Gloria alla Santa Trinità
di + Bruno Forte Arcivescovo di Chieti-Vasto
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, come era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen!
Questa breve preghiera di adorazione e di lode risponde all’invito dell’Apostolo Paolo al termine della lettera ai Romani: “A Dio, che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli. Amen” (16,27). Ripetute innumerevoli volte, ad esempio al termine di tutti i Salmi e i Cantici della liturgia delle ore, queste parole - pregate col cuore - uniscono la Chiesa pellegrina alla liturgia del cielo, così raffigurata nell’Apocalisse: “Udii come una voce potente di folla immensa nel cielo che diceva: ‘Alleluia! Salvezza, gloria e potenza sono del nostro Dio, perché veri e giusti sono i suoi giudizi” (19,1-2). È ancora questo libro ispirato, l’ultimo della Bibbia, a riconoscere nella celebrazione della gloria divina la vocazione di tutto il creato: “Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano: ‘A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli’” (5,13). Ecco perché la breve “dossologia” - temine greco che significa “parola di glorificazione” - ha un valore al tempo stesso cosmico e trinitario: è voce a Dio dell’intera creazione e si indirizza nello Spirito attraverso il Figlio al Padre, Fonte di ogni esistenza, energia e vita. Meditare questa preghiera può aiutarci a riconoscere e vivere la nostra vocazione di creature, fatte per amare, lodare e servire Dio. Pregarla con spirito e cuore è crescere nell’esperienza del sapersi amati dalla Trinità Santa, da essa messi in grado di amare al di là di ogni nostra incapacità e misura di stanchezza…
Gloria…
Il contenuto e la finalità della breve dossologia sono già evocati nella parola iniziale: “gloria”. Si tratta di dare “gloria” a Dio, Trinità Santa. Che cosa significa dare “gloria”? In ebraico “kabod”, corrispondente a “gloria”, deriva da una radice che vuol dire “pesante”, “grave”: la gravità e il peso sono simboli di potenza e di autorità. Dare “gloria” all’Eterno significa allora riconoscere la Sua signoria e il Suo potere su tutto ciò che esiste, a cominciare dal nostro cuore. Il greco traduce il termine con “dóxa”, la cui radice ha il significato di apparire, risplendere, e di conseguenza anche di ciò che soggettivamente appare, l’opinione: applicata a Dio la parola dice il Suo splendore, la luce che da Lui si irradia, tanto che dargli gloria viene a indicare il porsi nella Sua luce per lasciarsi totalmente illuminare e avvolgere dal Suo splendore. Il latino “gloria” deriva, infine, dalla radice indoeuropea “klu”, che ha il senso originario di “udire”, “farsi udire”, donde l’altro di “risuonare”, “essere famoso”. Dare “gloria” a Dio vuol dire riconoscerLo universalmente come l’Unico, cui tutto e tutti nei cieli e sulla terra devono rendere onore. La varietà dei termini e dei significati ci aiuta a comprendere che dà gloria a Dio chi corrisponde alla Sua iniziativa creatrice e salvifica, riconoscendone e celebrandone il potere, la sovranità, lo splendore, l’universale accoglienza, chi, insomma, Gli offre la risposta che sia la meno inadeguata a Lui. E poiché Dio è amore, corrispondere a Lui, glorificarlo, vuol dire amarlo con le labbra e il cuore, con la vita, le parole e le opere.
al Padre…
Se Dio è amore, si comprende come non possa essere solitudine: perché ci sia una relazione d’amore bisogna essere almeno in due. Amare soltanto se stessi è egoismo. Dio amore è, dunque, Uno che ama da sempre e Uno che da sempre è amato e ricambia l’amore, un eterno Amante e un eterno Amato, il Padre e il Figlio, e l’amore che li unisce, lo Spirito Santo. L’amore fa dei tre Uno e dell’Uno i Tre nell’eterna relazione di dono e accoglienza, mistero santo da cui veniamo, in cui ci muoviamo ed esistiamo e verso cui andiamo nel cammino del tempo. “In verità vedi la Trinità, se vedi l’amore” (Sant’Agostino, De Trinitate, 8, 8, 12). “Ecco sono tre: l’Amante, l’Amato e l’Amore” (8, 10, 14). La gloria - risposta d’amore all’amore - va data anzitutto a Colui che è la sorgente, il grembo e la meta di tutto ciò che esiste, il Dio che è amore, il Padre! Dio Padre non è mai stanco di cominciare ad amare e ama per la sola gioia d’amare. È Padre - Madre nell’amore, infinitamente libero e generoso, da null’altro motivato all’amore che dall’amore: “Dio non ci ama perché siamo buoni e belli, ci rende buoni e belli perché ci ama” (San Bernardo). Dio Padre è l’Amore che non finirà mai, la gratuità eterna, il principio senza principio dell’amore divino. Dare a Lui gloria è lasciarci colmare dal Suo amore, sempre nuovo, infinito. È Lui che dona l’amore: è Lui che inizia in noi quello che noi non saremmo mai capaci di iniziare da soli. Così Dio ci rende capaci di amare: ci ha amato per primo e non si stancherà mai di amarci. Amati cominciamo ad amare: amandoTi, Padre, e lasciandoci amare da Te, siamo fatti nuovi nell’amore, uomini nuovi che “cantano il cantico nuovo” (Sant’Agostino). È il canto della vita trasformata dall’amore, la gloria e l’onore resi a Te, Padre, che da sempre hai iniziato ad amare e susciti in noi l’amore, imprimendo in noi il segno della Tua gratuità infinita…
e al Figlio…
Se il Padre è l’eterno Amante, il Figlio è l’eterno Amato, Colui che da sempre si è lasciato amare e ci fa capire che non è divino solo l’amore, ma divino è anche il lasciarsi amare, il ricevere. Non è divina solo la gratuità: è divina anche la gratitudine. Dio dice eternamente grazie! Il Figlio, l’Amato è l’accoglienza infinita, Colui che da sempre dice sì all’Amore, l’obbedienza e il grazie vivente dell’Amore. Lo Spirito rende in noi presente il Figlio ogni volta che sappiamo rendere grazie, che cioè accogliamo nella verità del cuore l’amore altrui. Non basta cominciare ad amare: occorre lasciarsi amare, essere umili di fronte all’amore, far spazio alla vita dell’altro. È così che diveniamo icona del Figlio: dove non si vive l’accoglienza dell’altro, non si potrà essere immagine di Lui, l’eterno Amato, la gratitudine eterna. Quando il Figlio si è fatto uomo, si è unito a ciascuno di noi: perciò il Padre, amando Lui, ama anche ognuno di noi, amati nell’Amato, resi capaci di ricevere l’amore, che è la vita eterna di Dio. Come l’eterno Amante ci contagia la gratuità, l’eterno Amato ci contagia l’accoglienza, con cui la fede umile si apre all’avvento divino. Dare gloria al Figlio è entrare con Lui nella relazione dell’amore che riceve e ricevendo rende grazie all’eterna Sorgente dell’amore. AmandoTi, diamo gloria a Te, che sei l’Amato, e Tu stesso rendi gloria in noi all’eterno Amante: con Te entriamo nel cuore del Padre, amore mai stanco di cominciare ad amare, per dirgli in Te e per Te il nostro grazie, nel tempo e per l’eternità!
e allo Spirito Santo…
Terzo nell’eterno amore è lo Spirito Santo: il Padre e il Figlio vivono un amore così perfetto da rivolgersi insieme alla Terza Persona divina. L’amore non si chiude nel cerchio dei due: “Amare non significa stare a guardarsi negli occhi, ma guardare insieme verso la stessa meta” (Antoine de Saint- Exupéry). Lo Spirito è Colui nel quale l’amore dei Due è sempre aperto a donarsi, a “uscire da sé”: perciò lo Spirito è detto dono di Dio, fonte viva, fuoco che accende in noi la capacità di vivere l’esodo senza ritorno dell’amore. In quanto poi è l’amore ricevuto dal Figlio e donato dal Padre, lo Spirito è anche il loro amore in persona, il vincolo della carità eterna, l’unità e la pace dell’Amante e dell’Amato: “Consolatore perfetto, ospite dolce dell’anima, dolcissimo sollievo. Nella fatica, riposo, nella calura riparo, nel pianto conforto…”. Nello Spirito tutti possiamo essere abbracciati dall’amore che unisce. Perciò, quando lo Spirito entra in noi ci riconcilia con Dio e con gli altri e dà pace al nostro cuore inquieto. In questa luce si comprende come dare gloria allo Spirito significhi lasciarsi unire alla Trinità santa nella comunione della Chiesa. Al tempo stesso, però, in quanto lo Spirito è Colui che spezza il cerchio dell’Amore, l’“estasi” e il dono di Dio, quando ci saremo lasciati raggiungere e trasformare da Lui non potremo più restare a guardarci negli occhi, perché sentiremo il bisogno di portare agli altri l’amore con cui siamo stati amati. Solo dove c’è quest’urgenza dell’amore, lo Spirito è veramente glorificato, come ci fa comprendere la preghiera della Chiesa: “Vieni, Spirito Creatore… infondi l’amore nei cuori” - “Vieni, padre dei poveri, vieni, datore dei doni, vieni, luce dei cuori”...
come era nel principio…
È “dal principio” che i Tre sono Uno nell’amore: il “principio” è quello cui si riferiscono tanto l’inizio del libro della Genesi (“In principio Dio creò il cielo e la terra”: 1,1), quanto il prologo del Vangelo di Giovanni, dove si narra l’eterna storia di Dio (“In principio era il Verbo, e il Verbo era presso il Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso il Dio”: 1,1-2). Ciò che esprime questo richiamo al “principio” è allora che da sempre e per sempre Dio Amore è Trinità: eterno evento dell’amore, che unisce i Tre che sono Uno, il Padre, eterna provenienza, il Figlio, eterno avvento dell’Amore, e lo Spirito, avvenire dell’Amore eterno, nel quale l’amore divino, da sempre uguale a se stesso, è sempre nuovo e insieme immutabile nella Sua fedeltà. Questa storia d’amore, iniziata da sempre (“in principio”), e viva e vera per sempre (“ora e sempre”), ci è stata rivelata nel segno supremo dell’abbandono di Gesù sulla Croce: la Croce è la storia dell’eterno Amante, il Padre, che consegna Suo Figlio per noi; dell’eterno Amato, il Figlio, che si consegna alla morte per amore nostro; e dello Spirito Santo, l’amore eterno che li unisce e li apre al dono che essi ci fanno rendendoci partecipi della loro vita divina. L’infinito dolore dell’abbandono sperimentato dal Dio crocifisso mostra a quale livello di profondità i Tre siano Uno: non tre amori, ma un unico, eterno ed infinito amore, l’unico Dio che è amore, in principio e per sempre. Che cosa chieda alla nostra vita la glorificazione dei Tre che sono Uno dal “principio”, lo si può intravedere allora ai piedi della Croce. Essa mostra come il Dio vivente ci abbia amato per primo, da sempre e per sempre: pertanto, Gli si renderà gloria facendosi avvolgere da questo amore e vivendo l’amore di risposta. La lode non è altro che l’accoglienza grata dell’Amore dei Tre che sono Uno. L’amore viene da Dio, e soltanto chi ama è nato da Dio, conosce Dio e glorifica Dio, partecipando già in qualche modo all’eternità del Suo amore dal principio…
E ora…
Questo amore eterno raggiunge “qui ed ora” chi tiene aperti gli occhi della fede: “Vedi la Trinità, se vedi l’amore” (De Trinitate, 8, 8, 12). E vedi l’amore nel Tuo oggi se guardi la Croce dove il Padre ha offerto una volta per sempre il Figlio per noi, mentre lo Spirito - rappresentato in forma di colomba - sta fra l’uno e l’altro, quasi a unirli e ad aprire il loro amore a noi. La Croce è il racconto della Trinità di Dio, la rivelazione dell’infinito amore, offerto a chiunque contempli il Crocifisso con sguardo di fede: perciò, nella tradizione occidentale la Trinità divina è stata spesso rappresentata con la scena di Dio Padre che regge fra le braccia il legno della Croce, da cui pende il Figlio abbandonato, mentre la colomba dello Spirito unisce e separa l’Amante e l’Amato, l’Abbandonato e Colui che Lo abbandona. Chi guarda questa scena con fede è invitato ad entrare nel dialogo eterno del Loro amore e del Loro dolore offerto per noi (vedi la Trinità di Masaccio in Santa Maria Novella a Firenze). L’Oriente cristiano ha voluto trasmetterci un analogo messaggio con la scena dei tre Angeli che apparvero ad Abramo alle querce di Mamre, figura delle tre Persone divine che accolgono gli uomini qui ed ora nel cerchio del loro amore al banchetto della vita (come fa Andrei Rublev nella celebre icona della Trinità angelica). L’unità del Dio vivo non è, insomma, un morto dato, ma un invito sempre vivo e attuale a entrare nel reciproco inabitarsi delle tre Persone divine. È l’unità accogliente dell’eterno evento dell’amore, di cui possiamo divenire partecipi in ogni ora del tempo grazie al dono della fede. L’eterna comunione dei Tre, per cui ciascuno ritrova se stesso “perdendosi” nell’Altro, è la Loro unità, la “pericoresi” come dicevano i Padri greci, e cioè il Loro reciproco stare l’uno nell’altro, muovendosi da sé all’altro: attraverso la missione del Figlio e dello Spirito questa comunione è stata partecipata a noi nel tempo, affinché possiamo entrare nella vita eterna della Trinità in ogni nostro “oggi” trasfigurato dalla fede, rendendo così gloria a Dio ora e per l’eternità.
e sempre, nei secoli dei secoli…
Ciò a cui apre la glorificazione di Dio Trinità non è, allora, un attimo fugace, ma l’eternità pregustata nel tempo, l’ingresso umile e tuttavia reale della nostra esistenza mortale nella vita, che durerà “nei secoli dei secoli”. Prova a farne esperienza, fermandoti davanti a un Crocifisso o all’icona in cui i tre Angeli ti chiamano a entrare nel dialogo divino dell’amore: disponiti ad ascoltare la dichiarazione d’amore di Dio, viva ed efficace ora e sempre, corrispondendovi con la glorificazione che sgorga dalle labbra e dal cuore. Glorifica il Figlio amato, abbandonato e risorto alla vita per Te, unendoti a Lui per sentire l’amore divino che Lo avvolge e lo Spirito che lo unisce al Padre. Capirai, allora, che Dio Amore non è una parola vuota, una storia lontana, ma l’eterno Amore che è venuto a narrarsi nel tempo perché ciascuno di noi, ascoltandolo e credendo all’amore dei Tre, si lasci raggiungere e trasformare da questa storia d’amore, viva e vera “nei secoli dei secoli”. Allora sgorgheranno dal Tuo cuore le parole e il canto della lode, perfino nel gemito e nel silenzio che esprimono lo stupore davanti al Mistero tre volte santo. Allora sentirai il bisogno di glorificare anche con le labbra Dio Trinità Santa, l’unità dell’Amante, dell’Amato e dell’Amore, che ci accoglie in sé nel tempo e per l’eternità. La piccola dossologia potrà servirTi a farlo in modo semplice e fedele. Dare gloria a Dio sarà così un entrare e dimorare nella vita trinitaria, pregustazione orante del tempo in cui Dio sarà tutto in tutti. Verso quel giorno glorioso e splendido avanziamo nella notte della fede, continuando a ripetere, come gemito di amanti desiderosi: Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo…
Amen!
Pronunciando l’Amen della consegna totale della mente e del cuore alla lode della gloria dei Tre che sono Uno, sentiremo il bisogno di ridire ancora il nostro amore, di nasconderci sempre di nuovo con Cristo in Dio, di lasciarci portare sempre più avanti dallo Spirito sui sentieri dell’Eterno. L’Amen della fede e dell’amore ci indurrà al gesto della carità, all’invocazione e alla lode che esplicitino l’esperienza trasmessa dalla breve dossologia in prolungati silenzi di adorazione e di ascolto, come in parole e gesti sempre nuovi d’amore. Chiediamo al Dio che è Amore che sia così per ciascuno di noi e per l’umanità intera: Dio tre volte Santo, Trinità divina, aiutaci a confessare con le labbra e col cuore l’infinita gloria del Tuo eterno amore: di Te, Padre, eterno Amante da cui proviene ogni dono perfetto; di Te, Figlio, eterno Amato che tutto riceve e tutto dona; di Te Spirito Santo, Amore ricevuto e donato, vincolo della carità eterna ed estasi dell’eterno dono. In Te, Trinità Santa vorremmo nasconderci, per essere amati nell’Amato ed imparare ad amare qui ed ora nell’umile svolgersi del tempo e per sempre nel giorno dell’amore che non muore. Amen! Alleluia!
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Fonte: www.diocesichieti.it/wp-content/uploads/sites/2/2020/06/Gloria.pdf