giovedì 6 marzo 2025

MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO PER LA QUARESIMA 2025 Camminiamo insieme nella speranza

 

MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO
PER LA QUARESIMA 2025

 

Camminiamo insieme nella speranza


Cari fratelli e sorelle!

Con il segno penitenziale delle ceneri sul capo, iniziamo il pellegrinaggio annuale della santa Quaresima, nella fede e nella speranza. La Chiesa, madre e maestra, ci invita a preparare i nostri cuori e ad aprirci alla grazia di Dio per poter celebrare con grande gioia il trionfo pasquale di Cristo, il Signore, sul peccato e sulla morte, come esclamava San Paolo: «La morte è stata inghiottita nella vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?» ( 1Cor 15,54-55). Infatti Gesù Cristo, morto e risorto, è il centro della nostra fede ed è il garante della nostra speranza nella grande promessa del Padre, già realizzata in Lui, il suo Figlio amato: la vita eterna (cfr Gv 10,28; 17,3) [1].

In questa Quaresima, arricchita dalla grazia dell’Anno Giubilare, desidero offrirvi alcune riflessioni su cosa significa camminare insieme nella speranza, e scoprire gli appelli alla conversione che la misericordia di Dio rivolge a tutti noi, come persone e come comunità.

Prima di tutto, camminare. Il motto del Giubileo “Pellegrini di speranza” fa pensare al lungo viaggio del popolo d’Israele verso la terra promessa, narrato nel libro dell’Esodo: il difficile cammino dalla schiavitù alla libertà, voluto e guidato dal Signore, che ama il suo popolo e sempre gli è fedele. E non possiamo ricordare l’esodo biblico senza pensare a tanti fratelli e sorelle che oggi fuggono da situazioni di miseria e di violenza e vanno in cerca di una vita migliore per sé e i propri cari. Qui sorge un primo richiamo alla conversione, perché siamo tutti pellegrini nella vita, ma ognuno può chiedersi: come mi lascio interpellare da questa condizione? Sono veramente in cammino o piuttosto paralizzato, statico, con la paura e la mancanza di speranza, oppure adagiato nella mia zona di comodità? Cerco percorsi di liberazione dalle situazioni di peccato e di mancanza di dignità? Sarebbe un buon esercizio quaresimale confrontarsi con la realtà concreta di qualche migrante o pellegrino e lasciare che ci coinvolga, in modo da scoprire che cosa Dio ci chiede per essere viaggiatori migliori verso la casa del Padre. Questo è un buon “esame” per il viandante.

In secondo luogo, facciamo questo viaggio insieme. Camminare insieme, essere sinodali, questa è la vocazione della Chiesa [2]. I cristiani sono chiamati a fare strada insieme, mai come viaggiatori solitari. Lo Spirito Santo ci spinge ad uscire da noi stessi per andare verso Dio e verso i fratelli, e mai a chiuderci in noi stessi [3]. Camminare insieme significa essere tessitori di unità, a partire dalla comune dignità di figli di Dio (cfr Gal 3,26-28); significa procedere fianco a fianco, senza calpestare o sopraffare l’altro, senza covare invidia o ipocrisia, senza lasciare che qualcuno rimanga indietro o si senta escluso. Andiamo nella stessa direzione, verso la stessa meta, ascoltandoci gli uni gli altri con amore e pazienza.

In questa Quaresima, Dio ci chiede di verificare se nella nostra vita, nelle nostre famiglie, nei luoghi in cui lavoriamo, nelle comunità parrocchiali o religiose, siamo capaci di camminare con gli altri, di ascoltare, di vincere la tentazione di arroccarci nella nostra autoreferenzialità e di badare soltanto ai nostri bisogni. Chiediamoci davanti al Signore se siamo in grado di lavorare insieme come vescovi, presbiteri, consacrati e laici, al servizio del Regno di Dio; se abbiamo un atteggiamento di accoglienza, con gesti concreti, verso coloro che si avvicinano a noi e a quanti sono lontani; se facciamo sentire le persone parte della comunità o se le teniamo ai margini [4]. Questo è un secondo appello: la conversione alla sinodalità.

In terzo luogo, compiamo questo cammino insieme nella speranza di una promessa. La speranza che non delude (cfr Rm 5,5), messaggio centrale del Giubileo [5], sia per noi l’orizzonte del cammino quaresimale verso la vittoria pasquale. Come ci ha insegnato nell’Enciclica Spe salvi il Papa Benedetto XVI, «l’essere umano ha bisogno dell’amore incondizionato. Ha bisogno di quella certezza che gli fa dire: “Né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezze né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore” ( Rm 8,38-39)» [6]. Gesù, nostro amore e nostra speranza, è risorto [7] e vive e regna glorioso. La morte è stata trasformata in vittoria e qui sta la fede e la grande speranza dei cristiani: nella risurrezione di Cristo!

Ecco la terza chiamata alla conversione: quella della speranza, della fiducia in Dio e nella sua grande promessa, la vita eterna. Dobbiamo chiederci: ho in me la convinzione che Dio perdona i miei peccati? Oppure mi comporto come se potessi salvarmi da solo? Aspiro alla salvezza e invoco l’aiuto di Dio per accoglierla? Vivo concretamente la speranza che mi aiuta a leggere gli eventi della storia e mi spinge all’impegno per la giustizia, alla fraternità, alla cura della casa comune, facendo in modo che nessuno sia lasciato indietro?   

Sorelle e fratelli, grazie all’amore di Dio in Gesù Cristo, siamo custoditi nella speranza che non delude (cfr Rm 5,5). La speranza è “l’ancora dell’anima”, sicura e salda [8]. In essa la Chiesa prega affinché «tutti gli uomini siano salvati» ( 1Tm 2,4) e attende di essere nella gloria del cielo unita a Cristo, suo sposo. Così si esprimeva Santa Teresa di Gesù: «Spera, anima mia, spera. Tu non conosci il giorno né l’ora. Veglia premurosamente, tutto passa in un soffio, sebbene la tua impazienza possa rendere incerto ciò che è certo, e lungo un tempo molto breve» ( Esclamazioni dell’anima a Dio, 15, 3) [9].

La Vergine Maria, Madre della Speranza, interceda per noi e ci accompagni nel cammino quaresimale.

Roma, San Giovanni in Laterano, 6 febbraio 2025, memoria dei Santi Paolo Miki e compagni, martiri.

FRANCESCO


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[1] Cfr Lett. enc. Dilexit nos (24 ottobre 2024), 220.

[2] Cfr Omelia nella Messa per la canonizzazione dei Beati Giovanni Battista Scalabrini e Artemide Zatti, 9 ottobre 2022.

[3] Cfr ibid.

[4] Cfr ibid.

[5] Cfr Bolla Spes non confundit, 1.

[6] Lett. enc. Spe salvi (30 novembre 2007), 26.

[7] Cfr Sequenza della Domenica di Pasqua.

[8] Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1820.

[9] Ivi, 1821.


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Fonte: www.vatican.va/content/francesco/it/messages/lent/documents/20250206-messaggio-quaresima2025.html

martedì 4 marzo 2025

Verità, Liturgia e Carità sono inscindibili nella vita della Chiesa, di don Enrico Finotti


Verità, Liturgia e Carità sono inscindibili nella vita della Chiesa

di don Enrico Finotti

 


La vita della Chiesa è fondata sul mandato missionario, che il Signore Gesù ha dato ai suoi discepoli: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 18-20).

Questo ‘mandato’ contiene in perfetta sintesi e in ordine logico le tre attività fondamentali che costituiscono l’azione ministeriale della Chiesa per l’edificazione di se stessa e la sua missione nel mondo: l’annunzio del vangelo di Verità (munus docendi); la celebrazione liturgico-sacramentale dei Misteri (munus santificandi) e l’educazione morale alla Vita evangelica (munus gubernandi). Ogni cristiano, in realtà, ha ricevuto, fin dal battesimo, il triplice munus - profetico, sacerdotale e regale -, che lo abilita ad assolvere il ‘mandato’ di Cristo. “Egli stesso ti consacra con il crisma di salvezza, perché inserito in Cristo, sacerdote, re e profeta, sia sempre membro del suo corpo per la vita eterna” (Rito romano del battesimo). La Chiesa è allora chiamata all’annunzio della Verità, alla celebrazione della Liturgia, all’esercizio della Carità.

Verità, Liturgia e Carità sono così i pilastri portanti della vita della Chiesa di tutti i tempi e in tutti i luoghi. Queste tre colonne sono così importanti per la Chiesa in quanto, come si è visto, reggono la stessa vita divina ad intra: Dio, infatti, è somma Verità, Culto perfetto e beatificante, Carità infinita e vivificante. Esse poi, nella pienezza del tempo, risplendono sul volto di Cristo, immagine del Padre. Esse sono pure impresse dal Creatore nella natura angelica e umana. Sono quindi la struttura ultima dell’Essere assoluto e degli esseri creati a sua immagine. La Chiesa quindi, assolvendo a questi tre compiti, nella sua vita ad intra e nella sua missione ad extra, non fa che assecondare in se stessa e manifestare al mondo quella che è la sua identità profonda, impressa dal Creatore ed elevata dal Redentore.

La coscienza di questa impostazione teologica viene eloquentemente consacrata ed espressa nella Costituzione dogmatica Lumen gentium del Concilio Vaticano II, a cui fa eco l’impostazione del Codice di Diritto Canonico e quella del Catechismo della Chiesa Cattolica. Ciò che ancora importa rilevare è la connessine indissolubile dei tre elementi, in maniera tale che nessuno può reggere senza gli altri o comunque la corruzione di uno porta alla inevitabile debilitazione degli altri. Valgono qui le parola del Signore “L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto” (Mc 10, 9). L’indagine condotta in questo studio, lungo le tappe della storia della salvezza, lo dimostra in modo convincete alla luce dell’esperienza millenaria delle vicende dell’umanità secondo la testimonianza del testo biblico.

In particolare si può osservare che la crisi della Verità genera ineluttabilmente quella della Liturgia e della Carità. Infatti quando il nostro sguardo contempla la Verità in tutto il suo splendore o comunque in immagini vere, subito nel nostro cuore nasce la gioia, la gratitudine, l’approvazione, la lode, l’acclamazione e infine l’adorazione a Dio che si rivela a noi nella verità di ogni cosa che ci circonda e che i nostri sensi corporei colgono la nostra mente elabora. Questo moto interiore di riconoscimento grato e adorante della Verità è in fin dei conti un atto liturgico, che insorge in ogni persona retta e buona, che si incontra con ciò che é vero, bello e buono, comunque e dovunque si manifestino. La Verità, dunque, suscita la Liturgia. Al contempo ne nasce un ulteriore moto, quello dell’amore, che immediatamente spinge il cuore umano ad accogliere, ad abbracciare, a gioire, a desiderare e a donare quella verità che sta davanti e che suscita tanta contemplazione e gratitudine.

Ecco allora che Verità, Liturgia e Carità sono moti simultanei e concatenati di un profondo e spontaneo impulso vitale dell’uomo, che è fatto geneticamente ed è proiettato irresistibilmente per accogliere la Verità, contemplandola liturgicamente e abbracciandola caritatevolmente. Quando tuttavia alla nostra mente e ai nostri sensi si presenta la caricatura della verità e ci si trova davanti alla falsità, ossia quando davanti al nostro sguardo la Verità, la Bontà e la Bellezza sono offesi e degenerati, subito insorge un moto interiore di disgusto, lo sguardo si ritrae, il volto si fa’ triste, la lode si spegne, la gratitudine si arresta, l’adorazione si paralizza. In altri termini, crolla la Liturgia. Essa infatti non contempla più il suo oggetto o lo vede avvilito in riduzioni indegne e in caricature abbiette. La Liturgia, infatti, ha il fiuto della Verità, e s’allontana dalla sua falsificazione. Al contempo il cuore che cerca e ama ciò che è vero, buono e bello, s’arresta dall’oggetto del suo desiderio vedendolo debilitato, abbruttito, mostrificato e l’amore si cambia in odio, ossia in avversione, in allontanamento e in fuga da ciò che invece avrebbe dovuto attrarre. E’ la crisi della Carità, che crolla davanti al crollo della Verità, che sola ha diritto di raccogliere e soddisfare la facoltà amante dell’uomo. Ecco che crollata la Verità crollano inevitabilmente la Liturgia e la Carità, perché incapaci geneticamente di aderire ad oggetti che non possono reggere nel confronto della Verità. E’ ciò che succede nell’idolatria come forma corrotta di adesione agli idoli, falsificazione dell’unico e sommo Dio.

Allora la Liturgia trova la sua più vera identità e la più solida stabilità nella saldezza del dogma della fede. La crisi del dogma, l’incrinatura della dottrina, la nebulosità dell’annunzio evangelico provocano il crollo della Liturgia, in quanto minano il contenuto interiore del Mistero che la Liturgia celebra. La radice sintattica del termine ortodossia, che si usa normalmente per affermare la retta fede, significa letteralmente ortodoxia (Doxa = gloria), ossia il retto modo di glorificare, di adorare e quindi il modo giusto di celebrare. La regola della fede coincide allora con la regola della liturgia [J. RATZINGER, Introduzione allo spirito della liturgia, pp. 155-156].

Ma la crisi della Liturgia oggi si inscrive nel contesto della ben più profonda crisi della Verità, non solo nell’ambito teologico della riflessione e in quello omiletico e catechistico della pastorale, ma ancor più nella crisi filosofica della metafisica. Infatti, oggi è la ragione come facoltà in grado di poter cogliere le verità spirituali, al di là dell’esperienza scientifica, che è compromessa. Non si crede più, anzi si nega, o comunque si dubita, che la ragione umana sia capace di individuare con sicurezza, anche se in modo analogico, le verità soprannaturali, al di sopra di quelle quantificabili dalle scienze empiriche, ossia si dichiara l’impossibilità della metafisica.

La crisi della fede allora è anzitutto oggi la crisi della ragione, senza la quale la fede stessa sarebbe privata di un costitutivo essenziale quale è la retta razionalità e si ridurrebbe ad un fragile e soggettivo fideismo. Nella crisi generale, propria della cultura europea, della filosofia fondamentale, non fa meraviglia che ne segua una generale crisi dei principi stessi su cui si fonda la Liturgia, venendo meno la possibilità di approccio al suo contenuto, il mistero rivelato, nell’oggettività di fatti storici e di precisi contenuti logici.

Al contempo anche la crisi della Liturgia, che intendesse esprimersi in forme inadeguate, difformi dalla divina bellezza e in una creatività soggettiva, intacca il dogma della fede, o comunque lo oscura, lo riduce e lo traduce in espressioni insufficienti, mancanti e mediocri. La crisi del linguaggio liturgico è una conseguenza della più vasta crisi del linguaggio in generale. Infatti, in analogia alla crisi del concetto, non si ritiene possibile l’impiego di termini e simboli universali e permanenti, ma solo di espressioni contingenti, continuamente mutevoli e create volta a volta dal soggetto, senza alcuna base oggettiva. E’ questa una delle cause di una certa creatività sempre in movimento e di una continua ricerca mai conclusa. Da ciò si capisce come Verità e Liturgia interagiscano a vicenda e senza possibilità di indipendenza e l’una e l’altra subiscano i contraccolpi positivi o negativi del loro stato di salute.

Infine la pastorale, in tutte le sue manifestazioni più varie, che sono l’espressione molteplice della Carità che irrompe benefica in ogni aspetto della vita sociale e individuale, determinerà la sua qualità, sia dalla Verità del dogma, che è oggetto dell’annunzio, quale Parola di Dio, sia dalla Liturgia, che è l’incontro salvifico e la contemplazione orante col Mistero che qui ed ora ci salva. Infatti la Liturgia, che porta in se stessa anche il momento più eccelso ed efficace dell’annunzio della Verità, è il culmine verso cui tende l’azione pastorale della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù (SC 10). È allora evidente come Verità, Liturgia e Carità esprimano quel trinomio così inscindibile e interagente da essere quasi l’immagine dell’unione mirabile e della comunione indivisibile della Trinità divina, in seno alla quale Verità, Liturgia e Carità hanno la loro fonte e il loro modello.




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(Testo tratto da “La centralità della liturgia nella storia della salvezza”, Edizioni Fede & Cultura, pp. 84-88).
Zenit. org, 31/05/2011
Fonte: www.diocesiportosantarufina.it/home/news_print.php?neid=1211



lunedì 3 marzo 2025

La teoria dei "ponti" topos-teorici: un'introduzione concettuale, di Olivia Caramello

 

La teoria dei "ponti" topos-teorici: 

un'introduzione concettuale

di Olivia Caramello

Fig3Nuova copia


Introduzione

La matematica è divisa in diverse aree distinte: geometria, teoria dei numeri, algebra, analisi, logica matematica, ecc. Ognuna di queste aree si è evoluta nel corso degli anni sviluppando le proprie idee e tecniche, e ha ormai raggiunto un notevole grado di specializzazione. Ora, ancora più che in passato, sentiamo il bisogno di teorie unificanti che possano collegare intradisciplinarmente diverse aree della matematica con i loro diversi insiemi di concetti, oggetti e metodi, in modi nuovi e potenti, fornendo quindi strumenti efficaci per risolvere problemi di lunga data. È accaduto più volte che le soluzioni a problemi profondi in un campo siano state ottenute per prime, o solo, utilizzando metodi di altri campi, e questo indica che la matematica dovrebbe essere vista come un insieme coerente piuttosto che come una raccolta di campi separati. Si pensi ad esempio alla geometria analitica, che consente lo studio di forme geometriche utilizzando la manipolazione algebrica, o alla nozione di spettri di Grothendieck, che consente lo studio di oggetti discreti utilizzando un'intuizione geometrica continua.

L'importanza dei "ponti" tra ambiti diversi risiede nel fatto che consentono di trasferire conoscenze e metodi tra i diversi ambiti, in modo che i problemi formulati nel linguaggio di un ambito possano essere affrontati (ed eventualmente risolti) utilizzando tecniche di un ambito diverso e i risultati di un ambito possano essere opportunamente trasferiti ai risultati di un altro.

Qualche anno fa, ho avuto l'intuizione che la teoria dei topoi di Grothendieck potesse fornire un potente mezzo per unificare diverse teorie matematiche. Più precisamente, ho immaginato che la possibilità di rappresentare i topoi in più modi potesse essere sfruttata per costruire "ponti" che interconnettessero diverse teorie e consentissero un trasferimento di informazioni tra di esse.

I topos sono concetti logici astratti che si trovano a un livello di generalità ideale per far luce sulla matematica nel suo complesso. A qualsiasi teoria matematica di forma molto generale (relativa all'algebra, alla geometria o a qualsiasi altro campo matematico) si può associare un topos, chiamato topos classificatore della teoria, che ne incarna le caratteristiche essenziali (vale a dire, precisamente quelle caratteristiche che sono invarianti sotto una nozione generale di equivalenza delle teorie). Ciò ci consente di studiare le teorie studiando i loro topos classificatori. Diverse teorie possono essere classificate dallo stesso topos; ciò significa precisamente che descrivono le stesse strutture in lingue diverse. L'esistenza di diverse teorie classificate dallo stesso topos si traduce, a livello tecnico, nell'esistenza di molteplici rappresentazioni per quel topos. Quest'ultimo può quindi essere utilizzato come un "ponte" per trasferire proprietà, nozioni e risultati attraverso quelle teorie.

Nel corso degli ultimi anni, ho sviluppato una serie di metodi e tecniche interdisciplinari per utilizzare efficacemente i topoi come "ponti" unificanti e, nel farlo, ho scoperto una serie di connessioni tra diverse teorie matematiche che erano precedentemente nascoste e, in molti casi, persino insospettate. Questa intuizione è stata supportata prima da alcuni risultati iniziali e poi confortata negli ultimi anni da nuove prove, alcune delle quali hanno fornito la soluzione a problemi di lunga data. Finora è stato prodotto un corpo sostanziale di risultati matematici: questo include una serie di applicazioni approfondite in campi distinti come Algebra, Geometria, Topologia, Analisi funzionale, Teoria dei modelli e Teoria della dimostrazione.

Lo scopo di questo articolo è quello di fornire un'introduzione concettuale, accessibile ai non specialisti, alla teoria dei "ponti" topos-teorici. 1 L'ultima sezione del documento è più tecnica e richiede una familiarità di base con la logica e la teoria delle categorie per essere correttamente compresa. 2

Il concetto di unificazione

Prima di procedere oltre, chiariamo il significato del termine "unificazione", poiché è un po' ambiguo e può essere utilizzato con significati diversi.

Unificazione 'statica' e 'dinamica'

Possiamo distinguere due diversi tipi di unificazione: "statica" e "dinamica".

Con l'unificazione 'statica' (attraverso la generalizzazione ), due concetti sono visti come istanze speciali di un concetto più generale:

Fig1Nuovo

I risultati che si applicano al concetto generale possono essere specializzati per produrre risultati sui due concetti più particolari.

Con l'unificazione 'dinamica' (mediante costruzione ), invece, due oggetti sono correlati tra loro tramite un terzo (solitamente costruito a partire da ciascuno di essi), che funge da 'ponte' consentendo il trasferimento di informazioni tra di essi:

Fig2Nuovo

Il trasferimento di informazioni nasce dal processo di "traduzione" delle proprietà (o costruzioni) dell'"oggetto ponte" in proprietà (o costruzioni) dei due oggetti.

Chiamiamo la prima forma di unificazione "statica" alla luce del fatto che riconoscere due concetti diversi come casi particolari di uno più generale non offre di per sé un modo per trasferire informazioni tra di loro. Ad esempio, il fatto che sia i preordini sia i gruppi siano istanze particolari della nozione generale di categoria non fornisce di per sé un mezzo per trasferire risultati sui preordini a risultati sui gruppi, o viceversa.

D'altro canto, la seconda forma di unificazione consente un trasferimento 'dinamico' di informazioni tra i due oggetti dati. Infatti, il terzo oggetto che è associato o costruito da ciascuno dei due oggetti ammette due diverse 'rappresentazioni', corrispondenti ai due diversi modi di costruirlo da ciascuno dei due oggetti. Un tale oggetto produce quindi 'ponti' tra i due oggetti dati nel senso che le informazioni possono essere trasferite tra loro traducendo proprietà (o costruzioni) dell'oggetto ponte in proprietà (o costruzioni) dei due oggetti, sfruttando le sue due diverse rappresentazioni.

Illustriamo la differenza tra questi due tipi di unificazione usando alcuni notevoli esempi matematici.
Fornendo un sistema in cui tutti i soliti concetti matematici possono essere espressi rigorosamente, la teoria degli insiemi ha rappresentato il primo serio tentativo della logica di unificare la matematica, almeno a livello di linguaggio. Successivamente, la teoria delle categorie ha fornito un linguaggio astratto alternativo in cui la maggior parte della matematica può essere formulata e, come tale, ha rappresentato un ulteriore progresso verso l'obiettivo di "unificare la matematica". In ogni caso, entrambi questi sistemi realizzano un'unificazione "statica" in quanto, mentre ciascuno di essi fornisce un modo per esprimere e organizzare la matematica in un unico linguaggio, non offrono di per sé metodi efficaci per un effettivo trasferimento di conoscenza tra campi distinti.

D'altro canto, la teoria dei "ponti" topos-teorici fornisce un modo sistematico per confrontare tra loro teorie matematiche distinte e per trasferire conoscenza tra di esse. In questo contesto, i due oggetti da mettere in relazione tra loro sono teorie matematiche distinte che condividono un "nucleo semantico" comune, mentre l'oggetto ponte è un topos di Grothendieck che rappresenta precisamente questo "nucleo" comune.

Poiché un dato "oggetto ponte" può in generale interconnettere non solo due oggetti, ma molte coppie diverse di oggetti, così nell'ambito della teoria dei topos, per ogni topos esistono infinite teorie matematiche diverse ad esso associate (attraverso la costruzione del topos classificativo).

Altri esempi di unificazione dinamica si verificano certamente in matematica; infatti, gli invarianti sono sempre fonti di "ponti" tra oggetti su cui sono definiti. Quindi, ad esempio, il gruppo fondamentale di uno spazio topologico può essere utilizzato come ponte per trasferire informazioni tra spazi topologici, nel senso che se due spazi topologici hanno gruppi fondamentali isomorfi, allora certe proprietà topologiche, come la semplice connettività, possono essere trasferite attraverso gli spazi. Allo stesso modo, i gruppi possono essere utilizzati per classificare le geometrie, come nel programma di Erlangen di Klein, ecc.

L'aspetto sorprendente dei topoi è che, a differenza della maggior parte degli invarianti considerati in matematica, essi ci permettono di confrontare e interconnettere efficacemente teorie matematiche che possono appartenere a diversi sottocampi della matematica.

L'idea di "Bridge"

In genere si è interessati a confrontare coppie di oggetti tra cui esiste un qualche tipo di relazione.
Per trasferire informazioni tra oggetti correlati da una data relazione, è quindi di fondamentale importanza identificare (e, possibilmente, classificare) le proprietà degli oggetti che sono invarianti rispetto a tale relazione.
A seconda dei casi, questo può essere un compito ragionevolmente gestibile o irrimediabilmente difficile. Infatti, una relazione tra due oggetti dati è generalmente un'entità astratta, che vive in un contesto ideale che è normalmente diverso da quello in cui giacciono i due oggetti.
Diventa quindi di fondamentale importanza identificare entità più concrete che potrebbero fungere da "ponti" che collegano i due oggetti dati. Possiamo pensare a un oggetto ponte che collega due oggetti a e b come un oggetto u che può essere "costruito" da uno qualsiasi dei due oggetti a e b , e che ammette due diverse rappresentazioni f(a) e g(b) correlate da un qualche tipo di equivalenza ≃, la prima rappresentazione essendo in termini dell'oggetto a e la seconda in termini dell'oggetto b :

Fig3Nuova copia

I trasferimenti di informazioni derivano dal processo di "traduzione" delle proprietà ≃- invarianti (o delle costruzioni) dell'"oggetto ponte" u in proprietà (o costruzioni) dei due oggetti a e b utilizzando le due diverse rappresentazioni di u . Si noti che l'invarianza rispetto a ≃ è essenziale per poter considerare la data proprietà (o costruzione) u sia dal punto di vista di a , utilizzando f, sia dal punto di vista di b , utilizzando g . Naturalmente, un tale "ponte" è più o meno utile a seconda che le "codifiche" f e g siano sufficientemente ben comportate da consentire autentici "sbrogli" della data proprietà (o costruzione) f(a) (rispettivamente di  g[b] ) in termini di proprietà (o costruzioni) a (rispettivamente di b ).

L'idea di "ponte" è strettamente correlata a quella di "costruzione invariante". Dati due insiemi I e O e due relazioni di equivalenza ≃I e ≃O rispettivamente su I e su O , possiamo definire una costruzione invariante f: (I,≃I) → (O,≃O)  come una funzione f: I → O che rispetta le relazioni di equivalenza (vale a dire, tale che ogni volta che x ≃I y, f(x) ≃O f(y) ). Diciamo che f è conservativa se riflette le relazioni di equivalenza (vale a dire, ogni volta che f(x) ≃O f(y) , x ≃I y ). Data una costruzione invariante f: (I, ≃I) → (O, ≃O) , un oggetto ponte che collega due oggetti x , y ∈ I è un oggetto b ∈ O tale che b ≃O f(x) e b ≃O f(y) . Data una costruzione invariante conservativa f: (I, ≃I) → (O, ≃O) , gli oggetti ponte in O , considerati fino a ≃O -equivalenza, possono essere pensati come oggetti classificatori, poiché possono essere presi come rappresentanti canonici delle classi di ≃I -equivalenza.

Naturalmente, un "ponte" di questo tipo è molto utile per classificare proprietà ≃I -invarianti nei casi in cui è più gestibile lavorare con oggetti di tipo O che con oggetti di tipo I , o quando la relazione ≃O è più trattabile della relazione ≃I .

Come vedremo più avanti, nel contesto della teoria dei 'ponti' topos-teorici gli oggetti da confrontare tra loro sono teorie matematiche (formalizzate all'interno di una sorta di logica del primo ordine), mentre la costruzione invariante è data dalla costruzione topos classificante.

Traduzioni strutturali

Il metodo bridge può essere interpretato linguisticamente come una metodologia per tradurre concetti da un contesto a un altro. Ma di che tipo di traduzione si tratta? In generale, distinguiamo due approcci alla traduzione essenzialmente diversi:

1) l' approccio "orientato al dizionario" o "dal basso verso l'alto", che consiste nella ridenominazione basata sul dizionario delle singole parole che compongono le frasi, e
2) l' approccio "orientato all'invariante" o "dall'alto verso il basso", che consiste nell'identificazione di concetti appropriati che dovrebbero rimanere invarianti nella traduzione, e nella successiva analisi di come questi invarianti possono essere espressi nelle due lingue.

Come ci si aspetterebbe, le traduzioni del primo tipo, sebbene occasionalmente utili, non sono intrinsecamente profonde in quanto non cambiano la "forma" delle frasi su cui operano e quindi non forniscono modi significativamente diversi per trasmettere un certo messaggio. D'altro canto, le traduzioni orientate all'invariante sono soggette a cambiare significativamente la forma sintattica utilizzata per esprimere un certo significato e quindi a generare nuove intuizioni e punti di vista sul messaggio dato. Torneremo su questo argomento più avanti.

Le traduzioni attraverso distinte teorie matematiche realizzate tramite bi-interpretazioni tra di esse sono del primo tipo. Infatti, la bi-interpretazione agisce come una sorta di dizionario per tradurre formule scritte nel linguaggio della prima teoria in formule scritte nel linguaggio della seconda. D'altro canto, le traduzioni "basate sui ponti", e in particolare quelle topos-teoriche, sono del secondo tipo. Infatti, nel contesto della teoria dei "ponti" topos-teorici, le proprietà invarianti sono invarianti topos-teoriche definite sui topos, e l'espressione di questi invarianti in termini delle due diverse teorie è essenzialmente determinata dalla relazione strutturale tra il topos e le sue due diverse rappresentazioni.

Alcuni esempi di "ponti" nella scienza

Per illustrare il concetto di "ponte" come spiegato sopra, discutiamo alcune situazioni scientifiche che possono essere naturalmente interpretate in termini di "ponti".

Astronomia: la "stella classificatrice" di un pianeta

L'universo è composto da diverse stelle, attorno alle quali ruotano determinati corpi, chiamati pianeti. Diversi pianeti possono ruotare attorno a una data stella, ma ogni pianeta ruota attorno a una singola stella, che chiamiamo stella di classificazione del pianeta .

La traiettoria che un dato pianeta compie attorno alla sua stella classificatrice è determinata da due serie di ingredienti, vale a dire i parametri che determinano l'ellisse e il periodo di rivoluzione attorno alla sua stella classificatrice. Questa coppia (parametri dell'ellisse e periodo di rivoluzione) per un dato pianeta determina la sua orbita e la sua stella classificatrice. La stella classificatrice può essere identificata in modo univoco da qualsiasi pianeta che sia classificato da essa (equivalentemente, dalla coppia ad essa associata) e rappresenta il punto di vista "giusto" da cui si dovrebbe osservarla (in effetti, il moto ellittico di un pianeta sembra molto strano se osservato da qualsiasi altro punto di vista che non sia uno dei suoi fuochi).

Diversi pianeti che ruotano attorno alla stessa stella possono essere studiati in relazione tra loro usando le proprietà della stella di classificazione comune, che quindi agisce come un "oggetto ponte" tra di loro. Infatti, ci sono relazioni naturali tra le proprietà dei pianeti e le proprietà delle stelle attorno alle quali ruotano.

Per avere un'idea dell'uso dei "ponti" in astronomia, si pensi ad esempio alle leggi di Keplero. La proprietà per cui tutti i pianeti che ruotano attorno a una data stella hanno orbite ellittiche può essere considerata una proprietà invariante delle stelle (o, più in generale, dei corpi attorno ai quali ruotano altri corpi). L'orbita concreta di un dato pianeta può essere vista come derivante dal processo di espressione di questa invariante astratta "le orbite sono ellittiche" in termini della coppia concreta associata al dato pianeta. Quindi le forme delle orbite di due pianeti distinti attorno alla stessa stella rappresentano istanze diverse di un modello astratto unico.

Inoltre, spesso accade che, esaminando le caratteristiche di un dato pianeta, si possano dedurre proprietà della sua stella classificatrice, e che queste proprietà possano a loro volta essere "riflesse" in proprietà di un altro pianeta che ruota attorno alla stessa stella. Ad esempio, la terza legge di Keplero afferma che il rapporto tra il quadrato del periodo orbitale di un pianeta e il cubo del semiasse maggiore della sua orbita è una costante che è caratteristica della stella e non dipende dal dato pianeta. Questo principio può quindi essere considerato come una proprietà invariante delle stelle (o, più in generale, dei corpi attorno ai quali ruotano altri corpi), e le traiettorie concrete fatte dai pianeti possono essere interpretate come diverse manifestazioni di questa proprietà astratta nel contesto dei pianeti distinti (coppie associate ai pianeti). La comune stella classificatrice può quindi essere utilizzata come un "ponte" per trasferire informazioni tra i due pianeti; in effetti, l'indagine sulla traiettoria concreta di un pianeta può consentire di dedurre la costante caratteristica della sua stella di classificazione, e questa informazione a sua volta vincola la traiettoria concreta di qualsiasi altro pianeta che gli ruoti attorno.

Linguistica: 'Ponti' per la traduzione

Una caratteristica fondamentale di una traduzione è l'insieme delle proprietà astratte dei testi (ad esempio, il "significato", la "musicalità", le caratteristiche "strutturali", ecc.) che la traduzione lascia invariate .

Una traduzione letterale procede in modo bottom-up o orientata al dizionario, in quanto consiste, in termini generali, nel suddividere il testo dato in frasi e poi in parole o brevi espressioni, sostituendo ogni parola (o breve espressione) nella prima lingua con una parola (o breve espressione) nell'altra lingua che le corrisponde secondo un dato dizionario, e quindi assemblando queste parole insieme "dal basso verso l'alto", seguendo la stessa o al massimo una struttura grammaticale simile a quella in cui le parole corrispondenti (o brevi espressioni) erano disposte nel testo originale. Da questa descrizione, è chiaro che ciò che viene preservato da questo tipo di traduzione è la struttura sintattica delle frasi che compongono i testi, ma non necessariamente il significato o la musicalità dei testi, che è ciò che ci si aspetterebbe naturalmente da una buona traduzione. Ecco perché le traduzioni automatiche o letterali non sono sempre possibili e, anche quando lo sono, sono spesso piuttosto insoddisfacenti, soprattutto quando si verificano tra lingue che hanno modi sintattici radicalmente diversi di esprimere un dato significato.

Ciò solleva naturalmente la seguente domanda: che tipo di approccio si dovrebbe adottare per ottenere una buona traduzione? A differenza di una traduzione letterale, una buona traduzione dovrebbe procedere in modo top-down o orientato all'invariante, iniziando con l'identificazione di un insieme di proprietà astratte dei testi che si vorrebbero preservare nella traduzione, e quindi utilizzando una qualsiasi di queste proprietà   P  (o l'"intersezione" di tutte queste proprietà) come un "ponte" per la traduzione tra le due lingue, come segue. Per ciascuna di queste P si guarda al modo in cui P è meglio espresso nella prima lingua, e poi al modo in cui P può essere meglio trasmesso nella seconda lingua; le espressioni risultanti vengono quindi impostate in modo che corrispondano tra loro nella traduzione.

Si noti che in una traduzione di questo tipo, non è necessariamente la struttura sintattica che deve essere preservata, come nel caso di una traduzione letterale, ma piuttosto le proprietà definite all'inizio come invarianti scelte. Mentre una traduzione letterale non è né particolarmente interessante né concettualmente profonda, in quanto consiste essenzialmente in una ridenominazione o rietichettatura dei costituenti primitivi di un testo secondo un dizionario, una buona traduzione letteraria è spesso un'opera d'arte che può rivelare nuovi aspetti di un testo che erano, in un certo senso, "nascosti" nella versione originale, consentendo nuove e diverse interpretazioni del messaggio.

Genetica: il DNA come 'ponte'

Il DNA (umano) incarna molte delle caratteristiche essenziali dell'individuo a cui appartiene, ma è invariante rispetto alle caratteristiche contingenti dell'individuo, come il suo particolare aspetto fisico in un dato momento (o la sua età).
Il DNA è essenzialmente unico per ogni individuo, ma può essere estratto da lui/lei in molti modi diversi (ad esempio, da diverse parti del corpo). Molte caratteristiche specifiche degli individui si riflettono in particolari caratteristiche del loro DNA.
Ciò rende il DNA un oggetto particolarmente adatto per fungere da "ponte" per il trasferimento di informazioni tra diversi individui. Ad esempio, la scoperta di somiglianze tra il DNA di diversi individui può rivelare relazioni parentali tra loro o predisposizioni simili a determinate malattie.

Si noti che il tipo di intuizione che l'indagine del DNA può fornire non può essere ottenuto con metodi alternativi: in effetti, solo utilizzando questo livello di analisi si possono svelare le caratteristiche "nascoste" degli individui codificate nel DNA.
Ciò è simile a ciò che accade nella teoria dei topoi: la nozione di un topos classificatore di una teoria svolge il ruolo di una sorta di DNA della teoria, la cui indagine può rivelare aspetti della teoria che sono appena visibili con altre tecniche. Come in genetica si studia come le modifiche del DNA influenzano le caratteristiche di un individuo, così nella teoria dei topoi si può studiare l'effetto che le operazioni topos-teoriche sui topoi hanno sulle teorie da esse classificate.

Ideale = Reale?

I ponti abbondano sia in matematica che in altri campi scientifici, e possono essere considerati 'responsabili' (almeno astrattamente) della 'genesi' delle cose e della natura della realtà come la percepiamo. L'idea di ponte è un'astrazione, ma, cosa interessante, i ponti che sorgono nelle scienze sperimentali possono spesso essere identificati con oggetti fisici reali. Infatti, le situazioni più illuminanti si verificano quando questi oggetti ideali ammettono rappresentazioni concrete  , consentendoci di contemplare le dinamiche della 'differenziazione dall'unità' in tutti i suoi aspetti.

I topoi di Grothendieck ci permettono di materializzare un numero enorme di oggetti ideali e quindi di stabilire ponti efficaci tra una grande varietà di contesti diversi. In generale, cercare rappresentazioni "concrete" di "concetti immaginari" può portare alla scoperta di ambienti più "simmetrici" in cui i fenomeni possono essere descritti in modi naturali e unificati.

Toposes come 'Ponti'

Ora che abbiamo estratto le caratteristiche concettuali essenziali della tecnica del "ponte", possiamo procedere a illustrare la sua implementazione nel contesto della teoria dei topos.

La metodologia generale

La teoria dei "ponti" topos-teorici è incentrata sul concetto di topos di Grothendieck. 3 La teoria del topos di Grothendieck è scritta in linguaggio categoriale, ma, a differenza della teoria delle categorie, è molto più espressiva, a causa di un ulteriore grado di libertà implicito nella definizione di topos. In effetti, una categoria può essere pensata come una coppia di insiemi correlati da una qualche struttura che soddisfa certe proprietà; qualsiasi insieme può essere considerato una categoria, ma la maggior parte delle categorie che emergono in matematica non sono di questa forma. In effetti, il concetto di categoria ha, rispetto alla nozione di insieme, un ulteriore grado di libertà.

I topos sono oggetti matematici che sono costruiti da una coppia, chiamata sito, costituita da una categoria C e da una nozione generalizzata di copertura   J   su di essa in un certo modo canonico (chiamata topologia di Grothendieck). Il processo che produce un topos da un dato sito può essere descritto come una sorta di "completamento" rispetto a certe operazioni categoriali rispetto alle quali la categoria C potrebbe non essere chiusa. Formalmente, un topos è definito come una categoria Sh(C, J) di fasci su un sito ( C, J ).

Si possono considerare rivestimenti diversi su una data categoria, il che generalmente porta a topoi non equivalenti; questo conferisce alla nozione di topos un grado di libertà in più rispetto a quella di categoria. L'esistenza di questi tre 'gradi di libertà' impliciti nel concetto di topos (due per la nozione di categoria e uno per quella di topologia di Grothendieck) può essere sfruttata per costruire 'universi matematici' in cui le teorie matematiche trovano la loro dimora naturale e possono essere efficacemente confrontate tra loro.

Infatti, grazie al lavoro pionieristico di Makkai e Reyes negli anni Settanta, 4 a qualsiasi teoria matematica (di forma generale specificata, tecnicamente parlando una teoria geometrica ) si può associare canonicamente un topos chiamato topos classificante di T, che rappresenta il quadro naturale in cui la teoria dovrebbe essere indagata, sia in sé che in relazione ad altre teorie. Due teorie aventi gli stessi topos classificanti (fino all'equivalenza) si dicono Morita-equivalenti .

L'esistenza di teorie Morita-equivalenti tra loro si traduce, a livello di siti, nell'esistenza di siti diversi che generano lo stesso topos (a meno di equivalenza); infatti, a qualsiasi teoria si può canonicamente associare un sito in modo tale che il topos costruito a partire da esso possa essere identificato con il suo topos classificatore.

Il topos classificatore di una teoria può essere efficacemente utilizzato come un "ponte" per trasferire informazioni tra la teoria e qualsiasi altra teoria che sia Morita-equivalente ad essa, come segue. Per qualsiasi data proprietà o costruzione di topos che è invariante rispetto all'equivalenza di topos (si richiede questa invarianza perché il topos classificatore è determinato solo fino all'equivalenza), si cerca di esprimerla prima in termini di una teoria e poi in termini dell'altra; a condizione che si ottengano caratterizzazioni appropriate che collegano proprietà di teorie e proprietà dei loro topos classificatori (equivalentemente, caratterizzazioni che collegano proprietà di siti e proprietà di topos). Ciò porterà a una relazione logica tra proprietà delle due teorie scritte nei rispettivi linguaggi:

Fig4Nuova copia

Tecnicamente, il trasferimento di informazioni tra le due teorie è realizzato associando alle due teorie siti di definizione adatti per il loro topos classificatorio (o oggetti di tipo diverso che rappresentano il loro topos classificatorio) ed esprimendo invarianti teorico-topos sul dato topos classificatorio in termini di questi due siti mediante 'caratterizzazioni del sito':

Fig5Nuova copia

Un aspetto sorprendente di questa tecnica, oltre al suo livello di generalità (infatti, può essere applicata a teorie matematiche appartenenti essenzialmente a qualsiasi campo matematico), è il fatto che può essere automatizzata in molti casi. Infatti, utilizzando i metodi della Topos Theory si possono ottenere caratterizzazioni del tipo di cui sopra per diversi invarianti, che valgono uniformemente per qualsiasi teoria o almeno per ampie classi di teorie (e per certe classi di invarianti tali caratterizzazioni possono persino essere stabilite in modo puramente meccanico); in presenza di una Morita-equivalenza, queste caratterizzazioni saranno quindi in grado di agire come gli 'archi' di un 'ponte' che collega le due teorie, rendendo possibile il trasferimento di informazioni tra di esse.

Come è naturale aspettarsi, le traduzioni tra proprietà di teorie equivalenti a Morita realizzate tramite la tecnica del "ponte" possono essere molto sorprendenti. Infatti, una proprietà invariante astratta unica definita a livello topos-teorico può essere espressa in modi completamente diversi in termini di diversi siti di definizione di un dato topos.

Come esempio, si consideri la proprietà di completezza di una teoria: una teoria geometrica si dice completa se ogni asserzione geometrica scritta sul suo linguaggio è o dimostrabilmente vera o dimostrabilmente falsa nella teoria. Dimostrare che una teoria è completa è generalmente una questione difficile. Tuttavia, questa proprietà è equivalente a una semplice proprietà invariante del topos classificante (vale a dire, la sua proprietà di essere bivalore), ammettendo riformulazioni alternative in termini di altri siti di definizione.

Ad esempio, 5 questa proprietà invariante è equivalente alla proprietà di incorporamento congiunto su una categoria C  (vale a dire, la proprietà che due oggetti qualsiasi nella categoria possono essere mappati su un terzo) nel caso di un sito atomico non banale (C op , Jat)  (tenendo presente che la topologia atomica Jat sul duale di una categoria C che soddisfa la proprietà di amalgamazione è la topologia di Grothendieck che ha come setacci di copertura proprio quelli non vuoti). Si noti che la proprietà di incorporamento congiunto su una categoria è generalmente un modo molto più semplice per verificare una proprietà rispetto alla completezza di una teoria; tuttavia, per le teorie T il cui topos classificante è un topos di fasci su un sito atomico  (Cop, Jat) , le due proprietà (vale a dire, completezza di T e proprietà di incorporamento congiunto di C ) corrispondono tra loro sotto un "ponte" topos-teorico, che consente quindi di stabilire l'una verificando l'altra. 6

Perché i topoi?

Ci si potrebbe chiedere cosa renda i topoi di Grothendieck così efficaci nel fungere da "ponti" per collegare tra loro diverse teorie matematiche. Ci sono diverse ragioni per questo, che possiamo riassumere come segue:

Generalità : a differenza della maggior parte degli invarianti utilizzati in matematica, il livello di generalità degli invarianti topo-teorici è tale che sono adatti per confrontare teorie matematiche (di primo ordine) di praticamente qualsiasi tipo.

Espressività : molti invarianti importanti che emergono in matematica possono essere espressi come invarianti topo-teorici.

Centralità : il fatto che gli invarianti topo-teorici spesso si specializzino in proprietà o costruzioni importanti di interesse matematico o logico naturale è una chiara indicazione della centralità di questi concetti in Matematica. Infatti, qualsiasi cosa accada a livello di topos ha ramificazioni "uniformi" nella Matematica nel suo complesso.

Flessibilità tecnica : i topoi sono universi matematici molto ricchi in termini di struttura interna; inoltre, hanno una teoria di rappresentazione molto ben strutturata, che li rende estremamente efficaci dal punto di vista computazionale se considerati come "ponti".



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Ulteriori informazioni sulla teoria dei "ponti" topos-teorici e sulla ricerca di Olivia Caramello sono disponibili su  www.oliviacaramello.com


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