sabato 18 gennaio 2020

PAPA FRANCESCO, La donna è l’armonia del mondo






PAPA FRANCESCO
MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE
La donna è l’armonia del mondo
Giovedì, 9 febbraio 2017

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVII, n.33, 10/02/2017)
«Per capire una donna bisogna prima sognarla»: ecco perché la donna è «il grande dono di Dio», capace di «portare armonia nel creato». Tanto che, ha confidato Papa Francesco con un tocco di poetica tenerezza, «a me piace pensare che Dio ha creato la donna perché tutti noi avessimo una madre». È un vero e proprio inno alle donne che il Pontefice ha proposto nella messa celebrata giovedì mattina, 9 febbraio, nella cappella della Casa Santa Marta. È la donna, ha riconosciuto Francesco, «che ci insegna ad accarezzare, ad amare con tenerezza e che fa del mondo una cosa bella». E se «sfruttare le persone è un crimine di lesa umanità, sfruttare una donna è di più di un reato e un crimine: è distruggere l’armonia che Dio ha voluto dare al mondo, è tornare indietro».
Per la sua meditazione, Francesco ha preso le mosse dalle letture odierne, tratte dal libro della Genesi (2, 18-25) e dal Vangelo di Marco (7, 24-30). La liturgia «continua la narrazione della creazione del mondo» ha detto subito il Papa, facendo anche notare come sembri «che con la creazione dell’uomo tutto sia finito», tanto che «Dio si riposa». Però «manca qualcosa: l’uomo era solo» e di quella «solitudine Dio stesso se ne accorse: “Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda”» si legge, appunto, nella Genesi.
Così «il Signore artigianalmente — ma questa è una forma letteraria per dirlo — “plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati”» ha affermato il Papa rileggendo il passo biblico. E «Dio disse» all’uomo: «questa sarà la tua compagnia. dalle un nome». Da parte di Dio, ha proseguito Francesco, «questo è un mandato di dominio». In pratica dice all’uomo: «Tu sarai il padrone di questi, quello che dà il nome, quello che comanda”». Ma «per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse» si legge nella Genesi. Così «l’uomo era solo, con tutti questi animali: “Ma, senti, perché non prendi un cane, fedele, che ti accompagni nella vita, poi due gatti per accarezzarli: il cane fedele è buono, i gatti sono carini, per alcuni, per altri no, per i topi no!». Però l’uomo «non trovava in questi animali una compagnia» e, in sostanza, «era solo».
Francesco ha proseguito riproponendo punto per punto il passo della Genesi: «Allora il Signore — continua il racconto — “fece scendere un torpore sull’uomo”: lo fa dormire. Un uomo solo, la solitudine, adesso l’uomo viene addormentato, il sogno dell’uomo: si addormentò». E «artigianalmente — questo è scritto letteralmente — gli tolse la costola e fece “una donna e la condusse all’uomo”. L’uomo, quando la vide, disse: “Ah, questa volta sì! Questa è ossa dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna — dà un nome — perché dall’uomo è stata tolta”». Insomma, ha affermato Francesco, per l’uomo «è una cosa differente da tutto quello che aveva, era quello che gli mancava per non essere solo: la donna, la scoprì, la vide». Ma «prima di vederla, l’ha sognata». Infatti, ha detto il Papa, «per capire una donna è necessario sognarla, prima; non la si può capire come tutti gli altri viventi: è una cosa differente, è una cosa diversa». Proprio «così Dio l’ha fatta: per essere sognata, prima».
«Tante volte — ha fatto notare il Pontefice — quando noi parliamo delle donne, parliamo in modo funzionale: la donna è per fare questo, per fare, no! Prima è per un’altra cosa: la donna porta qualcosa che, senza di lei, il mondo non sarebbe così». La donna «è una cosa differente, è una cosa che porta una ricchezza che l’uomo e tutto il creato e tutti gli animali non hanno». Anche «Adamo, prima di vederla, l’ha sognata: c’è qualcosa di poesia, in questa narrazione». E «poi il terzo passo, quando Adamo dice “Questa è ossa dalle mie ossa e carne dalla mia carne”: il destino di tutti e due». Si legge, infatti, nella Genesi: «Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne». Sì, «un’unica carne».
«Adamo — ha affermato ancora Francesco — non poteva essere un’unica carne con gli uccelli, con il cane, con il gatto, con tutti gli animali, con tutto il creato: no, no! Solo con la donna e questo è il destino, questo è il futuro, questo è quello che mancava». E «la donna viene così a incoronare il creato, di più: porta armonia al creato». Perciò «quando non c’è la donna, manca l’armonia». Anche «noi diciamo, parlando: questa è una società con un forte atteggiamento maschile. Manca la donna». E magari si dice pure che «la donna è per lavare i piatti, per fare». Invece «no: la donna è per portare armonia; senza la donna non c’è armonia». L’uomo e la donna «non sono uguali, non sono uno superiore all’altro, no. Soltanto che l’uomo non porta l’armonia: è lei che porta quella armonia che ci insegna ad accarezzare, ad amare con tenerezza e che fa del mondo una cosa bella».
«Tre passi», dunque, ha rilanciato il Pontefice. Anzitutto «l’uomo solo, la solitudine dell’uomo senza la donna; secondo, il sogno: mai si può capire una donna senza sognarla prima; terzo, il destino: una sola carne».
«Mi è capitato alcuni mesi fa — ha confidato Francesco — in una delle udienze, quando andavo salutando la gente che era dietro le transenne, una coppia di sposi che celebrava il sessantesimo di matrimonio: non erano tanto anziani perché si erano sposati giovani, andavano sull’ottantina, ma stavano bene, sorridenti». Vedendoli il Papa ha domandato loro — perché, ha sorriso, «sempre domando qualcosa, scherzando, alla gente che fa gli anniversari di matrimonio» — chi dei due avesse avuto «più pazienza» nei sessant’anni di matrimonio. E «loro che mi guardavano, si sono guardati negli occhi — non dimentico mai quegli occhi — poi sono tornati e mi hanno detto, tutti e due insieme: “Siamo innamorati”». Ecco, ha aggiunto Francesco, «dopo sessant’anni, questo significa una sola carne e questo è quello che porta la donna: la capacità di innamorarsi. L’armonia al mondo».
«Tante volte — ha riconosciuto il Papa — sentiamo dire: “È necessario che in questa società, in questa istituzione, che qui ci sia una donna perché faccia questo, faccia queste cose”». Ma «la funzionalità non è lo scopo della donna: è vero che la donna deve fare cose e fa — come tutti noi facciamo — cose». Però «lo scopo della donna è fare l’armonia e senza la donna non c’è l’armonia nel mondo». Sì, ha insistito il Pontefice, «sfruttare le persone è un crimine di lesa umanità, è vero, ma sfruttare una donna è di più: è distruggere l’armonia che Dio ha voluto dare al mondo». È veramente «distruggere, non è solo un reato, un crimine: è una distruzione, è tornare indietro, è distruggere l’armonia”».
«Questo è il grande dono di Dio: ci ha dato la donna» ha affermato il Pontefice. E nel passo del Vangelo di Marco, proposto oggi dalla liturgia, «abbiamo sentito di che cosa è capace una donna» ha fatto notare Francesco, riferendosi alla donna la cui figlia era posseduta da uno spirito impuro. Una donna «coraggiosa» che «è andata avanti con coraggio, ma è di più, è di più: la donna è l’armonia, è la poesia, è la bellezza». Al punto che «senza di lei il mondo non sarebbe così bello, non sarebbe armonico».

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2017/documents/papa-francesco-cotidie_20170209_inno-alle-donne.html

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO, 09/01/2020




Pietro Bovati: la Scrittura racconta la verità sull'uomo, essere fragile e divino



Pietro Bovati: 

La Scrittura racconta la verità sull'uomo, essere fragile e divino

Il gesuita della Pontificia Commissione Biblica parla dell'ultimo studio dedicato all'antropologia biblica: nel testo sacro ci sono i principi per riflettere sui grandi quesiti contemporanei


Alessandro De Carolis – Città del Vaticano




Padre Pietro Bovati, come nasce questo documento che potremmo anche definire un’indagine sull’uomo, sulla sua natura, così come la Bibbia lo presenta?

R. - Il punto di partenza è remoto e risale anche all’interrogazione che viene dal Vaticano II, in particolare nella “Gaudium et spes” sul rapporto della Chiesa nel mondo, dove appunto si interroga la società, la realtà dell’uomo e si vede emergere questa domanda fondamentale sul senso della vita, su che cosa sia la storia degli uomini, che cosa sia in realtà questa creatura di Dio che è fatta a Sua immagine ed ha un destino – si spera – meraviglioso. Questa domanda che è antica, oggi ha assunto delle dimensioni di interrogazione molto acuta. Sono le questioni sul senso dell’origine, su come l’uomo agisce, su quali siano i suoi valori, su qual è il suo destino. Il Papa ha voluto che questa tematica venisse affrontata partendo proprio dalla Scrittura, che è il fondamento e l’anima di tutta la riflessione cristiana. Alla base c’è dunque una domanda: che cos’è l’uomo? Questa domanda percorre tutta la Bibbia come un itinerario. Ci vuole una comprensione sapienziale per comprendere tutti i vari aspetti della dimensione dell’uomo, e non concentrarsi solo su un aspetto particolare. Bisogna lasciarsi guidare dalla Scrittura, dai suoi testi fondativi che sono Genesi 1,3, e poi via, via nella Bibbia, attraverso le varie dimensioni sapienziali, profetiche, evangeliche, la Scrittura insegna all’uomo la verità dell’uomo. Questo con una metodologia di teologia biblica che non risponde a tutte le domande, ma in un certo senso dà i principi fondatori per un discernimento del senso dell’uomo nella storia.

Lo studio è suddiviso in quattro capitoli nei quali avete affrontato quattro tematiche precise. Possiamo sintetizzare quali sono?

R. - Il primo capitolo riguarda la concezione dell’essere umano come “creato da Dio”, con due componenti: quello della polvere e cioè che l’uomo è fatto di polvere, quindi una dimensione di fragilità e di mortalità iscritta nella sua stessa costituzione. Ma nello stesso tempo con una dotazione spirituale eccezionale che si chiama il soffio di Dio. Quindi nel documento viene sviluppato come la Scrittura parli di questi due aspetti: la fragilità dell’uomo, della sua debolezza, della sua paura di morire. E poi anche della sua straordinaria qualità di persona simile a Dio, dotata del soffio di Dio, capace di profezia, di sapienza e avente dentro di sé un principio di immortalità. Questo è il primo capitolo.

Se il primo capitolo indaga sull'uomo-creatura, il secondo esplora l'uomo in rapporto al Creato...

R. - La Genesi dice che l’uomo è posto nel giardino. E allora qui affrontiamo le tematiche prima di tutto del nutrimento, perché il giardino è il luogo in cui l’uomo si nutre. Il nutrimento costituisce, anche nella modernità, una questione importantissima di tipo antropologico sia per la mancanza di cibo sia perché il cibo oggi viene sviluppato nelle sue componenti di qualità sempre migliore. Poi c’è il tema del lavoro, perché l’uomo è posto nel giardino per lavorare. Cosa vuol dire? Quale valore ha il lavoro nella storia degli uomini? E infine, è posto in contatto con gli animali e quindi con tutta la custodia del Creato, come una dimensione di responsabilità dell’uomo.

Uno dei capitoli che affronta tematiche legate a questioni "sensibili" e attualmente molto dibattute è il terzo...

R. - Il terzo capitolo, il più complesso, riguarda la realtà antropologica relazionale. In particolare, Dio ha posto l’uomo nel giardino e l’ha creato come uomo e donna, la relazione fondamentale di amore che intercorre e da cui scaturiscono poi i figli e quindi la relazione che si stabilisce tra i genitori e i figli, poi i fratelli: la relazione fraterna. Queste tre dimensioni dell’amore - l’amore sponsale, l’amore paterno e filiale, e poi l’amore fraterno – costituiscono, in un certo senso, il disegno che Dio vuole per gli uomini e la sfida anche della storia perché questo si realizzi. È logico che in questo capitolo appaiono tematiche importantissime come quello del matrimonio, della sessualità, ma anche il tema della guerra, della violenza e il tema del rapporto tra genitori e figli che oggi appare molto problematico. Cosa ne dice la Bibbia? Questo mi sembra un contributo di grande rilevanza e certamente molto atteso. È anche uno dei punti su cui, quando c’è stato richiesto di parlare di questo, i nostri superiori avevano maggiormente insistito.

Dio crea l'uomo e gli dà una direzione e la Bibbia è la storia e il simbolo di questo rapporto esaltante e insieme sofferto lungo il tempo. In che modo lo avete analizzato?

R. - Nel quarto capitolo parliamo dell’uomo che è sottoposto alla legge, che ha un dovere da compiere, un’obbedienza da perseguire. Il documento mostra come la Scrittura parli della sua fragilità della sua difficoltà a obbedire al comando di Dio, con le conseguenze tragiche della disobbedienza che si sviluppa come aridità, morte, dolore. In che modo Dio interviene in questa storia? Con il suo processo salvifico, in maniera tale da dare a questa panoramica, a questa parabola della vita dell’uomo, un carattere non negativo ma piuttosto il trionfo della grazia, del perdono e della salvezza. Cosicché la storia non sia una storia della miseria umana, ma la storia della gloria di Dio nell’uomo.

Il documento risponde anche a tematiche specifiche che oggi sono di attualità ma non al tempo in cui è stata scritta la Bibbia? Penso per esempio alla questione del gender ….

R. - Ci sembra di aver risposto proprio a quello che la Chiesa chiede a noi, cioè di non dire delle cose che non sono quelle che la Bibbia presenta. Quindi abbiamo accettato di affrontare le questioni, rispettando il livello di informazione che noi abbiamo dalla Scrittura. Ci sono delle domande che gli uomini pongono oggi che non trovano un’immediata e precisa risposta nelle Scrittura, perché le situazioni culturali del tempo antico non sono le nostre. Quindi noi formuliamo, anche in queste questioni, alcuni principi, come per esempio l’importanza della differenza che è iscritta nella creazione stessa, come un elemento per comprendere il disegno di Dio anche nei confronti di ogni singola creatura. Questo come un principio che può aiutare, forse, altre discipline teologiche, psicologiche, pastorali a svilupparle poi in maniera adeguata tenendo conto delle circostanze, delle culture, delle riflessioni che oggi vengono anche dal mondo sapienziale. Quindi la Bibbia offre alcuni principi, alcune indicazioni utili per una riflessione che però è affidata anche ad altri interpreti del pensiero cristiano, come i teologi, i moralisti, i pastori, per poter rispondere in maniera più adeguata alla domanda che l’uomo comunque rivolge alla Chiesa.

Oltre allo studio della Bibbia, il vostro lavoro è stato orientato anche dal magistero dei Papi?

R. - Abbiamo tenuto presente – com’è logico – tutta la tradizione cristiana, perché nessun pensiero nasce dal nulla. Nello stesso tempo abbiamo voluto fare un lavoro in qualche modo preliminare, cioè mostrare cosa realmente dice la Scrittura. Un lavoro che finora non era mai stato fatto, perché di solito il teologo cita qua e là qualche testo che ritiene utile ed importante per la sua argomentazione. Noi invece abbiamo voluto fare un lavoro sistematico; così da offrire un percorso di ciò che la Bibbia dice su tutta la complessità dell’essere umano. Offrendo questo percorso al teologo, suggeriamo di non prendere la Scrittura come un repertorio di affermazioni isolate, ma di tener conto effettivamente del valore delle singole affermazioni nel loro contesto fondamentale, dalla prima pagina della Scrittura fino all’ultima che è l’Apocalisse. Senza questa complessità, senza questa attenzione alla complessità dei problemi come la Bibbia la presenta, anche il discorso del magistero non sarebbe aiutato.

In altre parole il magistero dei Papi rimanda alla Bibbia e la Bibbia illumina il magistero...

R. - È il circolo ermeneutico: partiamo dalla coscienza di fede della Chiesa che noi abbiamo assimilato attraverso la nostra educazione cristiana, e nello stesso tempo però invitiamo gli stessi pensatori a ritrovare una sorgente, uno stimolo, una provocazione a pensare proprio a partire dai testi biblici nella loro qualità, prima di tutto di racconto – quindi di ritrovare una teologia anche narrativa e poi simbolica, perché il simbolo può apparire meno preciso del concetto ma ha in se una potenzialità di senso che può anche ispirare nuovi pensieri e far progredire la comprensione della fede secondo quello che Dio ci chiede nel nostro tempo.

Si può dire che in questa trattazione sistematica si trova l’originalità maggiore del documento?

R. - Credo di sì, perché non abbiamo cercato soltanto di precisare alcuni punti e magari fornire un’interpretazione un po’ più matura, più complessa anche di certi testi biblici. L’originalità sta nell’itinerario, nell’offrire ai teologi, a coloro che si occupano della trasmissione della fede, una comprensione dell’uomo più complessa, più organica, più conforme alla nostra tradizione biblica, senza sovrapporre immediatamente concezioni che riteniamo magari consolidate, ma che possono anche essere viste, alla luce della Parola di Dio, come una delle modalità possibili di comprendere il mistero di Dio. Ci sono degli aspetti che sono semplicemente culturali, cioè dipendono dai momenti storici in cui si vive. Ma qual è la verità? Cos’è la verità dell’uomo? La Bibbia dà alcune indicazioni che devono essere ritenute per tutti assolutamente fondamentali.
 

 https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2019-12/bibbia-uomo-antropologia-pietro-bovati-libro-studio.html

domenica 12 gennaio 2020

Il battesimo di Gesù nell'anno XVI di Tiberio


Il battesimo di Gesù nell'anno XVI di Tiberio


     Gesù aveva circa trent’anni (Lc 3,23) quando iniziò il suo ministero. L’età di trent’anni era significativa: dal libro dei Numeri (4,1-4) risulta che fosse quella per essere protagonisti dei servizi religiosi: «Fate il censimento dei figli di Keat, tra i figli di Levi, secondo le loro famiglie e secondo i loro casati paterni, dall'età di trent'anni fino all'età di cinquant'anni, di quanti fanno parte di una schiera e prestano la loro opera nella tenda del convegno…».
   A Giovanni il battista la Parola di Dio fu rivolta a quell’età, nel XV anno di Tiberio, dunque tra il mese di settembre del 28 d.C. e del 29 d.C., anno 3789 del calendario ebraico. Giovanni era maggiore di età di Gesù di più di 5 mesi (Gesù fu concepito in Maria nel sesto mese di Elisabetta). Considerando che Gesù nacque alla fine del nostro 2 a.C. (per Ireneo, Origene e Tertulliano nel 41° anno di Augusto; per Clemente Alessandrino, Tertulliano ed Origene 15 anni prima della morte di Augusto; per Tertulliano ed Eusebio 28 anni dopo la morte di Cleopatra), i 30 anni di Giovanni furono all’inizio dell’estate del 29 d.C. e quelli di Gesù alla fine di quell’anno, già entrati nel XVI anno di Tiberio.
     Il battesimo di Gesù avvenne qualche mese dopo: l’episodio è presente in tutti i Vangeli (Gv 1,29; Mt 3,13; Lc 3,21; Mc 1,9). È logico collocare il battesimo già nell’anno 30 d.C: ci volle qualche tempo perché Giovanni diventasse “famoso” e folle di penitenti accorressero a lui. I primi discepoli di Gesù erano in realtà dei discepoli del Battista (Gv 1,35-37) e seguirono il Nazareno in ragione della fiducia che nutrivano nel suo precursore. Il battesimo di Giovanni era di "penitenza" (Gesù si fa penitente con gli uomini) e non ancora "di morte e resurrezione" (un sacramento). L’immersione a cui si sottopone Gesù nel Giordano è un lavacro: il battesimo in Spirito santo e fuoco verrà a prezzo della Sua morte e resurrezione. Non è lo stesso battesimo, ma è lo stesso Padre ad inviare Giovanni e Gesù, il primo come precursore del Figlio; così la nascita di Giovanni da Elisabetta precede quella di Gesù da Maria. La voce dal cielo conferma: «Questi è il mio figlio diletto».
     Chi sia davvero Gesù, Giovanni lo dice (Gv 1,19-34) sminuendo se stesso: «in mezzo a voi sta uno che non conoscete, uno che viene dopo di me, a cui non sono degno di sciogliere il legaccio dei sandali». Quando Giovanni vide Gesù, capì che era proprio lui: «ecco l'agnello di Dio...». Lo ripetiamo ancora in ogni santa Messa. Il Battista vide una "specie" di colomba (un qualcosa di volante, somigliante alla colomba) scendere e posarsi su Gesù. Attesta: «Colui che mi aveva mandato a battezzare nelle acque mi disse: quello su cui vedrai scendere e posarsi lo spirito è colui che battezza in Spirito Santo». Scendere e posarsi: non un qualcosa di fraintendibile, ma una cosa ben precisa e circostanziata; e non una qualsiasi colomba, ma lo Spirito Santo, «a guisa di colomba»... 
     L’attesa di popolo che circondava il Battista si spiega con la profezia di Daniele (le settanta settimane di anni). Per alcuni era intesa iniziare con il decreto di Artaserse (nel suo settimo anno) che portò Esdra (Esd 7,7) nel nisan del 458 a.C. a partire autorizzato dal re alla volta di Gerusalemme. Non l’unica interpretazione possibile, ma una candidatura assai solida. Nel 30 d.C. (l’anno zero non esiste)  si compiva il 487° anno, nel mezzo dell’ultima “settimana”. Gesù vivrà “l’ora” nel nisan del 33 d.C., giusto allo scadere del 490° anno!
    Gesù subito dopo il battesimo si ritira nel deserto (Mt 4; Lc 4; Mc 1,12): considerando il profondo rispetto per le usanze del proprio popolo, questo ritiro ben si attaglia alla festa dello yom kippur, entrando nel 3791 ebraico. Ancora Gesù è defilato, quasi “privato”. Ben più “protagonista” continua a essere Giovanni il battista. Il particolare descritto in Gv 1,35 è molto interessante: il giovane evangelista è uno dei testimoni dell’episodio, consolidando il valore anche storico del quarto vangelo, l’unico a descrivere questo periodo della vita di Gesù, all’inizio della sua vita pubblica, ma in un’epoca in cui «non è ancora la sua ora» (Gv 2,1: le nozze di Cana). Giovanni l'evangelista fu testimone di prima mano: infatti il giorno dopo, all'ora decima (le sedici), il discepolo prediletto iniziò la sua sequela che lo portò con Maria a restare ai piedi della croce e con la Madre a non dubitare della resurrezione...
   All’epoca del battesimo e dei mesi successivi, i discepoli di Gesù non erano ancora stabilmente con lui, e non erano nemmeno ancora dodici. Tuttavia i primi discepoli galilei, tra i quali Giovanni, hanno modo di presenziare all’episodio di Cana, che è ricordato a ridosso di una pasqua ebraica (Gv 2,13), logicamente quella di fine marzo del 31 d.C., con la prima cacciata dei mercanti dal tempio. Gesù all’epoca ha da poco compiuto 31 anni. Il Battista è ancora libero (Gv 3,24). In Giovanni c’è il capitolo 4: Gesù e la samaritana (4,1) con l’annotazione dei campi che già biondeggiano (aprile: quattro mesi dalla mietitura), e poi il secondo miracolo di Cana. Quello di Giovanni è un vangelo fortemente storico…
    C’è stato un momento in cui anche i discepoli di Gesù (Gv 3,25) iniziano a battezzare, come stava facendo Giovanni. Nei vangeli sinottici l’inizio della predicazione pubblica di Gesù coincide proprio con l’uscita di scena del Battista, conseguente al suo arresto ad opera di Erode Antipa, tetrarca di Galilea. Siamo nella seconda metà del 31 d.C.
    In Luca 4 c’è il discorso inaugurale di Nazaret, con temi e toni da anno giubilare, collocabile attorno al capodanno ebraico, 1 tishri: Gesù ora si palesa senza remore. Da qui inizia il racconto dei sinottici, dopo che Matteo-Levi è diventato uno dei dodici e che Pietro e gli altri pescatori hanno abbandonato le barche, per pescare uomini insieme al Maestro.

 https://lanuovabq.it/it/il-battesimo-di-gesu-nellanno-xvi-di-tiberio

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II, Festa del Battesimo del Signore



OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II  
 
Festa del Battesimo del Signore

    1. "Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto" (Mt 3, 17).
Nell'odierna festa del Battesimo di Gesù, risuonano queste parole solenni. Esse ci invitano a rivivere il momento in cui Gesù, battezzato da Giovanni, esce dalle acque del fiume Giordano e Dio Padre lo presenta come il suo Figlio unigenito, l'Agnello che prende su di sé il peccato del mondo. Una voce si fa sentire dal cielo, mentre lo Spirito Santo in forma di colomba si posa su Gesù, che dà pubblico avvio alla sua missione di salvezza; missione caratterizzata dallo stile del servo umile e mite, pronto alla condivisione ed alla totale dedizione di sé: "Non griderà, né alzerà il tono . . . non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta. Proclamerà il diritto con fermezza" (Is 42, 2-3).
    La Liturgia ci fa rivivere la suggestiva scena evangelica: tra la folla che avanza penitente verso Giovanni Battista per ricevere il battesimo vi è anche Gesù. Ecco, la promessa sta per realizzarsi e un'era nuova si apre per l'intera umanità. Quest'uomo, che all'apparenza non è diverso da tutti gli altri, in realtà è Dio venuto fra noi per dare a quanti l'accoglieranno il potere di "diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati" (Gv 1, 12-13).
   2. "Questi è il Figlio mio prediletto, ascoltatelo!" (Canto al Vangelo).
Oggi, quest'annuncio e quest'invito, ricchi di speranza per l'umanità, risuonano particolarmente per i bambini che, tra poco, mediante il sacramento del Battesimo, diventeranno nuove creature. Resi partecipi del mistero di morte e risurrezione di Cristo, saranno arricchiti col dono della fede e verranno incorporati nel popolo della Nuova e definitiva Alleanza, che è la Chiesa. Il Padre li renderà in Cristo suoi figli adottivi, svelando per loro un singolare progetto di vita: ascoltare come discepoli il suo Figlio, per essere chiamati ed essere realmente suoi figli.
   Su ciascuno di loro scenderà lo Spirito Santo e, com'è avvenuto per noi nel giorno del nostro Battesimo, anch'essi godranno di quella vita che il Padre dona ai credenti attraverso Gesù, il Redentore dell'uomo. Da così immensa ricchezza di doni scaturirà per loro, come per ogni battezzato, un unico compito, che l'apostolo Paolo non si stanca di indicare ai primi cristiani con le parole: "Camminate secondo lo Spirito" (Gal 5, 16), vivete cioè ed operate costantemente nell'amore di Dio.
Formulo l'augurio che il Battesimo, oggi ricevuto da questi piccoli, possa renderli nel corso dell'intera loro vita coraggiosi testimoni del Vangelo. Ciò sarà possibile grazie al loro costante impegno. Sarà, però, necessaria anche la vostra opera educativa, cari genitori, che oggi rendete grazie a Dio per i doni straordinari che egli accorda a questi vostri figli, come necessario sarà pure il sostegno dei padrini e delle madrine.
   3. Raccogliete, carissimi Fratelli e Sorelle, l'invito che la Chiesa vi rivolge: siate i loro "educatori nella fede", perché si sviluppi in essi il germe della vita nuova e giunga alla sua piena maturità. Aiutateli con le vostre parole e soprattutto con il vostro esempio.
Da voi imparino presto ad amare Cristo, a pregarlo senza sosta, ad imitarlo con costante adesione alla sua chiamata. Voi avete ricevuto a nome loro, nel simbolo del cero, la fiamma della fede: abbiate cura che essa sia continuamente alimentata, perché ciascuno di loro, nella conoscenza e nell'amore di Gesù, operi sempre secondo la sapienza evangelica. Diventeranno in tal modo veri discepoli del Signore ed apostoli gioiosi del suo Vangelo.
    Affido alla Vergine Maria ognuno di questi bambini e le rispettive famiglie. La Madonna aiuti tutti a percorrere con fedeltà il cammino inaugurato con il sacramento del Battesimo.




CONFERIMENTO DEL BATTESIMO A 19 NEONATI
 Cappella Sistina - Domenica, 10 Gennaio 1999 

http://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/homilies/1999/documents/hf_jp-ii_hom_19990110.html

Gianfranco Ravasi, Il calice e il battesimo


Gianfranco Ravasi


Il calice e il battesimo
"Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?". (Marco 10,38)


    
Giovanni e Giacomo sono ancora avvolti nel fumo delle illusioni politiche che avevano accompagnato l’entrata in campo di Gesù, acclamato come Messia: non riescono, infatti, a concepire il regno di Dio se non in termini di potere. Ecco, allora, la richiesta anticipata di due posizioni di prestigio nel futuro organigramma: uno alla destra di Gesù e l’altro alla sua sinistra in quell’ideale consiglio dei ministri del regno dei cieli. La replica di Cristo è severa: «Voi non sapete quello che chiedete». E subito dopo, attraverso due immagini, mostra quanto diversa sia la logica del progetto che egli sta realizzando, stracciando così ogni concezione messianica nazionalistica.
      Per essere ammessi al regno che Gesù sta instaurando, c’è innanzitutto un “calice” da bere. Di per sé l’immagine nella Bibbia e nel giudaismo è ambivalente. Da una parte, c’è il calice della gioia, della consolazione offerta alle persone in lutto dopo i funerali; c’è il calice dell’ospitalità (Salmo 23,5) o quello del rito pasquale.
    D’altra parte, però, c’è anche il calice dell’ira di Dio, espressione di una prova lacerante, della sofferenza e del giudizio sul male: «Nella mano del Signore è un calice ricolmo di vino drogato. Egli ne versa: fino alla feccia ne berranno tutti gli empi della terra» (Salmo 75,9). 
   Ora Cristo nella sua passione e morte, assumendo su di sé il peccato dell’umanità, berrà questo calice terribile. Ne proverà disgusto, tant’è vero che implorerà Dio così:
«Abba’, Padre, tutto a te è possibile, allontana da me questo calice!» (Marco 14,36). Ma alla fine non esiterà nella scelta. A Pietro, che con la spada tenta di impedire la sua cattura nel Getsemani, replicherà: «Non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?» (Giovanni 18,11). È, dunque, questa la via, tutt’altro che trionfale, che conduce alla gloria e quel calice verrà presentato anche ai discepoli se lo vorranno seguire sulla via della croce.
     L’altra immagine è quella del “battesimo” che è assunta da Gesù nel suo significato etimologico di base: il termine deriva dal verbo greco bápto o baptízein, “immergere”. Siamo, perciò, in presenza di un’immersione non tanto nell’acqua rigeneratrice e vitale del Battesimo cristiano, quanto piuttosto nelle onde tumultuose e tenebrose di un abisso di sofferenze, del mare tempestoso delle prove. Si ritorna, così, al simbolo del calice a cui sono chiamati anche i seguaci di Cristo, se vogliono essere ammessi alla gloria del regno di Dio.
    Gesù, a questo punto, convocati anche gli altri dieci apostoli, impartisce loro una lezione sulla vera “carriera” cristiana (Matteo 10,41-45).
Essa è paradossalmente modellata sul suo esempio di “servo”, che «è venuto non per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita», ed è sintetizzata in questo “codice” ideale ben diverso da quello che si assegnano i politici e i potenti della terra: «Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore e chi vuol essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti». 

 https://www.novena.it/catechesi/catechesi65.htm

Il Battesimo di Gesù

 

Battesimo di Gesù, 

guida alla festa che chiude il tempo di Natale

 

    La festa del Battesimo di Gesù conclude il tempo liturgico del Natale e cade la domenica dopo la solennità dell’Epifania. I Padri della Chiesa dicevano che Gesù scendendo nelle acque del Giordano, ha idealmente santificato le acque di tutti i Battisteri; dal più semplice e moderno, posto all’ingresso delle chiese, a quelli che si innalzano a gloria imperitura del Sacramento e dell’arte, vicino alle grandi cattedrali dei secoli scorsi. Gesù stesso nel Vangelo di Marco (16,16) dice: “Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato”. L’episodio del Battesimo di Gesù è narrato nel Vangelo di Marco (1,9-11), di Matteo (3,13-17) e Luca (3,21-22) mentre il Vangelo di Giovanni presenta la testimonianza da parte di Giovanni Battista della discesa sullo Spirito Santo su Gesù ma non parla del suo battesimo.
     Nella chiesa ortodossa il battesimo del Signore non costituisce una festa separata dall'Epifania, ma viene commemorato, secondo l'uso antico, il giorno stesso dell'Epifania.


Battesimo di Cristo di Giovanni Bellini (1500-1502), chiesa di Santa Corona, Vicenza
Battesimo di Cristo di Giovanni Bellini (1500-1502), chiesa di Santa Corona, Vicenza

Qual è l’evento storico raccontato dai Vangeli?

   Nell’anno XV del regno di Tiberio (cioè tra il 28 e il 29, oppure tra il 27 e il 28 d.C.), Giovanni Battista il Precursore, l’ultimo dei Profeti del Vecchio Testamento, giunse nel deserto meridionale di Giuda, nei pressi del Mar Morto, dove confluisce il fiume Giordano, a predicare l’avvento del Regno di Dio, esortando alla conversione e amministrando un battesimo di pentimento per il perdono dei peccati.
     Ciò avveniva con l’immersione nell’acqua del fiume, secondo quanto profetizzava Ezechiele: “Le nazioni sapranno che io sono il Signore, quando mostrerò la mia santità in voi davanti a loro. Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Vi aspergerò con acqua e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli”.
    Il profeta Ezechiele spiegava ad Israele che se dopo il peccato verso Dio, che gli ha meritato l’esilio, vuole rivivere in relazione di nuovo con il suo Dio e ricevere il suo Spirito, deve essere totalmente rifatto, purificato, pronunciando il simbolismo dell’acqua, “vi aspergerò con acqua e sarete purificati”.

Perché Gesù, pur essendo senza peccato, riceve il Battesimo?

  E con questo spirito di purificazione che Giovanni battezzava, quanti accorrevano a lui da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalle regioni intorno al Giordano.
E duemila anni fa sulla sponda del fiume comparve anche il giovane Gesù, di circa 30 anni, cittadino della Galilea che era una provincia del vasto Impero Romano e osservava la folla dei penitenti che si avviavano al rito di purificazione e di perdono; mentre Giovanni diceva a tutti, perché si mormorava che fosse il Messia: “Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non sono degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali; costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco…”.
    Anche Gesù, innocente da ogni colpa, volle avvicinarsi per ricevere il Battesimo, per solidarizzare con quei penitenti alla ricerca della salvezza dell’anima e santificare con la sua presenza l’atto, che non sarà più di sola purificazione, ma anche la venuta in ognuno dello Spirito di Dio e rappresenterà la riconciliazione divina con il genere umano, dopo il peccato originale.
    Giovanni riconosciutolo, si ritrasse dicendo: “Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?” e Gesù rispose: “Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia”. Allora Giovanni lo battezzò; appena uscito dall’acqua, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed una voce dal cielo disse: “Questo è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto” (Mt 3, 13-17).
    Gesù pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e si ritirò nel deserto per quaranta giorni in meditazione, prima di iniziare la sua vita pubblica, in Galilea.
Completiamo queste brevi note, che vanno comunque approfondite consultando le riflessioni dei competenti studiosi, con il descrivere l’importanza assunta quale Sacramento nella Chiesa Cattolica.

In cosa consiste il Rito del Battesimo?

    Istituito da Gesù Cristo con il suo diretto Battesimo, il rito consiste in un’abluzione accompagnata dalla formula trinitaria: “Io ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”; la materia del Battesimo è l’acqua naturale e il suo uso come già detto è simbolo della purificazione dell’anima; può essere applicata in tre modi diversi “per immersione” in uso nelle Chiese Orientali e nella liturgia ambrosiana; per “infusione” cioè acqua versata sulla testa del battezzato (generalmente usata dal XV secolo nella Chiesa Occidentale); “per aspersione” (acqua gettata sulla persona del battezzato, in casi particolari).

Battesimo di Cristo di Andrea del Verrocchio, Leonardo da Vinci e altri (1475-1478), Galleria degli Uffizi, Firenze 

Battesimo di Cristo di Andrea del Verrocchio, Leonardo da Vinci e altri (1475-1478), Galleria degli Uffizi, Firenze

Quali sono gli effetti di questo Sacramento?

  Il battesimo cancella il peccato originale e le colpe commesse fino al giorno in cui si riceve, rimette tutte le pene, rende il battezzato partecipe della grazia di Dio, capace della fede, membro della Chiesa; imprimendogli il carattere indelebile di cristiano.
È il primo dei setti Sacramenti; viene amministrato ai bambini fino all’età della ragione, con il solo consenso dei genitori e alla presenza di almeno un padrino, con il quale il battezzato contrae una parentela spirituale; gli adulti lo ricevono dietro loro richiesta, dopo aver ricevuto un’opportuna istruzione religiosa.
   Il Sacramento è amministrato ordinariamente dai ministri del culto (vescovo, sacerdote, diacono), ma in caso di pericolo di morte, qualsiasi persona anche non cristiana, può battezzare, purché agisca secondo l’intendimento della Chiesa.
Aggiungiamo che la teologia ufficiale riconosce anche il battesimo di desiderio, ossia la grazia battesimale ottenuta col voto di ricevere il battesimo, anche se le circostanze lo impedirono; poi il battesimo di sangue, cioè il martirio avvenuto prima che lo si ricevesse.
Con la cerimonia del battesimo si impone al battezzato il nome, per lo più cristiano, scelto dai genitori se è minorenne.
   Il Battesimo costituì, per quanto riguarda l’Occidente, la registrazione ufficiale della nascita di un bambino, negli archivi parrocchiali; attiva nei primi secoli, questa pratica fu poi abbandonata per essere ripresa dal XV secolo, divenendo legge con il Concilio di Trento. In Italia la registrazione negli uffici parrocchiali, funzionò finché non venne istituito l’Ufficio dello “Stato civile” da parte del Regno d’Italia.  
   Ritornando al Battesimo di Gesù, esso fu soggetto privilegiato degli artisti di tutti i secoli cristiani e la scena ruota normalmente intorno alle due figure di Gesù e di san Giovanni, e si svolge all’aria aperta; inizialmente Gesù era raffigurato immerso nell’acqua e poi successivamente lo si è raffigurato seminudo, con il Battista che gli versa l’acqua sulla testa.

 https://www.famigliacristiana.it/articolo/battesimo-di-gesu-guida-alla-festa-che-chiude-il-tempo-di-natale.aspx

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