venerdì 21 febbraio 2025

Nel natale dei Martiri, Sant'Agostino

 

NEL NATALE DEI MARTIRI

di Sant'Agostino

Discorso 330



In apertura del discorso.

1. La solennità dei beati martiri e l'attesa della Santità vostra reclamano da noi un discorso. Comprendiamo infatti come si convenga a questo giorno il dovere di svolgere una trattazione. Lo volete voi, lo vogliamo noi. Lo conceda colui nelle cui mani siamo e noi e le nostre parole, chi ce ne ha dato il volere, egli ce lo renda possibile. E nei martiri, infatti, era vivissimo questo sentire: pertanto, accesi dall'amore per le realtà invisibili, disprezzarono le cose visibili. Che cosa amò in se stesso chi giunse persino a disprezzarsi per non andare in perdizione? Erano realmente templi di Dio ed avevano l'esperienza dell'inabitazione del Dio vero in loro; ecco perché non veneravano i falsi dèi. Avevano ascoltato, avevano avidamente attinto lasciando che se ne imbevessero le più intime fibre del cuore e, in certo qual modo, avevano fatto radicare profondamente ciò che disse il Signore: Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso. Rinneghi se stesso, disse, prenda la sua croce e mi segua 1Voglio dire qualcosa al riguardo, ma la vostra attenzione mi spaventa, la preghiera lo esige.

Il rinnegamento di sé del discepolo di Cristo.

2. In che consiste, di grazia, il: Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, e prenda la sua croce, e mi segua? Comprendiamo il senso del prenda la sua croce: sopporti la sua tribolazione; prenda equivale a porti, sopporti. Riceva con pazienza, disse, tutto ciò che soffre a causa mia. E mi segua. Dove? Dove sappiamo che si è recato lui dopo la risurrezione. Infatti ascese al cielo e siede alla destra del Padre. Ivi darà una sede anche a noi. Per il momento, vada avanti la speranza perché segua la realtà. Come debba precedere la speranza lo sanno coloro che ascoltano: In alto il cuore. Ma, per quanto aiuta il Signore, rimane di indagare - e di tirar fuori il senso, e di penetrarlo, quando egli apre, e di scoprirlo, quando egli lo concede, e di presentare a voi ciò che saremo riusciti a trovare - cosa voglia significare quel che disse: Rinneghi se stesso. Come si rinnega chi si ama? Questa è una domanda ragionevole, ma propria della ragione umana; l'uomo mi chiede: Come si rinnega chi si ama? Ma Dio spiega all'uomo: Si può rinnegare se si ama. Appunto con l'amore di sé, manda in perdizione se stesso; rinnegandosi, si trova. Chi ama la propria vita - dice - la perderà 2. È stato il comando di chi sa bene che cosa imporre, perché sa considerare chi sa istruire, e sa ripristinare chi si degnò di creare. Chi ama, perda. È doloroso il distacco da ciò che ami. Ma anche l'agricoltore perde temporaneamente ciò che semina. Tira fuori, sparge, getta a terra, ricopre. Di che ti meravigli? Costui che disprezza e fa cadere a terra è un avido mietitore. L'inverno e l'estate hanno provato che cosa si sia fatto; la gioia del mietitore ti dimostra l'intenzione del seminatore. Di conseguenza, chi ama la propria vita, la perderà. Chi intende ricavarne frutto, la semini. In questo, quindi, consiste il rinnegamento di sé, in modo da non andare in perdizione a causa di un amore deviante.

L'amore di sé è perverso, è assai più vero il disprezzo di sé. Amore al denaro fino al disprezzo della vita.

3. Non esiste alcuno che non si ami; ma bisogna possedere l'amore retto ed evitare quello deviante. Chiunque, abbandonato Dio, non avrà amato che sé e, per l'amore di sé, si sarà separato da Dio, neppure in sé dimora, ma esce addirittura fuori di sé. Va esule fuori dalla sua coscienza disprezzando la vita interiore, preso dall'amore per quanto è a lui estraneo. Che ho detto? Non disprezzano la propria coscienza tutti quelli che operano il male? Chiunque riconosce dignità alla propria coscienza, mette un freno alla propria ingiustizia. Avendo disprezzato Dio per l'amore di sé, ne segue che finisce per disprezzare persino se stesso, amando al di fuori ciò che egli non è. Fate attenzione, ascoltate l'Apostolo che rende testimonianza in questo senso. Dice: Per gli ultimi tempi incombono circostanze difficili 3. Che comportano le circostanze per essere difficili? Gli uomini saranno egoisti 4. Ecco l'origine del male. Stiamo dunque a vedere se, amandosi, restino magari in sé; facciamo attenzione, ascoltiamo quel che segue: Gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro 5Dove ti trovi tu che amavi te stesso? Sei fuori di te, naturalmente. Di grazia, sei tu forse il denaro? In realtà, tu che senza tener conto di Dio non ami che te, per l'attaccamento al denaro hai trascurato anche te. Prima hai trascurato, poi hai perduto. L'amore al denaro ti ha infatti portato a perdere te stesso. Per il denaro giungi a mentire: Una bocca che mentisce, uccide l'anima 6. Ecco, mentre vuoi avere il denaro, hai perduto l'anima tua. Tira fuori la bilancia della verità, non dell'avidità; tira fuori la stadera, ma della verità, non della cupidigia; tirala fuori, ti prego, e deponi denaro su un piattello e l'anima sull'altro. Ora tu pesi e, spinto dalla smania di avere, usi le dita a falsare il peso; tu vuoi che si abbassi il piattello che contiene denaro. Metti via, non pesare, vuoi ingannarti da te; vedo quel che fai. Vuoi anteporre il denaro all'anima tua, mentire per quello, perdere questa. Metti via, sia Dio a pesare; egli che non sa che sia essere ingannato e che non inganna, egli sia a pesare. Ecco, sta pesando personalmente; ecco, vedilo che pesa, ascoltalo darne esatto conto: Che giova all'uomo se guadagnerà il mondo intero? 7 È la voce divina, è la voce di colui che controlla il peso, non di chi inganna; di colui che dà esatto conto, che ammonisce. Quanto a te, ponevi su un piattello il denaro e sull'altro l'anima; osserva dove hai posto il denaro. Che risponde colui che pesa? Tu hai posto denaro: Che giova all'uomo se guadagnerà il mondo intero, mentre lascia che vada perduta la propria anima? 8 Tu volevi porre, invece, sulla medesima bilancia, l'anima e il guadagno: il confronto devi farlo con il mondo. Da parte tua eri deciso ad acquistare la terra al prezzo della perdita dell'anima: questa ha maggior peso del cielo e della terra. Ma tu lo fai perché, abbandonando Dio e preoccupandoti di te stesso, ti sei allontanato anche da te, e già apprezzi più di te ciò che ti è esterno. Torna a te: e, una volta rientrato in te, volgiti ancora verso l'alto, non restare in te. Prima torna in te dal mondo esterno, e poi rendi te stesso a colui che ti ha creato, e che ha cercato te, perduto; ha trovato te, fuggitivo; a se stesso ha convertito te che gli avevi voltato le spalle. Torna a te, dunque, e muovi verso di lui che ti ha creato. Imita quel figlio minore, perché forse sei tu. Mi rivolgo al popolo non ad un singolo e se tutti potessero udirmi, non ad un solo uomo, ma al genere umano. Torna, dunque, sii quel figlio minore che, vivendo spensieratamente del suo avere, una volta sperperato e perduto, si trovò nel bisogno, condusse alla pastura i porci, sfinito dalla fame sospirò, e tornò a pensare a suo padre. E che dice di lui il Vangelo? E rientrò in se stesso 9. Vediamo se sia rimasto in se stesso quello che, uscito fuori di sé, tornò a se stesso. Rientrato in se stesso disse: mi alzerò. Dunque era caduto. Mi alzerò - disse - e andrò da mio Padre 10. Ecco che già rinunzia a sé chi ha ritrovato se stesso. In che modo rinunzia? Ascoltate: E gli dirò: ho peccato -disse - contro il cielo e contro di te. Rinunzia a sé. Non sono più degno di esser chiamato tuo figlio 11Ecco quel che fecero i santi martiri. Disprezzarono le cose esterne; tutte le attrattive di questo mondo, gli errori e i terrori tutti, tutto ciò che era gradevole e tutto ciò che atterriva, tutto interamente disprezzarono, tutto interamente calpestarono. Entrarono quindi in se stessi e si scrutarono; si conobbero dentro di sé e furono scontenti di sé; si affrettarono a rivolgersi a colui che li aveva plasmati per rivivere di vita nuova in cui perseverare, in cui far scomparire quello che, per loro personale iniziativa, stava diventando il loro essere, e in modo che si conservasse quello che Dio aveva creato in essi. Ecco il rinnegamento di sé.

Il timore di Pietro per la futura passione di Cristo. Cosa sia il rinnegamento di sé.

4. L'apostolo Pietro non poteva ancora capirlo quando al Signore nostro Gesù Cristo, che preannunziava la sua futura passione, disse: Dio te ne scampi, Signore, questo non avverrà 12. Temeva la morte della Vita. Durante la lettura del santo Vangelo avete adesso ascoltato che cosa il beato Pietro abbia risposto al Salvatore che preannunciava la sua passione per nostro amore, e che in certo modo prometteva. Lo schiavo faceva opposizione al Redentore. Che fai, Apostolo? com'è che ti opponi? Come puoi dire: Questo non avverrà? Non subirà allora la passione il Signore? La parola della croce ti è di scandalo: è stoltezza per coloro che si perdono. Ti si vuole riscattare e tu fai opposizione a colui che ti acquista? Lascia che vada alla passione: egli sa cosa fare, sa perché è venuto, sa come cercarti, sa come trovarti. Non stare a far scuola al tuo Maestro; procurati dal suo costato il tuo prezzo. Piuttosto, sii tu ad ascoltare chi ti corregge, non esser tu a voler correggere; è perversità invertire l'ordine di precedenza. Ascolta quello che dice: Lungi da me 13. Lo dico perché è stato lui a dirlo; senza offendere l'Apostolo, non tacerò la parola del Signore. Cristo Signore disse: Lungi da me, satana 14. Perché satana? Perché mi vuoi passare avanti. Non vuoi essere satana? Cammina dietro di me. Se vai dietro di me, mi seguirai infatti; se mi segui, prenderai la tua croce, non mi sarai consigliere ma discepolo. Perché dunque ti sei spaventato quando il Signore ha dato l'annunzio della sua morte? Il tuo spavento non ebbe altra causa che il timore di morire anche tu. Per il timore della morte non hai rinnegato te stesso; per un perverso amore di te, hai rinnegato lui stesso. Ma più tardi il beato apostolo Pietro, dopo aver rinnegato tre volte il Signore, con il pianto lavò quella colpa: alla risurrezione del Signore, confermato e maturato nella fede, morì per colui che aveva rinnegato per timore della morte; confessandolo, trovò la morte, ma, appunto attraverso la morte, riuscì a far sua la vita. Ed ecco: Pietro non muore più; è scomparso ogni timore, non si è ripetuto, in seguito, il pianto, tutto è passato, è sempre beato con Cristo. Tenne sotto i piedi ogni attrattiva del mondo esterno, le minacce, come pure i terrori: rinunziò a se stesso, prese la sua croce e seguì il Signore. Ascolta anche l'apostolo Paolo rinnegare se stesso: Quanto a me, non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo per mezzo della quale il mondo è stato per me crocifisso come io per il mondo 15. Ascoltalo insistere nel rinnegamento di sé. Dice: Non sono più io che vivo. È chiara la sua rinunzia all'io; ma ecco seguire una trionfale testimonianza di Cristo: ma Cristo vive in me 16. Che vuol dire allora "rinnega te"? Non essere tu la tua stessa vita. E che si vuol dire col "non essere tu la tua stessa vita"? Non fare la tua volontà, ma la volontà di colui che abita in te.

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Fonte: www.augustinus.it/italiano/discorsi/discorso_470_testo.htm


domenica 16 febbraio 2025

Santa Messa Giubileo degli Artisti e del Mondo della Cultura, 16.02.2025, Omelia di Papa Francesco


Santa Messa 
Giubileo degli Artisti e del Mondo della Cultura, 
16.02.2025,

Omelia di Papa Francesco
(letta dal Cardinale Tolentino de Mendonça)



Nel Vangelo che abbiamo appena ascoltato, Gesù proclama le Beatitudini davanti ai suoi discepoli e a una moltitudine di gente. Le abbiamo ascoltate tante volte eppure non cessano di stupirci: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete» (Lc 6,20-21). Queste parole ribaltano la logica del mondo e ci invitano a guardare la realtà con occhi nuovi, con lo sguardo di Dio, che vede oltre le apparenze e riconosce la bellezza, persino nella fragilità e nella sofferenza.
La seconda parte contiene parole dure e ammonitrici: «Guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete» (Lc 6,24-25). Il contrasto tra “beati voi” e “guai a voi” ci richiama all’importanza di discernere dove riponiamo la nostra sicurezza.
Voi, artisti e persone di cultura, siete chiamati a essere testimoni della visione rivoluzionaria delle Beatitudini. La vostra missione è non solo di creare bellezza, ma di rivelare la verità, la bontà e la bellezza nascoste nelle pieghe della storia, di dare voce a chi non ha voce, di trasformare il dolore in speranza.
Viviamo un tempo di crisi complessa, che è economica e sociale e, prima di tutto, è crisi dell’anima, crisi di significato. Ci poniamo la questione del tempo e quella della rotta. Siamo pellegrini o erranti? Camminiamo con una meta o siamo dispersi nel vagare? L’artista è colui o colei che ha il compito di aiutare l’umanità a non perdere la direzione, a non smarrire l’orizzonte della speranza.
Ma attenzione: non una speranza facile, superficiale, disincarnata. No! La vera speranza si intreccia con il dramma dell’esistenza umana. Non è un rifugio comodo, ma un fuoco che brucia e illumina, come la Parola di Dio. Per questo l’arte autentica è sempre un incontro con il mistero, con la bellezza che ci supera, con il dolore che ci interroga, con la verità che ci chiama. Altrimenti, «guai»! Il Signore è severo nel suo appello.
Come scrive il poeta Gerard Manley Hopkins, «il mondo è carico della grandezza di Dio. / Essa brillerà come il bagliore della lamina scossa». Questa è la missione dell’artista: scoprire e rivelare quella grandezza nascosta, farla percepire ai nostri occhi e ai nostri cuori. Il medesimo poeta sentiva anche nel mondo un’«eco di piombo» e un’«eco d’oro». L’artista è sensibile a queste risonanze e, con la sua opera, compie un discernimento e aiuta gli altri a discernere tra i differenti echi delle vicende di questo mondo. E gli uomini e le donne di cultura sono chiamati a valutare questi echi, a spiegarceli e a illuminare la strada su cui ci conducono: se sono canti di sirene che seducono oppure richiami della nostra umanità più vera. Vi è chiesta una sapienza per distinguere ciò che è come «pula che il vento disperde» da ciò che è solido «come albero piantato lungo corsi d’acqua» ed è capace di dare frutto (cfr Sal 1,3-4).
Cari artisti, vedo in voi dei custodi della bellezza che sa chinarsi sulle ferite del mondo, che sa ascoltare il grido dei poveri, dei sofferenti, dei feriti, dei carcerati, dei perseguitati, dei rifugiati. Vedo in voi dei custodi delle Beatitudini! Viviamo in un’epoca in cui nuovi muri si alzano, in cui le differenze diventano pretesto per la divisione anziché occasione di arricchimento reciproco. Ma voi, uomini e donne di cultura, siete chiamati a costruire ponti, a creare spazi di incontro e dialogo, a illuminare le menti e a scaldare i cuori.
Qualcuno potrebbe dire: “Ma a che serve l’arte in un mondo ferito? Non ci sono forse cose più urgenti, più concrete, più necessarie?”. L’arte non è un lusso, ma una necessità dello spirito. Non è fuga, ma responsabilità, invito all’azione, richiamo, grido. Educare alla bellezza significa educare alla speranza. E la speranza non è mai scissa dal dramma dell’esistenza: attraversa la lotta quotidiana, le fatiche del vivere, le sfide di questo nostro tempo.
Nel Vangelo che abbiamo ascoltato oggi, Gesù proclama beati i poveri, gli afflitti, i miti, i perseguitati. È una logica capovolta, una rivoluzione della prospettiva. L’arte è chiamata a partecipare a questa rivoluzione. Il mondo ha bisogno di artisti profetici, di intellettuali coraggiosi, di creatori di cultura.
Lasciatevi guidare dal Vangelo delle Beatitudini, e la vostra arte sia annuncio di un mondo nuovo. La vostra poesia ce lo faccia vedere! Non smettete mai di cercare, di interrogare, di rischiare. Perché la vera arte non è mai comoda, offre la pace dell’inquietudine. E ricordate: la speranza non è un’illusione; la bellezza non è un’utopia; il vostro dono non è un caso, è una chiamata. Rispondete con generosità, con passione, con amore.


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