venerdì 21 febbraio 2020

Federica Grassini , poesia di sentimenti ed esperienze




FEDERICA GRASSINI

poesia di sentimenti ed esperienze

 



GUARDARE OLTRE.....................

Se ti guardi intorno c'è una strana luce,
non è facile vederla, né intravederla
ma è l'intravedere che in certi casi è davvero importante.
E' una parola chiave di lettura della realtà
che ti permette di passare il limite, il confine del nostro essere uomini.
In ciò esaltiamo la nostra intelligenza
con ciò nutriamo la nostra responsabilità...
E poi dobbiamo guardare oltre: oltre la paura, il dubbio, l'insoddisfazione, l'incertezza.
Guardare oltre la nostra piccolezza e finitezza
per volgere lo sguardo più in là, più in alto,
dove l'uomo incontra se stesso,
dove l'uomo promuove la vita
perché ha incontrato la Vita.
Ed è questa Vita che ci fa camminare sulle ali del vento,
facendoci raggiungere ogni angolo della terra.
Ed è quando esaltiamo la Vita
che la parola si fa ora immagine,
ora testo,
ora musica,
ora arte.
Ed è allora che se ti guardi intorno vedi quella strana luce
che non è facile vedere, né intravedere.




MISTERO

Ecco l'orizzonte dell'amore trinitario: è dallo Spirito che l'uomo è introdotto in questo orizzonte.
E per quanto sorprendente possa apparire, la Trinità può diventare familiare
e così amare Dio diventa più accessibile,
si vede l'amore che Lui ha riversato sull'uomo sino a farsi uomo Egli stesso.
Il Padre ci ha amati nel Figlio con tutto il suo Spirito,
ci ha suggerito sottovoce che amare Dio è un ricevere che spinge a dare:
il nostro amore ha origine divina,
è una partecipazione dell'amore di Dio che ci viene comunicato.
Solo così l'uomo può essere l'eterno roveto ardente di Dio,
e solo dove c'è dono, libertà, carità, prudenza
ci potrà essere giustizia.




CERTEZZA DI UN INCONTRO

Un infrangersi di onde,
un battito di ciglia,
un suono,
un sospiro.

Questa è la vita:
dono immenso,
breve,
intenso.

Può volare.

Può non passare mai
con la lentezza di un tempo tiranno,
a volte malvagio.

Io so che c'è una Vita oltre la vita,
io so che quando arriverò nel Regno
mio Padre sarà lì.

Mi accoglierà, mi abbraccerà
e io mi farò stringere.

Senza parlare.





MALINCONIA

Immagini nella mente e nel cuore.
 

Ricordi lontani, ma forti e ancora vivi.
Voci, odori, sapori.

La nonna che chiama,
io che corro, rumori di campagna.
In lontananza il grano viene battuto:
risa in mezzo a una caligine di pula.

Oppure nella vigna: uve strane per colore e per sapore.
Ceste tra i filari, acini che sfiorano il palato.
Uno ancora riesco ad assaporare: quello dell'uva-fragola... Strana sensazione !

E poi il pollaio... Scoccodare di galline,
il calore dell'uovo appena fatto: - un buchetto sopra e sotto -, bere l'energia, la vita...

Se chiudo gli occhi è tutto lì, come allora.

Ma ora non c'è più.




IL TEMPO

Tempo sacro e profano
definizione qualitativa e non quantitativa.

Chronos scandito dalla feria, il tempo del riposo.
Kairos scandito dalla festa, il tempo della grazia.

Il tempo non può essere solo misurato,
va definito sacralmente.




IL CRISTIANO

Il Cristiano, che essere strano,
in un mondo dove sembra giusto
ciò che in realtà non lo è.
Il valore è un disvalore,
l'amore è mera corporeità,
l'amicizia puro interesse,
il lavoro semplice guadagno,
la cultura quasi inutilità.

E il Cristiano grida in silenzio
il suo disagio,
urla senza parole
la sua rabbia,
lotta senza armi
in un mondo che disarma.
Contro il nulla è quasi impossibile combattere.

Ma il Cristiano alza la testa
e ama.
Ama tutto ciò che fa,
tutto ciò che è,
tutto ciò che ha.

Ama l'uomo, perché l'uomo è parte di Dio.
In Lui confida,
perché è di Lui che si fida.




ARIA

Respiro profondo, intenso,
vibra fino in fondo all’anima.

E’ aria, impalpabile,
ma soffio vitale,
è lo spirito di vita,
ruah.

E’ questa aria particolare
che è in ogni uomo:
un’aria fatta non solo di componenti materiali,
ma di un “qualcosa” che va al di là del nostro essere corporeo.

Respira, con tutta la tua forza,
con tutto il tuo cuore.

Respira.
C’è gioia.
C’è dolore.
Respira.
Sempre.





ESSERCI

                Il cielo, spazio immenso,
                sembra non dare alcun riferimento
                e perdersi è davvero facile….

Ma ecco: due stelle sono lì
ad indicarti il cammino,
la rotta da seguire,
sempre.

                 Bucano le nebbie, le nubi,
                 illuminano le notti, anche le più buie
                 e talvolta illuminano persino i giorni!

E se il viandante china la sua testa,
preso dalla fatica o dallo scoramento
sa che basta alzare lo sguardo
e le vedrà.

                Con gli occhi dell’amore
                perché quelle due stelle
                SONO
                i due occhi dell’amore.


 

E’ dedicata alle due “mie zie”……. Marzo 2009.


FAMIGLIA

Mare in tempesta.
Onde giganti, ti spingono sott’acqua,
provi a risalire,
senti che le forze ti abbandonano e stai per cedere.

Ma due mani sono lì:
ti afferrano, ti stringono forte, ti salvano.
Ora è tempo di bonaccia.



OCCHI

Ti guardo: la mia mente ripercorre momenti passati,
ma pur sempre vivi dentro di me.

Ti guardo: ripenso ai tuoi insegnamenti,
alle tue parole,
ai tuoi comportamenti
che mi hanno fatto diventare ciò che sono oggi.

Ti guardo: rivedo una donna forte,
paziente e coraggiosa.

Ti guardo: vedo una persona diversa ora,
ma nella tua fragilità di vetro
sei però il mio baluardo e la mia roccia.

Ti guardo: vorrei lasciarmi cullare da te
e rimanere tra le tue braccia per sempre.

Ti guardo: sento che un giorno
starò così.


Alla mia mamma, per la festa della mamma. Maggio 2009.



RIFLESSIONE

L’adolescenza, l’inizio di tutti gli inizi………………………

Passaggio necessario e difficile verso l’età adulta.

Poi ci voltiamo e vediamo che il passato è dietro di noi:
bisogna sempre farci i conti.

Il ricordo è bello, anche se può far male,
ma è il rimpianto che ci distrugge.

 




RUOLI

E la vita va avanti, la vita ci è stata donata,
la vita a nostra volta doniamo.

In un ciclo eterno……..

Ieri eri figlio, eri figlia,
oggi sei padre, sei madre.




SENTIMENTO

Un campo di papaveri,
rosso.
Il colore della passione.

Un campo di papaveri,
Maggio volgeva al termine
e qualcosa contemporaneamente nasceva:
un sentimento forte e tenero,
dolce e sconvolgente.

E io ti guardavo
e la mia mano sfiorava la tua, furtivamente.

Il cuore in accelerazione:
emozione,
paura,
curiosità.

Starti accanto era dare un nome all’amore.




TU


Tu che fai parte di me da sempre.
Tu che ti sei trovato ad un bivio e hai scelto me.
Tu che hai lottato per avermi.
Tu che mi hai reso donna, moglie, madre.
Tu che hai imparato ciò che non ti avevano insegnato
e che difendi quello che hai costruito.
Tu che sei stato forte e coraggioso,
tu che hai tagliato dei traguardi.
Tu che purtroppo hai vacillato,
tu che grazie all’amore sei rinato.



VITA

Si può vivere,
si può esistere,
non è la stessa cosa.
La vita non è mettere un giorno dietro l’altro,
è assaporare il senso,
gustare il piacere,
metabolizzare il dolore.
La vita non è una linea retta infinita,
né una linea curva chiusa….
Immagino la vita un angolo continuo:
ogni svolta è una sorpresa, un mistero.


MI CHIEDO

E' buio,
è freddo,
solitudine e paura
tutt'intorno.
Anche le stelle in cielo
sembrano spengersi.
Forse in lontananza
un leggero chiarore........



EPPURE C'E'

Anche quando sei nel silenzio
senti comunque qualche suono;
forse in lontananza
o semplicemente frutto della tua mente.
Anche quando chiudi i tuoi occhi
una flebile luce trapela,
qualche ombra ti danza davanti
creando strane figure
alle quali tu solo riesci a dare un senso, un contorno.

Non tutto ciò che intorno a noi, o parte di noi
può essere conoscibile, tangibile, comprensibile.
Proprio come Dio, proprio come l’amore;
proprio come il vento
che si sente ma non si vede,
che ti fa provare sensazioni armonicamente opposte:

piacere, paura, sollievo, imbarazzo.


“àNCORA”.........

Una nuova tempesta si è abbattuta su di noi.
Proviamo a respirare,
proviamo a sperare,
proviamo a non pensare....
Non c’è soluzione per ciò che è assurdo.
Il farsi “servizio” agli altri, specie a coloro che sono più fragili
può passare come opportunismo.
Nulla è più doloroso
del sentirsi schiacciare
da ciò che invece è stato fatto per alleggerire.
E’ un pesante fardello.
E non è neanche giusto dividerlo con le persone che ami.
Ma ancora una volta è solo l’amore che ci può salvare.

24 Giugno 2013




TEMPORALE ESTIVO


Nella calura estiva
il rimbombare dei tuoni
sembra un brontolio lontano
che piano piano si avvicina.
Poi ecco che cadono due gocce, quattro, otto.......
si moltiplicano rapidamente
e assomigliano a una danza.
Gli occhi sino a quel momento socchiusi per il riflesso forte del sole
cercano riposo nel cielo chiaro , ma non più accecante.
E’ in quel momento che nasce fulminea una sensazione di pace.

Arezzo, 5 Luglio 2016





PASSAGGIO

Ecco il mio saluto oggi.
Oggi che anche tu percorri quella via
lungo la quale hai visto camminare tanti dei tuoi cari.
Ma morire, anche se può sembrare una separazione,
in realtà è una creazione, quella di un mondo nuovo.

C’è però una via da percorrere
e una porta da aprire: ma come?
Talvolta si apre improvvisamente
facendo sbattere le imposte;
altre invece si apre lentamente,
lasciando intravedere dal suo spiraglio il dolore profondo
e la lentezza del tempo.

Una via. Una porta.

Noi lo sappiamo, che quando quella porta si apre ci viene incontro l’Amore.



Per la zia Elda Arezzo, 8 Febbraio 2018


 


SENZA VOI

Ancora mi chiedo: si chiama battigia o bagnasciuga?
Se potessi ritrovare sulla sabbia tutte le orme lasciate dalla mia famiglia,
mi piacerebbe metterci sopra il mio piede, come facevo da bambina.....
Tutto qua, in questo luogo, fa parte di me:
il soffio del vento,
il rumore del mare,
il suono della pioggia tra i pini,
l’odore della terra bagnata che beve e respira.
Non ci sono più le persone.
Ma continuano ad esserci le loro presenze.
E io non mi sento mai sola.


Milano Marittima, Luglio 2018
E’ il primo anno che sono in questi luoghi senza più nessuno della “vecchia” famiglia a cui pensare o di cui preoccuparmi.





CONCHIGLIE

Conchiglie abbandonate dal mare sulla spiaggia: tante e tutte diverse.
Alcune perfettamente integre, altre rotte, altre ancora frantumate.
Ognuno, camminando lungo la riva, cerca quella che corrisponde ai suoi bisogni e desideri.
Tanti passano, ma poi è solo uno che raccoglie quella conchiglia che aveva immaginato nella
sua testa.
Passeggiando, ad un tratto e improvvisamente l’onda ne scopre una.
E’ lei quella che cercavi, è lei quella che volevi, l’hai trovata, la prendi, ora è tua
e la devi custodire con gioia.
Lo stesso vale per l’amore.

Milano Marittima, 28 Luglio 2019





IMPARARE

Ci sono state guerre cha hanno segnato la storia
che hanno determinato la dominazione o la sudditanza.
Ora combattiamo una guerra diversa e silenziosa
e forse è proprio questo silenzio che ci annienta.
Abbiamo imparato però a distinguere il rumore dai suoni,
i ritratti dai volti
e abbiamo ancor più capito il valore delle parole.
Tre, per me, in particolare: vicinanza , collaborazione, priorità.
Ecco, ora non siamo più giganti in un delirio di onnipotenza,
siamo nani delle nostre debolezze e paure.
Ne usciremo stanchi?
Certo.
Ma forse, spero, migliori.

9 Aprile 2020
SIAMO IN EMERGENZA COVID 19





AGO DI PINO

L’azzurro del mare e il verde dei pini,
un incontro cromatico che ricorda le cupole di alcune Chiese,
incontro tra cielo e terra.
Il mare azzurro con il suo increspare
e le sue onde che sulla riva creano disegni che
appaiono e scompaiono.
I pini, quasi un cielo verde: anch’essi ondeggiano
spinti dal vento e cade una pioggia di aghi...
Toccando terra formano un tappeto morbido e uniforme.
Ma sono appuntiti e possono anche bucare e fare male.
Ago di pino, tu sei come la vita: se la guardi da lontano, 
rimanendo distaccato,
può apparire docile,
ma se la “prendi in mano” può ferirti.

Milano marittima, Agosto 2020





DICOTOMIA 

Cercare. Trovare.
Tuffarsi in ciò che è o che non è.
Il tutto o una parte.
Unici e irripetibili.
Isole e satelliti, persi nel nulla ?
Lottare e vincere.

Ottobre 2022.




RESA

Siamo come lettere
di un alfabeto profondamente muto:
ma cercare la Voce
è parte integrante della nostra umanità.
Talvolta però vince il silenzio.
Orizzonti lontani,
linee immerse nella nebbia,
onde spumeggianti e violente.
Non resta che assecondare il Tutto anziché osteggiarlo.

Gennaio 2023.






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Note biografiche

Federica Grassini nata ad Arezzo il 20 giugno 1963, ha conseguito il Diploma di Maturità Classica e la laurea in Lingue e Letterature Straniere.
Successivamente si è diplomata in Scienze Religiose con specializzazione pedagogico-didattica. Docente di Religione Cattolica dall'anno scolastico 1991/1992 presso Istituti di istruzione secondaria superiore, attualmente è in servizio presso il Liceo Scientifico-Liceo Linguistico "Francesco Redi" di Arezzo.
Scrive Federica Grassini riguardo la sua attività educativa: "Insegno ciò in cui credo e credo in ciò che insegno".
E' sposata ed ha tre figli.
Curatrice del Vernissage dell'Artista Marisa Bergamasco tenutosi ad Arezzo nel 2002 dal titolo "Omaggio a Caravaggio".
Sensibile all'arte in tutte le sue forme e alla poesia in particolare, si dedica con passione a racchiudere in versi i suoi sentimenti e le sue esperienze in toni profondi e talvolta più leggeri e giocosi.

* * *
Fonte : si ringrazia l'Autrice Federica Grassini che ha gentilmente inviato la documentazione per questo articolo alla Redazione di ARTCUREL .



giovedì 20 febbraio 2020

In Cristo Dio si è mostrato come ragione e amore, di Papa Benedetto XVI



IN CRISTO DIO SI E' MOSTRATO COME RAGIONE E AMORE

di Papa Benedetto XVI



«In Cristo, Dio si è mostrato nella sua totale verità, ha mostrato che è ragione e amore, che la ragione eterna è amore e così crea». Lo ha detto Papa Benedetto XVI nella lectio divina svolta durante la visita al Pontificio Seminario Romano Maggiore, nella serata di venerdì 12 febbraio 2010.


Eminenza, Eccellenze, Cari amici,
ogni anno è per me una grande gioia essere con i seminaristi della diocesi di Roma, con i giovani che si preparano a rispondere alla chiamata del Signore per essere lavoratori nella sua vigna, sacerdoti del suo mistero. È questa la gioia di vedere che la Chiesa vive, che il futuro della Chiesa è presente anche nelle nostre terre, proprio anche a Roma.
In quest'Anno Sacerdotale, vogliamo essere particolarmente attenti alle parole del Signore concernenti il nostro servizio. Il brano del Vangelo ora letto parla indirettamente, ma profondamente, del nostro Sacramento, della nostra chiamata a stare nella vigna del Signore, ad essere servitori del suo mistero.
In questo breve brano, troviamo alcune parole-chiave, che danno l'indicazione dell'annuncio che il Signore vuole fare con questo testo. «Rimanere»: in questo breve brano, troviamo dieci volte la parola «rimanere»; poi, il nuovo comandamento: «Amatevi come io vi ho amato», «Non più servi ma amici», «Portate frutto»; e, finalmente: «Chiedete, pregate e vi sarà dato, vi sarà data la gioia». Preghiamo il Signore perché ci aiuti ad entrare nel senso delle sue parole, perché queste parole possano penetrare il nostro cuore e così possano essere via e vita in noi, con noi e tramite noi.
La prima parola è: «Rimanete in me, nel mio amore». Il rimanere nel Signore è fondamentale come primo tema di questo brano. Rimanere: dove? Nell'amore, nell'amore di Cristo, nell'essere amati e nell'amare il Signore. Tutto il capitolo 15 concretizza il luogo del nostro rimanere, perché i primi otto versetti espongono e presentano la parabola della vite: «Io sono la vite e voi i rami». La vite è un'immagine veterotestamentaria che troviamo sia nei Profeti, sia nei Salmi e ha un duplice significato: è una parabola per il popolo di Dio, che è la sua vigna. Egli ha piantato una vite in questo mondo, ha coltivato questa vite, ha coltivato la sua vigna, protetto questa sua vigna, e con quale intento? Naturalmente, con l'intento di trovare frutto, di trovare il dono prezioso dell'uva, del vino buono.
E così appare il secondo significato: il vino è simbolo, è espressione della gioia dell'amore. Il Signore ha creato il suo popolo per trovare la risposta del suo amore e così questa immagine della vite, della vigna, ha un significato sponsale, è espressione del fatto che Dio cerca l'amore della sua creatura, vuole entrare in una relazione d'amore, in una relazione sponsale con il mondo tramite il popolo da lui eletto.
Ma poi la storia concreta è una storia di infedeltà: invece di uva preziosa, vengono prodotte solo piccole «cose immangiabili», non giunge la risposta di questo grande amore, non nasce questa unità, questa unione senza condizioni tra uomo e Dio, nella comunione dell'amore. L'uomo si ritira in se stesso, vuole avere se stesso solo per sé, vuole avere Dio per sé, vuole avere il mondo per sé. E così, la vigna viene devastata, il cinghiale del bosco, tutti i nemici vengono, e la vigna diventa un deserto.
Ma Dio non si arrende: Dio trova un nuovo modo per arrivare ad un amore libero, irrevocabile, al frutto di tale amore, alla vera uva: Dio si fa uomo, e così diventa Egli stesso radice della vite, diventa Egli stesso la vite, e così la vite diviene indistruttibile. Questo popolo di Dio non può essere distrutto, perché Dio stesso vi è entrato, si è impiantato in questa terra. Il nuovo popolo di Dio è realmente fondato in Dio stesso, che si fa uomo e così ci chiama ad essere in Lui la nuova vite e ci chiama a stare, a rimanere in Lui.
Teniamo presente, inoltre, che, nel capitolo 6 del Vangelo di Giovanni, troviamo il discorso sul pane, che diventa il grande discorso sul mistero eucaristico. In questo capitolo 15 abbiamo il discorso sul vino: il Signore non parla esplicitamente dell'Eucaristia, ma, naturalmente, dietro il mistero del vino sta la realtà che Egli si è fatto frutto e vino per noi, che il suo sangue è il frutto dell'amore che nasce dalla terra per sempre e, nell'Eucaristia, il suo sangue diventa il nostro sangue, noi diventiamo nuovi, riceviamo una nuova identità, perché il sangue di Cristo diventa il nostro sangue. Così siamo imparentati con Dio nel Figlio e, nell'Eucaristia, diventa realtà questa grande realtà della vite nella quale noi siamo rami uniti con il Figlio e così uniti con l'amore eterno.
«Rimanete»: rimanere in questo grande mistero, rimanere in questo nuovo dono del Signore, che ci ha reso popolo in se stesso, nel suo Corpo e col suo Sangue. Mi sembra che dobbiamo meditare molto questo mistero, cioè che Dio stesso si fa Corpo, uno con noi; Sangue, uno con noi; che possiamo rimanere — rimanendo in questo mistero — nella comunione con Dio stesso, in questa grande storia di amore, che è la storia della vera felicità. Meditando questo dono — Dio si è fatto uno con noi tutti e, nello stesso tempo, ci fa tutti uno, una vite — dobbiamo anche iniziare a pregare, affinché sempre più questo mistero penetri nella nostra mente, nel nostro cuore, e sempre più siamo capaci di vedere e di vivere la grandezza del mistero, e così cominciare a realizzare questo imperativo: «Rimanete».
Se continuiamo a leggere attentamente questo brano del Vangelo di Giovanni, troviamo anche un secondo imperativo: «Rimanete» e «Osservate i miei comandamenti». «Osservate» è solo il secondo livello; il primo è quello del «rimanere», il livello ontologico, cioè che siamo uniti con Lui, che ci ha dato in anticipo se stesso, ci ha già dato il suo amore, il frutto. Non siamo noi che dobbiamo produrre il grande frutto; il cristianesimo non è un moralismo, non siamo noi che dobbiamo fare quanto Dio si aspetta dal mondo, ma dobbiamo innanzitutto entrare in questo mistero ontologico: Dio si dà Egli stesso. Il suo essere, il suo amare, precede il nostro agire e, nel contesto del suo Corpo, nel contesto dello stare in Lui, identificati con Lui, nobilitati con il suo Sangue, possiamo anche noi agire con Cristo.
L'etica è conseguenza dell'essere: prima il Signore ci dà un nuovo essere, questo è il grande dono; l'essere precede l'agire e da questo essere poi segue l'agire, come una realtà organica, perché ciò che siamo, possiamo esserlo anche nella nostra attività. E così ringraziamo il Signore perché ci ha tolto dal puro moralismo; non possiamo obbedire ad una legge che sta di fronte a noi, ma dobbiamo solo agire secondo la nostra nuova identità. Quindi non è più un'obbedienza, una cosa esteriore, ma una realizzazione del dono del nuovo essere.
Lo dico ancora una volta: ringraziamo il Signore perché Lui ci precede, ci dà quanto dobbiamo dare noi, e noi possiamo essere poi, nella verità e nella forza del nostro nuovo essere, attori della sua realtà. Rimanere e osservare: l'osservare è il segno del rimanere e il rimanere è il dono che Lui ci dà, ma che deve essere rinnovato ogni giorno nella nostra vita.
Segue, poi, questo nuovo comandamento: «Amatevi come io vi ho amato». Nessun amore è più grande di questo: «dare la vita per i propri amici». Che cosa vuol dire? Anche qui non si tratta di un moralismo. Si potrebbe dire: «Non è un nuovo comandamento; il comandamento di amare il prossimo come se stessi esiste già nell'Antico Testamento». Alcuni affermano: «Tale amore va ancora più radicalizzato; questo amare l'altro deve imitare Cristo, che si è dato per noi; deve essere un amare eroico, fino al dono di se stessi». In questo caso, però, il cristianesimo sarebbe un moralismo eroico. È vero che dobbiamo arrivare fino a questa radicalità dell'amore, che Cristo ci ha mostrato e donato, ma anche qui la vera novità non è quanto facciamo noi, la vera novità è quanto ha fatto Lui: il Signore ci ha dato se stesso, e il Signore ci ha donato la vera novità di essere membri suoi nel suo corpo, di essere rami della vite che è Lui. Quindi, la novità è il dono, il grande dono, e dal dono, dalla novità del dono, segue anche, come ho detto, il nuovo agire.
San Tommaso d'Aquino lo dice in modo molto preciso quando scrive: «La nuova legge è la grazia dello Spirito Santo» ( Summa theologiae , i-iiae, q. 106, a. 1). La nuova legge non è un altro comando più difficile degli altri: la nuova legge è un dono, la nuova legge è la presenza dello Spirito Santo datoci nel Sacramento del Battesimo, nella Cresima, e datoci ogni giorno nella Santissima Eucaristia. I Padri qui hanno distinto « sacramentum » ed « exemplum ». « Sacramentum » è il dono del nuovo essere, e questo dono diventa anche esempio per il nostro agire, ma il « sacramentum » precede, e noi viviamo dal sacramento. Qui vediamo la centralità del sacramento, che è centralità del dono.
Procediamo nella nostra riflessione. Il Signore dice: «Non vi chiamo più servi, il servo non sa quello che fa il suo padrone. Vi ho chiamato amici perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi». Non più servi, che obbediscono al comando, ma amici che conoscono, che sono uniti nella stessa volontà, nello stesso amore. La novità quindi è che Dio si è fatto conoscere, che Dio si è mostrato, che Dio non è più il Dio ignoto, cercato, ma non trovato o solo indovinato da lontano. Dio si è fatto vedere: nel volto di Cristo vediamo Dio, Dio si è fatto «conosciuto», e così ci ha fatto amici. Pensiamo come nella storia dell'umanità, in tutte le religioni arcaiche, si sa che c'è un Dio. Questa è una conoscenza immersa nel cuore dell'uomo, che Dio è uno, gli dèi non sono «il» Dio. Ma questo Dio rimane molto lontano, sembra che non si faccia conoscere, non si faccia amare, non è amico, ma è lontano. Perciò le religioni si occupano poco di questo Dio, la vita concreta si occupa degli spiriti, delle realtà concrete che incontriamo ogni giorno e con le quali dobbiamo fare i calcoli quotidianamente. Dio rimane lontano.
Poi vediamo il grande movimento della filosofia: pensiamo a Platone, Aristotele, che iniziano a intuire come questo Dio è l' agathòn , la bontà stessa, è l' eros che muove il mondo, e tuttavia questo rimane un pensiero umano, è un'idea di Dio che si avvicina alla verità, ma è un'idea nostra e Dio rimane il Dio nascosto.
Poco tempo fa, mi ha scritto un professore di Regensburg, un professore di fisica, che aveva letto con grande ritardo il mio discorso all'Università di Regensburg, per dirmi che non poteva essere d'accordo con la mia logica o poteva esserlo solo in parte. Ha detto: «Certo, mi convince l'idea che la struttura razionale del mondo esiga una ragione creatrice, la quale ha fatto questa razionalità che non si spiega da se stessa». E continuava: «Ma se può esserci un demiurgo — così si esprime —, un demiurgo mi sembra sicuro da quanto Lei dice, non vedo che ci sia un Dio amore, buono, giusto e misericordioso. Posso vedere che ci sia una ragione che precede la razionalità del cosmo, ma il resto no». E così Dio gli rimane nascosto. È una ragione che precede le nostre ragioni, la nostra razionalità, la razionalità dell'essere, ma non c'è un amore eterno, non c'è la grande misericordia che ci dà da vivere.
Ed ecco, in Cristo, Dio si è mostrato nella sua totale verità, ha mostrato che è ragione e amore, che la ragione eterna è amore e così crea. Purtroppo, anche oggi molti vivono lontani da Cristo, non conoscono il suo volto e così l'eterna tentazione del dualismo, che si nasconde anche nella lettera di questo professore, si rinnova sempre, cioè che forse non c'è solo un principio buono, ma anche un principio cattivo, un principio del male; che il mondo è diviso e sono due realtà ugualmente forti: e che il Dio buono è solo una parte della realtà. Anche nella teologia, compresa quella cattolica, si diffonde attualmente questa tesi: Dio non sarebbe onnipotente. In questo modo si cerca un'apologia di Dio, che così non sarebbe responsabile del male che troviamo ampiamente nel mondo. Ma che povera apologia! Un Dio non onnipotente! Il male non sta nelle sue mani! E come potremmo affidarci a questo Dio? Come potremmo essere sicuri nel suo amore se questo amore finisce dove comincia il potere del male?
Ma Dio non è più sconosciuto: nel volto del Cristo Crocifisso vediamo Dio e vediamo la vera onnipotenza, non il mito dell'onnipotenza. Per noi uomini potenza, potere è sempre identico alla capacità di distruggere, di far il male. Ma il vero concetto di onnipotenza che appare in Cristo è proprio il contrario: in Lui la vera onnipotenza è amare fino al punto che Dio può soffrire: qui si mostra la sua vera onnipotenza, che può giungere fino al punto di un amore che soffre per noi. E così vediamo che Lui è il vero Dio e il vero Dio, che è amore, è potere: il potere dell'amore. E noi possiamo affidarci al suo amore onnipotente e vivere in questo, con questo amore onnipotente.
Penso che dobbiamo sempre meditare di nuovo su questa realtà, ringraziare Dio perché si è mostrato, perché lo conosciamo in volto, faccia a faccia; non è più come Mosé che poteva vedere solo il dorso del Signore. Anche questa è un'idea bella, della quale San Gregorio Nisseno dice: «Vedere solo il dorso vuol dire che dobbiamo sempre andare dietro a Cristo». Ma nello stesso tempo Dio ha mostrato con Cristo la sua faccia, il suo volto. Il velo del tempio è squarciato, è aperto, il mistero di Dio è visibile. Il primo comandamento che esclude immagini di Dio, perché esse potrebbero solo sminuirne la realtà, è cambiato, rinnovato, ha un'altra forma. Possiamo adesso, nell'uomo Cristo, vedere il volto di Dio, possiamo avere icone di Cristo e così vedere chi è Dio.
Io penso che chi ha capito questo, chi si è fatto toccare da questo mistero, che Dio si è svelato, si è squarciato il velo del tempio, mostrato il suo volto, trova una fonte di gioia permanente. Possiamo solo dire: «Grazie. Sì, adesso sappiamo chi tu sei, chi è Dio e come rispondere a Lui». E penso che questa gioia di conoscere Dio che si è mostrato, mostrato fino all'intimo del suo essere, implica anche la gioia del comunicare: chi ha capito questo, vive toccato da questa realtà, deve fare come hanno fatto i primi discepoli che vanno dai loro amici e fratelli dicendo: «Abbiamo trovato colui del quale parlano i Profeti. Adesso è presente». La missionarietà non è una cosa esteriormente aggiunta alla fede, ma è il dinamismo della fede stessa. Chi ha visto, chi ha incontrato Gesù, deve andare dagli amici e deve dire agli amici: «Lo abbiamo trovato, è Gesù, il Crocifisso per noi».
Continuando poi, il testo dice: «Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il frutto vostro rimanga». Con questo ritorniamo all'inizio, all'immagine, alla parabola della vite: essa è creata per portare frutto. E qual è il frutto? Come abbiamo detto, il frutto è l'amore. Nell'Antico Testamento, con la Torah come prima tappa dell'autorivelazione di Dio, il frutto era compreso come giustizia, cioè vivere secondo la Parola di Dio, vivere nella volontà di Dio, e così vivere bene.
Ciò rimane, ma nello stesso tempo viene trasceso: la vera giustizia non consiste in un'obbedienza ad alcune norme, ma è amore, amore creativo, che trova da sé la ricchezza, l'abbondanza del bene. Abbondanza è una delle parole chiave del Nuovo Testamento, Dio stesso dà sempre con abbondanza. Per creare l'uomo, crea questa abbondanza di un cosmo immenso; per redimere l'uomo dà se stesso, nell'Eucaristia dà se stesso. E chi è unito con Cristo, chi è ramo nella vite, vive di questa legge, non chiede: «Posso ancora fare questo o no?», «Devo fare questo o no?», ma vive nell'entusiasmo dell'amore che non domanda: «questo è ancora necessario oppure proibito», ma, semplicemente, nella creatività dell'amore, vuole vivere con Cristo e per Cristo e dare tutto se stesso per Lui e così entrare nella gioia del portare frutto. Teniamo anche presente che il Signore dice: «Vi ho costituiti perché andiate»: è il dinamismo che vive nell'amore di Cristo; andare, cioè, non rimanere solo per me, vedere la mia perfezione, garantire per me la felicità eterna, ma dimenticare me stesso, andare come Cristo è andato, andare come Dio è andato dall'immensa sua maestà fino alla nostra povertà, per trovare frutto, per aiutarci, per donarci la possibilità di portare il vero frutto dell'amore. Quanto più siamo pieni di questa gioia di aver scoperto il volto di Dio, tanto più l'entusiasmo dell'amore sarà reale in noi e porterà frutto.
E finalmente giungiamo all'ultima parola di questo brano: «Questo vi dico: “Tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome ve lo conceda”». Una breve catechesi sulla preghiera, che ci sorprende sempre di nuovo. Due volte in questo capitolo 15 il Signore dice «Quanto chiederete vi do» e una volta ancora nel capitolo 16. E noi vorremmo dire: «Ma no, Signore, non è vero». Tante preghiere buone e profonde di mamme che pregano per il figlio che sta morendo e non sono esaudite, tante preghiere perché succeda una cosa buona e il Signore non esaudisce. Che cosa vuol dire questa promessa? Nel capitolo 16 il Signore ci offre la chiave per comprendere: ci dice quanto ci dà, che cosa è questo tutto, la charà , la gioia: se uno ha trovato la gioia ha trovato tutto e vede tutto nella luce dell'amore divino. Come San Francesco, il quale ha composto la grande poesia sul creato in una situazione desolata, eppure proprio lì, vicino al Signore sofferente, ha riscoperto la bellezza dell'essere, la bontà di Dio, e ha composto questa grande poesia.
È utile ricordare, nello stesso momento, anche alcuni versetti del Vangelo di Luca, dove il Signore, in una parabola, parla della preghiera, dicendo: «Se già voi che siete cattivi date cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre nel cielo darà a voi suoi figli lo Spirito Santo». Lo Spirito Santo — nel Vangelo di Luca — è gioia, nel Vangelo di Giovanni è la stessa realtà: la gioia è lo Spirito Santo e lo Spirito Santo è la gioia, o, in altre parole, da Dio non chiediamo qualche piccola o grande cosa, da Dio invochiamo il dono divino, Dio stesso; questo è il grande dono che Dio ci dà: Dio stesso. In questo senso dobbiamo imparare a pregare, pregare per la grande realtà, per la realtà divina, perché Egli ci dia se stesso, ci dia il suo Spirito e così possiamo rispondere alle esigenze della vita e aiutare gli altri nelle loro sofferenze. Naturalmente, il Padre Nostro ce lo insegna. Possiamo pregare per tante cose, in tutti i nostri bisogni possiamo pregare: «Aiutami!». Questo è molto umano e Dio è umano, come abbiamo visto; quindi è giusto pregare Dio anche per le piccole cose della nostra vita di ogni giorno.
Ma, nello stesso tempo, il pregare è un cammino, direi una scala: dobbiamo imparare sempre più per quali cose possiamo pregare e per quali cose non possiamo pregare, perché sono espressioni del mio egoismo. Non posso pregare per cose che sono nocive per gli altri, non posso pregare per cose che aiutano il mio egoismo, la mia superbia. Così il pregare, davanti agli occhi di Dio, diventa un processo di purificazione dei nostri pensieri, dei nostri desideri. Come dice il Signore nella parabola della vite: dobbiamo essere potati, purificati, ogni giorno; vivere con Cristo, in Cristo, rimanere in Cristo, è un processo di purificazione, e solo in questo processo di lenta purificazione, di liberazione da noi stessi e dalla volontà di avere solo noi stessi, sta il cammino vero della vita, si apre il cammino della gioia.
Come ho già accennato, tutte queste parole del Signore hanno un sottofondo sacramentale. Il sottofondo fondamentale per la parabola della vite è il Battesimo: siamo impiantati in Cristo; e l'Eucaristia: siamo un pane, un corpo, un sangue, una vita con Cristo. E così anche questo processo di purificazione ha un sottofondo sacramentale: il sacramento della Penitenza, della Riconciliazione nel quale accettiamo questa pedagogia divina che giorno per giorno, lungo una vita, ci purifica e ci fa sempre più veri membri del suo corpo. In questo modo possiamo imparare che Dio risponde alle nostre preghiere, risponde spesso con la sua bontà anche alle preghiere piccole, ma spesso anche le corregge, le trasforma e le guida perché possiamo essere finalmente e realmente rami del suo Figlio, della vite vera, membri del suo Corpo.
Ringraziamo Dio per la grandezza del suo amore, preghiamo perché ci aiuti a crescere nel suo amore, a rimanere realmente nel suo amore.



Fonte: http://www.osservatoreromano.va/it/news/in-cristo-dio-si-e-mostrato-come-ragione-e-amore




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