venerdì 19 luglio 2019

"IL GIARDINIERE" di VINCENT VAN GOGH, di Yaryna Moroz Sarno





Yaryna Moroz Sarno

       "IL GIARDINIERE"  di  VINCENT VAN GOGH




     Figlio primogenito di un pastore protestante, che voleva anche diventare pastore. La sua vita è stata vissuta propriamente come essere nel mondo, una specie di missione: missione sociale e religiosa prima, missione artistica poi, ma mai in contraddizione con l’amore per il prossimo. Van Gogh, avendo una sua vocazione particolare, ha dedicato la sua vita alla ricerca della verità e all'espressione d’amore. La ricerca della verità sublime guida tutta la sua vita, si trasmette nelle sue opere. Il suo scopo era di andare oltre la verità tangibile. Spinto dalla carità, dal suo zelo missionario Van Gogh ha creato un nuovo modo di esprimersi, trasforma l'opera d’arte ai margini della vita umana, in un vero messaggio rivolto all’umanità.
    Nell’arte vede una missione, così scive a Van Rappard: “Fate brillare per gli uomini la vostra luce. Questo è, io credo, il dovere di ogni pittore. Ma se questa luce dovesse diffondersi attraverso le esposizioni, a mio parere, non se ne avrebbe una trasmissione diretta. Io mi auguro si diano occasioni più numerose e migliori delle esposizioni, per accostare l’arte al popolo”[1]. “Sento in me una tale potenza creativa che sono sicuro che dovrà arrivare il momento in cui, per così dire, creerò qualcosa di buono ... voglio lasciare di me un qualche ricordo sotto forma di disegni o dipinti, eseguiti non per compiacere un certo gusto in fatto d’arte, ma per esprimere un sincero sentimento umano”, rimane scritto nella lettera del settembre 1883 a. Nell’arte vede “qualcosa di molto alto... qualcosa di sacro”[2].
    Già dall’inizio del suo percorso artistico scrisse un programma, la propria concezione dell'arte (nel luglio 1882, da L'Aja al fratello Théo van Gogh (lettera 218): “Voglio che tu capisca bene la mia concezione dell'arte. Bisogna lavorare a lungo e duramente per afferrarne l'essenza. Quello a cui miro è maledettamente difficile eppure non penso di mirare troppo in alto …. In quelli per lo meno c'è qualcosa che mi viene direttamente dal cuore. Sia nella figura che nel paesaggio vorrei esprimere, non una malinconia sentimentale ma il dolore vero. In breve, voglio fare tali progressi che la gente dica delle mie opere: “Sente profondamente, sente con tenerezza” – malgrado la mia cosiddetta rozzezza e forse perfino a causa di essa....” Dopo scriveva: “si cerca di dar vita ai pensieri al posto dei figli, e si partecipa così dell'umanità. E con un quadro vorrei poter esprimere qualcosa di commovente come una musica” (Lettera 531 a Théo, settembre 1888)[3].
    Attraverso le sue lettere (particolarmente scritte al fratello Théo, che sono come una straordinaria confessione epistolare), si capisce meglio il suo cammino spirituale, lo sviluppo dello suo pensiero, del suo stile. Alla base della vita vede il vero amore al prosimo. Scrive al fratello “L’amore per gli uomini è qualche cosa che in ciascun essere umano dovrebbe essere alla base di quasi tutto” (lettera 279). Con i suoi quadri vuole consolare gli uomini, i poveri, delle loro miserie. “Sappiate che più rifletto, più mi rendo conto che non c’è nulla di più veramente artistico che l’amare gli uomini”[4], scrisse nella sua lettera n. 538. Con questo sentimento fa la sua arte, i suoi rittratti. Quest’amore non si limita ai suoi simili, si estende alle cose, agli oggetti: “Non è vero che, amandola, una cosa la vediamo meglio e più giustamente che se non la si ama?”[5].
    Questo sentimento sta alla base del legame esistente tra l’opera di Van Gogh e la natura, spiega anche la fedeltà del pittore verso la natura stessa: “La verità mi è così cara e il voler riprodurre il vero, che io credo, credo proprio, che preferirei esserer calzolaio, piuttosto che diventare un musico del colore”[6]. Lui vuole fare “lo studio dal vero, la lotta con la realtà”[7].
Vincent van Gogh raffigurando voleva “dipingere uomini e donne con quel qualcosa di eterno, un tempo simboleggiato, da un’aureola che noi cerchiamo di rendere con l’irraggiare, col vibrare del colore [...] mediante la vibrazione dei nostri colori [...] il ritratto con dentro il pensiero, l'anima del modello [...] esprimere l'amore di due innamorati con il matrimonio di due colori complementari, la loro mescolanza e i loro contrasti, le vibrazioni misteriose dei loro contrasti” (Lettera 531 a Théo van Gogh, settembre 1888)[8]. Come egli scrisse a sua sorella: “Vorrei dipingere ritratti che appaiano dopo un secolo alle persone come apparizioni”[9].
   Nel 1888-90 Vincent van Gogh dipinse un certo numero di ritratti, tra cui il ritratto del giovane giardiniere venne dipinto da Van Gogh durante il suo soggiorno all'interno dell'ospedale di Saint Rémy, quando lui stesso scrive al fratello Theo: “La voglia di eseguire ritratti in questi giorni è terribilmente forte”. Si era dedicato ai ritratti, volendo sviluppare il suo talento ritrattista. Non voleva ottenere una somiglianza fotografica ma trasferire un’espressione, una realizzazione della sua aspirazione.
    La datazione era fatta da J. Hulsker (la colloca al settemre 1889)[10], riconoscendo appunto una allusione al Contadino nella lettera alla madre del 1889 del 19 settembre: “Appena posso lavoro ai ritratti, io stesso penso a volte che siano la parte migliore e più seria del mio lavoro”[11]. Questa datazione (1889) era stata accettatta dai critici. Ma anche possibile proporre più tardiva datazione, perchè nella lettera a Theo Van Gogh scrisse il sabato 4 gennaio 1890: “Ora ho appena fatto un piccolo ritratto di uno dei ragazzi di qui, che lui voleva mandare a sua madre”[12]. Nel tempo, quando scrisse a Willemien van Gogh: “Ciò che mi appassiona di più, molto, molto più di tutto il resto, nel mio mestiere, è il ritratto, il ritratto moderno. Lo cerco attraverso il colore e non sono certo l’unico a cercarlo in questa direzione...”[13]
  Questo capolavoro del periodo provenzale racchiude le tematiche fondamentali della pittura di Van Gogh. Quando nell'anno 1880 Van Gogh decide di diventare pittore, la sua scelta era già stata fatta: dipingere i contadini. Una continuazione dei ritratti di contadini aveva già eseguito a Nuenen. Non aveva lasciato mai perdere la sua ambizione di diventare un pittore dei contadini; van Gogh raffigura un ritratto a mezzo busto di un giovane contadino con ampio cappello, in primo piano contro uno sfondo di un campo erboso e di alberi da frutta. Van Gogh concentra la sua attenzione ai dettagli del volto, ma crea un suo “realismo”. Il suo metodo di rappresentazione spiegano queste parole: “.... non cerco di rappresentarci attraverso la somiglianza fotografica, ma attraverso le nostre nostre appassionate emozioni, usando come mezzo di espresione ed esaltazione del carattere la nostra conoscenza e il nostro gusto moderno per il colore”[14]. Il giardiniere è un'opera che è fondamentale all'interno degli studi del colore.. Van Gogh cercava il “linguaggio simbolico mediante il colore stesso”(nella lettera dal 28 giugno 1888)[15]. Il colore diventa una metafora.

  Questo genere di pittura era già emancipato e eveva una grande popolarità quando van Gogh aveva cominciato a raffigurare contadini, pescatori e lavoratori. E ciò può aver stimolato la sua scelta. Van Gogh era al corrente degli sviluppi storici dell’arte. Lui già lavorando nel mercato artistico frequentava mostre e musei, tra cui Musée du Luxembourg, dove era esposta in quegli anni l'arte contemporanea, leggeva inoltre resoconti e critiche d’arte.
   Ma il suo interesse non era limitato solo ad essi, si estendeva a tutto il mondo umano. Questa sua scelta influenza la sua interpretazione dell’arte. La “Seelenmalerei” (pittura dell’anima), era ciò che van Gogh ammirava. Per lui l’arte era raggiungere l’anima (lettera 133). Come scrive (lettera 136, 24 settembre 1880) scopo è rappresentare l’animo umano nella sua nobiltà, nella sua dignità e nel suo essre fedele agli insegnamenti evangelici.
  Egli aveva già scritto: “Ma se si dice in modo chiaro ciò che si deve dire, non sarà sufficiente? Volendo dire con più grazia, lo si potrebbe rendere più piacevole, cosa non disprenzzabile, ma in tal modo non si riesce ad abbellire di molto una cosa vera, perché la verità è per se stessa”[16].
  Per capire meglio lo stile di Van Gogh bisogna risalire alla sua formazione. Le influenze che hanno contribuito sono di natura molto varia. Gli anni parigini gli fruttano una serie di scoperte: la pittura impressionista, i quadri impastati di Monticelli, le stampe giapponesi. L’incontro con l’impressionismo scopre il suo colorismo. Le opere degli impressionisti ebbero su Van Gogh un effetto liberatorio e cruciale. Vedendo a Parigi nel 1886 gli impressionisti, passa dal monocromo a un cromatismo molto forte, raggiunge effetti straordinariamente crudi e intensi. Il colore diviene elemento importante nelle composizioni.
  Assorbe la visione e la tecnica impressionista, arricchisce la sua tavolozza di una gamma nuova di colori, la si schiarisce, includendo i colori chiari e puri (Il dipinto testimonia le modifiche cromatiche della pittura). I contatti con gli impressionisti portano ad adottare la tecnica del puntinismo. Ma la lezione impressionista è stata per lui solo una fase di trasformazione. Van Gogh aveva un’autonoma coscienza dei principi moderni dell’espressione pittorica.
   Con la partenza per il mezzogiorno della Francia si conclude il periodo parigino. Nella Provenza van Gogh riconosceva la sua Olanda. Sulla Provenza proiettava la sua immagine idealizzata del Giappone, il suo ideale del semplice monaco-pittore giapponese, che viveva lavorando a contatto con la natura, un ideale monastico, il culto del progresso artistico e morale. Nella vita degli artisti giapponesi e nell’arte giapponese Van Gogh vede la realizatzione il suo ideale di lavoro come amore.
  Gli interessavano le possibilità comunicative della pittura: i colori impiegati divennero sempre più vividi ed abbaglianti, come contaminati dalla potenza della luce del Mezzogiorno. Sotto l’impressione del sole e dei colori dipinge gioiosamente. Rappresentava il sole come metafora della luce divina. Il sole è presente in questo ritratto non solo nei colori, ma anche nel sorriso di un giovane assolutamente solare.
  La massima forza e semplicità, l’armoniosa vitalità della natura in forme e spazi sono completamente integrati nel colore. Le sue osservazioni sul colore, che egli sente essere, esprimere la realtà nel suo significato interiore. Per mezzi del colore esprimeva emozioni umane. É notevole la presenza di nero, che deve sottolineare il colore cromatico. Così scrisse, spiegando come lo capisce: “Insomma, anche il nero e il bianco sono colori, o piuttosto, in molti casi possono essere considerati colori, perché il loro contrasto simultaneo è brusco quanto quello del verde e del rosso, per esempio”[17].
   Il ritratto era dipinto con vitalità organica della natura. Il disegno viene esaltato dalla forza stessa del colore. Applica la sua nuova maniera al ritratto. É l'equilibrato accostamento dei colori complementari del rosso e del verde nella camicia e quello dei colori primari. L'accostamento dei colori primari e complementari da una misura di purezza e chiarezza a questo ritratto.
   Van Gogh era ispirato dalla teoria dei colori di Delacroix: “…il colore locale, e nemmeno la verità del luogo. Ma ci restituisce qualcosa di appassionato di eterno – il colore ricco, il sole splendente del glorioso sud, in un modo da vero colorista, parallelamente alla concezione del sud di Delacroix”[18] (lettera a John Peter Russell). Nel sua lettera al fratello scrisse “ti allego un paio di pagine interessanti sul colore, cioè le grandi verità nelle qualli credeva Delacroix”[19]. Nello stesso periodo, stando sotto l’ispirazione di questa teoria, ricerca i valori autonomi e simbolici del colore: per essempio l’espressione attraverso il rosso. Scrive anche “Il cobalto – è un colore divino, e non c’è niente di più bello per creare lo spazio intorno alle cose. Il carmino è il rosso del vino ed è caldo, spiritoso come il vino”[20].
  Sulla sua passione verso il colore Van Gogh scriveva già prima (nell'anno 1883): “sento risvegliarsi in me certa sensibilità per il colore, più forte e diversa rispetto al passato”[21]. Dice anche su di “una sorta di rivoluzione nel mio modo di lavorare, che cercavo da tempo .... e lasciarmi un po’ andare e guadare attraverso le ciglia, anziché scrutare attentamente le articolazioni e analizzare la struttura delle cose, mi porta più direttamente a vedere le cose come macchie di colori contrastanti”[22].
  Nella sua ricerca dei colori sottolineava “importanza di essere veri”, del “bisogno di sentire la verità”[23]. Già nel a. 1886 Van Gogh scrive: “si deve cercare nel colore la vita, disegnare davvero vuol dire modellare con il colore”[24]. Nel suo ritratto si legge la verità che va oltre. Il colore è il suo mezzo più importante che esprime l'anima, i sentimenti umani dell’uomo, ed  è questo che parla.
 Il viso è fatto con piccoli tocchi di pennello. Con questa tecnica sono dipingte le sopracciglia inarcate e folte. L'espressione, leggermente accigliata, è caratterizzata da uno sguardo rivolto verso il basso e si scorge una leggera divergenza delle pupille. Il ritratto da un sensno di serenità di mezzogiorno.
  Il personaggio porta il cappello quale continuazione della sua caratteristica. Ci sono anche altri ritratti per i quali van Gogh usava questa forma di caratterizzazione, continuando la tradizione dei dipinti olandesi del Seicento, da lui molto ammirati.
  A differenza della solitudine del pittore, che faceva i suoi soggetti con fondi monocromi, in questa tela è rappresentato un ben definito paesaggio. Nel paesaggio di fondo del "Il Giardiniere" una costruita e dettagliata pennellata da l'idea dell'ambientazione dove il soggetto è inserito. Il giardino è stato un soggetto che ha rappresentato spesso. Nel tempo del suo soggiorno a Saint-Rémy-de-Provence (1889), Van Gogh spesso lavorava nel giardino dell'ospedale a Saint-Rémy, il giardino è diventato il suo tema preferita[25], il soggetto che offriva un contatto con la natura. Non avendo permesso di andare fuori dall’ospedale col suo cavalletto, lui trovò soggetti nel giardinetto[26]. Questo lavoro lo manteneva in vita: “Nella lotta con la natura, è il sentimento del mio lavoro che mi dà la forza di andare avanti”[27]. Van Gogh in quindici qiorni tra maggio e giungno 1889 realizzò una serie di grandi disegni nel giardino dell’ospedale. Nel suo dialogo con la natura Van Gogh cerca come trasmettere le sue emozioni, come trovare una sintonia tra quello che sente nella sua anima e vede d’avanti se. Cercando di rendere visibile una verità interiore, rappresenta uomo e natura.

Bosco di olivi, Giugno-luglio 1889, Otterlo
   Paesaggio di Bosco di Ulivi ha quasi lo stesso sfondo del ritratto. Le stesse soluzioni stilistiche e pittoriche affrontate nel dipinto denotano tale sintonia, soprattutto nel linearismo della composizione che fonde il soggetto nel paesaggio, nella luminosità del dipinto e nell'accostamento dei colori.
  Lui ripete con lo stesso titolo altre tele nel modo più drammatico, quando invece in quelle di prima trasmetteva pace, tranquilità, elevata gioia. Dal bosco, rappresentato nel giugno-luglio, a quello che dipinge nel 1889 vi è grande distanza tragica. Per Van Gogh questi alberi di olivi avevano il significato della Passione di Cristo nell’orto (lettera 615)[28]. I boschi di olivi lo ispirano, gli ricordavano temi biblici, così famigliari per lui.
Bosco di ulivi, Novembre del 1889
                                                  Bosco di olivi, Novembre del 1889
Bosco di ulivi, 1889
Nell’altro quadro Il giardino dell’ospedale di Saint-Rémy con i grandi pini ed un enorme tronco in primo piano il pittore rappresenta “scuro gigante – come un fiero uomo sconfitto – considerato sotto l’aspetto di un essere umano”[29] Dipinse attraverso la realtà quotidiana l'espressione dell’agonia di Gesù nel Giardino di Getsemani[30], ma anche la sua profonda sofferenza, la sua rottura e sua infinita solitudine. Per Vincent Van Gogh inizia un vero proprio calvario.
Il Giardino di Saint Paul's ospedale, 1889
Olio, 71.5 x 90.5 cm Van Gogh Museum, Amsterdam (Vincent van Gogh Foundation)
   Dipingere significava per lui vivere, esprimersi. La sua pittura aveva un senso importantissimo per la propria vita. “.....sto facendo ritorno alle idee che avevo in campagna, prima di conoscere gli impressionisti. Invece di descrivere ciò che ho davanti ai miei occhi, uso il colore in modo arbitrario per esprimere maggiormente me stesso” – scrise in una delle lettere a Théo. Questo “esprimere se stesso” significa anche creare uno stile nuovo, una nuova struttura espressiva, un modo nuovo, molto libero di usare il colore, il disegno, la tecnica. Il suo enorme dolore di una vita drammatica, la sua povertà spesso estrema lo avvicinavano agli umili. Perciò il ritorno al tema dei contadini era logico.
Cipressi con le due donne, olio su tela, 92x73 cm, 1889-1890, Kröller-Müller M. Otterlo
Oliveto con nuvola bianca, olio su tela, 73x92 cm, 1889, Museum of Modern Art, New York



















La vigna rossa, olio su tela, 73x92 cm, 1888, Museo Puškin, Mosca
 

Campo di grano con cipresso, Settembre 1889, Londra, The Trustees of National Gallery


Il Giardino di Saint Paul's ospedale, 1889, 
Olio, 71.5 x 90.5 cm, Van Gogh Museum, Amsterdam (Vincent van Gogh Foundation)

Davanti al manicomio di Saint-Rémy, 
olio su tela, 58x45 cm, 1888, Musée d'Orsay, Parigi

 Nel suoi paesaggi Van Gogh cercava un contatto dell'uomo con la natura. Il ritratto del giardiniere  dovrebbe significare questa unità con la natura perfetta. Il giovane diventa la rappresentazione emblematica dell'uomo che vive all'unisono con la natura, nella compenetrazione armoniosa con essa e con i suoi immutabili processi di rigenerazione. Si può dire che il tema del ritratto è il rapporto con la natura, l’intento della rappresentazione simbolica della relazione uomo-natura.

   Van Gogh ha esercitato una profonda influenza sul corso dell’arte del XX secolo per la straordinaria densità delle sue opere. Le opere di Van Gogh restano imprescindibile punto di riferimento per tutte le ricerche sul colore del XX secolo: per i “fauves”, per gli espressionisti, per lo stesso Picasso, fino agli informali. Van Gogh visse soltanto trentasette anni, nove dei quali dedicati interamente alla pittura. Il suo “corpus” di opere comprende più di ottocento quadri e quasi altrettanti disegni e acquerelli, ma il più importante suo segno era il suo amore a tutti e a tutto.
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BIBLIOGRAFIA:
LE FONTI, Tutte le lettere di Vincent van Gogh, trad. it., Silvana Editoria d’Arte, Milano 1959
VINCENT VAN GOGH. Lettere. A cura di Cynthia Saltzman, Torino 2013
BONAFOUX P., Van Gogh. Il sole in faccia, Edizione it.a cura di M. Buysschaert 1992
HULSKER J., The complete van Gogh: paintings, drawings, Sketche, Oxford –New York 1980
VAN UITERT E., Vincent van Gogh in Creative Competion. Four Essays from SImiolus, Zutphen 1983.
VAN DER WOLK J., VAN TILBORCH L., VAN UITERT E., Una carriera di dieci anni, L’oeuvre di Vincent van Gogh in VAN UITERT E. VAN TILBORCH L. VAN HEUGTEN S., Vincent van Gogh. Dipinti, Disgni, Amsterdam – Otterlo 1990
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[1] Tutte le lettere di Vincent van Gogh, Milano 1959. Lettera n. 43
[2] VINCENT VAN GOGH, Lettere. A cura di Cynthia Saltzman, Torino 2013. Lettera 574, p. 337
[3] Tutte le lettere di Vincent van Gogh, Lettera. 531
[4] Lettera. 538
[5] Lettera. 591.
[6] Lettera.623
[7] VINCENT VAN GOGH, Lettere. A cura di Cynthia Saltzman, Torino 2013. Lettera 305, p.
[8] Tutte le lettere di Vincent van Gogh, Milano 1959. lettera n. 531
[9] Vincent Van Gogh. Lettere. A cura di Cynthia Saltzman, Torino 2013. Lettera 879, p. 679.
[10] J. HULSKER, The complete van Gogh: paintings, drawings, Sketche, Oxford –New York, 1980 p. 410
[11] Tutte le lettere di Vincent van Gogh, Milano 1959. vol III, p. 215, lettera n. 6.
[12] Vincent Van Gogh. Lettere. A cura di Cynthia Saltzman, Torino 2013. L. 836, p. 649

[13] L. 879, p.679.

[14] Ibid.

[15] L. 634, p. 436

[16] L.371, p. 192.

[17] L. 622, p. 401

[18] L. 598, p. 363

[19] L.266, p. 494

[20] L. 550, p. 319,

[21] L. 371, p. 192

[22] L. 371, p. 193

[23] L. 599, p. 331.

[24] Ibid.

[25] P. BONAFOUX, Van Gogh, il sole in faccia, p. 102

[26] VAN UITERT E. VAN TILBORCH L. VAN HEUGTEN S., Vincent van Gogh. Dipinti, Disgni, Amsterdam – Otterlo 1990, p. 202

[27] L. 594.

[28] ERNAST VAN UITERT, LOIS VAN TILBORGH, SJRAAR VAN HEUGTEN, VINCENT VAN GOGH. Dipinti, 1990, p. 238

Fy78[29] B 21

[30] Idem, p. 235




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Fonte : scritti e appunti della dott.ssa Yaryna Moroz Sarno, e-mail: yarynamorozsarno@gmail.com .
Sito web: https://yarynamorozsarno.blogspot.com











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