torto a chicchessia. Il contesto di Luca, e più ancora la sua
mens, esige invece la presenza di Giuseppe". Analogamente, R. LAURENTIN (I Vangeli dell'infanzia di Cristo,
Cinisello B. 1985, 366): "Maria, così in ombra, riappare qui come segno
del neonato bambino-Re. Lei e non Giuseppe. Questi scompare per la
nascita come per la concezione, per riapparire più avanti, nel suo
programma di protettore, secondo la sua funzione esclusiva".
3 In tal senso, Maria sarebbe la "regina-madre" testimoniata nell'Antico Testamento, la g'birâh.
Ella sarebbe la "regina-madre del neonato re-messia". Anzi, in rapporto
a Is 60,1-6, al posto di Gerusalemme-madre subentrerebbe ora
Maria-madre (cf A. SERRA, Regina, in AA. Vv., Nuovo Dizionario di Mariologia, Cinisello B. 1988, 1192-1193).
4 Cf J. GNILKA, Il Vangelo di Matteo, I, Brescia 1990, 77: "Nel contesto essa ricorda la nascita verginale e designa Gesù quale Figlio di Dio".
5 Come
rileva R. LAURENTIN (o. c. 380), la tecnica è quella di
manifestazione-occultamento. Il soggetto principale della vicenda,
Cristo, è esso stesso un "soggetto virtuale occultato", dato che "Dio
rimane soggetto principale del fare dall'alto". A maggior ragione,
"Giuseppe, Maria e i magi appaiono come aiutanti in rapporto al Messia".
6 Talvolta ci si è soffermati su particolari pittoreschi, ma assai secondari, per non dire insignificanti. Per es., C. A LAPTDE (Commentarii in S. Scripturam,
VIII/l, Typis Societatis Bibliographicae, Melitae 1849, 67) afferma con
tutta serietà: "Non c'è dubbio che i magi parlarono con la beata
Vergine direttamente in lingua araba (perche la beata Vergine possedeva
il dono delle lingue), oppure in ebraico, mediante un interprete".
7 Per la storia dell'interpretazione di Mt 2,1-12, cf la sintesi di W.A. SCHULZE, Zur Geschichte der Auslegung von Matth. 2,1-12, in Theologische Zeitschrift
31(1975)150-160. L' articolo passa in rassegna molto brevemente le
interpretazioni succedutesi da Giustino agli esegeti tedeschi degli anni
'30, ma soffermandosi soprattutto sui magi e dando poco spazio al ruolo
di Maria. Dedicati anch'essi ai magi e al significato dei loro doni
sono gli articoli di P. SCORZA BARCELLONA, "Oro e incenso e mirra" (Mt 2,11). L'interpretazione cristologica dei tre doni e la fede dei magi, in Annali di storia dell'esegesi 2 (1985) 137-147, e "Oro e incenso e mirra" (Mt 2,11). II. Le interpretazioni morali, in ibid.
3 (1986) 227-245. In sostanza, per quanto ci consta, la ricerca
esegetica moderna e contemporanea ha abbondantemente trascurato
l'aspetto mariologico di Mt 2,11.
8 Circa i generi letterari utilizzati dai Padri, cf L. ALFONSI, I generi letterari dall'antichità classica alla letteratura cristiana, in Augustinianum 14 (1974) 451-458 (sintetico e introduttivo); C. RIGGI, Il nesso della letteratura classica antica con il clima culturale della Chiesa primitiva e dei Padri, in AA. Vv., De studio theologiae patristicae et historicae, in Seminarium 29 (1977) 259-276 (orientativo); e soprattutto le numerose voci in AA. Vv., Dizionario patristico e di antichità cristiane, Casale M. 1983-1988.
9 Cf AA. Vv., Biblia patristica,
Paris 1975-1991, 5 vol. Per questi primi secoli, interessante, anche se
non di taglio specificamente mariologico, l'analisi di A. ORBE, lntroducción a la teologIa de los siglos II y III, vol. II, Roma 1987, 575-609.
10 Dialogo con Trifone 78,5 (PG 6,66 1).
11 La parte conservata e, in greco, su Mt 13,36-22,33, in traduzione latina, su Mt 16,3-27,65.
12 Commento al Vangelo di Matteo 15,7 (PG 13,1274).
13 Protovangelo di Giacomo 21,3 (cf M. ERBETTA, Gli apocrifi del Nuovo Testamento, vol. 1/2, Casale M. 1983, 26).
14 Protovangelo di Giacomo 22,2 (cfM. ERBETTA, o. c., 27).
15 I libri dei Vangeli 1,281-283 (PL 19,98-99).
16 La Trinità 2,27 (PL 10,68). Questo testo di Ilario si trova, in traduzione italiana, anche nel vol. III, 119 di AA. Vv., Testi mariani del primo millennio, Roma 1988-91,4 vol. (d'ora in poi abbr. TM).
17 Discorsi 19,12 (PG 35,1057-1058); 29,19 (PG M,99-100).
18 Commento al Vangelo di Luca 2,36 (PL 15,1565; TM, vol. ILI, 187).
19 Le Vergini 13 (PL 16,210; TM, vol.111, 165).
20 Panarion 20,29,1 (PG 41,455-456).
21 Omelie sul Vangelo di Matteo 8,1 (PG 57,81ss.).
22 Commento al Vangelo di Giovanni (CSCO 116,40; TM, vol. I, 443).
23 Carmina Soghita 4,44-47 (CSCO 187,195-200; TM, vol. IV, 95).
24 J.E. RAHMANI, Hymne sur la Nativité de N. Seigneur, Beyrouth 1927, 11 CM, vol. N, 96).
25 Apoteosi 608-616 (FL 59,973; TM, vol. ILI, 217).
26 lnno I del Natale 21-24 (SC 110,76; TM, vol. I, 708).
27 Per il testo qui citato, cf U. MONNERET DE VILLARD (Le leggende orientali sui magi evangelici,
Città del Vaticano 1952, 7-8), che offre un'ampia ricerca sugli
sviluppi delle leggende attorno ai magi, nate appunto con questo
apocrifo. Si veda anche il testo arabo con traduzione italiana e
commento in A. BATTISTA - S. BAGATTI, La Caverna dei Tesori, Jerusalem 1979.
28 Akathistos 8-9 (PG 92,1339-1342).
29 Omelia sulla santa generazione di Cristo 6 (PG 31,1473-1474; TM, vol. 1, 300).
30 Discorso per il giorno natalizio di Cristo, tenuto il 25 dicembre 386 (PG 46,1144).
31 Cf M. RIGHETTI, Storia liturgica, vol. II, Milano 1955, 81-85; A. BERGAMINI, Natale/Epifania, in AA. Vv., Nuovo Dizionario di Liturgia, Cinisello B. 1988, 919-922.
32 Sermoni 8 (II sull'Epifania, PL 57,547).
33 Discorsi 200 (PL 38,1029; TM, vol. III, 370).
34 Discorsi 223 D (PS 2,718; TM, vol. III, 372).
35 Per il giorno natalizio di Cristo (PG 61,738).
36 Sermoni 141,4 (PL 52,578; TM, vol. III, 435).
37 Omelia I sulla santa Madre di Dio (PG 93,1460; TM, vol. I, 530).
38 Omelie 37 (PL 54,257; TM, vol. III, 497).
39 Sermoni 4, sull'Epifania (PL 65,734-736).
40 Omelia sulla fuga in Egitto e sul monte Coscam (TM, vol. IV, 719).
41 Opera incompiuta su Matteo 2 (PG 56,641-642).
42 Esposizione sul Vangelo di Matteo 1,2 (PL 92,14). Qualcuno ritiene non autentico questo commentario.
43 Glossa ordinaria. Vangelo di Matteo 2,11 (PL 114,75).
44 Commento al Vangelo di Matteo 1,2 (PL 107,759-761).
45 Cf M. ERBETTA, o. c., 145-146.
46 Cf ibid., 105.
47 Cf ibid., 55.
48 Cf L. MORALDI, Vangelo arabo apocrifo dell'apostolo Giovanni, Milano 1991, 64; M. ERBETTA, o. c. , 225, ne dà solo una breve notizia.
49 Cf M. ERBETTA, o. c., 212ss.
50
Su tutto questo argomento cf U. MONNERET DE VILLARD, (o. c.), e
l'aggiornamento della questione in M. BUSSAGLI - M. G. CHIAPPORI I Re Magi. Realtà storica e tradizione magica, Milano 1985.
51 Cf GIOVANNI DA HILDESHEIM, Storia dei Re Magi, Roma 1980, con traduzione parziale e commento di A.M. DI NOLA. Si vedano, in particolare, le pp. 112-118.
52 Menea 2,671-672 (cf in TM, vol. II, 460).
53 Omelia in lode di santa Maria Madre di Dio (PG 43,500-501; TM, vol. I, 804).
54 Vita di Maria (CSCO, vol. 479,:n. 39-40; TM, vol. II, 213-214).
55 Discorsi sulla vita della SS. Madre di Dio (PG 120,202; TM, vol. IL, 790). Parla semplicemente dell'arrivo dei magi dalla Persia.
56 Vita di Maria
17-18 (PG 115,544-545; TM, vol. IL, 992-993). Una biografia di Maria,
edita solo per la parte riguardante Ia "dormizione", è quella di
Giovanni Geometra (vissuto nella seconda metà del sec. X), teologo e
letterato. Essa sarebbe assai superiore a quella del monaco Epifanio e
starebbe alla base dell'opera di Simeone Metafraste. Cf G. ROSCHINI, Maria Santissima nella storia della salvezza, vol. 1, Isola del Liri 1969, 363-364, e inoltre TM, vol. II, 183-184.
http://www.latheotokos.it/modules.php?name=News&file=print&sid=1547
Uno studio di F. Pierini, in Theotokos, IV (1996), n. 1, pp. 41-58.