DANIELE GUERRIERI
Monumento ai caduti del mare - Roseto degli Abruzzi (TE)
Il monumento, opera dello
scultore Daniele Guerrieri, rappresenta il tentativo di salvataggio di due
uomini dall'affondamento di una nave. Quest'opera vuole essere l'omaggio della
popolazione rosetana a coloro che hanno dato la vita nell'adempimento del dovere
di procurare a sé ed ai propri familiari i mezzi per vivere dignitosamente e nel
contempo, tramandare alle generazioni future la storia delle proprie origini che
sul mare ha fondato l'economia e la cultura. Questo monumento non concede nulla
alla retorica ma affonda le radici proprio nella tradizione marinara di Roseto,
che ancora oggi costituisce un notevole polmone nell'ambito della economia
dell'Abruzzo, tanto da farne uno dei porti più dotati di infrastrutture e di
flottiglia da pesca del medio adriatico. Intere generazioni sono vissute con e
dei frutti del mare, sostenendo battaglie non soltanto di tipo economico per
vedere degnamente remunerato il frutto del proprio lavoro ma ancora più contro
la furia degli elementi del mare aperto, che non ha mai cessato di chiedere
sacrifici umani a coloro che quotidianamente sono costretti a salpare per
guadagnarsi l'esistenza. Anche se può sembrare un controsenso il concetto
del “morire per vivere” in effetti esso è connaturato con la vita dell'uomo, in
tutte le latitudini, ma nell'ambito marinaro esso diventa più tangibile ed
evidente per l'immediatezza con la quale queste due condizioni possono
susseguirsi in un brevissimo spazio temporale. Ed è proprio nell'antitesi
di questo dualismo che si concretizza la cultura dei popoli marinari, la cultura
dei rosetani, che Daniele Guerrieri ha così mirabilmente interpretato e questo
particolarmente in una stagione che vede sempre più le giovani generazioni
orientarsi verso altri interessi economici ed altri stili di vita che del
proprio passato hanno troppo spesso ricordi sbiaditi o del tutto inesistenti. Il
monumento è composto da due figure di marinai delle quali una rappresentata
priva di vita, mentre l'altra, ancora viva, alza lo sguardo verso l'albero della
nave (albero che simboleggia la croce divina, quindi la salvezza eterna) con il
proposito di rimanervi aggrappato con le braccia. Il tentativo del marinaio è
controbilanciato da un'onda minacciosa (che rappresenta il male) che spinge
inesorabilmente nei fondali i resti della barca dei due marinai. L'opera
realizzata nel 1988, rivela anche la tempra e lo spirito mistico che animano le
opere di Daniele Guerrieri, uno scultore giovane sia anagraficamente che
nell'animo, formatosi culturalmente e professionalmente alla “scuola romana”
degli anni '60/'70 frequentando e lavorando nelle botteghe artistiche di via
Margutta con nomi del calibro di Pericle Fazzini, Pirro, Marras, Fulloni e
Gentilini che ha saputo conciliare le forme della scultura moderna con i canoni
della tradizione culturale dell'Abruzzo marinaro, regalando alla memoria
storica, ma anche alla fruizione estetica, dei rosetani un'opera altissima che
onora l'artista e la sua terra.
[di Valentino Milone - da
"Progetto Abruzzo" Aprile 1992 - Anno VI - N° 4]
Daniele Guerrieri è nato a Castelli (TE) il 27
aprile 1944, dove si è diplomato presso l'Istituto Statale d'Arte. Dopo la
maturità ha frequentato l'Accademia di Belle Arti di Roma dove si è diplomato in
scultura conseguendo il massimo dei voti.
Formatosi sotto la guida di Monteleone e di
Fazzini, lo scultore ha sempre affiancato all'attività didattica nei licei
artistici di Roma e Teramo un'intensa e personalissima ricerca. Teso alla
elaborazione di un proprio linguaggio, ha fatto della scultura un mezzo di
indagine del reale, uno strumento attraverso cui scoprire le leggi misteriose e
perfette delle cose.
E' la loro vita nascosta che si rivela
nell'intensità espressiva delle opere monumentali, nella ricchezza fantastica,
eppur rigorosissima, delle “costruzioni” degli anni settanta, nel fascino delle
ultime creazioni, in cui la materia viene scoprendo i suoi ritmi più intimi e
inquietanti.
Le sue opere si trovano presso le più famose
collezioni private italiane e internazionali (USA, Francia, Germania) e nei più
importanti musei europei ed americani.
Nella produzione artistica di Guerrieri è
presente un tema dominante, che ricorre e diventa punto di riferimento in tutte
le sue opere: il tema religioso. Nella sua produzione si possono individuare
alcuni aspetti fondamentali: la monumentalistica (alla quale appartengono opere
per ville, piazzette ed il “monumento ai caduti del mare” a Roseto degli Abruzzi)
e la ritrattistica, che si impongono per la loro potenza espressiva (è il
“discorso epico e celebrativo” di cui ha parlato qualche critico); le
costruzioni “fantastiche” in cui il rigore geometrico si sposa con una
straordinaria ricchezza costruttiva, “fantastica”, appunto; le ultime ricerche,
che rappresentano peraltro un voler tornare alle prime vocazioni, quelle degli
anni giovanili. In esse sono le forze intime delle cose che egli cerca di
imprigionare e riprodurre.
Alla forma in questi “frammenti” si sposa una
componente nuova, anche se sempre presente nella sua ricerca. La memoria fa
tutt'uno con la componente pittorica, che non l'arricchisce, ma ne segna e
scandisce, facendole emergere, le forze, anche quelle più intime e
inquietanti...
Lo scultore vive e lavora a Roseto degli
Abruzzi (TE) in Via Senarica 11
Monumento ai caduti del mare
(Particolare) - Roseto degli Abruzzi (TE)
" Il dialogo con la natura è, da sempre, uno dei parametri
fondamentali di riferimento di tutta l'arte europea. L'altro è il dialogo con la
tradizione, cioè il dialogo dell'arte con la propria storia. Da Gioito e
Giovanni Pisano, all'avanguardia nel Novecento, tutta l'arte occidentale si
muove tra questi due estremi, veri e propri binari prefissati, e da questi
binari non deragliano neppure quegli artisti - oggi la maggior parte - che
pretendono di essere solo "se stessi". Per Daniele Guerrieri dialogo con
la storia dell'arte significherà allora soprattutto attenzione a Somaini o a
Leoncillo. Ma cosa significherà dialogo con la natura? L'aspetto "naturale"
delle terre cotte di Guerrieri è apparentemente immediato. Ma si fa presto a
dire natura. Al di là della prima apparenza - assetate zolle di terra, tronchi
secchi rosi dalle tempeste e levigati dal vento e dalla sabbia, farfalle
multicolori esemplari superstiti di una archetipica fauna estinta emerge subito
dalle terrecotte di Guerrieri una componente diversa, originale e ambigua.
Le superfici sono sempre percorse da reti uniformi e pure continuamente variate
di sottili striature, come impronte digitali di un titanico pollice. Dio non ha
lasciato le tracce della sua mano nelle cose, forse solo nelle nostre contorte
anime. Ecco allora che queste macro impronte digitali si trasformano nella prova
di un salto fuori dal mondo della natura, verso gli orizzonti della percezione e
del pensiero. Come nel monumento ai caduti del mare di Roseto degli Abruzzi: un
albero di nave svetta verticale verso il cielo, insieme croce di salvezza e asse
del mondo. La figura di un caduto giace priva di vita. Un'altra, in una
posizione di miracoloso equilibrio, si protende verso l'albero contro la cui
base si frangono le onde. Tutto è in bronzo - e si tratta di una
realizzazione tecnica non indifferente - ma la base è fornita da una serie di
rocce che emergono da una vasca d'acqua. L'insieme è di effetto volutamente
drammatico ma l'essenzialità delle forme nasconde a mala pena un sottile gioco
di rimandi e di contrasti che affonda le proprie radici e trova tutte le proprie
ragioni nella prassi artistica. La patina severa del bronzo contrasta con la
lucentezza dello specchio d'acqua. Tra l'una e l'altra la superficie
scabra della pietra fa da tramite e da catalizzatore, ma anche da terzo polo
dialettico. La vena della pietra è sapientemente disposta blocco contro blocco:
orizzontale in quello inferiore di supporto, verticale in quello superiore,
quasi a guidare il gesto del martire verso l'albero della salvezza. Acqua,
pietra, terra, bronzo e, naturalmente, fuoco, necessario a cuocere la terra e a
fondere il metallo. Su tutto ciò l'impronta della mano dell'artefice, non
tanto "creatore" in senso metafisico quanto - come sempre nella grande scultura
- costruttore, formatore in senso quanto mai fisicamente concreto. " [
Bruno Orlandoni ]
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