CARMINE SABBATELLA Scultore
presentazione di Alessio Varisco
Donna di un tempo , 2006
Carmine
Sabbatella è nato a Polla (SA) il 29.09.1982. Risiede
a Sala Consilina (SA) e
vive a Milano dove studia dal 2001 presso l’Accademia di Belle Arti di
Brera.
Chicco, Chi8, il suo pseudonimo.
Questo è per gli amici l’artista campano Carmine Sabbatella.
È così per tutti quelli che lo conoscono: un sorriso schietto, la stretta
energica e una gran voglia di fare e lavorare. Lo vedo col suo plastico come un
bimbo che gioca con le sue macchinine, l’entusiasmo sprizzante di chi sa
veramente creare e fa il mestiere che gli appassiona
Vulcanico, come la sua terra,
trasporta con sé sensazioni profonde, gesti che si fondano con la materia, alla
ricerca, mai pago, della tensione di un segno, dell’evolversi dall’informe di un
significato profondo.
Questo per me Chicco. Un
fanciullo, piccolo, ma grande, proprio grande uomo!
Un fratello, uno sguardo che ti sa entusiasmare che viaggia alla scoperta
di altre mete, da esprimere, di significati e
significanti.
Tempo fa scriveva di lui, un
grande Maestro e nostro insegnante, il Prof. Andrea
B. Del Guercio, direttore del dipartimento di arte e
antropologia del sacro presso l’Accademia di Brera
di Milano: «Il sistema espressivo che
Carmine Sabbatella ha progressivamente elaborato in
questi ultimi anni, può essere racchiuso intorno a tre momenti specifici: i
materiali, la scrittura, la funzione d’uso. Dopo una prima fase sperimentale
svolta a trecentosessanta gradi, il giovane artista ha potuto verificare la
corretta relazione tra la centralità del dato di supporto, nel caso specifico il
ferro , l’atto della comunicazione attraverso il
segno grafico , ed una attenta e mirata funzione d’uso del manufatto finale ,
intendendo questo ultimo passaggio nel quadro di un approccio antropologico dei
processi di relazione tra l’opera ed il fruitore».
Quello che può stupire è la
duttilità, anche nell’inventare forme aeree dalla materia, segno della
padronanza del gesto e della resa plastica, incisiva,
estremamente raffinata ed entusiasmante. A tratti figure mitologiche e
religiose, substrati dalla foresta dei nostri simboli
interiori, appaiono punte secche su lastre di marmo così essenziali da
richiamare ad antichi graffiti, struggenti, come in talune anfore ellenistiche,
il rimando all’arte vasaia delle figure nere su sfondo rosso e viceversa, fanno
dell’arte di Sabbatella, un qualcosa di energico e
magico all’un tempo.
Tutto si trasfigura nel colore
dell’indaco per passare in un lavoro di computer
graphic
realizzato con supporti informatici, ausiliandosi di
programmi editoriali e grafici da professionista, cogliendo la natura di un
crocicchio, l’insegna di una via, un suo quadro ricavato in una finestra
tamponata con laterizi sul perimetrale esterno di un edificio, una serie di
richiami al nostro mondo: la vita per quei crocicchi, uno sguardo su quella via
ora chiuso –tamponato- da mattoni –ad ostruirci la vista, ma una salvezza agli
occhi di chi sta fuori, una sua immagine
Carmine è proprio questo:
coerenza con la contemporaneità artistica, per “l’arte che si fa”, a dispetto di
quella che si “dis-fa” e si dissolve e tramonta. E
tutto ciò è compiuto, con enorme compostezza, mediante una
eloquente testimonianza di plasticità, forse accentuata nel suo lessico,
segno privilegiato della sua dialettica in quanto figlio d’arte, il padre un
artista dei metalli.
Ma
questa eloquentia non è mai oltraggiata, né
ostentata. Chicco ha scelto una comunicazione cognitiva, in cui l’artista
sceglie di ponderare i segni della comunicazione, i gesti, i colori, gli effetti
chiaroscurali. Determinato, ha lasciato Sala Consilina,
nella bella campagna salernitana per perfezionare la
sua arte. Carmine è un vero artista che ricerca e sperimenta. Attento alle
procedure espressive, ai valori cromatici e della resa della superficie
metallica. Ho dovuto, a volte, “ascoltare” quasi il suono di quelle lastre di
ferro che diviene melodica, armonia, si fa impulso di un gesto che trascende la
materia e pare sollecitare lo spirito.
Questo per me Carmine.
Esiste un valore semantico in
tutte le arti, sicuramente la pittura, il chiaroscuro, la
chiroxilografica, le grafiche in genere, ne segnano
un punto di contatto con la scrittura. Orbene nell’opera di
Sabbatella è costante, perciò sempre tangibile e visibile, una ricerca di
una “variabile controllabile”, il processo della scrittura. In lui la scrittura
non sempre è a penna… tante volte a bulino, a punta secca, a sgorbia, oppure più
semplicemente un segno scolpito, incagliato su di una superficie che diviene
icona dello spirito di un’arte che tenta di alzarsi.
E
ne sento librare le ali.
Come nell’incedere frenetico di
chi le ha e si sforza a ripartire per un lungo
viaggio: l’arte! Ieri passeggiavo vicino all’Adda, tra
Trezzo e Imbersago, alla mia destra stavano un
gruppo di anatre, alcune appena nate che ancora goffamente non sapevano
coordinare i movimenti, altri invece preparavano le ali, le distendevano, le
esercitavano per la lunga traversata della vita che, immancabilmente, fra
qualche mese le attenderà… Anche i più piccoli dovranno imparare. Beh Carmine ha
imparato da tempo. Tanti frequentano scuole d’arte senza esser veri artisti,
tanti voleranno e non giungeranno alla meta, ma
Carmine non è fra questi!
Non è solo nella tecnica, si è
vero, sottolineano di lui che prepara
anti anticipatamente la sua lastra, per benino,
attraverso un fondino stabile in grado di essere inciso nell’atto creativo del
disegno, ma non è solo la tecnica. In Carmine è l’estro. La forza.
L’energia del creare dal ferro, un materiale duro –ai
profani, poco duttile, ostile perché freddo- ed invece modellabile con gesti e
segni che sannno di una sapienza antica che ricorda
le antiche fucine. Sabbatella è un novello
alchimista che sa rinvigorire –e con che forza- lo stato atonico, senza suono,
di una materia informe per darle significato con la forma. Carmine ha un dono
che molti non hanno, l’equilibrio nell’organicità dello spazio. Tutto, nel suo
gesto, nelle sue grafiche, nelle sue sculture rinvia
a quell’artista che sa collegare, tramite il
processo di sintesi che è l’arte, lo stato catatonico frammisto ad una
dicotomica tensione culturale tipica di chi, come l’artista, sa manipolare
plasticamente l’idea di materia e forgiarla, manipolarla per rendercela ai
nostri occhi così come l’ha vissuta.
Nell’arte di
Carmine Sabbatella, tecnica e
pulsionalità, espressione e materia convivono in maniera equilibrata.
Tutto è compostezza, anche nella
ricerca, che caos sino all’equilibrio dell’espressione ultima che è “farsi”,
dopo un processo, lento e repertino all’un tempo.
E che sia una lastra, un ambone,
un tabernacolo, una immagine digitale è ci si trova
dinanzi ad un prodotto molto ben definito, dai contorni accentuati, incisivi,
marcati. Lo spazio è sempre ben caratterizzato da quel farsi del gesto di
Carmine, deciso, accentuato, mai soffuso o sbiadito, energico, mascolino. Tutto
è dato da una cifra: la determinatezza. Evanescenze poche, tangibilità molte! La
timbrica del suo segno, molto flessuosa, circolare, sa occupare in maniera molto
ampia lo spazio. Le forme iconiche dei volumi astratto-decorativi richiamano
all’insistita elaborazione delle superfici.
A Caravaggio
, incisione punta secca (ago pittura) , 2006
Carmine
Sabbatella ci offre la sua comunicazione: una pagina
di ferro dattiloscritta di segni significanti che afferma
l’interiorità.
Già, ogni sua lastra si concede
all’osservatore come una pagina di un libro, fatto di significati di una sua
comunicazione, che, diviene perfettamente auto-referenziale, e per gli argomenti
e per la tratto. Ogni “sua pagina”, ogni suo gesto
artistico è come una pagina intrisa coll’inchiostro
del suo sentimento poetico, è allontanata dalla funzione usuale dell’incisione.
Ogni sua “pagina” diviene una sorta di lirica, quasi un brandello di poesia,
colto da una foresta di simboli iconografici che riescono a sovrastare lo spazio
con valori di citazione e “reperto” segni intagibili
della sua coerenza e ricchezza di vitalità interiore.
Ma più che “citazioni di un
frammento”, giochi di letteralità, vezzi di un’arte
che si fa lirismo, segni di ricerca poetica quello che più
salta all’occhio nell’arte di Carmine è il sapere -con padronanza-
mettere in relazione e far dialogare il ferro, così freddo, alla scrittura, più
calda. Ma non è tutto: incisione e decorazione si
intrecciano. E potremmo fermarci? No. Perché l’arte
di questo giovane campano è fresca, ma intrisa di una
maturità “vigorosa”: si fonde ricerca interiore a funzioni d’uso. L’opera non è
sola, non già una mera elucubrazione partorita alla bella e meglio, bensì
attenzione rivolta alla funzione d’uso, che l’oggetto/opera d’arte andrà ad
integrarsi e agire con una società che lo circonda.
E un foglio di metallo, grazie
alla mano di Carmine, sopporta in realtà di un gesto che denuncia la
contaminazione dell’oggetto quotidiano, dello strumento di lavoro
, del soggetto del nostro spazio quotidiano…
Quello stesso
pezzo inanimato di ferro “vive”!
Il pezzo di ferro acquista, si
sposta dalla sua funzione e della fruizione dell’arte
verso un’infinita di mutevoli significati, uscendo dallo schema di oggetto di
design e divenendo vera “opera d’arte”.
Carmine è tutto questo! Un
artista, un vero scultore che non disdegna la grafica ed accorda il suo
strumento, la lastra di ferro –che pochi sanno ma
produce suoni bellissimi-, per significare delle poetiche stupende, collocandosi
nel sistema dell’arte contemporanea con un suo ben chiaro disegno artistico.
ci mancava la conoscenza di un artista che sa fare
delle sue abilità cultura, forgiandola, suonando quelle lastre. Che
Sabbatella sia “forte” è un dato di fatto e non è
scontato affermarlo: ce lo conferma il suo rigore
determinato da quella diuturna ricerca tecnico-espressiva, compostasi in un
procedimento triadico, che fa scorgere nuove
frontiere di valori della ricerca intima di un artista che non prescinde dal
dato funzionale, logico ed estetico.
Carmine
Sabbatella
E-mail :
chi8@email.it
Cel: 3486533145 (viale monza 102 Milano)
Mostre, concorsi e altro
Cel: 3486533145 (viale monza 102 Milano)
Mostre, concorsi e altro
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“Bassorilievo 1mt x 1mt”
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San Nicolò città della pietra (AR), 2002
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B.P. Arte - Museo Leonardo Da Vinci, 2003
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Salon primo museo della Permanente Milano 2004
sedia per confessionale ”chiconfessa”
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Testo critico di Andrea B. Del Guercio
Attualmente frequenta il II anno di spec. di arte e antropologia del sacro ed è tutor del corso di architettura sacra contemporanea e design tenuto dall’arch. Michele Premoli Silva presso l’accademia di Brera.
Fonti : Prof. ALESSIO VARISCO , Designer - Magister Artium , Art Director Técne Art Studio www.alessiovarisco.it
www.dimensionearte.it/artista.php?id_artista=627
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