sabato 20 luglio 2019

MALEVITCH, IL SUPREMATISMO E IL QUADRATO NERO SU FONDO BIANCO, di Yaryna Moroz Sarno




Yaryna Moroz Sarno  

                                 
MALEVITCH,
IL SUPREMATISMO 

E IL QUADRATO NERO SU FONDO BIANCO
   Uno tra i più attivi e noti esponenti dell’avanguardia europea, il famoso fondatore del movimento artistico "Suprematismo" creato intorno al 1913, Kazimir Malevitch è stato il primo pittore a dipingere un quadro totalmente astratto: il “Quadrato nero su fondo bianco” (1913). Il Suprematismo è un termine ideato da Kazimir Malevitch per denominare il suo sistema pittorico fondato sulla supremazia della pura sensibilità e liberazione dell’arte dal mondo oggettivo, come ricerca del colore puro e della semplice forma colorata, legato essenzialmente al nome del suo iniziatore. Nacque a Kyiv (Ucraina) nel 1879 da una antica nobile famiglia, a cui radici risalgano al XV – XVI secolo. Fu battezzato alla cattedrale di Sant’Alessandro.
                                                       Il palazzo della sua nascita (Kyiv).
  
   Suo padre Severyn Malevic lavorava come capo dello zuccherificio di un celebre industriale e mecenate ucraino Nicola Tereschenko. Per motivi di lavoro il padre si spostava spesso e viveva tra contadini e campagna. Kazymir Malevich da piccolo conosceva bene la spiritualità, la tradizione e l’arte ucraina popolare. Come ricorderà dopo (nella sua autobiografia): “La campagna, come ho già detto, si occupava d’arte .....faceva delle cose che mi piacevano moltissimo. In esse c’era appunto tutto il segreto delle mie simpatie per i contadini. Con grande emozione li guardavo dipingere i muri e li aiutavo a coprire d’argilla i pavimenti ...e decorare la stufa”[1]. Fino al diciassettesimo anno abitava nei paesi e piccole città, dove c'erano zuccherifici di Podillja (Jampil a fine diciotto anni), regione di Charkiv (Parchomivka, Bilopilja dal 1900), regione di Cernigiv (Volchok, Konotop 1893-195). Ha studiato nella scuola d’Arte di N. Murascko (1844-1908) con un noto pittore di quella epoca N. Pymonenko (1862-1912). Dopo tanti anni ricordava con gratitudine il suo maestro N. Pymonenko: “I suoi quadri produssero su di me grande impressione... Rimasi scosso da tutto quello che vidi nel suo studio. Una quantità di cavalletti, sui quali c’erano i quadri che raffiguravano la vita dell’Ucraina”[2].
   Dopo i suoi studi a Mosca (1904-1905), la sua partecipazione alla secessione, al cubismo, al futurismo dinamico, dopo aver superato l’influsso delle avanguardie occidentali, in particolarità Fernand Léger, iniziò un’altra direzione dell’arte, giunse al suprematismo che avrà grande influsso sull’arte mondiale. Alla ricerca di una nuova immagine del mondo il Suprematismo diventa lo strumento più adatto per "il rinnovamento della vita”. Sviluppò il discorso pittorico verso l’astrazione assoluta, teorizzato dapprima sul manifesto (scritto da Malevic in collaborazione con il poeta Majakovskij), poi nel suo saggio del 1920. “Col nostro nuovo sistema e col programma superiamo le arti rivoluzionarie del cubismo, del futurismo e del suprematismo perché queste racchiudono l’avanzata degli avvenimenti verso l’unico segno creativo. Il cubismo e il futurismo hanno distrutto il vecchio mondo delle cose e noi siamo giunti al non-oggettivo, cioè alla spogliamento completo del passato per sfociare nel mondo suprematista, utilitaristico e dinamicamente spirituale”[3].
    Intorno al maestro si raggrupparono i giovani artisti El Lissitzky, David Burliuk, Aleksandra Ekster, Larionov, Gontcharova, Rodzenko, Ivan Puni, Yuri Anninko, Pavel Mansurov, i fratelli Pevsner. Espone opere neo-primitiviste chiamate "Realismo transrazionale" e "Realismo cubo-futurista" all'ultima mostra dell' "Unione della gioventù". In dicembre l'opera “Vittoria sul sole” (musica di Michail Matjushin, libretto di Aleksej Kruchënykh, prologo di Veliamir Chlebnikov) è rappresentata due volte al teatro Luna Park di Pietroburgo. In seguito il suo stile si modificò intorno al 1911 in una tecnica intermedia fra il Cubismo ed il Futurismo, riprendendo dal primo la frammentazione della forma e dal secondo la moltiplicazione dell’immagine, molto più vicino a Fernand Léger che a Pablo Picasso e Georges Braque. Dopo aver superato l’influsso delle avanguardie occidentali, in particolarità Fernand Léger giunse al suprematismo. Basato sulla supremazia della pura sensibilità e liberazione dell’arte dal mondo oggettivo. Sviluppò il discorso pittorico verso l’astrazione assoluta perseguendo la suprema sensibilità pura nell'arte.
  L’arte per Malevic è un mezzo di profonda trasformazione e di ricerca, non ornamento e decorazione. Il suo interesse non si rivolge più esclusivamente alla pittura, ma anche verso l’architettura e le arti applicate. Il risultato sono gli Achitektony, elementi modulari per una futura architettura dello spazio "il suprematismo architettonico" e le tazze e teiere in porcellana bianca decorate con la geometria espressiva del Suprematismo. Per sottolineare il carattere filosofico della propria concezione dell’arte, Malevic produce una grande quantità di scritti a sostegno della sua posizione. L’arte non è solo "arte", ma è un "pensiero"; infatti, egli scrive: Il pennello è ribelle e non può penetrare nella sinuosità del cervello, la penna è più acuta.
   Il suprematismo di Malevitch avrà un influsso determinante sull’avanguardia europea almeno fino al 1920 e dà inizio a una nuova concezione di pittura impostata sul non-oggettivismo e spazio fluido. Fra tutte le avanguardie radicali volte al rinnovamento del linguaggio pittorico puro e plastico “Il Suprematismo non ha creato un mondo nuovo della sensibilità, ma una nuova rappresentazione immediata del mondo della sensibilità in senso generale”, spiegava il creatore del Suprematismo[4]. L’importanza della sensibilità nuova si sottolinea: “Decisiva è invece la sensibilità, ed è per suo tramite che l’arte arriva alla rappresentazione senza oggetti, al Suprematismo”.[5]
  Con quest’opera Malevitch da inizio a quella che potremo definire la fase ‘dura’ del suprematismo. Dura poiché intransigente e purista fino alle estreme conseguenze toccate nel 1918 con il Quadro bianco su fondo bianco. Infatti con Malevic assistiamo a un raro caso di coerenza teorica in cui considerazioni tratte dalla speculazione estetica si traducono in una precisa poetica di opere programmatiche. Malevic muove da considerazioni estetiche, questo perché la sua attenzione è incentrata sul tema della sensibilità, intesa in un senso kantiano di facoltà con le sue leggi a-priori, di questa sensibilità Malevic indaga gli elementi costitutivi essenziali. Quindi il suo interesse si sposta di conseguenza sulla percezione della forma, analizzata attraverso l’impiego di forme semplici ed elementari, così da togliere ogni determinazione tematica derivante dal soggetto della descrizione pittorica. In questo senso la pittura di Malevic è rigorosamente astratta e in un certo senso concreta. Ciò con cui lui lavora sono forme, esattamente come farebbe uno psicologo sperimentale della gestalt. Con questo quadro l’autore cerca quindi di spingersi fino a ciò che potremmo chiamare l’atomo della sensibilità, l’elemento minimo della percezione di una forma sensibile che sia ancora riconoscibile come tale. Malevic si spingerà ancora oltre con un atteggiamento sperimentale chiedendosi se un qualcosa che si dichiara essere un quadrato bianco su fondo bianco è ancora da considerarsi una forma sensibile o no.
   Ecco quindi che l’artista si comporta da sperimentatore esattamente come Duschamp, che in quegli stessi anni si chiedeva se una giuria artistica avrebbe accettato un orinatoio come opera d’arte oppure no. In un certo senso possiamo dire che se Duschamp andava sperimentando sul lato dell’ “artisticità”[1], e cioè su ciò che la società era disposta a riconoscere come arte, Malevic a sua volta, sperimentava sul fronte dell’esteticità, e cioè su ciò che la facoltà umana era capace di riconoscere come forma sensibile.
   Nel 1912, alla seconda mostra del Blaue Reiter è stato invitato da Kandinsky dove presenta esempi del nuove stile: le figure di contadini, costruite con masse geometriche dai colori evocanti l’espressionismo tedesco. Prende parte alle mostre dell'"Unione della gioventù" e di "Der blaue Reiter" a Monaco. Espone più di venti opere neoprimivitiste alla mostra di "Coda d'asino", tenuta da Michail Larionov a Mosca. Incontra il pittore e compositore Michail Matjushin (1861-1934). Nel primo numero della rivista “Unione delle Gioventù” (nell’aprile 1912) viene annunciata la traduzione del libro di Wilhelm Worringer, “Astrazione e empatia” (Abstraktion und Einfühlung) (1908), che nel 1907 uscì come tesi di laurea, che ha concepito l'astrazione come punto d’arrivo e aveva grande influsso sul pensiero dell’epoca. Nel non publicato manifesto dell’Unione al 23 ed il 24 marzo 1913 si sottolineava “la necessità per il pittore di esprimersi soltanto attraverso il linguaggio proprio della pittura...”[6].
  Dal periodo cubo-futurista (1911), in cui il quadro risultava dalla combinazione di moduli formali geometrici,  nel 1913 giunse alla formulazione della poetica del Suprematismo come l'identità di idea e percezione, fenomenizzarsi dello spazio in un simbolo geometrico, astrazione assoluta[7], per rilevare le configurazioni formali delle opere, “con lo stesso rigore, nelle antiche icone ucraine, con cercò più la vena genuina di un ethos popolare ma radice semantica, il significato primario dei simboli e segni espressivi".[8]  K. Malevich scrisse: "Con il termine suprematismo intendo esprimere la supremazia della sensibilità pura nell'arte creativa. Per il suprematista i fenomeni visivi del mondo oggettivi sono validi in sé, senza altro significato; la cosa importante è sentire" [9].
   A partire dal dicembre del 1913, Malevitch esponeva delle opere che presentava sotto il titolo di Realismo transrazionale. Nel 1913 procede a una definitiva rottura con il pretesto oggettuale. Malevitch considera il 1913 l’anno di nascita del Suprematismo: “Il suprematismo è sorto nel 1913”[9]. Come spiega dopo: “Menzionando la non-oggettività volevo soltanto indicare in maniera evidente che le cose, gli oggeti, ecc. non sono trattati nel suprematismo, nulla di più – la non-oggettività non è affatto in causa. Il suprematismo è un preciso sistema mediante il quale si è svolto il movimento del colore per il lungo cammino della cultura”[10]. Suprematismo lui vede come “pittorico modello del cosmo, costruito sul movimento di forme definite geometricamente”. La critica del concetto di imitazione della natura, comportava il superamento delle forme illusorie, in vista del raggiungimento del “nulla liberato”, del mondo non oggettivo al di là del tempo e dello spazio sensoriale. Le radici del suprematismo, la cui compiuta teorizzazione si deve unicamente a Malevitch, affondano da una parte in una profonda rivendicazione di autonomia rispetto al passato, caratteristica delle prime avanguardie, e dall’altra nell’influenza decisiva di futurismo e cubismo.
  Il primo "Quadrato nero" è stato realizzato nel 1913 e rappresenta la prima opera suprematista: “La prima forma del suprematismo era il piano del quadrato”[11], scrive K. Malevitch. L'artista ha detto come commento al suo Quadrato nero: “Io mi sono trasformato nello zero delle forme e sono uscito dallo zero nella creazione, cioè nel suprematismo, il nuovo realismo della pittura, la creazione non-oggettiva. Il suprematismo è l’inizio di una nuova cultura: il selvaggio è vinto... Il quadrato non è una forma subconscia. É la creazione della ragione intuitiva, il volto della nuova arte... Nell’arte del suprematismo le forme vivranno, come tutte le forme vive della natura.... Ogni forma è libera e individuale. Ogni forma è mondo...”[12], “La superfice-piano è viva, è nata” [13].
  Nella sua lettera a Matyushin K. Malevich scrisse: “Questo disegno avrà un’importanza enorme per la pittura. Rappresenta un quadrato nero, l'embrione di tutte le possibilità che nel loro sviluppo acquistano una forza sorprendente. E' il progenitore del cubo e della sfera, e la sua dissociazione apporterà un contributo culturale fondamentale alla pittura….”[14].
   Nel testo “Dal cubismo e dal futurismo al suprematismo. Il nuovo realismo della pittura”, accompagnato da due illustrazioni suprematiste: un cerchio su fondo quadrato e un quadrato su fondo bianco egli spiega: “Il quadrato non è una forma subconscia. É la creazione della ragione intuitiva. Il volto della nuova arte! Il quadrato è vivo infante reale”[15]. In realtà, questa composizione è, a tutti gli effetti, una delle opere d’arte fondamentali del ‘900. “La sua decomposizione ha dato parecchi piani che successivamente hanno cominciato ad adottare un’organizzazione, ossia della costruzioni in rapporti diversi ... e a scale diverse”[16].
  Il pubblico venne messo a conoscenza del “Quadrato Nero” solo nel dicembre 1915 quando venne esibito, assieme ad altre 38 (o 34 secondo altre fonti) opere simili nella concezione, quadrati e cerchi rossi e neri e loro semplici composizioni, in una mostra intitolata “0.10 Ultima Mostra Futurista” nella galleria privata di Dobycina a San Pietroburgo. Molti dei quadri presentati nel catalogo consistono in soggetti “rappresentati in quattro dimensioni”. E fu così che lo espose per la prima volta in un angolo della sala della mostra. In alto, come una icona, perchè irradiasse di luce teologica la stanza. Il quadrato nero doveva essere come un'icona senza cornice.
  In occasione dell’“Ultima mostra futurista: 0.10” e stato pubblicato il testo “Dal cubismo e dal futurismo al suprematismo. Il nuovo realismo della pittura” che ha avuto tre edizioni, la terza era la più completa. Le sue “costruzioni pittoriche” intendono fornire una nuova definizione spaziale. L'autore cercava come individuare uno spazio di “figuratività utilitaria”. Maturava il suo interesse per lo studio strutturale dello spazio delle icone[17]. Nella Autobiografia Malevitch scrisse: “...Nonostante l’educazione naturalistica dei miei sentimenti nei confronti della natura, una forte impressione produssero su di me le icone. In esse sentii qualcosa di intimo e di straordinario. ... Intuii un legame tra l’arte contadina e quella delle icone: l’iconografia è la forma più alta della cultura artistica contadina. In essa trovai la parte spirituale dell’“epoca contadina”... le icone rovesciarono tutte le mie teorie e mi condussero al terzo stadio di sviluppo. ... i pittori d’icone, raggiunta una grande maestria tecnica, riproducevano il contenuto in una verità antianatomica, fuori della prospettiva spaziale e lineare. Il colore e la forma erano da essi creati in base alla percezione puramente emotiva del tema. Essi dipingevano al di fuori di ogni regola, sostenute dalle opere classiche...”[18] Questo definì un principio dell’arte più importante, che emerse dallo studio delle icone: “La conoscenza dell’arte iconografica mi convinse che non si trattava di studiare l’anatomia e la prospettiva, né di riprodurre la natura nella sua verità, ma di sentire l’arte e il realismo artistico.. ...capii che la realtà o il tema è ciò che bisogna reincarnare nella forma ideale proveniente dal profondo dell’estetica. Per questo tutto può essere bello nell’arte”[19]. La scoperta del vero significato dell’arte attraverso le icone rimane anche fissata nel suo saggio autobiografico: “Attraverso l’arte iconografica compresi l’arte impressionista dei contadini, che amavo anche prima ma di cui non avevo chiarito tutto il significato, che mi si era svelato dopo lo studio delle icone”[20]. Le due fonti stilistiche della sua formazione erano: la tradizione pittorica popolare e l’arte delle icone.
  Il suprematismo, che nel contesto delle avanguardie russe intorno al 1920 si è confrontato con il costruttivismo, con reciproche influenze, rappresenta una delle principali articolazioni dell'astrattismo degli anni Dieci del Novecento, accanto a quella lirica di Kandinskij e a quella neoplastica di De Stijl. “Il quadrato nero sullo sfondo bianco è stato la prima forma di espressione della sensibilità non oggettiva: quadrato = sensibilità, fondo bianco = il Nulla, ciò è fuori della sensibilità ... I quadri dei suprematisti e le forme che sono derivate si possono paragonare ai segni dell’uomo primitivo, che nel loro insieme non volevano illustrare, bensì rappresentare la sensibilità del “ritmo”. Il quadrato si muta per formare figure nuove, gli elementi delle quali si compongono in una maniera o in un’altra, secondo le norme della sensibilità ispiratrice”.[21].
  Dall’intuizione di una pittura non-oggettiva, basata su elementi puri (il quadrato è il simbolo ed è il primo vocabolo del nuovo alfabeto plastico), fino alla vera pittura suprematista ed al “Quadrato nero su fondo bianco” era occorso un lungo cammino analitico.
  Scrive il manifesto “Dal Cubismo al Suprematismo. Il nuovo realismo pittorico” (1916), pubblicato da Michail Matjushin, dove espose i principi del suprematismo: la nuova arte del suprematismo rappresentava un’altra tappa del pensiero.
 Secondo lo stesso Malevich, “il suprematismo si divide in tre periodi corrispondenti al numero dei quadrati neri, rossi e bianchi, il periodo nero, il periodo colorato e quello bianco... I periodi sono stati costruiti su una evoluzione pura del piano. A fondamento della loro costruzione è stato posto questo basiliare principio economico: con un solo piano tradurre la forza della statica o della quiete dinamica apparente”[22]. E continua: “Tutti i periodi sono passati sotto i segni convenzionali dei piani, come per esprimere i piani dei futuri corpi volumetrico ed effettivamente in periodo il suprematismo cresce nel tempo volumetrico della nuova costruzione architettinica. Il tal modo il suprematismo si pone in connessione con la Terra, ma in forza delle sue costruzioni economiche modifica tutta l’architettura delle cose della Terra, unendosi nel più ampio senso del termine allo spazio delle masse fuse nel movimento del sistema planetario”[23].
  Partendo da una base filosofica definisce l’assoluta necessità di rinnovamento del mondo. Il saggio “Da Cézanne al Suprematismo” del 1921: “Prima del Cubismo si riteneva interessante un oggetto in quanto tale, e il contenuto della pittura era il processo di elaborazione del colore e del disegno. Non si riusciva a rendere altrimenti il contenuto pittorico se non trasferendo la forma dell’oggetto, in tal senso, era la premessa anche per gli impressionisti.... Il pittore, il pittore assoluto, deve porre in luce i valori pittorici. I cubisti, grazie alla scomposizione, hanno superato l’oggettuale, e da quel momento ha avuto inizio la pittura pura...”[24].
  Alla "Pubblica e popolare conferenza scientifica dei Suprematisti", organizzata da Ivan Puni, legge Cubismo-Futurismo-Suprematismo. Partecipa alla mostra "Magazin"; espone sessanta tele suprematiste alla mostra del "Fante di quadri". Fonda la società "Supremus", con Olga Rozanova, Ljubov Popova, Aleksandra Ekster, Ivan Kljun e Vera Pestel, e pubblica una rivista con la stesso nome.
    Analizzando retrospettivamente nel 1919 il primo stadio del suprematismo, Malevitch individuava “un momento filosofico [cha passa] attraverso il colore ... la massa di colore è trasformata in superficie-piano”. La superficie-piano (colorata) verrà considerata come un organismo sui generis e come definizione autonoma dello spazio.
   Malevitch spiega il significato dell’acromatismo del suo quadro: “Il nero e il bianco nel suprematismo servono da energia che rivela la forma; questo riguarda solo i momenti della costruzione su tela dei progetti del suprematismo volumetrico, mentre nell’azione reale, tangibile non ha alcuna funzione, giacché esiste solo la relazione della forma”[25]. Il suo minimalismo dei mezzi pittorici si spiega così: “Il mistero è la creazione del segno, il segno è l’aspetto reale del mistero, nel quale si comprendono i sacramenti”[26]. “Il quadro nero ha determinato l’economia, che io ho introdotto come quinta dimensione dell’arte. La questione economica è divenuta la mia principale attività, dalla quale esamino tutte le creazioni del mondo delle cose; questo è il mio lavoro principale... ”[27]. Malevisch scrisse: “Ho detto che il nero e il bianco, nel suprematismo, servono da energia che rivela la forma; questo riguarda solo i momenti della costruzione su tela dei progetti del suprematismo volumetrico, mentre nell’azione reale, tangibili non ha alcuna funzione, giacché la rivelazione della forma spetta alla luce; ma ormai nelle forme del supermatismo reale rimangono solo il bianco e il nero e da loro deriva tutta la gradazione di energia del materiale”[28].
 Col dipinto Quadrato nero su fondo bianco Malevic diede il primo progetto di riconoscimento di forme "assolute", libere da ogni descrittivismo naturalistico, fino all'azzeramento radicalmente puro dei monocromi ("Quadrato bianco su fondo bianco", 1919, Museum of Modern Art, New York).
 Il primo grande testo teorico con il quale ha iniziato la sua attività filosofico-teorica era “Nuovi sistemi nell’arte”, scritto dopo la sua ultima esperienza suprematista con i quadri “Bianco su bianco” nell’estate del 1919. Trasferisce l’azione del pittore nella sfera della teoria. “Postici davanti alla non-oggettivtà, dobbiamo costruire la nuova forma pittorica, senza imitare le forme già pronte; in questo modo sbocchiamo sulla strada immediata della creazione, tenuto contro del fatto che in nessun posto del mondo pittorico nulla cresce al di fuori di un sistema”[29].
  Malevitch spiega le conclusioni della teoria pittorica, fondata sulla necessità del “seme dell’infinito” che definisce il suo orizzonte spirituale. La nuova arte del suprematismo rappresenta un tappa del pensiero, “una delle prime apparizioni del pricipio dell’economia nelle forme dell’arte”[30].
  Il Suprematismo resta essenzialmente legato al nome del suo iniziatore, anche se i riflessi della sua poetica andarono al di là dei dipinti e modelli architettonici dell'artista. Nel clima formalista dell'avanguardia russa, Malevic sosteneva che l'artista moderno doveva guardare a un'arte finalmente liberata da fini pratici e di rappresentazione e lavorare sulla base del riconoscimento della "supremazia della sensibilità pura nelle arti figurative". La critica del concetto di imitazione della natura, comportava il superamento delle forme illusorie, in vista del raggiungimento del “nulla liberato”, del mondo non-oggettivo al di là del tempo e dello spazio sensoriale.
   Il trattato "Dio non è stato detronizzato" con il sottotitolo “L’Arte. La Chiesa. La Fabbrica” (1920) risponde all’ideologia della produzione conduce al cuore del problema della non-oggettività, è indispensabile per conoscere i fondamenti filosofici e morali del sistema maleviciano. Nel tempo totalmento ateo (per Russia sovietica) scrive: “Comprensione di Dio o comprensione dell’Universo, in quanto cosa perfetta, diventa il suo oggettivo principale ... Riconosciuto che l’universo è perfetto, egli ha riconoscuto Dio e, nello stesso tempo, ha riconoscuto che natura non pensa, che è lui solo che pensa, perché Dio, in quanto grado assoluto della perfezione della natura”[31]. “L’autoproduzione suprema, nel trionfo del Dio della creazione liberata, fu precipitata nell’infinito. Questo Dio, pensatore perfettissimo, creò il mondo per mezzo del suo pensiero senza utilizzare un solo istante il lavoro.... il suo cammino si dirige verso l’umanità, e di là a Dio, compreso come la perfezione. Il suo pensiero è teso e la prima parola sulle sue labbra è quella di “perfezione”....poiché la perfezione è Dio, la sua prima parola sarà sempre Dio”[32]. Malevitch vede la non-oggettività come collegata con il divino: “E così in definitiva, tutti i sensi e al di là è Dio, o più esattamente, davanti a Dio si leva il limite di tutti i sensi e al di là è Dio nel quale il senso non esiste ormai più. E così in definitiva, tutti i sensi umani che non conducano al senso di Dio sono coronati di nonsenso. Dunque Dio non è il senso ma il nonsenso. É il suo nonsenso che bisogna vedere nell’assoluto, nel limite estremo, in quanto non-oggettivo”[33]. Quindi, il suo non-oggettivo, il suo Quadrato nero rappresenta l’Assoluto.
   Le composizioni di Kazimir Malevitch, si arricchirono gradualmente nella gamma cromatica, nelle forme (triangoli e frammenti di cerchi) ripristinando addirittura qualche illusione di profondità, ritornando infine alla purezza dei suoi ideali originari dipingendo “Quadrato bianco su fondo bianco” (New York, Museum of Modern Art; fu esposto a Mosca nel 1918), dove presenta forme "assolute", libere da ogni descrittivismo naturalistico, che arriveranno all'azzeramento radicalmente puro dei monocromi. Con questo quadro Malevitch portò avanti il discorso pittorico aperto dal cubismo verso l'astrazione assoluta e giunse ai limiti della pittura. “Il mio quadrato dipinto di bianco mi ha dato la possibilità di studiarlo e il manifesto sulla “pura azione”, scrive nell'Introduzione all’album di litografie “Suprematismo - 34 disegni”, pubblicato nel 1920. E dopo continua: “il quadrato bianco porta il mondo bianco (la struttura del mondo), affermando la purezza della vita creativa dell’uomo”[33]. Lui spiega: “Il quadrato bianco, oltre che un movimento puramente economico della forma di tutta la nuova struttura bianca del mondo, è anche una spinta verso la fondazione puramente utilitaristica dell'“uomo tutto”[35].
   Con questa ultima opera del 1919 Kazimir Malevitch dichiarò conclusa l’esperienza Suprematista e si dedicò principalmente all’insegnamento (con i suoi allievi di Vitebsk, Malevich dà vita al gruppo suprematista Unovis), alla scrittura, cominciando ad interessarsi anche di architettura. Questa sua posizione trova una necessaria spiegazione nel saggio scritto nel 1922 del Mondo senza oggetto. Nel 1922 partecipa alla mosrta "Erste Russische Kunstausstellung in Berlin".
  Nei primi anni del 1920 il governo sovietico aveva cominciato ad assumere un atteggiamento negativo verso l'arte astratta, totalmente inadatta come strumento di propaganda e aveva iniziato a sostenere il "realismo socialista". Ma nonostante ciò era stato permesso a Malevich di andare all'estero per esporre il suo lavoro.
  Nel marzo 1927 lascia la Russia per tenere una mostra personale a Varsavia e poi a Berlino, dove avrà un proprio spazio espositivo alla Große Berliner Kunstausstellung (da maggio a settembre). Partecipava alla "Erste Russische Kunstausstellung in Berlin". Una versione modificata dell'esposizione della Galleria Tret'jakov apre a Kiev. Durante la permanenza in Germania conosce alcune delle personalità più incisive del secolo, fra cui Jean Arp, Kurt Schwitters, Naum Gabo e Le Corbusier. Su invito di Gropius, visita il Bauhaus, che per l'occasione pubblica il volume "L'arte non oggettiva". Partecipa alla "Sowjetmalerei exhibition" a Berlino e alla "Russische Kunst von heute" a Vienna.
Il banchetto in onore di visita Melevich, Varsavia 1927
   Intuendo il pericolo, lasciò a Berlino gran parte delle sue opere eseguite tra il 1900 e il 1925, oltre a numerosi scritti. Tra gli appunti e le note lasciati a Berlino insieme alle sue opere vi era anche il manoscritto del fondamentale saggio "Il suprematismo o il mondo senza oggetto", pubblicato nella serie dei Bauhausbücher nello stesso 1927 (Die gegenstandslose Welt, ripubblicato con più cura a Colonia nel 1962). Non a caso nel corso del viaggio compiuto in Polonia e in Germania nel 1927 al seguito della grande mostra che rivela per la prima volta la sua opera al mondo e consente la publicazione nello stesso anno e direttamente in tedesco del  testo “Il mondo come assenza di oggetti” Malevitch suscita un profondo interesse.
 E' dovuto rientrare il 5 giugno senza i suoi quadri, avendoli affidati, assieme alle tavole esplicative e alle note teoriche, all'architetto tedesco Hugo Häring (parte della collezione prenderà, più tardi, la via dello Stedelijk Museum di Amsterdam).
Pubblica articoli in "Nuova generazione", un mensile di Charkov. Ritorna alla pittura da cavalletto alla vigilia della sua stabilita esposizione personale alla Galleria Tret'jakov di Mosca. Ridipinge i quadri del "primo ciclo contadino" (datandoli 1908-1912) e del periodo impressionista (datandoli 1903-1906). Insegna all'Istituto d'arte di Kyiev (dal 1928 fino al 1930), perché in Russia è stato perseguito come mistico e formalista. La sua ultima mostra personale si è svolta a Kyjiv nel 1930.
 A causa dei suoi rapporti con gli artisti tedeschi e del nuovo corso del regime sovietico, Malevitch nel 1930 viene arrestato, condannato per la mancanza d’amore per l’arte sovietica e contatti con nemici dell'Unione Sovietico imprigionato (per la seconda volta: la prima volta nel 1927). Molti modelli, disegni e appunti sono stati distrutti. Rilasciato, comincia di colpo a realizzare opere di carattere “stranamente” figurativo.
   L’autoritratto di Malevitch, dipinto negli ultimi anni della sua vita, lo raffigura nella veste di un riformatore che sembra indicarci una nuova via, un nuovo mondo, una nuova religione. Considerato un profeta, il suo funerale fu un evento orchestrato dai suoi discepoli come un vero e proprio rituale.
    Il "Quadrato nero" sarà esposto il giorno della sua morte il 15 maggio 1935, perché lo aveva voluto vicino nel suo estremo saluto, nella sua camera come segno più importante della sua vita.
                                Malevich sul letto di morte con "Il quadrato nero" sul sfondo.
           Il funerale suprematista
 La funzione funebre, Leningrado, maggio del 1935 
(la macchina che porta il suo corpo adornata con la sua emblematica opera quadrato nero)


La sua bara suprematista
                             La tomba con le sue ceneri trasterite a Nemcinivka (vicino Mosca)

   É stato sepolto vicino Mosca sotto il sua albero preferito. Adesso la sua tomba è distrutta e là stanno facendo cantieri di edifici.
   La sua vita e la sua arte sono state per lungo tempo avvolte nel mistero (viene conosciuto soprattutto per le 70 opere presentate in una mostra del 1927) e non tutti i suoi scritti sono stati interpretati e tradotti e non tutte le sue opere catalogate. Malevitch è uno dei più importanti precursori dell’arte astratta, ma è stato, per più di metà del secolo, un artista sconosciuto, nonostante sia considerato come uno dei pilastri dell’arte moderna come anche Picasso, Duchamp, Mondrian e Kandinsky.
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Bibliografia:
1. ARGAN, G. C., L’arte moderna 1770 /1970, Milano 1981
2. FINIZIO, L. P., L’astrattismo costruttivo. Suprematismo e Costruttivismo Roma –Bari 1990.
3. GRAY, C., I pionieri dell’arte in Russia, Milano 1964
4. L'arte moderna. Antologia critica. Razionalità e fantasia dell'arte astratta, Milano 1975.
5. MALEVITCH, K., Il Suprematismo come modello non rappresentazione, 1920 in Antologia critica. Razionalità e fantasia dell’arte astratta. (a cura di F. Russoli), Milano 1967.
6. MALEVIC, K. S., Scritti (a cura di Andrei B. Nakov), Milano 1977.
7. VERONESI, G., (a cura di), L’arte moderna. Vol. VI: Razionalità e fantasia dell’arte astratta, Milano 1977.
8. WILLET, J., L'avanguardia europea. Anni Venti a Mosca ed a Weimar, Roma 1983
9. WILLIAMS, R. C., Artists in Revolution: Portraits of the Russian Avant-Garde 1905-1925, Bloomington 197
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[1] K. S. Malevic, Scritti (a cura di Andrei B. Nakov), Milano 1977, P. 365-366.
[2] Idem, p. 370.
[3] Ibid., p. 210
[4] K. Malevitch, Il Suprematismo come modello non rappresentazione, 1920 in Antologia critica. Razionalità e fantasia dell’arte asrtatta. (a cura di F. Russoli) Milano 1967, p. 18.
[5] Idem., p. 15
[6] Idem., p. 58
[7] G. C. Argan. L’arte moderna 1770 -1970, Milano1981, p. 397
[8] Idem.
[9] K. Malevitch, Il Suprematismo, p. 192
[10] Idem. 
[11] Idem, P. 192
[12] K. S. Malevic, Scritti (a cura di Andrei B. Nakov), Milano 1977, p. 188-340
[13] Idem, p. 188.
[14] Idem, p. 114,
[15] Idem, p.188.
[16] Idem, p.340
[17] Idem, p. 126
[18] Idem, p. 373.
[19] Idem, p. 377.
[20] Idem, p. 373.
[21] K. Malevitch, Manifesto del Suprematismo in Micheli De M. Le avangurdie artistiche del 900, Milano 1966, p. 18
[22] Idem, p. 195
[23] Idem., p.197
[24] K. S. Malevic, Scritti, Milano 1977, p. 228
[25]
[26] Idem, p. 347.
[27] Idem , p. 228.
[28] Idem, p. 198
[29] Idem., p.197
[30] Idem, p. 260
[31] Idem, p. 246.
[32] Idem.
[33] Idem, p. 284
[34] Idem, p. 288.
[35] Idem, p. 198
[36] Idem., p. 198




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Fonte : scritti e appunti della dott.ssa Yaryna Moroz Sarno, e-mail: yarynamorozsarno@gmail.com .
Sito web: https://yarynamorozsarno.blogspot.com







IL SIMBOLISMO DEL CERCHIO NELL'ARCHITETTURA ROMANA E PALEOCRISTIANA, di Yaryna Moroz Sarno




IL SIMBOLISMO DEL CERCHIO NELL'ARCHITETTURA ROMANA E PALEOCRISTIANA

di Yaryna Moroz Sarno

 


L’architettura possiede un contenuto simbolico, è il nesso tra eternità e storia. La forma costruita è simbolo, è una "imago mundi".  Il contenuto simbolico dell’architettura fa parte di un sistema che comprende una serie intrecciata di elementi simbolici – mito, rito, dottrina. I significati della forma costruita uniscono tanti aspetti della cultura e del tempo.
Le principali figure architettoniche ridotti ai simbolismi del centro, dell'asse verticale, della croce, della relazione tra cupola e base cubica. Il centro dello spazio architettonico è l'omologo del centro del cielo intorno. Punto di riferimento sulla volta celeste sono il sole e la stella polare. Il centro è il Principio. Il cerchio è simbolo di perfezione e di totalità, si riferisce all’armonia delle sfere. Attraverso ai principi pitagorici si esprime l’ordine cosmico. Cerchio, tempo e cielo comunicano attraverso il movimento circolare dal suo punto originale[1].
L'asse verticale dell'edifico è l'asse cosmico, ovvero il segmento che si diparte dal sole stazionario o dalla stella polare. La cupola con la sua base si identifica con la volta celeste e il cubo con la terra. L'unione tra cupola e base rappresenta la fusione tra cielo e terra.
Gli edifici a pianta cruciforme orientati verso i punti cardinali simboleggiano il ciclo quadripartito dell'anno solare. Gli astri circumpolari disegnano la sacra figura nel cielo, la prima manifestazione il Punto primordiale. Il cerchio è un punto esteso, partecipa della sua perfezione.  Così punto e cerchio hanno significati simbolici comuni: perfezione, omogeneità, assenza di distinzione o di divisione[2]. La creazione del mondo ha avuto inizio da un centro[3]. Il punto centrale è l'Assoluto e il Trascendente. Esso è diffuso nello spazio –tempo che è l’irraggiarsi di Assoluto.
Le principali figure architettoniche ridotti ai simbolismi del centro, dell'asse verticale, della croce, della relazione tra cupola e base cubica. Il centro dello spazio architettonico è l'omologo del centro del cielo intorno. Punto di riferimento sulla volta celeste sono il sole e la stella polare. L'asse verticale dell'edifico è l'asse cosmico, ovvero il segmento che si diparte dal sole stazionario o dalla stella polare. La cupola con la sua base si identifica con la volta celeste e il cubo con la terra. L'unione tra cupola e base rappresenta la fusione tra cielo e terra.
Nell'ordine delle strutture cosmiche, il cerchio simboleggia il cielo. Il movimento circolare che è perfetto, immutabile, senza inizio né fine, né variazione. Del passaggio da un simbolo ad un altro, del legame esistente tra più simboli. Il legame che intercorre tra il centro (o il cerchio), e la croce che conduce al quadrato. Il cerchio e il quadrato si uniscono per costruire un complesso che insieme simboleggia il cosmo, il cielo e la terra, l'universo. Cerchio e quadrato rappresentano ugualmente il tempo e o spazio nella loro correlazione: il continuum spazio-temporale. Per gli uomini del medioevo ogni figura con più di quattro lati era assimilabile a un cerchio. Anche il semicerchio, il quadrato e il rettangolo distinti tra loro[4].
La Gerusalemme celeste è quadrata, è la terra rinnovata e trasportata nel cielo. Il Paradiso terrestre, al contrario è il giardino in cui sta Dio[5]. Al cerchio originale del paradiso terreste corrisponde il quadrato terminale della Gerusalemme celeste. Il quadrato del Nuovo Cosmo nel cerchio iridescente della benevolenza divina lo schema della Gerusalemme degli ultimi tempi. Ancora tra il sec. IX e il X e XI si diffuse un’immagine della Gerusalemme celeste di forma circolare. 

 


Per Mirce Eliade “la Gerusalemme celeste è stata creata da Dio insieme al Paradiso, quindi in aeternum. La città di Gerusalemme altro non è che riproduzione”[6]. La Chiesa simbolizza Gerusalemme, il regno degli eletti, la chiesa paradisiaca, il microcosmo e l’anima umana. La Chiesa terrena si sforzerà di imitare la Chiesa celeste, a tal punto che assistiamo a un capovolgimento del simbolo: la Gerusalemme celeste come una meravigliosa città terrena; la Chiesa è l’immagine di questa immagine. “Da un lato la chiesa è concepita a imitazione della Gerusalemme celeste, già dal tempo dell’anticità cristiana; dall’altro riproduce il Paradiso o il mondo celeste”[7]. La rappresentazione arriva a combinarsi con quella del cosmo divino. Le opere dello pseudo-Dionigi si diffondono nel VII e nell’VIII secolo. Sono numerosi i testi che paragonano la Chiesa al cielo. Il patriarca Germano scrive: “La Chiesa è il cielo sulla terra”. La cupola è il cielo, essa domina i martyria, i battisteri, le chiese, immagine della dimora promessa ai santi, ai catecumeni, ai fedeli; essa è immagine di quel cosmo che il Pantocrator governa.
Il contenuto specifico del simbolo del cerchio ha tante vari significati. Ha valore del cerchio solare. Si comprende come il simbolo dell’Universo. Nel campo architettonico, le cupole costruite volte e cupole a pianta circolare vengono utilizzati per i palazzi imperiali, per le terme, per i mausolei. Il centro ha significato cosmogonico. Lo spazio definito dalla forma di cerchio è sacro e cosmico. La costruzione degli spazi sacri rende visibile l’Eterno presente, crea lo spazio infinito. Gli astri circumpolari disegnano la sacra figura nel cielo, la prima manifestazione, il Punto primordiale. Il cerchio è un punto esteso, partecipa della sua perfezione.  Così punto e cerchio hanno significati simbolici comuni: perfezione, omogeneità, assenza di distinzione o di divisione[8]. Nell'ordine delle strutture cosmiche, il cerchio simboleggia il cielo. Il movimento circolare che è perfetto, immutabile, senza inizio né fine, né variazione. 
Secondo Platone, forma rotonda, simbolo di perfezione celeste. Secondo i testi dei filosofi e dei teologi, “il cerchio può simbolizzare la divinità considerata non soltanto nella sua immutabilità ma anche nella sua bontà diffusa come origine, sussistenza e consumazione di tutte le cose; secondo la tradizione cristiana, come l’alfa e l’omega”. Cerchio è simbolo fondamentale (con il centro, la croce e il quadrato). Lo Pseudo Dionigi l’Areopagita è riuscito a descrivere, in termini filosofici e mistici, i rapporti intercorrenti tra l’essere creato “al centro del cerchio”.  
Il paradiso dell’Occidente medievale, mondo di città vecchie e nuove, fu concepito perlopiù in forma urbana all’interno di una cinta di mura, sul modello della Gerusalemme celeste. Le città sono tradizionalmente quadrate, simbolo di stabilità, mentre le tende o i campi dei nomadi sono spesso rotondi, simbolo del movimento. L’idea che Gerusalemme, nella sua localizzazione e nella sua struttura urbana, dovesse considerarsi Città Santa nasce e si forma lentamente nella tradizione. Le città,  poste al centro del mondo, riflettono l’ordine celeste e ne ricevono le influenze.
Questa idea era incarnata nell'architettura del santuario del Santo Sepolcro, un rotonda costruita da Costantino sul Golgota. In origine era una basilica a cinque navate con la rotonda dell'Anastasis. Un oggetto di altissima venerazione. L’exemplum gerosolimitano è stato oggetto di profonde trasformazioni durante i secoli.









Il Santo Sepolcro è il centro ideale, ma anche fisico, l’umbilicus mundi[9]. Le imitationes architettoniche del Santo Sepolcro sono legate alla memoria della Passione e della Resurrezione, di sacralizzazione di spazi urbani. La consacrazione dello spazio è un processo che include moltiplicazione, duplicazione e riproduzione di dedicazioni, di intitolazioni e luoghi ed edifici[10].
Le imitazioni o repliche di modelli reali, cioè modi di strutturazione dello spazio architettonico sacro secondo exemplus /simulacrum sono diffusi specialmente nell'epoca medievale[11]. Il santuario che più ha influenzato arte e architettura era l’Anastasis, il santo Sepolcro[12]. Tra le molte copie di chiese oggetto di speciale venerazione è una categoria: le imitazioni del Santo Sepolcro. Oltre a essere note in grande numero, esse derivano da un prototipo  Queste copie furono eseguite in tutta Europa dal V al XVII secolo.
Dall'influsso Santo Sepolcro si creato un gruppo di edifici esemplari nella tipologia sul complesso architettonico del Santo Sepolcro di Gerusalemme, costruito nel IV sul luogo della morte e risurrezione i Cristo. Gli spazi del complesso basilicale di Gerusalemme e gli spazi costruiti in memoria della Passione e Resurrezione di Gesù.
Partendo dal IX secolo si diffuse di costruire templi o edicole in memoria o a imitazione della basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme. In Italia le più antiche chiese del Santo Sepolcro sono: la cattedrale di Acquapendente, la chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme in Barletta; Il Sepolcro della chiesa di Castel Cellesi in Bagnoregio, la chiesa del Santo Sepolcro in Milano; la chiesa del Santo Sepolcro a Pisa; la cappella del Santo Sepolcro in San Candido (Bolzano); l’Oratorio del Santo Sepolcro Borgo Sansepolcro (Arezzo); la Pietà o Sepolcro nella chiesa di Santa Maria del Sepolcro Vicovaro. La più antica imitazione del Santo Sepolcro di Gerusalemme in Europa  sembra essere il sacello della Cattedrale di Acquapendente, indirizzata come Domino Deo et Gloriosissimo eius Sepulchro Iherusalem et Acquependentis.




La forma architettonica dell'Anastasis si utilizzava per venerare le importante reliquie.  L'Anastasis fu replicata da Costantino in due mausolei imperiali di figlia Costanza a Roma e personale mausoleo degli Apostoli a Costantinopoli. Nell'architettura sepolcrale del IV secolo  a Tipasa (Algeria) è un altro mausoleo cristiano.

 


La costruzione del mausoleo, secondo studi recenti, sarebbe avvenuta in due fasi: una tra tra il 337 ed il 351 - nel periodo di vedovanza di Costanza - e l'altra dopo la sua morte entro il 361. 


Le imitazioni architettoniche del complesso del Santo Sepolcro e dei suoi singoli elementi    si creavano  dalla volontà di duplicare il modello gerosolimitano considerava alla diffusione di elementi e fenomeni comuni all’intera ecumene cristiana[13]. Gli spazi identificavano come memoriali, che rinnovavano nella propria chiesa la sua Gerusalemme dell’immaginazione e della sua tradizione presenti nell'immaginario collettivo. Una distinzione fra imitationes topomimitiche, che nascevano con la finalità di riprodurre gli spazi dove Cristo ha vinto la morte ed erano basate su raffigurazioni, modelli e misurazioni imitationes purementi devozionali[14]. La forma di edificio monumentale di Santo Sepolcro a pianta centrale. Una forma rotonda o poligonale della chiesa aveva un significato simbolico.  


Basilica Saint-Jacques-le-Majeur (Francia)

Nell'intenzione di imitare la rotonda del Santo Sepolcro i vari edifici sono notevolmente diversi tra loro e ben lontani dal modello. I caratteri essenziali dell'Anastasis: la forma rotonda (mira rotundas), le tre pareti concentriche intorno al vano centrale e al deambulatorio, le dodici colonne mirae magnitudinis), i due gruppi di quattro porte ciascuno.


In Sant'Anastasis l'evidente rapporto con l'architettura romana specialmente con la tradizione dei mausolei-santuari come di Augustino e di Adriano (Castel Sant’Angelo)[15] o Pantheon, santuario cosmico, insieme tempio e mausoleo è legato sia ad Augustino che ad Adriano, che significavano l’apoteosi della Città del Sole.
La matematica simbolica del Panteon adrianeo è giocata sul doppio simbolismo del 4 (numero degli elementi e delle stagioni) e del 7 (numero planetario). Otto (ciò 4 x 2) ambienti principali, corrispondenti alle otto direzioni dello spazio e dei venti. La cupola evoca la volta celeste, l’oculo è disco luminoso del sole.
Straordinaria cupola 43, 5 m di diametro. L'oculo centrale corrisponde al Sole, i cassettoni alludano alla Luna (28 come i giorni e il mese lunare). Dallo spettacolo cosmico del Panteon si capisce il primato assoluto del Sole. Le idee pitagoriche sul Sole la Città del Mondo a immagine della Città del Sole. Roma l’Heliopolis d’Occidente, a Città del Sole (Sol Invictus) a città santa dell’Occidente, altra Jerusalem con la caduta di Gerusalemme. Anche la basilica di S. Pietro nel primo progetto bramantesco conta dodici porte (tre per ogni lato) come la Gerusalemme Celeste.




 
Nel V secolo inizia l’avvio della costruzione di una città santa: della Roma cristiana, la Nuova Gerusalemme dell’Occidente cristiano. I pontefici impostano un nuovo programma di costruzioni ecclesiali; rinnovano chiese preesistenti o costruiscano nuove chiese urbane: San Vitale, San Lorenzo in Lucina, San Marcello al Corso, Santa Sabina, Santa Bibiana, Santo Stefano Rotondo, San Martino ai Monti. Dalle basiliche lateranense (con suo complesso di edifici, cappelle, aule) e da quella di Santo Croce – entrambe addossate alle mura per volontà di Costantino – fino a Santa Maria Maggiore (passando per Santo Stefano Rotondo, San Pietro in Vincoli, San Martino ai Monti, Santa Babiana, Sant’Andrea in Catabarbara) è delimitata una grande area urbana in gran parte disabitata, ma presidiata da questi insediamenti sacri. L’importanza di questo progetto papale è sottolineata dal fatto che Santa Maria Maggiore e Santo Stefano Rotondo non sono chiese parrocchiali, ma sono grandi il doppio delle normali chiese parrocchiali e diventano importante stazioni liturgiche,  officiate dal clero lateranense e visitate spesso dal papa. La chiesa di Santo Stefano Rotondo ha diametro circa 21 metri e illuminato da finestre, originalmente in numero di ventidue, situate in alto. Le due chiese hanno in comune alcuni caratteri fondamentali: la pianta circolare con vano centrale e ambulacro, le nicchie – sostituite a Santo Stefano da cappelle - e misura del diametro del vano centrale 21 m. Nell'Anastasis non è traccia dei cortili e dei corridoi periferici che caratterizzano Santo Stefano. Il numero 22 sembra costante in questo edificio: 22 sono le Colonne che separano il corridoio ad anello dall'area centrale, coperta da un alto tamburo (altezza 22 metri) ed erano 22 le finestre.   Santo Stefano Rotondo nel cuore di Roma è un edificio singolare. R. Krautheimer collega la chiesa di Santo Stefano Rotondo a molte chiese palestinesi ed in particolare alla chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme[16].





La chiesa di S. Stefano Rotondo è il più antico esempio di chiesa circolare nella città. Esso esce dal quadro consueto dell'architettura ecclesiastica paleocristiana[17]. I culto del protomartire si diffuse a Roma specialmente dopo 415 e ad esso venne dedicata la chiesa. La costruzione fu probabilmente voluta da papa Leone I (440-461), sotto il quale era stata edificata anche un'altra chiesa dedicata a santo Stefano (Santo Stefano sulla via Latina), ricostruita da papa Simplicio (468-483). Una costruzione circolare a tre anelli, di cui l'esterno differisce dagli due interni interi, per la suddivisione in dodici parti, a loro volta suddivisi longitudinalmente in due parti, con quattro portici esterni e quattro portici interni, che perfettamente coincidente con la Nuova Gerusalemme  dell'Apocalisse.
 
L'edificio a pianta circolare, costituita in origine da tre cerchi concentrici: uno spazio centrale (diametro 22 m) era delimitato da un cerchio di 22 colonne architravate, sulle quali poggia un tamburo (alto 22,16 m); tale parte centrale era circondata da due ambulacri più bassi ad anello: quello più interno (diametro 42 m) era delimitato da un secondo cerchio di colonne collegate da archi, oggi inserite in un muro continuo, mentre quello più esterno (diametro 66 m), scomparso, era chiuso da un basso muro. La rotonda presentava una città santa circolare, disposta quarantennalmente, ha oltre la torre centrale altre quattro torri disposte a croce.      
Santo Stefano ha somiglianza con il Santo Sepolcro nella misura. Santo Stefano ha 12x6 m e Santo Sepolcro 12x2. La base della chiesa ha un diametro di 144 cubiti e che l’altezza al centro è di 144 cubiti, cioè vi si può iscrivere una sfera di 144 cubiti 12 (3 x4) per 12. Sandor Ritz mostra il collegamento tra Santo Stefano con il capitolo 21 dell'Apocalisse[18].
La sconfitta definitiva dell’antica religione romana, dopo il crollo dei vari culti e del politeismo, è simboleggiata nel 609 dalla trasformazione del Pantheon nella chiesa di Santa Maria ad Martyres o Santa Maria della Rotonda, che significava il passaggio dalla città antica alla città cristiana. Nell’VIII secolo per tutti i popoli europei cristianizzati Roma è sempre più la città santa, la città della sede della Chiesa, la città sacra che attira i pellegrini da tutto il mondo cristiano[19].
Tanto in comune coi mausolei romani avevano i battisteri paleocristiani e medievali. Nel pensiero dei primi cristiani  i concetti di battesimo e di resurrezione, di morte erano in stretta connessione tra loro.  Battisteri ottagonale, la forma architettonica più diffusa in Occidente. La pianta ottagonale, segno dell’infinito e dell’eterno, fu ideata dallo stesso sant’Ambrogio, che voleva la basilica ed il fonte con questa pianta[20]  Il numero otto dai molteplici significati simbolici, era il simbolo di Resurrezione dal numero sette (i giorni della creazione, quindi il tempo) più il numero uno, simbolo di Dio. La geometria dell'interno complesso risponde alle regole geometrico-proporzionali della numerologia sacra: pari a 33 cm, costituisce l’unità di misura che viene assunta come riferimento a i numeri della sacre scritture  (3, 7, 8, e 12 dal Libro dell’Apocalisse)[21] Agostino afferma che il cerchio è simbolo della virtù. Per Candido di Fulda il cerchio simboleggia la Chiesa, che rappresenta il regno dell’eterna maestà[22]. 
I primi battisteri del III e del IV secolo non erano rotondi né ottagonali: solo la vasca era circolare talvolta, mentre edifici erano quadrati o rettangolari (il primo battistero Lateranense degli inizi del IV sec. Verso la metà del V secolo i battisteri annessi alle chiese romane erano spesso quadrati e questo tipo rimase in uso fine al VII secolo. Il battistero Lateranense tra il 432 e il 440 con vano centrale delimitato da otto colonne architravate. Nel vano centrale la piscina era circondata da un ambulacro ottagonale, coperto da una volta a botte con lunetta. Il battistero di Santa Maria Maggiore a Nocera del V sec. è costituito da un vano centrale coperto a cupola e da un giro di quindici coppie di colonne.
Insieme al Pantheon, il Santo Sepolcro di Gerusalemme può essere considerato l’archetipo fondamentale per formare la significazione di un filone di cappelle sepolcrali di santi che si richiamano alla tombe di Cristo e all’edifico – simbolo di Roma antica nel designare il mausoleo regale o l’idea di sepoltura. L’idea di Resurrezione veniva suggerita dalla apertura ad oculo (evidentemente dal Pantheon). Il Santo Sepolcro è stato un principio per fare i mausolei dei santi e dei principi. La basilica vaticana fu costruita come Tempio-Mausoleo. 
La fortuna del tipo della rotonda dell’Anastasis come prototipo simbolico avrà sviluppo in epoca rinascimentale e barocca, a volte coniugato con il tipo della cappella palatina a pianta centrale (Santa Sofia, San Vitale, Aquisgrana).  


Filippo Brunelleschi, Rotonda di Santa Maria degli Angeli

Filippo Brunelleschi nei primi decenni del XV secolo progettò la Rotonda di Santa Maria degli Angeli, a Firenze.
La pianta centrale durante barocco era trasformata in base alle esigenze della Controriforma. Sono stati rafforzati l’asse longitudinale delle chiese (la basilica di Santa Maria della Salute a Venezia, dove uno spazio ottagonale è unito ad un presbiterio quadrato). Altri esempi notevoli si hanno inoltre nelle chiese Romane di Sant’Agnese in Agone, di Sant’Ivo alla Sapienza, di Sant’Andrea al Quirinale e la collegiata dell’Assunta di Ariccia.
 

Sant'Andrea al Quirinale, costruita tra il 1658 e il 1670 (Bernini)




Bibliografia:
C. Alzati (a cura di), Ambrosiana Ecclesia: studi su la Chiesa milanese e l’ecumene cristiana fra tarda Anticità e Medioevo, Milano 1993
E. Cattaneo, La religione a Milano nell’età di S. Ambrogio, Milano 1974
V. C. Corbo, Il Santo Sepolcro di Gerusalemme. Aspetti archeologici dalle origini al periodo crociato, Jerusalem 1981
G. de Champeaux, S. Sterchx, I simboli del Medioevo, Milano 1984
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M. Fagiolo, Città e mausolei: i santuari dell’uomo divinizzato in La Città e il sacro, Milano 1994, pp. 453-492
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S. Ritz, La nuova Gerusalemme dell’Apocalisse e S. Stefano Rotondo, « L’Urbe», 30 (1967).
R. Salvarani, La fortuna del Santo Sepolcro nel medioevo. Spazio, liturgia, architettura, Milano 2008
M. Sanfilippo, Il ‘sacro’ e le “tre città” di Roma in  La città e il sacro, Milano 1994, p. 165-202.
A. Snodgrass, Architettura, Tempo, Eternità, Bologna 2004
F. Tolotti, Il Santo Sepolcro. Gerusalmme e coeve basiliche di Roma in Mitteilungen des Deutschen Archaologishen Istitut, Roma 93, 1986 p. 471-512.


[1]     F. Ohly, Geometria e memoria. Lettera e allegoria nel Medioevo, Bologna 1984
[2]    G. de Champeaux, S. Sterchx, I simboli del Medioevo, Milano 1984, p. 28.
[3]    Ibid.
[4]    R. Krautheimer, Architettura sacra paleocristiana e medievale, Torino 1993, p. 105
[5]    Ibid., p. 97.
[6]    M. Eliade, Il sacro e il profano, Milano 1984, p. 43
[7]    Ibid, p. 44.
[8]    A. Snodgrass, Architettura, Tempo, Eternità, Bologna 2004, p. 28
[9]     C. Alzati (a cura di), Ambrosiana Ecclesia: studi su la Chiesa milanese e l’ecumene cristiana fra tarda Antichità e Medioevo, Milano 1993, p. 17-21 
[10]        R. Salvarani, La fortuna del Santo Sepolcro nel medioevo. Spazio, liturgia, architettura. Milano 2008, p. 48
[11]        R. Krautheimer, Architettura sacra paleocristiana e medievale, Torino 1993, p. 101
[12]     F. Tolotti, Il Santo Sepolcro. Gerusalmme e coeve basiliche di Roma in Mitteilungen des Deutschen Archaologishen Istitut, Roma 93, 1986 p. 471-512. V. C. Corbo, Il Santo Sepolcro di Gerusalemme. Aspetti archeologici dalle origini al periodo crociato, Jerusalem 1981
[13]      R. Salvarani, La fortuna del Santo Sepolcro nel medioevo. Spazio, liturgia, architettura, Milano 2008, p. 24
[14]     Ibid., p. 24               
[15]     M. Fagiolo, Città e mausolei: i santuari dell’uomo divinizzato in La Città e il sacro, Milano 1994, pp. 453-492
[16]       R. Krautheimer, Santo Stefano Rotondo a Roma e la chiesa Sepolcro a Gerusalemme Riv AC 12 1935 pp. 51—102
[17]       R. Krautheimer, Success and Failure in Late Antique Church Planning in Age of Spirituality: A Symposium Ed by K. Weitzmann, Princeton 1980, p. 122 -125.
[18]     S. Ritz, La nuova Gerusalemme dell’Apocalisse e S. Stefano Rotondo, « L’Urbe», 30 (1967).
[19]     M. Sanfilippo, Il ‘sacro’ e le “tre città” di Roma in  La città e il sacro, Milano 1994, p. 179
[20]     E. Cattaneo, La religione a Milano nell’età di S. Ambrogio, Milano 1974, p. 130-135
[21]     A. Elberti, L. Vldarnini, Arte e architettura sacra in Occidente. Storia e fondamenti, 2015, p. 65
[22]     R. Krautheimer, Architettura sacra paleocristiana e medievale, Torino 1993 p. 108-109 





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Fonte : scritti e appunti della dott.ssa Yaryna Moroz Sarno, e-mail: yarynamorozsarno@gmail.com  . 









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