martedì 28 gennaio 2025

ANTIQUA ET NOVA Nota sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana

 

DICASTERO PER LA DOTTRINA DELLA FEDE
DICASTERO PER LA CULTURA E L'EDUCAZIONE

 

ANTIQUA ET NOVA

Nota sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana

 


 

I. Introduzione

1. [Antiqua et nova] Con antica e nuova sapienza (cf. Mt 13,52) siamo chiamati a considerare le odierne sfide e opportunità poste dal sapere scientifico e tecnologico, in particolare dal recente sviluppo dell’intelligenza artificiale (IA). La tradizione cristiana ritiene il dono dell’intelligenza un aspetto essenziale della creazione degli esseri umani «a immagine di Dio» (Gen 1,27). A partire da una visione integrale della persona e dalla valorizzazione della chiamata a «coltivare» e «custodire» la terra (cf. Gen 2,15), la Chiesa sottolinea che tale dono dovrebbe trovare espressione attraverso un uso responsabile della razionalità e della capacità tecnica a servizio del mondo creato.

2. La Chiesa incoraggia i progressi nella scienza, nella tecnologia, nelle arti e in ogni altra impresa umana, vedendoli come parte della «collaborazione dell’uomo e della donna con Dio nel portare a perfezione la creazione visibile»[1]. Come afferma il Siracide, Dio «ha dato agli uomini la scienza per essere glorificato nelle sue meraviglie» (Sir 38,6). Le abilità e la creatività dell’essere umano provengono da Lui e, se usate rettamente, a Lui rendono gloria, in quanto riflesso della Sua saggezza e bontà. Pertanto, quando ci domandiamo cosa significa “essere umani”, non possiamo escludere anche la considerazione delle nostre capacità scientifiche e tecnologiche.

3. È all’interno di questa prospettiva che la presente Nota affronta le questioni antropologiche ed etiche sollevate dall’IA, questioni che sono particolarmente rilevanti in quanto uno degli scopi di questa tecnologia è di imitare l’intelligenza umana che l’ha progettata. Per esempio, a differenza di molte altre creazioni umane, l’IA può essere addestrata sui prodotti dell’ingegnosità umana e quindi generare nuovi “artefatti” con un livello di velocità e abilità che spesso uguagliano o superano le capacità umane, come generare testi o immagini che risultano indistinguibili dalle composizioni umane, quindi suscitando preoccupazione per il suo possibile influsso sulla crescente crisi di verità nel dibattito pubblico. Oltre a ciò, essendo una tale tecnologia progettata per imparare e adottare in autonomia alcune scelte, adeguandosi a nuove situazioni e fornendo soluzioni non previste dai suoi programmatori, ne derivano problemi sostanziali di responsabilità etica e di sicurezza, con ripercussioni più ampie su tutta la società. Questa nuova situazione induce l’umanità a interrogarsi circa la propria identità e il proprio ruolo nel mondo.

4. Tutto ciò considerato, vi è ampio consenso sul fatto che l’IA segni una nuova e significativa fase nel rapporto dell’umanità con la tecnologia, situandosi al cuore di quello che Papa Francesco ha descritto come un «cambiamento d’epoca»[2]. La sua influenza si fa sentire a livello globale in un’ampia gamma di settori, inclusi i rapporti interpersonali, l’educazione, il lavoro, l’arte, la sanità, il diritto, la guerra e le relazioni internazionali. Poiché l’IA continua a progredire rapidamente verso traguardi ancora più grandi, è di importanza decisiva prendere in considerazione le sue implicazioni antropologiche ed etiche. Ciò comporta non solo la mitigazione dei rischi e la prevenzione dei danni, ma anche la garanzia che le sue applicazioni siano dirette alla promozione del progresso umano e del bene comune.

5. Per contribuire positivamente a un discernimento nei confronti dell’IA, in risposta all’invito di Papa Francesco per una rinnovata «sapienza del cuore»[3], la Chiesa offre la sua esperienza attraverso le riflessioni della presente Nota che si concentrano sull’ambito antropologico ed etico. Impegnata in un ruolo attivo all’interno del dibattito generale su questi temi, esorta quanti hanno l’incarico di trasmettere la fede (genitori, insegnanti, pastori e vescovi) a dedicarsi con cura e attenzione a tale urgente questione. Sebbene sia rivolto specialmente a costoro, il presente documento è pensato anche per essere accessibile a un pubblico più ampio, vale a dire a coloro i quali condividono l’esigenza di uno sviluppo scientifico e tecnologico che sia diretto al servizio della persona e del bene comune[4].

6. A tal fine, si intende anzitutto distinguere il concetto di “intelligenza” in riferimento all’IA e all’essere umano. In un primo momento, si considera la prospettiva cristiana sull’intelligenza umana, offrendo un quadro generale di riflessione fondato sulla tradizione filosofica e teologica della Chiesa. Di seguito si propongono alcune linee guida, allo scopo di assicurare che lo sviluppo e l’uso dell’IA rispettino la dignità umana e promuovano lo sviluppo integrale della persona e della società.

II. Che cos’è l’intelligenza artificiale?

7. Il concetto di intelligenza nell’IA si è evoluto nel tempo, raccogliendo in sé una molteplicità di idee provenienti da varie discipline. Sebbene abbia radici che risalgono a secoli fa, un momento importante di questo sviluppo si è avuto nel 1956, quando l’informatico statunitense John McCarthy organizzò un convegno estivo presso l’Università di Dartmouth per affrontare il problema dell’«Intelligenza Artificiale», definito come «quello di rendere una macchina in grado di esibire comportamenti che sarebbero chiamati intelligenti se fosse un essere umano a produrli»[5]. Il convegno lanciò un programma di ricerca volto a usare le macchine per riuscire ad eseguire compiti tipicamente associati all’intelletto umano e a un comportamento intelligente.

8. Da allora, la ricerca in questo settore è progredita rapidamente, portando allo sviluppo di sistemi complessi in grado di eseguire compiti molto sofisticati[6]. Questi sistemi della cosiddetta “IA ristretta” (narrow AI) sono in genere progettati per svolgere mansioni limitate e specifiche, come tradurre da una lingua a un’altra, prevedere l’evoluzione di una tempesta, classificare immagini, offrire risposte a delle domande, oppure generare immagini su richiesta dell’utente. Sebbene nel campo di studi dell’IA si riscontri ancora una varietà di definizioni di “intelligenza”, la maggior parte dei sistemi contemporanei, in particolare quelli che usano l’apprendimento automatico, si basa su inferenze statistiche piuttosto che su deduzioni logiche. Analizzando grandi insiemi di dati con lo scopo di identificarvi degli schemi, l’IA può “predirne”[7] gli effetti e proporre nuovi percorsi di indagine, imitando così alcuni processi cognitivi tipici della capacità umana di risoluzione dei problemi. Un tale risultato è stato possibile grazie ai progressi nella tecnologia informatica (come le reti neurali, l’apprendimento automatico non supervisionato e gli algoritmi evolutivi) unitamente alle innovazioni nelle apparecchiature (come i processori specializzati). Queste tecnologie consentono ai sistemi di IA di rispondere a differenti tipi di stimoli provenienti dagli esseri umani, di adattarsi a nuove situazioni e persino di offrire soluzioni inedite non previste dai programmatori originali[8].

9. A causa di tali rapidi progressi, molti lavori un tempo gestiti esclusivamente dalle persone sono ora affidati all’IA. Tali sistemi possono affiancare o addirittura sostituire le possibilità umane in molti settori, in particolare in compiti specializzati come l’analisi dei dati, il riconoscimento delle immagini e le diagnosi mediche. Sebbene ogni applicazione di IA “ristretta” sia calibrata su un compito specifico, molti ricercatori sperano di giungere alla cosiddetta “intelligenza artificiale generale” (Artificial General Intelligence, AGI), cioè ad un singolo sistema, il quale, operando in ogni ambito cognitivo, sarebbe in grado di svolgere qualsiasi lavoro alla portata della mente umana. Alcuni sostengono che una tale IA potrebbe un giorno raggiungere lo stadio di “superintelligenza”, oltrepassando la capacità intellettuale umana, o contribuire alla “superlongevità” grazie ai progressi delle biotecnologie. Altri temono che queste possibilità, per quanto ipotetiche, arrivino un giorno a mettere in ombra la stessa persona umana, mentre altri ancora accolgono con favore questa possibile trasformazione[9].

10. Alla base di questi come di molti altri punti di vista sull’argomento, vi è l’assunto implicito che la parola “intelligenza” vada usata allo stesso modo sia in riferimento all’intelligenza umana che all’IA. Tuttavia, ciò non sembra riflettere la reale portata del concetto. Per quanto attiene all’essere umano, l’intelligenza è infatti una facoltà relativa alla persona nella sua integralità, mentre, nel contesto dell’IA, è intesa in senso funzionale, spesso presupponendo che le attività caratteristiche della mente umana possano essere scomposte in passaggi digitalizzati, in modo che anche le macchine possano replicarli[10].

11. Questa prospettiva funzionale è esemplificata dal Test di Turing, per il quale una macchina è da considerarsi “intelligente” se una persona non è in grado di distinguere il suo comportamento da quello di un altro essere umano[11]. In particolare, in questo contesto, la parola “comportamento” si riferisce a compiti intellettuali specifici, mentre non tiene conto dell’esperienza umana in tutta la sua ampiezza, che comprende sia le capacità di astrazione che le emozioni, la creatività, il senso estetico, morale e religioso, né abbraccia tutta la varietà delle manifestazioni di cui è capace la mente umana. Per cui, nel caso dell’IA, l’“intelligenza” di un sistema è valutata, metodologicamente ma anche riduzionisticamente, sulla base della sua capacità di produrre risposte appropriate, cioè quelle che vengono associate all’intelletto umano, a prescindere dalla modalità con cui tali risposte vengono generate.

12. Le sue caratteristiche avanzate conferiscono all’IA sofisticate capacità di eseguire compiti, ma non quella di pensare[12]. Una tale distinzione è di importanza decisiva, poiché il modo in cui si definisce l’“intelligenza” va inevitabilmente a delimitare la comprensione del rapporto che intercorre tra il pensiero umano e tale tecnologia[13]. Per rendersi conto di ciò, occorre ricordare che la ricchezza della tradizione filosofica e della teologia cristiana offre una visione più profonda e comprensiva dell’intelligenza, la quale a sua volta è centrale nell’insegnamento della Chiesa sulla natura, dignità e vocazione della persona umana[14].

III.  L’intelligenza nella tradizione filosofica e teologica

Razionalità

13. Fin dagli albori della riflessione dell’umanità su se stessa, la mente ha giocato un ruolo centrale nella comprensione di cosa significhi essere “umani”. Aristotele osservava che «tutti gli esseri umani per natura tendono al sapere»[15]. Questo sapere umano, con la sua capacità di astrazione che coglie la natura e il senso delle cose, li distingue dal mondo animale[16]. L’esatta natura dell’intelligenza è stata oggetto delle ricerche di filosofi, teologi e psicologi, i quali hanno anche esaminato il modo in cui l’essere umano comprende il mondo e ne fa parte, pur occupandone un posto peculiare. Attraverso questa ricerca, la tradizione cristiana è arrivata a comprendere la persona come un essere fatto di corpo e anima, entrambi profondamente legati a questo mondo eppure protesi al di là di esso[17].

14. Nella tradizione classica, il concetto di intelligenza è spesso declinato nei termini complementari di “ragione” (ratio) e “intelletto” (intellectus). Non si tratta di facoltà separate, ma, come spiega san Tommaso d’Aquino, di due modi di operare della medesima intelligenza: «il termine intelletto è desunto dall’intima penetrazione della verità; mentre ragione deriva dalla ricerca e dal processo discorsivo»[18]. Questa sintetica descrizione consente di mettere in evidenza le due prerogative fondamentali e complementari dell’intelligenza umana: l’intellectus si riferisce all’intuizione della verità, cioè al suo coglierla con gli “occhi” della mente, che precede e fonda lo stesso argomentare, mentre la ratio attiene al ragionamento vero e proprio, vale a dire al processo discorsivo e analitico che conduce al giudizio. Insieme, intelletto e ragione costituiscono i due risvolti dell’unico atto dell’intelligere, «operazione dell’uomo in quanto uomo»[19].

15. Presentare l’essere umano come essere “razionale” non vuol dire ridurlo a una specifica modalità di pensiero; piuttosto, significa riconoscere che la capacità di comprensione intellettuale della realtà modella e permea tutte le sue attività[20], costituendo inoltre, esercitata nel bene o nel male, un aspetto intrinseco della natura umana. In questo senso, la «parola “razionale” comprende in realtà tutte le capacità di un essere umano: sia quella di conoscere e comprendere che quella di volere, amare, scegliere, desiderare. Il termine “razionale” comprende poi anche tutte le capacità corporee intimamente collegate a quelle sopradette»[21]. Una tale ampia prospettiva mette in luce come nella persona umana, creata a “immagine di Dio”, la razionalità si integri in modo da elevare, plasmare e trasformare sia la sua volontà che le sue azioni[22].

Incarnazione

16. Il pensiero cristiano considera le facoltà intellettuali nel quadro di un’antropologia integrale che concepisce l’essere umano come un essere essenzialmente incarnato. Nella persona umana, spirito e materia «non sono due nature congiunte, ma la loro unione forma un’unica natura»[23]. In altri termini, l’anima non è la “parte” immateriale della persona contenuta nel corpo, così come questo non è l’involucro esterno di un “nucleo” sottile e impalpabile, ma è tutto l’essere umano ad essere, allo stesso tempo, sia materiale che spirituale. Questo modo di pensare riflette l’insegnamento della Sacra Scrittura, la quale considera la persona umana come un essere che vive le sue relazioni con Dio e con gli altri, quindi la sua dimensione prettamente spirituale, all’interno e per mezzo di questa esistenza corporea[24]. Il significato profondo di tale condizione riceve una luce ulteriore dal mistero dell’Incarnazione, grazie al quale Dio stesso ha assunto la nostra carne che «è stata anche in noi innalzata a una dignità sublime»[25].

17. Anche se profondamente radicata in un’esistenza corporea, la persona umana trascende il mondo materiale grazie alla sua anima, la quale «è come se fosse sull’orizzonte dell’eternità e del tempo»[26]. La capacità di trascendenza dell’intelletto e l’auto-possesso della volontà libera appartengono ad essa, per la quale l’essere umano «partecipa della luce della mente di Dio»[27]. Nonostante ciò, lo spirito umano non attua la sua normale modalità di conoscenza senza il corpo[28]. In questo modo, le capacità intellettuali dell’essere umano sono parte integrante di un’antropologia che riconosce che egli è «unità di anima e di corpo»[29]. Ulteriori aspetti di questa visione verranno sviluppati in quanto segue.

Relazionalità

18. Gli esseri umani sono «ordinati dalla loro stessa natura alla comunione interpersonale»[30], avendo la capacità di conoscersi reciprocamente, di donarsi per amore e di entrare in comunione con gli altri. Pertanto, l’intelligenza umana non è una facoltà isolata, bensì si esercita nelle relazioni, trovando la sua piena espressione nel dialogo, nella collaborazione e nella solidarietà. Impariamo con gli altri, impariamo grazie agli altri.

19. L’orientamento relazionale della persona umana si fonda, in ultima analisi, sull’eterno dono di sé del Dio Uno e Trino, il cui amore si rivela sia nella creazione che nella redenzione[31]. La persona è chiamata «a condividere, nella conoscenza e nell’amore, la vita di Dio»[32].

20. Una tale vocazione alla comunione con Dio è legata necessariamente alla chiamata alla comunione con gli altri. L’amore di Dio non può essere separato dall’amore per il prossimo (cf. 1Gv 4,20; Mt 22,37-39). In virtù della grazia di condividere la vita di Dio, i cristiani sono anche resi imitatori del dono traboccante di Cristo (cf. 2Cor 9,8-11; Ef 5,1-2) seguendo il suo comandamento: «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34)[33]. L’amore e il servizio, che riecheggiano l’intima vita divina di auto-donazione, trascendono l’interesse personale per rispondere più pienamente alla vocazione umana (cf. 1Gv 2,9). Ancora più sublime che sapere tante cose è l’impegno a prendersi cura gli uni degli altri, perché anche se «conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la scienza […] ma non avessi la carità, non sarei nulla» (1Cor 13, 2). 

Relazione con la Verità

21. L’intelligenza umana è in definitiva un «dono di Dio fatto per cogliere la verità»[34]. Nella duplice accezione di intellectus-ratio, essa rende la persona in grado di attingere a quelle realtà che superano la semplice esperienza sensoriale o l’utilità, in quanto «il desiderio di verità appartiene alla stessa natura dell’uomo. È una proprietà nativa della sua ragione interrogarsi sul perché delle cose»[35]. Andando oltre i limiti dei dati empirici, l’intelligenza umana «può conquistare con vera certezza la realtà intelligibile»[36]. Anche se la realtà resta solo parzialmente conosciuta, «il desiderio di verità spinge […] la ragione ad andare sempre oltre; essa, anzi, viene come sopraffatta dalla costatazione della sua capacità sempre più grande di ciò che raggiunge»[37]. Sebbene la Verità in sé stessa ecceda i limiti dell’intelletto umano, esso ne è comunque attratto in modo irresistibile[38] e sulla spinta di tale attrazione l’essere umano è portato a ricercare «una verità più profonda»[39].

22. Questa tensione innata alla ricerca della verità si manifesta in modo speciale nelle capacità tipicamente umane di comprensione semantica e di produzione creativa[40], attraverso le quali questa ricerca si svolge in «modo rispondente alla dignità della persona umana e alla sua natura sociale»[41]. Inoltre, uno stabile orientamento alla verità è essenziale affinché la carità sia autentica e universale[42].

23. La ricerca della verità raggiunge la sua espressione più alta nell’apertura a quelle realtà che trascendono il mondo fisico e creato. In Dio tutte le verità ottengono il loro significato più alto e originale[43]. Affidarsi a Dio è un «momento di scelta fondamentale, in cui tutta la persona è coinvolta»[44]. In questo modo, la persona diventa in pienezza ciò che essa è chiamata ad essere: «intelletto e volontà esercitano al massimo la loro natura spirituale per consentire al soggetto di compiere un atto in cui la libertà personale è vissuta in maniera piena»[45].

Custodia del mondo

24. La fede cristiana considera la creazione un atto libero del Dio Uno e Trino, il quale, come spiega san Bonaventura da Bagnoregio, crea «non per accrescere la propria gloria, ma per manifestarla e per comunicarla»[46]. Poiché Dio crea secondo la Sua Sapienza (cf. Sap 9,9; Ger 10,12), il mondo creato è permeato di un ordine intrinseco che riflette il Suo disegno (cf. Gen 1; Dn 2,21-22; Is 45,18; Sal 74,12-17; 104)[47], all’interno del quale Egli ha chiamato gli esseri umani ad assumere un ruolo peculiare: coltivare e prendersi cura del mondo[48].

25. Plasmato dal divino Artigiano, l’essere umano vive la sua identità di essere a immagine di Dio «custodendo» e «coltivando» (cf. Gen 2,15) la creazione, esercitando la sua intelligenza e la sua perizia per assisterla e farla sviluppare secondo il disegno del Padre[49]. In questo, l’intelligenza umana riflette l’Intelligenza divina che ha creato tutte le cose (cf. Gen 1-2; Gv 1)[50], continuamente le sostiene e le guida al loro fine ultimo in Lui[51]. Inoltre, l’essere umano è chiamato a sviluppare le proprie capacità nella scienza e nella tecnica perché in esse Dio è glorificato (cf. Sir 38,6). Pertanto, in un rapporto corretto con il creato, da un lato, gli esseri umani impiegano la loro intelligenza e la loro abilità per cooperare con Dio nel guidare la creazione verso lo scopo a cui Egli l’ha chiamata[52], mentre, dall’altro, il mondo stesso, come osserva san Bonaventura, aiuta la mente umana ad «ascendere gradualmente, come per i diversi gradini di una scala, fino al sommo principio che è Dio»[53].

Una comprensione integrale dell’intelligenza umana

26. In questo contesto, l’intelligenza umana si mostra più chiaramente come una facoltà che è parte integrante del modo in cui tutta la persona si coinvolge nella realtà. Un autentico coinvolgimento richiede di abbracciare l’intera portata del proprio essere: spirituale, cognitivo, incarnato e relazionale.

27. Questo interesse nei confronti della realtà si manifesta in vari modi, in quanto ogni persona, nella sua unicità multiforme[54], cerca di capire il mondo, si relaziona con gli altri, risolve problemi, esprime la sua creatività e ricerca il benessere integrale attraverso la sinergia delle diverse dimensioni dell’intelligenza[55]. Ciò chiama in causa le capacità logiche e linguistiche, ma può comprendere anche altre modalità di interazione con il reale. Pensiamo al lavoro dell’artigiano, il quale «deve saper scorgere nella materia inerte una forma particolare che altri non sanno riconoscere»[56] e farla venire alla luce mediante la sua intuizione e la sua perizia. I popoli indigeni che vivono vicini alla terra spesso possiedono un profondo senso della natura e dei suoi cicli[57]. Allo stesso modo, l’amico che sa trovare la parola giusta da dire, o la persona che sa ben gestire le relazioni umane, esemplificano un’intelligenza che è «frutto della riflessione, del dialogo e dell’incontro generoso fra le persone»[58]. Come osserva Papa Francesco, «nell’era dell’intelligenza artificiale, non possiamo dimenticare che per salvare l’umano sono necessarie la poesia e l’amore»[59].

28. Al cuore della visione cristiana dell’intelligenza vi è l’integrazione della verità nella vita morale e spirituale della persona, orientando il suo agire alla luce della bontà e della verità di Dio. Secondo il Suo disegno, l’intelligenza intesa in senso pieno include anche la possibilità di gustare ciò che è vero, buono e bello, per cui si può affermare, con le parole del poeta francese del XX secolo Paul Claudel, che «l’intelligenza è nulla senza il diletto»[60]. Anche Dante Alighieri, quando raggiunge il cielo più alto nel Paradiso, può testimoniare che il culmine di questo piacere intellettuale si trova nella «Luce intellettüal, piena d’amore; / amor di vero ben, pien di letizia; / letizia che trascende ogne dolzore»[61].

29. Una corretta concezione dell’intelligenza umana, quindi, non può essere ridotta alla semplice acquisizione di fatti o alla capacità di eseguire certi compiti specifici; invece, essa implica l’apertura della persona alle domande ultime della vita e rispecchia un orientamento verso il Vero e il Buono[62]. Espressione dell’immagine divina nella persona, l’intelligenza è in grado di accedere alla totalità dell’essere, cioè di considerare l’esistenza nella sua interezza che non si esaurisce in ciò che è misurabile, cogliendo dunque il senso di ciò che è arrivata a comprendere. Per i credenti, questa capacità comporta, in modo particolare, la possibilità di crescere nella conoscenza dei misteri di Dio attraverso l’approfondimento razionale delle verità rivelate (intellectus fidei)[63]. La vera intelligentia è modellata dall’amore divino, il quale «è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo» (Rm 5,5). Da ciò deriva che l’intelligenza umana possiede un’essenziale dimensione contemplativa, cioè un’apertura disinteressata a ciò che è Vero, Buono e Bello al di là di ogni utilità particolare.

Limiti dell’IA

30. Alla luce di quanto detto, le differenze tra l’intelligenza umana e gli attuali sistemi di IA appaiono evidenti. Sebbene sia una straordinaria conquista tecnologica in grado di imitare alcune operazioni associate alla razionalità, l’IA opera soltanto eseguendo compiti, raggiungendo obiettivi o prendendo decisioni basate su dati quantitativi e sulla logica computazionale. Con la sua potenza analitica, per esempio, essa eccelle nell’integrare dati provenienti da svariati campi, nel modellare sistemi complessi e nel favorire collegamenti interdisciplinari. In questo modo, essa potrebbe facilitare la collaborazione tra esperti per risolvere problemi la cui complessità è tale che «non si possono affrontare a partire da un solo punto di vista o da un solo tipo di interessi»[64].

31. Tuttavia, anche se l’IA elabora e simula alcune espressioni dell’intelligenza, essa rimane fondamentalmente confinata in un ambito logico-matematico, il quale le impone alcune limitazioni intrinseche. Mentre l’intelligenza umana continuamente si sviluppa in modo organico nel corso della crescita fisica e psicologica della persona ed è plasmata da una miriade di esperienze vissute nella corporeità, l’IA manca della capacità di evolversi in questo senso. Sebbene i sistemi avanzati possano “imparare” attraverso processi quali l’apprendimento automatico, questa sorta di addestramento è essenzialmente diverso dallo sviluppo di crescita dell’intelligenza umana, essendo questa plasmata dalle sue esperienze corporee: stimoli sensoriali, risposte emotive, interazioni sociali e il contesto unico che caratterizza ogni momento. Questi elementi modellano e formano il singolo individuo nella sua storia personale. Al contrario, l’IA, sprovvista di un corpo fisico, si affida al ragionamento computazionale e all’apprendimento su vasti insiemi di dati che comprendono esperienze e conoscenze comunque raccolte da esseri umani.

32. Di conseguenza, sebbene l’IA possa simulare alcuni aspetti del ragionamento umano ed eseguire certi compiti con incredibile velocità ed efficienza, le sue capacità di calcolo rappresentano solo una frazione delle più ampie possibilità della mente umana. Ad esempio,essa non può attualmente replicare il discernimento morale e la capacità di stabilire autentiche relazioni. Oltre a ciò, l’intelligenza della persona è inserita all’interno in una storia di formazione intellettuale e morale vissuta a livello personale, la quale modella in modo essenziale la prospettiva della singola persona, coinvolgendo le dimensioni fisica, emotiva, sociale, morale e spirituale della sua vita. Poiché l’IA non può offrire questa ampiezza di comprensione, approcci basati solamente su questa tecnologia oppure che la assumono come via primaria di interpretazione del mondo possono portare a «perdere il senso della totalità, delle relazioni che esistono tra le cose, dell’orizzonte ampio»[65].

33. L’intelligenza umana non consiste primariamente nel portare a termine compiti funzionali, bensì nel capire e coinvolgersi attivamente nella realtà in tutti i suoi aspetti; ed è anche capace di sorprendenti intuizioni. Dato che l’IA non possiede la ricchezza della corporeità, della relazionalità e dell’apertura del cuore umano alla verità e al bene, le sue capacità, anche se sembrano infinite, sono incomparabili alle capacità umane di cogliere la realtà. Da una malattia si può imparare tanto, così come si può imparare tanto da un abbraccio di riconciliazione, e persino anche da un semplice tramonto. Tante cose che viviamo come essere umani ci aprono orizzonti nuovi e ci offrono la possibilità di raggiungere una nuova saggezza. Nessun dispositivo, che lavora solo con i dati, può essere all’altezza di queste e di tante altre esperienze presenti nelle nostre vite.

34. Stabilire un’equivalenza troppo marcata tra intelligenza umana e IA comporta il rischio di cedere a una visione funzionalista, secondo la quale le persone sono valutate in base ai lavori che possono svolgere. Tuttavia, il valore di una persona non dipende dal possesso di singolari abilità, dai risultati cognitivi e tecnologici o dal successo individuale, bensì dalla sua intrinseca dignità fondata sull’essere creata a immagine di Dio[66]. Pertanto, una tale dignità rimane intatta al di là di ogni circostanza anche in chi non è in grado di esercitare le proprie capacità, sia che si tratti di un bambino non ancora nato, di una persona in stato non cosciente o di un anziano sofferente[67]. Essa è alla base della tradizione dei diritti umani – e specificatamente quelli che vengono oggi denominati “neurodiritti” – i quali «costituiscono un importante punto di convergenza per la ricerca di un terreno comune»[68] e per questo possono servire come guida etica fondamentale nelle discussioni circa un responsabile sviluppo e uso dell’IA.

35. Alla luce di ciò, come osserva Papa Francesco, «l’utilizzo stesso della parola “intelligenza”» in riferimento all’IA «è fuorviante»[69] e rischia di trascurare quanto vi è di più prezioso nella persona umana. A partire da questa prospettiva, l’IA non dovrebbe essere vista come una forma artificiale dell’intelligenza, ma come uno dei suoi prodotti[70].

IV. Il ruolo dell’etica nel guidare lo sviluppo e l’uso dell’IA

36. A partire da queste considerazioni, ci si può chiedere come l’IA possa essere compresa all’interno del disegno di Dio. L’attività tecnico-scientifica non ha carattere neutro, essendo un’impresa umana che chiama in causa le dimensioni umanistiche e culturali dell’ingegno umano[71].

37. Viste come un frutto delle potenzialità inscritte nell’intelligenza umana[72], l’indagine scientifica e lo sviluppo dell’abilità tecnica sono parte della «collaborazione dell’uomo e della donna con Dio nel portare a perfezione la creazione visibile»[73]. Allo stesso tempo, tutti i traguardi scientifici e tecnologici sono, in ultima analisi, doni di Dio[74]. Pertanto, gli esseri umani devono sempre impiegare le loro doti in vista del fine più alto per il quale Egli le ha conferite[75].

38. Possiamo riconoscere con gratitudine come la tecnologia abbia «posto rimedio a innumerevoli mali che affliggevano e limitavano l’essere umano»[76], e di questo fatto non possiamo che rallegrarci tutti. Nonostante ciò, non tutte le novità tecnologiche in sé rappresentano un autentico progresso[77]. La Chiesa, pertanto, si oppone in modo particolare a quelle applicazioni che minacciano la santità della vita o la dignità della persona[78]. Come ogni altra impresa umana, lo sviluppo tecnologico deve essere diretto al servizio della persona e contribuire agli sforzi intesi a raggiungere «una maggiore giustizia, una più estesa fraternità e un ordine più umano dei rapporti sociali», i quali hanno «più valore dei progressi in campo tecnico»[79]. Le preoccupazioni circa le implicazioni etiche dello sviluppo tecnologico non sono condivise solo all’interno della Chiesa, ma anche da scienziati, studiosi della tecnologia e associazioni professionali, i quali sempre di più invitano a una riflessione etica che diriga tale progresso in modo responsabile.

39. Per rispondere a queste sfide, va richiamata l’attenzione sull’importanza della responsabilità morale fondata sulla dignità e sulla vocazione della persona. Questo principio è valido anche per le questioni riguardanti l’IA. In tale ambito, la dimensione etica assume primaria importanza poiché sono le persone a progettare i sistemi e a determinare per quali scopi essi vengano usati[80]. Tra una macchina e un essere umano, solo quest’ultimo è veramente un agente morale, cioè un soggetto moralmente responsabile che esercita la sua libertà nelle proprie decisioni e ne accetta le conseguenze[81]; solo gli esseri umani sono in relazione con la verità e il bene, guidati dalla coscienza morale che li chiama «ad amare, a fare il bene e a fuggire il male»[82], attestando «l’autorità della verità in riferimento al Bene supremo, di cui la persona umana avverte l’attrattiva»[83]; solo gli esseri umani possono essere sufficientemente consapevoli di sé al punto da riuscire ad ascoltare e seguire la voce della coscienza, discernendo con prudenza e ricercando il bene possibile in ogni situazione[84]. Di fatto, anche questo appartiene all’esercizio dell’intelligenza da parte della persona.

40. Come ogni prodotto dell’ingegno umano, anche l’IA può essere diretta verso fini positivi o negativi[85]. Quando viene usata secondo modalità che rispettano la dignità umana e promuovono il benessere degli individui e delle comunità, essa può contribuire favorevolmente alla vocazione umana. Malgrado ciò, come in tutti gli ambiti in cui gli esseri umani sono chiamati a decidere, anche qui si estende l’ombra del male. Laddove la libertà umana consente la possibilità di scegliere ciò che è male, la valutazione morale di questa tecnologia dipende da come essa venga indirizzata e impiegata.

41. Tuttavia, a essere eticamente significativi non sono soltanto i fini, ma anche i mezzi impiegati per raggiungerli; inoltre, sono importanti anche la visione generale e la comprensione della persona incorporate in tali sistemi. I prodotti tecnologici riflettono la visione del mondo dei loro sviluppatori, proprietari, utenti e regolatori[86], e con il loro potere «plasmano il mondo e impegnano le coscienze sul piano dei valori»[87]. A livello sociale, alcuni sviluppi tecnologici potrebbero anche rafforzare relazioni e dinamiche di potere che non sono in linea con una corretta visione della persona e della società.

42. Pertanto, sia i fini che i mezzi usati in una data applicazione dell’IA, così come la visione generale che essa incorpora, devono essere valutati per assicurarsi che rispettino la dignità umana e promuovano il bene comune[88]. Infatti, come ha detto Papa Francesco, la «dignità intrinseca di ogni uomo e di ogni donna» deve essere «il criterio-chiave nella valutazione delle tecnologie emergenti, le quali rivelano la loro positività etica nella misura in cui aiutano a manifestare tale dignità e ad incrementarne l’espressione, a tutti i livelli della vita umana»[89], inclusa la sfera sociale ed economica. In questo senso, l’intelligenza umana svolge un ruolo cruciale non solo nella progettazione e nella produzione della tecnologia, ma anche nel dirigerne l’uso in linea con l’autentico bene della persona[90]. La responsabilità dell’esercizio di questa gestione appartiene saggiamente a ogni livello della società, sotto la guida del principio di sussidiarietà e degli altri principi della Dottrina Sociale della Chiesa.

Un aiuto alla libertà umana e alle decisioni

43. L’impegno a che l’IA sempre sostenga e promuova il valore supremo della dignità di ogni essere umano e la pienezza della sua vocazione è un criterio di discernimento che interessa gli sviluppatori, i proprietari, gli operatori e i regolatori, così come gli utenti finali, e rimane valido per ogni impiego della tecnologia in tutti i livelli di utilizzo.

44. Un’analisi delle implicazioni di tale principio, allora, potrebbe iniziare prendendo in considerazione l’importanza della responsabilità morale. Poiché una causalità morale in senso pieno appartiene solo agli agenti personali, non a quelli artificiali, ha massima rilevanza l’essere in grado di identificare e definire chi sia responsabile dei processi di IA, in particolare di quelli che includono possibilità di apprendimento, correzione e riprogrammazione. Se, da un lato, i metodi empirici (bottom-up) e le reti neurali molto profonde consentono all’IA di risolvere problemi complessi, dall’altro, essi rendono difficili da comprendere i processi che hanno condotto a tali soluzioni. Ciò complica l’accertamento delle responsabilità, poiché se un’applicazione di IA dovesse produrre risultati indesiderati, diventerebbe arduo stabilire a quale persona attribuirli. Per far fronte a questo problema, occorre prestare attenzione alla natura dei processi di attribuzione di responsabilità (accountability) in contesti complessi e con elevata automazione, laddove i risultati sono spesso osservabili solo nel medio-lungo termine. Per questo, è importante che colui che compie decisioni sulla base dell’IA sia ritenuto responsabile per le stesse e che sia possibile rendere conto dell’uso dell’IA in ogni fase del processo decisionale[91].

45. Oltre a determinare le responsabilità, si devono stabilire quali siano gli scopi dati ai sistemi di IA. Sebbene questi possano usare meccanismi di apprendimento autonomo non supervisionato e talvolta seguire percorsi che non si è in grado di ricostruire, in ultima analisi essi perseguono gli obiettivi che sono stati loro assegnati dagli esseri umani e sono governati da processi stabiliti da coloro che li hanno progettati e programmati. Ciò rappresenta una sfida poiché, man mano che i modelli di IA diventano sempre più capaci di apprendimento indipendente, può ridursi di fatto la possibilità di esercitare un controllo su di essi al fine di garantire che tali applicazioni siano a servizio degli scopi umani. Ciò pone il problema critico di come assicurare che i sistemi di IA siano ordinati al bene delle persone e non contro di esse.

46. Se un uso etico dei sistemi di IA chiama in causa innanzitutto coloro che li sviluppano, producono, gestiscono e supervisionano, una tale responsabilità è condivisa anche dagli utenti. Infatti, come ha osservato Papa Francesco, «ciò che la macchina fa è una scelta tecnica tra più possibilità e si basa o su criteri ben definiti o su inferenze statistiche. L’essere umano, invece, non solo sceglie, ma in cuor suo è capace di decidere»[92]. Chi usa l’IA per compiere un lavoro e ne segue i risultati crea un contesto nel quale egli è in ultima analisi responsabile del potere che ha delegato. Pertanto, nella misura in cui l’IA può assistere gli esseri umani nel prendere decisioni, gli algoritmi che la guidano dovrebbero essere affidabili, sicuri, sufficientemente robusti da gestire le incongruenze, e trasparenti nel loro funzionamento per attenuare pregiudizi (bias) ed effetti collaterali indesiderati[93]. I quadri normativi dovrebbero garantire che tutte le persone giuridiche possano rendere conto dell’uso dell’IA e di tutte le sue conseguenze, con adeguate misure a salvaguardia di trasparenza, riservatezza e responsabilità (accountability)[94]. Inoltre, gli utenti dovrebbero fare attenzione a non diventare eccessivamente dipendenti dall’IA per le proprie decisioni, accrescendo il già alto grado di subalternità alla tecnologia che caratterizza la società contemporanea.

47. L’insegnamento morale e sociale della Chiesa aiuta a predisporre un uso dell’IA che preservi la capacità umana di azione. Le considerazioni riguardanti la giustizia, ad esempio, dovrebbero interessarsi di questioni quali l’incoraggiamento di giuste dinamiche sociali, la difesa della sicurezza internazionale e la promozione della pace. Esercitando la prudenza, individui e comunità possono discernere come usare l’IA a beneficio dell’umanità, evitando al contempo applicazioni che potrebbero sminuire la dignità umana o danneggiare il pianeta. In questo contesto, il concetto di “responsabilità” dovrebbe essere inteso non solo nel suo senso più ristretto, ma come «prendersi cura dell’altro, e non solo […] dare conto di ciò che si è fatto»[95].

48. Pertanto, l’IA, come ogni tecnologia, può essere parte di una risposta consapevole e responsabile alla vocazione dell’umanità al bene. Tuttavia, come discusso in precedenza, essa deve essere diretta dall’intelligenza umana per allinearsi a tale vocazione, assicurando il rispetto della dignità della persona. Riconoscendo questa «eminente dignità», il Concilio Vaticano II afferma che «l’ordine sociale […] e il suo progresso debbono sempre lasciar prevalere il bene delle persone»[96]. Alla luce di ciò, l’uso dell’IA, come ha detto Papa Francesco, deve essere accompagnato «da un’etica fondata su una visione del bene comune, un’etica di libertà, responsabilità e fraternità, capace di favorire il pieno sviluppo delle persone in relazione con gli altri e con il creato»[97].

V.   Questioni specifiche

49. All’interno di questa prospettiva generale, qui di seguito alcuni rilievi illustreranno come gli argomenti esposti sopra possano aiutare ad un orientamento nelle situazioni concrete, in linea con la «sapienza del cuore» proposta da Papa Francesco[98]. Pur non essendo esaustiva, questa proposta è offerta a servizio di un dialogo che cerchi di individuare quelle modalità con cui l’IA possa sostenere la dignità umana e promuovere il bene comune[99].

L’IA e la società

50. Come ha detto Papa Francesco, «la dignità intrinseca di ogni persona e la fraternità che ci lega come membri dell’unica famiglia umana devono stare alla base dello sviluppo di nuove tecnologie e servire come criteri indiscutibili per valutarle prima del loro impiego»[100].

51. Considerata in questa ottica, l’IA potrebbe «introdurre importanti innovazioni nell’agricoltura, nell’istruzione e nella cultura, un miglioramento del livello di vita di intere nazioni e popoli, la crescita della fraternità umana e dell’amicizia sociale», e quindi essere «utilizzata per promuovere lo sviluppo umano integrale»[101]. Essa potrebbe inoltre aiutare le organizzazioni a identificare le persone che si trovano in stato di necessità e a contrastare i casi di discriminazione ed emarginazione. In questi e altri modi analoghi, l’IA potrebbe contribuire allo sviluppo umano e al bene comune[102].

52. Tuttavia, se da un lato l’IA racchiude molte possibilità di bene, dall’altro essa può ostacolare o persino avversare lo sviluppo umano e il bene comune. Papa Francesco ha osservato che «i dati finora raccolti sembrano suggerire che le tecnologie digitali siano servite ad aumentare le disuguaglianze nel mondo. Non solo le differenze di ricchezza materiale, che pure sono importanti, ma anche quelle di accesso all’influenza politica e sociale»[103]. In questo senso, l’IA potrebbe essere usata per protrarre situazioni di marginalizzazione e discriminazione, per creare nuove forme di povertà, per allargare il “divario digitale” e aggravare le disuguaglianze sociali[104].

53. Inoltre, il fatto che attualmente la maggior parte del potere sulle principali applicazioni dell’IA sia concentrato nelle mani di poche potenti aziende solleva notevoli preoccupazioni etiche. Ad aggravare questo problema vi è anche l’intrinseca natura dei sistemi di IA, nei quali nessun singolo individuo è in grado di avere una supervisione completa dei vasti e complessi insiemi di dati utilizzati per il calcolo. Questa mancanza di una responsabilità (accountability) ben definita produce il rischio che l’IA possa essere manipolata per guadagni personali o aziendali, o per orientare l’opinione pubblica verso l’interesse di un settore. Tali entità, motivate dai propri interessi, possiedono la capacità di esercitare «forme di controllo tanto sottili quanto invasive, creando meccanismi di manipolazione delle coscienze e del processo democratico»[105].

54. Oltre a ciò, vi è il rischio che l’IA venga utilizzata per promuovere quello che Papa Francesco ha chiamato «paradigma tecnocratico», il quale intende risolvere tendenzialmente tutti i problemi del mondo attraverso i soli mezzi tecnologici[106]. Seguendo questo paradigma, la dignità umana e la fraternità sono spesso messe da parte in nome dell’efficienza, «come se la realtà, il bene e la verità sbocciassero spontaneamente dal potere stesso della tecnologia e dell’economia»[107]. Invece, la dignità umana e il bene comune non dovrebbero mai essere trascurati in nome dell’efficienza[108], per cui «gli sviluppi tecnologici che non portano a un miglioramento della qualità di vita di tutta l’umanità, ma al contrario aggravano le disuguaglianze e i conflitti, non potranno mai essere considerati vero progresso»[109]. Piuttosto, l’IA dovrebbe essere messa «al servizio di un altro tipo di progresso, più sano, più umano, più sociale e più integrale»[110].

55. Per raggiungere tale obiettivo è necessaria una riflessione più profonda circa il rapporto tra autonomia e responsabilità, poiché una maggiore autonomia comporta una responsabilità più grande per ogni persona nei vari aspetti della vita comune. Per i cristiani, il fondamento di questa responsabilità è il riconoscimento che ogni capacità umana, compresa l’autonomia della persona, proviene da Dio e ha lo scopo di essere messa al servizio agli altri[111]. Pertanto, piuttosto che limitarsi a perseguire obiettivi economici o tecnologici, l’IA dovrebbe essere usata in favore «del bene comune dell’intera famiglia umana», cioè dell’insieme «di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente»[112].

L’IA e le relazioni umane

56. Il Concilio Vaticano II afferma che l’essere umano per «sua intima natura è un essere sociale e senza i rapporti con gli altri non può vivere né esplicare le sue doti»[113]. Questa convinzione evidenzia che la vita in società appartiene alla natura e alla vocazione della persona[114]. In quanto esseri sociali, gli esseri umani cercano relazioni che comportano uno scambio reciproco e la ricerca della verità, con la quale, «allo scopo di aiutarsi vicendevolmente nella ricerca, gli uni rivelano agli altri la verità che hanno scoperta o che ritengono di avere scoperta»[115].

57. Una tale ricerca, insieme ad altri aspetti della comunicazione umana, presuppone l’incontro e il mutuo scambio tra persone che recano in sé l’impronta delle proprie storie, dei propri pensieri, convinzioni e relazioni. Non possiamo nemmeno dimenticare che l’intelligenza umana è una realtà molteplice, plurima e complessa: individuale e sociale; razionale e affettiva; concettuale e simbolica. Papa Francesco mette in evidenza questa dinamica, notando come «possiamo cercare insieme la verità nel dialogo, nella conversazione pacata o nella discussione appassionata. È un cammino perseverante, fatto anche di silenzi e di sofferenze, capace di raccogliere con pazienza la vasta esperienza delle persone e dei popoli. […] Il problema è che una via di fraternità, locale e universale, la possono percorrere soltanto spiriti liberi e disposti a incontri reali»[116].

58. È in questo contesto che si possono considerare le sfide poste dall’IA alle relazioni umane. Come altri mezzi tecnologici, l’IA ha la capacità di favorire le connessioni all’interno della famiglia umana. Tuttavia, l’IA potrebbe anche ostacolare un vero incontro con la realtà e, in definitiva, portare le persone a «una profonda e malinconica insoddisfazione nelle relazioni interpersonali, o un dannoso isolamento»[117]. Le autentiche relazioni umane, tuttavia, richiedono la ricchezza umana del saper stare con gli altri, condividendo il loro dolore, le loro richieste e la loro gioia[118]. Poiché l’intelligenza umana si esprime e si arricchisce anche attraverso vie interpersonali e incarnate, gli incontri autentici e spontanei con gli altri sono indispensabili per impegnarsi con la realtà nella sua interezza.

59. Proprio perché «la vera saggezza presuppone l’incontro con la realtà»[119], i progressi dell’IA lanciano un’ulteriore sfida: poiché essa è in grado di imitare efficacemente le opere dell’intelligenza umana, non si può più dare per scontata la capacità di capire se si sta interagendo con un essere umano oppure con una macchina. Sebbene l’IA “generativa” sia in grado di produrre testi, discorsi, immagini e altri output avanzati, che di solito sono opera di esseri umani, essa va considerata per quello che è: uno strumento, non una persona[120]. Tale distinzione spesso è oscurata dal linguaggio utilizzato dagli operatori del settore, il quale tende ad antropomorfizzare l’IA e offusca così la linea di demarcazione tra ciò che è umano e ciò che è artificiale.

60. L’antropomorfizzazione dell’IA pone particolari problemi per la crescita dei bambini, i quali possono sentirsi incoraggiati a sviluppare schemi di interazione che intendono le relazioni umane in modo utilitaristico, così come avviene con i chatbot. Tali approcci rischierebbero di indurre i più giovani a percepire gli insegnanti come dispensatori di informazioni e non come maestri che li guidano e sostengono la loro crescita intellettuale e morale. Relazioni genuine, radicate nell’empatia e in un impegno leale per il bene dell’altro, sono essenziali ed insostituibili nel favorire un pieno sviluppo della persona.

61. In questo contesto, è importante chiarire – anche se spesso si fa ricorso a una terminologia antropomorfica – che nessuna applicazione dell’IA è in grado di provare davvero empatia. Le emozioni non si possono ridurre a espressioni facciali oppure a frasi generate in risposta alle richieste dell’utente; invece, le emozioni sono comprese nel modo con cui una persona, nella sua interezza, si relaziona con il mondo e con la sua stessa vita, con il corpo che vi gioca un ruolo centrale. L’empatia richiede capacità di ascolto, di riconoscere l’irriducibile unicità dell’altro, di accogliere la sua alterità e anche di capire il significato dei suoi silenzi[121]. A differenza dell’ambito dei giudizi analitici, nel quale l’IA primeggia, la vera empatia esiste nella sfera relazionale. Essa chiama in causa la percezione e il far proprio il vissuto dell’altro, pur mantenendo la distinzione di ogni individuo[122]. Nonostante l’IA possa simulare risposte empatiche, la natura spiccatamente personale e relazionale dell’autentica empatia non può essere replicata da sistemi artificiali[123].

62. Perciò, si dovrebbe sempre evitare di rappresentare, in modo erroneo, l’IA come una persona, e attuare ciò per scopi fraudolenti costituisce una grave violazione etica che potrebbe erodere la fiducia sociale. Ugualmente, utilizzare l’IA per ingannare in altri contesti  quali l’educazione o le relazioni umane, compresa la sfera della sessualità  è da ritenere immorale e richiede un’attenta vigilanza, onde prevenire eventuali danni, mantenere la trasparenza e garantire la dignità di tutti[124].

63. In un mondo sempre più individualista, alcuni si sono rivolti all’IA alla ricerca di relazioni umane profonde, di semplice compagnia o anche di legami affettivi. Tuttavia, pur riconoscendo che gli esseri umani sono fatti per vivere relazioni autentiche, occorre ribadire che l’IA può soltanto simularle. Tali relazioni con altri esseri umani sono parte integrante del modo con cui una persona umana cresce per diventare ciò che è destinata a essere. Pertanto, se l’IA è usata per favorire contatti genuini tra le persone, essa può contribuire in modo positivo alla piena realizzazione della persona; viceversa, se al posto di tali relazioni e del rapporto con Dio si sostituiscono le relazioni con i mezzi della tecnologia, si rischia di sostituire l’autentica relazionalità con un simulacro senza vita (cf. Sal 160,20; Rm 1,22-23). Invece di ritirarci in mondi artificiali, siamo chiamati a coinvolgerci in modo serio ed impegnato col mondo, fino ad identificarci con i poveri e i sofferenti, a consolare chi è nel dolore e a creare legami di comunione con tutti.

IA, economia e lavoro

64. L’IA, data la sua natura trasversale, trova una crescente applicazione anche nei sistemi economico-finanziari. Al momento, gli investimenti più marcati si osservano, oltre che nel settore della tecnologia, in quelli dell’energia, della finanza e dei media, con particolare riferimento alle aree marketing e vendite, logistica, innovazione tecnologica, compliance, gestione dei rischi. Dall’applicazione in questi ambiti emerge la natura ambivalente dell’IA, in quanto fonte di enormi opportunità ma anche di profondi rischi. Una prima reale criticità deriva dalla possibilità che, per via della concentrazione dell’offerta in poche aziende, siano queste sole a beneficiare del valore creato dall’IA piuttosto che le imprese in cui è utilizzata.

65. Inoltre, in ambito economico-finanziario vi sono aspetti più generali su cui l’IA può produrre effetti da valutare attentamente, legati soprattutto all’interazione tra la realtà concreta e il mondo digitale. Un primo punto da considerare riguarda la coesistenza di istituzioni economiche e finanziarie che si presentano in un dato contesto sotto forme diverse e alternative. Si tratta di un fattore da promuovere poiché potrebbe portare con sé benefici in termini di sostegno all’economia reale favorendone lo sviluppo e la stabilità, specialmente in periodi di crisi. Tuttavia, occorre sottolineare che le realtà digitali, essendo libere da vincoli spaziali, tendono a essere più omogenee e impersonali rispetto a una comunità legata a un luogo particolare e a una storia concreta, con un cammino comune caratterizzato da valori e speranze condivisi, ma anche da inevitabili disaccordi e divergenze. Questa diversità costituisce un’innegabile risorsa per la vita economica di una comunità. Consegnare l’economia e la finanza totalmente nelle mani della tecnologia digitale significherebbe ridurre tale varietà e ricchezza, per cui tante soluzioni a problemi economici, accessibili attraverso un naturale dialogo tra le parti coinvolte, potrebbero non essere più praticabili in un mondo dominato da procedure e vicinanze solo apparenti.

66. Un altro settore in cui l’impatto dell’IA è già profondamente sentito è il mondo del lavoro. Come in molti altri ambiti, essa sta provocando sostanziali trasformazioni in molte professioni con effetti diversificati. Da una parte, l’IA ha le potenzialità per accrescere le competenze e la produttività, offrendo la possibilità di creare posti di lavoro, consentendo ai lavoratori di concentrarsi su compiti più innovativi e aprendo nuovi orizzonti alla creatività e all’inventiva.

67. Tuttavia, mentre l’IA promette di dare impulso alla produttività facendosi carico delle mansioni ordinarie, i lavoratori sono spesso costretti ad adattarsi alla velocità e alle richieste delle macchine, piuttosto che siano queste ultime a essere progettate per aiutare chi lavora. Per questo, contrariamente ai benefici dell’IA che vengono pubblicizzati, gli attuali approcci alla tecnologia possono paradossalmente dequalificare i lavoratori, sottoporli a una sorveglianza automatizzata e relegarli a funzioni rigide e ripetitive. La necessità di stare al passo con il ritmo della tecnologia può erodere il senso della propria capacità di agire da parte dei lavoratori e soffocare le capacità innovative che questi sono chiamati a profondere nel loro lavoro[125].

68. L’IA sta eliminando la necessità di alcune attività precedentemente svolte dagli esseri umani. Se essa viene usata per sostituire i lavoratori umani piuttosto che per accompagnarli, c’è il «rischio sostanziale di un vantaggio sproporzionato per pochi a scapito dell’impoverimento di molti»[126]. Inoltre, man mano che l’IA diventa più potente, c’è anche il pericolo associato che il lavoro perda il suo valore nel sistema economico. Questa è la conseguenza logica del paradigma tecnocratico: il mondo di un’umanità asservita all’efficienza, nel quale, in ultima analisi, il costo di tale umanità deve essere tagliato. Invece, le vite umane sono preziose in se stesse, al di là del loro rendimento economico. Papa Francesco costata che, come conseguenza di questo paradigma, oggi «non sembra abbia senso investire affinché quelli che rimangono indietro, i deboli o i meno dotati possano farsi strada nella vita»[127]. E dobbiamo concludere con lui che «non possiamo permettere a uno strumento così potente e così indispensabile come l’intelligenza artificiale di rinforzare un tale paradigma, ma anzi, dobbiamo fare dell’intelligenza artificiale un baluardo proprio contro la sua espansione»[128].

69. Per questo, è bene ricordare sempre che «nell’ordinare le cose ci si deve adeguare all’ordine delle persone e non il contrario»[129]. Perciò, il lavoro umano deve essere non solo al servizio del profitto, ma «dell’uomo: dell’uomo integralmente considerato, tenendo cioè conto della gerarchia dei suoi bisogni materiali e delle esigenze della sua vita intellettuale, morale, spirituale e religiosa»[130]. In questo contesto, la Chiesa riconosce come il lavoro sia «non solo […] un modo di guadagnarsi il pane», ma anche «una dimensione irrinunciabile della vita sociale» e «un mezzo per la crescita personale, per stabilire relazioni sane, per esprimere sé stessi, per condividere doni, per sentirsi corresponsabili nel miglioramento del mondo e, in definitiva, per vivere come popolo»[131].

70. Poiché il lavoro «è parte del senso della vita su questa terra, via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione personale», «non si deve cercare di sostituire sempre più il lavoro umano con il progresso tecnologico: così facendo l’umanità danneggerebbe sé stessa»[132], bensì occorre adoperarsi per la sua promozione. In questa prospettiva, l’IA dovrebbe assistere e non sostituire il giudizio umano, così come non dovrebbe mai degradare la creatività o ridurre i lavoratori a meri “ingranaggi di una macchina”. Perciò «il rispetto della dignità dei lavoratori e l’importanza dell’occupazione per il benessere economico delle persone, delle famiglie e delle società, la sicurezza degli impieghi e l’equità dei salari, dovrebbero costituire un’alta priorità per la comunità internazionale, mentre queste forme di tecnologia penetrano sempre più profondamente nei luoghi di lavoro»[133].

L’IA e la sanità

71. In quanto partecipi dell’opera guaritrice di Dio, gli operatori sanitari hanno la vocazione e la responsabilità di essere «custodi e servitori della vita umana»[134]. Per questo, la professione sanitaria ha una «intrinseca e imprescindibile dimensione etica», come riconosciuto dal giuramento di Ippocrate, il quale richiede a medici e operatori sanitari di impegnarsi per il «rispetto assoluto della vita umana e della sua sacralità»[135]. Un tale impegno, sull’esempio del Buon Samaritano, deve essere svolto da uomini e donne «che non lasciano edificare una società di esclusione, ma si fanno prossimi e rialzano e riabilitano l’uomo caduto, perché il bene sia comune»[136].

72. Considerata in quest’ottica, l’IA sembra detenere un enorme potenziale in svariate applicazioni in campo medico, ad esempio in aiuto all’attività diagnostica degli operatori sanitari, facilitando il rapporto tra pazienti e personale medico, offrendo nuovi trattamenti ed ampliando l’accesso a cure di qualità anche a coloro che soffrono situazioni di isolamento o marginalità. In questo modo, la tecnologia potrebbe migliorare «la vicinanza piena di compassione e di tenerezza»[137] degli operatori sanitari nei confronti dei malati e sofferenti.

73. Tuttavia, qualora l’IA venisse usata non per migliorare, ma per sostituire interamente la relazione tra pazienti e operatori sanitari, lasciando che i primi interagiscano con una macchina piuttosto che con un essere umano, si verificherebbe la riduzione di una struttura relazionale umana assai importante in un sistema centralizzato, impersonale e non equo. Invece di incoraggiare la solidarietà con i malati e i sofferenti, queste applicazioni dell’IA rischierebbero di peggiorare quella solitudine che frequentemente accompagna la malattia, specialmente nel contesto di una cultura dove «le persone non sono più sentite come un valore primario da rispettare e tutelare»[138]. Un uso siffatto di tali sistemi non sarebbe conforme al rispetto della dignità della persona e alla solidarietà con i sofferenti.

74. La responsabilità per il benessere del paziente e le relative decisioni che interessano la sua vita rappresentano il cuore della professione sanitaria. Questa responsabilità richiede che il personale medico eserciti tutta la sua capacità e intelligenza per compiere scelte ponderate ed eticamente motivate nei confronti delle persone affidate alla loro cura, sempre nel rispetto della dignità inviolabile del paziente e del principio del consenso informato. Di conseguenza, le decisioni che riguardano il trattamento dei pazienti e il peso della responsabilità ad esse legato devono sempre rimanere in capo alle persone e mai essere delegati all’IA[139].

75. Oltre a ciò, l’uso dell’IA per determinare chi debba ricevere cure, basandosi prevalentemente su criteri economici o di efficienza, è un caso particolarmente problematico di «paradigma tecnocratico» che dovrebbe essere rifiutato[140]. Infatti, «ottimizzare le risorse significa utilizzarle in modo etico e solidale e non penalizzare i più fragili»[141]; senza contare che, in questo ambito, tali strumenti sono esposti «a forme di pregiudizio e discriminazione: gli errori sistemici possono facilmente moltiplicarsi, producendo non solo ingiustizie in singoli casi ma anche, per effetto domino, vere e proprie forme di disuguaglianza sociale»[142].

76. Inoltre, l’integrazione dell’IA nel mondo sanitario pone anche il rischio di amplificare altre disuguaglianze già esistenti nell’accesso alle cure. Poiché l’assistenza sanitaria si orienta sempre più sulla prevenzione e su approcci basati sullo stile di vita, può accadere che le soluzioni orientate dall’IA possano involontariamente facilitare le popolazioni più abbienti, le quali già godono di un maggiore accesso alle risorse mediche e a un’alimentazione di qualità. Questa tendenza rischia di rafforzare il modello di una “medicina per i ricchi”, in cui le persone provviste di mezzi finanziari traggono beneficio da strumenti avanzati di prevenzione e da informazioni mediche personalizzate, mentre altri riescono a fatica ad avere accesso persino ai servizi di base. Pertanto, sono necessari quadri equi di gestione per garantire che l’utilizzo dell’IA nell’assistenza sanitaria non aggravi le disuguaglianze esistenti, ma sia al servizio del bene comune.

IA ed educazione

77. Mantengono una piena attualità le parole del Concilio Vaticano II: «La vera educazione deve promuovere la formazione della persona umana sia in vista del suo fine ultimo, sia per il bene dei vari gruppi di cui l’uomo è membro»[143]. Ne consegue che l’educazione «non è mai un semplice processo di trasmissione di conoscenze e competenze intellettuali; essa intende piuttosto contribuire alla formazione integrale della persona nelle sue diverse dimensioni (intellettuale, culturale, spirituale...) incluse, ad esempio, la vita comunitaria e le relazioni vissute all’interno della comunità accademica»[144], nel rispetto della natura e della dignità della persona umana.

78. Questo approccio implica un impegno a formare la mente, sempre però come parte dello sviluppo integrale della persona: «Dobbiamo rompere quell’immaginario sull’educazione, secondo cui educare è riempire la testa di idee. Così educhiamo degli automi, dei macrocefali, non delle persone. Educare è rischiare nella tensione tra la testa, il cuore e le mani»[145].

79. Al centro di questo lavoro di formazione della persona umana integrale si trova l’indispensabile relazione tra insegnante e studente. Gli insegnanti non si limitano a trasmettere la conoscenza, ma sono anche modelli delle principali qualità umane e ispiratori della gioia della scoperta[146]. La loro presenza motiva gli studenti sia attraverso i contenuti che insegnano, sia tramite l’attenzione che mostrano nei loro confronti. Questo legame favorisce la fiducia, la comprensione reciproca e la capacità di rivolgersi alla dignità unica e al potenziale di ciascun individuo. Nello studente, ciò può generare un autentico desiderio di crescere. La presenza fisica dell’insegnante crea una dinamica relazionale che l’IA non può replicare, una dinamica che approfondisce l’impegno e alimenta lo sviluppo integrale dello studente.

80. In questo contesto, l’IA presenta sia opportunità che sfide. Se usata in maniera prudente, all’interno di una reale relazione tra insegnante e studente e ordinata agli scopi autentici dell’educazione, essa può diventare una preziosa risorsa educativa, migliorando l’accesso all’istruzione e offrendo un supporto personalizzato e riscontri immediati agli studenti. Questi vantaggi potrebbero migliorare l’esperienza dell’apprendimento, soprattutto nei casi in cui è necessaria un’attenzione particolare ai singoli o in cui le risorse educative sono scarse.

81. D’altra parte, un compito essenziale dell’educazione è formare «l’intelletto a ragionare bene in tutte le materie, a protendersi verso la verità e ad afferrarla»[147], aiutando il «linguaggio della testa» a crescere in armonia con il «linguaggio del cuore» e il «linguaggio delle mani»[148]. Tutto ciò poi è ancora più vitale in un’epoca segnata dalla tecnologia, in cui «non si tratta più soltanto di “usare” strumenti di comunicazione, ma di vivere in una cultura ampiamente digitalizzata che ha impatti profondissimi sulla nozione di tempo e di spazio, sulla percezione di sé, degli altri e del mondo, sul modo di comunicare, di apprendere, di informarsi, di entrare in relazione con gli altri»[149]. Tuttavia, invece che promuovere «un intelletto colto» il quale «porta con sé potere e grazia in ogni lavoro e occupazione che intraprende»[150], l’ampio ricorso all’IA in ambito educativo potrebbe portare a un’accresciuta dipendenza degli studenti dalla tecnologia, intaccando la loro capacità di svolgere alcune attività in modo autonomo e un peggioramento della dipendenza dagli schermi[151].

82. Oltre a ciò, mentre alcuni sistemi di IA sono stati pensati in modo specifico per aiutare le persone a sviluppare le proprie capacità di pensiero critico e di risoluzione dei problemi, molti altri programmi si limitano a fornire risposte invece di spingere gli studenti a reperirle da sé, oppure a scrivere essi stessi dei testi[152]. Invece di allenare i giovani ad accumulare informazioni e a fornire veloci risposte, l’educazione dovrebbe «promuovere libertà responsabili, che nei punti di incrocio sappiano scegliere con buon senso e intelligenza»[153]. A partire da questo, «l’educazione all’uso di forme di intelligenza artificiale dovrebbe mirare soprattutto a promuovere il pensiero critico. È necessario che gli utenti di ogni età, ma soprattutto i giovani, sviluppino una capacità di discernimento nell’uso di dati e contenuti raccolti sul web o prodotti da sistemi di intelligenza artificiale. Le scuole, le università e le società scientifiche sono chiamate ad aiutare gli studenti e i professionisti a fare propri gli aspetti sociali ed etici dello sviluppo e dell’utilizzo della tecnologia»[154].

83. Come ricordava san Giovanni Paolo II, «nel mondo di oggi, caratterizzato da sviluppi tanto rapidi nella scienza e nella tecnologia, i compiti dell’Università cattolica assumono un’importanza e un’urgenza sempre maggiore»[155]. In modo particolare, si esortano le Università Cattoliche a farsi presenti come grandi laboratori di speranza, in questo crocevia della storia. In chiave inter e transdisciplinare, esercitino «con sapienza e creatività»[156], una ricerca accurata su questo fenomeno; contribuendo a fare emergere le potenzialità salutari nei diversi ambiti della scienza e della realtà; guidandole sempre verso applicazioni che siano eticamente qualificate, chiaramente al servizio della coesione delle nostre società e del bene comune; raggiungendo nuove frontiere del dialogo tra la Fede e la Ragione.

84. Inoltre, è noto che gli attuali programmi di IA possono fornire informazioni distorte o artefatte, inducendo gli studenti ad affidarsi a contenuti inesatti. «In questo modo, non solo si corre il rischio di legittimare delle fake news e di irrobustire il vantaggio di una cultura dominante, ma di minare altresì il processo educativo in nuce»[157]. Con il tempo, la distinzione tra usi appropriati e non appropriati di tale tecnologia, sia in campo formativo che nella ricerca, potrebbe farsi più chiaro. Nello stesso tempo, un decisivo principio guida è che l’uso dell’IA dovrebbe sempre essere trasparente e mai ambiguo.

IA, disinformazione, deepfake e abusi

85. L’IA è inoltre un sostegno alla dignità della persona umana se usata come ausilio nella comprensione di fatti complessi oppure come guida a risorse valide per la ricerca della verità[158].

86. Tuttavia, esiste anche un serio rischio che l’IA generi contenuti manipolati e informazioni false, i quali, essendo molto difficili da distinguere dai dati reali, possono facilmente trarre in inganno. Questo può accadere in modo accidentale come nel caso di “allucinazione” dell’IA, che si verifica quando un sistema generativo produce contenuti che sembrano riflettere la realtà, ma non sono veritieri. Sebbene sia difficile gestire questo fenomeno, poiché la generazione di informazioni che imitano quelle prodotte dagli esseri umani è una delle caratteristiche principali dell’IA, rappresenta una sfida tenere sotto controllo simili rischi. Le conseguenze di tali aberrazioni e false informazioni possono essere assai gravi. Pertanto, tutti coloro che producono ed utilizzano l’IA dovrebbero impegnarsi per la veridicità e l’accuratezza delle informazioni elaborate da tali sistemi e diffuse al pubblico.

87. Se, da un lato, l’IA ha il potenziale latente di generare contenuti fittizi, dall’altro c’è il problema ancora più preoccupante di un suo uso intenzionale a fini di manipolazione. Ciò può accadere, ad esempio, quando un operatore umano o un’organizzazione genera intenzionalmente e divulga informazioni, come immagini, video e audio deepfake, per ingannare o danneggiare. Un deepfake è una falsa rappresentazione di una persona che è stata modificata o generata da un algoritmo IA. Il pericolo costituito dai deepfake è particolarmente evidente quando sono usati per colpire o danneggiare qualcuno: sebbene le immagini o i video possano essere in sé artificiali, i danni da questi provocati sono reali, e lasciano «profonde cicatrici nel cuore di chi lo subisce», che così si sente «ferito nella sua dignità umana»[159].

88. Più in generale, distorcendo «il rapporto con gli altri e con la realtà»[160], i prodotti audiovisivi contraffatti generati con l’IA possono progressivamente minare le fondamenta della società. Ciò richiede un’attenta regolamentazione, poiché la disinformazione, specialmente attraverso media controllati o influenzati dall’IA, può diffondersi in modo non intenzionale, alimentando la polarizzazione politica e il malcontento sociale. Infatti, quando la società diventa indifferente alla verità, vari gruppi costruiscono le proprie versioni dei “fatti”, per cui i «rapporti e interdipendenze»[161], che sono alla base del vivere sociale, si indeboliscono. Poiché i deepfake inducono a mettere tutto in dubbio e i contenuti falsi generati dall’IA intaccano la fiducia in ciò che si vede e si ascolta, la polarizzazione e il conflitto non potranno che crescere. Un inganno così diffuso non è un problema secondario: colpisce il cuore dell’umanità, demolendo quella fiducia fondamentale su cui si reggono le società[162].

89. Il contrasto alle falsificazioni alimentate dall’IA non è solamente un lavoro da esperti del settore, ma richiede gli sforzi di tutte le persone di buona volontà. «Se la tecnologia deve servire la dignità umana e non danneggiarla e se deve promuovere la pace piuttosto che la violenza, la comunità umana deve essere proattiva nell’affrontare queste tendenze nel rispetto della dignità umana e nel promuovere il bene»[163]. Coloro che producono e condividono materiale generato con l’IA dovrebbero sempre avere cura di controllare la veridicità di quanto divulgano e, in ogni caso, dovrebbero «evitare la condivisione di parole e immagini degradanti per l’essere umano, ed escludere quindi ciò che alimenta l’odio e l’intolleranza, svilisce la bellezza e l’intimità della sessualità umana, sfrutta i deboli e gli indifesi»[164]. Ciò richiede una continua prudenza e un attento discernimento da parte di ogni utente riguardo alla propria attività in rete[165].

IA, privacy e controllo

90. Gli esseri umani sono intrinsecamente relazionali, per cui i dati che ogni persona crea nel mondo digitale possono essere visti come un’espressione oggettivata di tale natura relazionale. Infatti, i dati non si limitano a trasmettere informazioni, ma veicolano anche una conoscenza personale e relazionale, la quale, in un contesto sempre più digitalizzato, può diventare un potere sull’individuo. Inoltre, mentre alcuni tipi di dati possono trattare aspetti pubblici della vita di una persona, altri dati possono arrivare a toccare la sua intimità, forse persino la sua coscienza. Tutto ciò considerato, la riservatezza gioca un ruolo centrale nel proteggere i confini della vita interiore delle persone e nel garantire la loro libertà a relazionarsi, a esprimersi e a prendere decisioni senza essere controllati in modo indebito. Tale protezione è inoltre legata alla difesa della libertà religiosa, in quanto la sorveglianza digitale può essere usata anche per esercitare un controllo sulla vita dei credenti e sull’espressione della loro fede.

91. Conviene affrontare la questione della riservatezza a partire dalla preoccupazione per una legittima libertà e per la dignità inalienabile della persona al di là di ogni circostanza[166]. In questo senso, il Concilio Vaticano II ha inserito il diritto «alla salvaguardia della vita privata» tra i diritti fondamentali necessari «per condurre una vita veramente umana», che dovrebbe essere esteso a tutte le persone, in virtù della loro «eminente dignità»[167]. La Chiesa, inoltre, ha affermato il diritto al legittimo rispetto della vita privata nel contesto del diritto della persona a una buona reputazione, alla difesa della sua integrità fisica e mentale e a non subire violazioni e indebite intrusioni[168]: tutti elementi afferenti al dovuto rispetto della dignità intrinseca della persona umana[169].

92. I progressi nell’elaborazione e nell’analisi dei dati resi possibili dall’IA consentono di individuare degli schemi nel comportamento e nel pensiero di una persona anche a partire da una minima quantità di informazioni, rendendo così ancora più necessaria la riservatezza dei dati come salvaguardia della dignità e della natura relazionale della persona umana. Come ha osservato Papa Francesco, «mentre crescono atteggiamenti chiusi e intolleranti che ci isolano rispetto agli altri, si riducono o spariscono le distanze fino al punto che viene meno il diritto all’intimità. Tutto diventa una specie di spettacolo che può essere spiato, vigilato, e la vita viene esposta a un controllo costante»[170].

93. Sebbene ci possano essere modi legittimi e corretti di usare l’IA in conformità alla dignità umana e al bene comune, non è giustificabile il suo impiego a fini di controllo per lo sfruttamento, per limitare la libertà delle persone oppure per avvantaggiare pochi a spese di molti. Il rischio di un eccesso di sorveglianza deve essere monitorato da appositi enti di controllo, in modo da garantire trasparenza e pubblica responsabilità. Gli incaricati di tale controllo non dovrebbero mai eccedere la propria autorità, la quale deve sempre essere a favore della dignità e della libertà di ogni persona, in quanto base essenziale di una società giusta e a misura d’uomo.

94. Inoltre, «il rispetto fondamentale per la dignità umana postula di rifiutare che l’unicità della persona venga identificata con un insieme di dati»[171]. Questo si applica in modo particolare a quegli usi dell’IA relativi alla valutazione delle singole persone o gruppi sulla base del loro comportamento, caratteristiche o storia, una pratica nota come “credito sociale” (social scoring): «Nei processi decisionali sociali ed economici, dobbiamo essere cauti nell’affidare i giudizi ad algoritmi che elaborano dati raccolti, spesso in modo surrettizio, sugli individui e sulle loro caratteristiche e sui loro comportamenti passati. Tali dati possono essere contaminati da pregiudizi e preconcetti sociali. Tanto più che il comportamento passato di un individuo non dovrebbe essere usato per negargli l’opportunità di cambiare, di crescere e di contribuire alla società. Non possiamo permettere che gli algoritmi limitino o condizionino il rispetto della dignità umana, né che escludano la compassione, la misericordia, il perdono e, soprattutto, l’apertura alla speranza di un cambiamento della persona»[172].

L’IA e la protezione della casa comune

95. L’IA ha numerose e promettenti applicazioni per migliorare il nostro rapporto con la casa comune che ci accoglie, come la creazione di modelli per la previsione di eventi climatici estremi, la proposta di soluzioni ingegneristiche per la riduzione del loro impatto, la gestione delle operazioni di soccorso e la predizione degli spostamenti di popolazione[173]. Oltre a ciò, l’IA può supportare l’agricoltura sostenibile, ottimizzare il consumo di energia e fornire sistemi di allarme rapido per le emergenze di salute pubblica. Tutti questi progressi potrebbero potenziare la capacità di recupero di fronte alle sfide legate al clima e promuovere uno sviluppo maggiormente sostenibile.

96. Nello stesso tempo, gli attuali modelli di IA e il sistema hardware che li supporta richiedono ingenti quantità di energia e di acqua e contribuiscono in modo significativo alle emissioni di CO2, oltre a consumare risorse in modo intensivo. Una tale realtà è spesso celata dal modo in cui questa tecnologia è presentata nell’immaginario popolare, laddove parole del tipo il cloud (letteralmente: la “nuvola”)[174] possono dare l’impressione che i dati siano conservati ed elaborati in un reame intangibile, distinto dal mondo fisico. Invece, il cloud non è un dominio etereo separato dal mondo fisico, bensì, come ogni dispositivo informatico, ha bisogno di macchine, cavi ed energia. Lo stesso vale per la tecnologia alla base dell’IA. Man mano che tali sistemi crescono in complessità, specialmente i modelli linguistici di grandi dimensioni (Large Language Models, LLM), essi richiedono un insieme di dati sempre più ampio, un’accresciuta potenza computazionale e imponenti infrastrutture di stoccaggio (storage) dei dati. Considerando il pesante tributo che tali tecnologie esigono dall’ambiente, lo sviluppo di soluzioni sostenibili è vitale per ridurre il loro impatto sulla “casa comune”.

97. Allora, come insegna Papa Francesco, è importante «cercare soluzioni non solo nella tecnica, ma anche in un cambiamento dell’essere umano»[175]. Del resto, una corretta concezione della creazione sa riconoscere che il valore di tutte le cose create non si può ridurre alla mera utilità. Pertanto, una gestione pienamente umana della terra rifiuta il distorto antropocentrismo del paradigma tecnocratico, che cerca di «estrarre tutto quanto è possibile» dalla natura[176], e del «mito del progresso», secondo il quale «i problemi ecologici si risolveranno semplicemente con nuove applicazioni tecniche, senza considerazioni etiche né cambiamenti di fondo»[177]. Una tale mentalità deve cedere il posto a una visione più olistica, che rispetti l’ordine della creazione e promuova il bene integrale della persona umana, senza trascurare la salvaguardia della «nostra casa comune»[178].

L’IA e la guerra

98. Il Concilio Vaticano II e il successivo magistero pontificio hanno sostenuto con vigore che la pace non è la mera assenza di guerra e non si limita al mantenimento di un equilibrio di poteri tra avversari. Invece, secondo le parole di sant’Agostino, la pace è «la tranquillità dell’ordine»[179]. Non si può raggiungere, infatti, la pace senza la tutela dei beni delle persone, la libera comunicazione, il rispetto della dignità delle persone e dei popoli, e la pratica assidua della fraternità. La pace è opera della giustizia ed effetto della carità e non può realizzarsi attraverso la sola forza o la semplice assenza di guerra; piuttosto, deve essere edificata anzitutto attraverso la paziente diplomazia, l’attiva promozione della giustizia, la solidarietà, lo sviluppo umano integrale e il rispetto della dignità di tutte le persone[180]. In questo modo, mai si deve consentire che strumenti pensati per mantenere una certa pace siano adoperati a fini di ingiustizie, violenze od oppressione, ma devono sempre essere subordinati alla «ferma volontà di rispettare gli altri uomini e gli altri popoli e la loro dignità, e [alla] assidua pratica della fratellanza»[181].

99. Mentre le capacità analitiche dell’IA potrebbero essere impiegate per aiutare le nazioni a ricercare la pace e a garantire la sicurezza, l’«utilizzo bellico dell’intelligenza artificiale» può essere assai problematico. Papa Francesco ha osservato che «la possibilità di condurre operazioni militari attraverso sistemi di controllo remoto ha portato a una minore percezione della devastazione da essi causata e della responsabilità del loro utilizzo, contribuendo a un approccio ancora più freddo e distaccato all’immensa tragedia della guerra»[182]. Inoltre, la facilità con cui le armi, rese autonome, rendono più praticabile la guerra va contro lo stesso principio della guerra come ultima risorsa in caso di legittima difesa[183], accrescendo le risorse belliche ben oltre la portata del controllo umano e accelerando una corsa destabilizzante agli armamenti con conseguenze devastanti per i diritti umani[184].

100. In particolare, i sistemi di armi autonome e letali, in grado di identificare e colpire obiettivi senza intervento umano diretto, sono «grave motivo di preoccupazione etica», poiché essi mancano della «esclusiva capacità umana di giudizio morale e di decisione etica»[185]. Per queste ragioni, Papa Francesco con urgenza ha invitato a ripensare lo sviluppo di tali armi per bandirne l’uso, «cominciando già da un impegno fattivo e concreto per introdurre un sempre maggiore e significativo controllo umano. Nessuna macchina dovrebbe mai scegliere se togliere la vita ad un essere umano»[186].

101. Poiché è breve lo scarto tra macchine in grado di uccidere con precisione in modo autonomo e altre capaci di distruzione di massa, alcuni ricercatori impegnati nel campo dell’IA hanno espresso la preoccupazione che tale tecnologia rappresenti un “rischio esistenziale”, essendo essa in grado di agire in modi che potrebbero minacciare la sopravvivenza dell’umanità o di intere regioni. Quest’eventualità va presa in seria considerazione, in linea con la costante preoccupazione nei confronti di quelle tecnologie che danno alla guerra «un potere distruttivo incontrollabile, che colpisce molti civili innocenti»[187], senza risparmiare nemmeno i bambini. In questo contesto, risulta più che mai urgente l’appello di Gaudium et spes a «considerare l’argomento della guerra con mentalità completamente nuova»[188].

102. Allo stesso tempo, mentre i rischi teorici dell’IA meritano attenzione, ci sono anche pericoli più urgenti e immediati che riguardano il modo in cui individui con intenzioni malevole potrebbero farne uso[189]. L’IA, come qualsiasi altro strumento, è un’estensione del potere dell’umanità e, sebbene non si possa prevedere tutto ciò che essa riuscirà a compiere, purtroppo è ben noto ciò che gli esseri umani sono in grado di fare. Le atrocità già commesse nel corso della storia umana bastano a suscitare profonde preoccupazioni circa i potenziali abusi dell’IA.

103. Come ha osservato san Giovanni Paolo II, «l’umanità possiede oggi strumenti d’inaudita potenza: può fare di questo mondo un giardino, o ridurlo a un ammasso di macerie»[190]. In questa prospettiva, la Chiesa ricorda, con Papa Francesco, che «la libertà umana può offrire il suo intelligente contributo verso un’evoluzione positiva» oppure indirizzarsi «in un percorso di decadenza e di distruzione reciproca»[191]. Per evitare che l’umanità precipiti in spirali di autodistruzione[192], è necessario assumere una posizione netta contro tutte le applicazioni della tecnologia che minacciano intrinsecamente la vita e la dignità della persona umana. Tale impegno richiede un attento discernimento sull’uso dell’IA, in particolare circa le applicazioni di difesa militare, per garantire che sempre rispetti la dignità umana e sia al servizio del bene comune. Lo sviluppo e l’impiego dell’IA negli armamenti dovrebbero essere soggetti ai più alti livelli di controllo etico, avendo cura che siano rispettati la dignità umana e la sacralità della vita[193].

L’IA e il rapporto dell’umanità con Dio

104. La tecnologia offre mezzi efficienti per scoprire e sviluppare le risorse del pianeta, sebbene, in alcuni casi, l’umanità ceda sempre di più il controllo di queste risorse alle macchine. All’interno di alcuni circoli di scienziati e futuristi, si respira un certo ottimismo a proposito delle potenzialità dell’intelligenza artificiale generale (AGI), una forma ipotetica di IA che potrebbe raggiungere o superare l’intelligenza umana in grado di portare a progressi al di là di ogni immaginazione. Alcuni ipotizzano addirittura che l’AGI sarebbe capace di raggiungere capacità super-umane. Man mano che la società si allontana dal legame con il trascendente, alcuni sono tentati di rivolgersi all’IA alla ricerca di senso o di pienezza, desideri che possono trovare la loro vera soddisfazione solo nella comunione con Dio[194].

105. Tuttavia, la presunzione di sostituire Dio con un’opera delle proprie mani è idolatria, dalla quale la Sacra Scrittura mette in guardia (ad es. Es 20,4; 32,1-5; 34,17). Inoltre, l’IA può risultare ancora più seducente rispetto agli idoli tradizionali: infatti, a differenza di questi che «hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono» (Sal 115,5-6), l’IA può “parlare”, o, almeno, dare l’illusione di farlo (cf. Ap 13,15). Invece, occorre ricordare che l’IA non è altro che un pallido riflesso dell’umanità, essendo prodotta da menti umane, addestrata a partire da materiale prodotto da esseri umani, predisposta a stimoli umani e sostenuta dal lavoro umano. Non può avere molte delle capacità che sono specifiche della vita umana, ed è anche fallibile. Per cui, ricercando in essa un “Altro” più grande con cui condividere la propria esistenza e responsabilità, l’umanità rischia di creare un sostituto di Dio. In definitiva, non è l’IA a essere divinizzata e adorata, ma l’essere umano, per diventare, in questo modo, schiavo della propria stessa opera[195].

106. Anche se può essere messa a servizio dell’umanità e contribuire al bene comune, l’IA è comunque un prodotto di mani umane, che porta «l’impronta dell’arte e dell’ingegno umano» (At 17,29), a cui non deve mai essere attribuito un valore sproporzionato. Come afferma il libro della Sapienza: «Li ha fabbricati un uomo, li ha plasmati uno che ha avuto il respiro in prestito. Ora nessun uomo può plasmare un dio a lui simile; essendo mortale, egli fabbrica una cosa morta con mani empie. Egli è sempre migliore degli oggetti che venera, rispetto ad essi egli ebbe la vita, ma quelli mai» (Sap 15, 16-17).

107. Al contrario, «nella sua interiorità, [l’essere umano] trascende l’universo delle cose: in quelle profondità egli torna, quando fa ritorno a se stesso, là dove lo aspetta quel Dio che scruta i cuori là dove sotto lo sguardo di Dio egli decide del suo destino»[196]. È nel cuore – ricorda Papa Francesco – che ogni persona scopre la «paradossale connessione tra la valorizzazione di sé e l’apertura agli altri, tra l’incontro personalissimo con sé stessi e il dono di sé agli altri»[197]. Per questo, «solo il cuore è capace di mettere le altre facoltà e passioni e tutta la nostra persona in atteggiamento di riverenza e di obbedienza amorosa al Signore»[198], il quale «ci offre di trattarci come un “tu” sempre e per sempre»[199].

VI. Riflessione finale

108. Considerando tutte le varie sfide poste dal progresso tecnologico, Papa Francesco ha rilevato il bisogno di uno sviluppo «per quanto riguarda la responsabilità, i valori e la coscienza» in modo proporzionale all’incremento delle possibilità offerte da questa tecnologia[200], riconoscendo che «quanto più cresce la potenza degli uomini, tanto più si estende e si allarga la loro responsabilità»[201].

109. D’altra parte, «la questione essenziale e fondamentale» resta sempre quella «se l’uomo, come uomo, nel contesto di questo progresso, diventi veramente migliore, cioè più maturo spiritualmente, più cosciente della dignità della sua umanità, più responsabile, più aperto agli altri, in particolare verso i più bisognosi e più deboli, più disponibile a dare e portare aiuto a tutti»[202].

110. È decisivo, di conseguenza, saper valutare criticamente le singole applicazioni nei contesti particolari, al fine di determinare se esse promuovano o meno la dignità e la vocazione umane e il bene comune. Come per molte tecnologie, gli effetti delle diverse applicazioni dell’IA possono non essere sempre prevedibili ai loro inizi. Nella misura in cui tali applicazioni e il loro impatto sociale diventano più chiari, si dovrebbero cominciare a fornire adeguati riscontri a tutti i livelli della società, secondo il principio di sussidiarietà. È importante che i singoli utenti, le famiglie, la società civile, le imprese, le istituzioni, i governi e le organizzazioni internazionali, ciascuno al proprio livello di competenza, si impegnino affinché sia assicurato un uso dell’IA confacente al bene di tutti.

111. Oggi, una sfida significativa e un’opportunità per il bene comune sta nel considerare tale tecnologia entro un orizzonte di intelligenza relazionale, la quale pone in evidenza l’interconnessione dei singoli e delle comunità ed esalta la responsabilità condivisa per favorire il benessere integrale dell’altro. Il filosofo del XX secolo Nikolaj Berdjaev ha osservato che le persone spesso incolpano le macchine dei problemi individuali e sociali; tuttavia, «questo non fa che umiliare l’uomo e non corrisponde alla sua dignità», perché «è una cosa indegna trasferire la responsabilità dall’uomo a una macchina»[203]. Solo la persona umana può dirsi moralmente responsabile, e le sfide di una società tecnologica riguardano in ultima analisi il suo spirito. Perciò, per fronteggiare tali sfide si «richiede un rinvigorimento della sensibilità spirituale»[204].

112. Un ulteriore punto da considerare è l’appello, suscitato dalla comparsa dell’IA sulla scena mondiale, a rinnovare la valorizzazione di tutto ciò che è umano. Come ha osservato molti anni fa lo scrittore cattolico francese Georges Bernanos, «il pericolo non si trova nella moltiplicazione delle macchine, ma nel numero sempre crescente di uomini abituati, fin dall’infanzia, a non desiderare altro che ciò che le macchine possono dare»[205]. La sfida è tanto vera oggi quanto allora, poiché la rapida avanzata della digitalizzazione comporta il rischio di un “riduzionismo digitale”, per il quale le esperienze non quantificabili vanno messe da parte e poi dimenticate, oppure ritenute irrilevanti perché non calcolabili in termini formali. L’IA dovrebbe essere utilizzata solo come uno strumento complementare all’intelligenza umana e non sostituire la sua ricchezza[206]. Coltivare quegli aspetti della vita umana che vanno oltre il calcolo è di cruciale importanza per preservare una «autentica umanità», la quale «sembra abitare in mezzo alla civiltà tecnologica, quasi impercettibilmente, come la nebbia che filtra sotto una porta chiusa»[207].

La vera sapienza

113. Oggi, la vasta estensione della conoscenza è accessibile in modi che avrebbero riempito di meraviglia le generazioni passate; per impedire, tuttavia, che i progressi della scienza rimangano umanamente e spiritualmente sterili, si deve andare oltre la mera accumulazione di dati e adoperarsi per raggiungere una vera sapienza[208].

114. Questa sapienza è il dono di cui l’umanità ha più bisogno per affrontare le profonde questioni e le sfide etiche poste dall’IA: «Solo dotandoci di uno sguardo spirituale, solo recuperando una sapienza del cuore, possiamo leggere e interpretare la novità del nostro tempo»[209]. Questa «sapienza del cuore» è «quella virtù che ci permette di tessere insieme il tutto e le parti, le decisioni e le loro conseguenze». L’umanità non può «pretendere questa sapienza dalle macchine», in quanto essa «si lascia trovare da chi la cerca e si lascia vedere da chi la ama; previene chi la desidera e va in cerca di chi ne è degno (cfr. Sap 6,12-16)»[210].

115. In un mondo segnato dall’IA, abbiamo bisogno della grazia dello Spirito Santo, il quale «permette di vedere le cose con gli occhi di Dio, di comprendere i nessi, le situazioni, gli avvenimenti e di scoprirne il senso»[211].

116. Poiché «ciò che misura la perfezione delle persone è il loro grado di carità, non la quantità di dati e conoscenze che possono accumulare»[212], il modo in cui si adotta l’IA «per includere gli ultimi, cioè i fratelli e le sorelle più deboli e bisognosi, è la misura rivelatrice della nostra umanità»[213]. Questa saggezza può illuminare e guidare un uso di tale tecnologia che sia centrato sull’essere umano, che come tale può aiutare a promuovere il bene comune, ad aver cura della “casa comune”, ad avanzare nella ricerca della verità, a sostenere lo sviluppo umano integrale, a favorire la solidarietà e la fraternità umana, per poi condurre l’umanità al suo fine ultimo: la felice e piena comunione con Dio[214].

117. Nella prospettiva della sapienza, i credenti saranno in grado di operare come agenti responsabili capaci di usare questa tecnologia per promuovere una visione autentica della persona umana e della società[215], a partire da una comprensione del progresso tecnologico come parte del disegno di Dio per la creazione: un’attività che l’umanità è chiamata a ordinare verso il Mistero Pasquale di Gesù Cristo, nella costante ricerca del Vero e del Bene.

Il Sommo Pontefice Francesco, nell’Udienza concessa il giorno 14 gennaio 2025 ai sottoscritti Prefetti e Segretari del Dicastero per la Dottrina della Fede e del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, ha approvato la presente Nota e ne ha ordinato la pubblicazione.

Dato in Roma, presso le sedi del Dicastero per la Dottrina della Fede e del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, il 28 gennaio 2025, Memoria Liturgica di San Tommaso d’Aquino, Dottore della Chiesa.

 

Víctor Manuel Card. Fernández
Prefetto
José Card. Tolentino de Mendonça
Prefetto
  
Mons. Armando Matteo
Segretario
per la Sezione Dottrinale
S.E. Mons. Paul Tighe
Segretario
per la Sezione Cultura

             

Ex Audientia Die 14.01.2025
Franciscus

 



Indice

I. Introduzione

II. Che cos’è l’intelligenza artificiale?

III.  L’intelligenza nella tradizione filosofica e teologica

Razionalità

Incarnazione

Relazionalità

Relazione con la Verità

Custodia del mondo

Una comprensione integrale dell’intelligenza umana

Limiti dell’IA

IV. Il ruolo dell’etica nel guidare lo sviluppo e l’uso dell’IA

Un aiuto alla libertà umana e alle decisioni

V. Questioni specifiche

L’IA e la società

L’IA e le relazioni umane

IA, economia e lavoro

L’IA e la sanità

IA ed educazione

IA, disinformazione, deepfake e abusi

IA, privacy e controllo

L’IA e la protezione della casa comune

L’IA e la guerra

L’IA e il rapporto dell’umanità con Dio

VI. Riflessione finale

La vera sapienza


 


[1] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 378. Si veda anche Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 34: AAS 58 (1966), 1052-1053.

[2] Francesco, Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della Pontificia Accademia per la Vita (28 febbraio 2020): AAS 112 (2020), 307. Cf. Id., Discorso alla Curia Romana per gli auguri di Natale (21 dicembre 2019): AAS 112 (2020), 43.

[3] Cf. Francesco, Messaggio per la LVIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (24 gennaio 2024): L’Osservatore Romano, 24 gennaio 2024, 8.

[4] Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2293; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 35: AAS 58 (1966), 1053.

[5] J. McCarthy et al., A Proposal for the Dartmouth Summer Research Project on Artificial Intelligence (31 agosto 1955), http://www-formal.stanford.edu/jmc/history/dartmouth/dartmouth.html (accesso: 21 ottobre 2024).

[6] Cf. Francesco, Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2024), nn. 2-3: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 2.

[7] I termini impiegati in questo documento per descrivere i risultati o i processi dell’IA sono usati in modo figurato per illustrare le sue operazioni e non intendono attribuirle caratteristiche umane.

[8] Cf. Francesco, Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 3; Id., Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2024), n. 2: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 2.

[9] In queste righe, si possono scorgere le posizioni principali dei “transumanisti” e dei “postumanisti”. I transumanisti affermano che i progressi tecnologici permetteranno agli esseri umani di oltrepassare i propri limiti biologici, e di migliorare sia le capacità fisiche che cognitive. I postumanisti, invece, asseriscono che tali progressi finiranno per alterare l’identità umana in modo tale che gli uomini non potranno neppure più essere considerati veramente “umani”. Entrambe le posizioni si basano su una percezione fondamentalmente negativa della corporeità, la quale è vista più come un ostacolo che come parte integrante dell’identità umana, chiamata anch’essa a partecipare della piena realizzazione della persona. Una tale visione negativa è in contrasto con una corretta comprensione della dignità umana. Pur sostenendo i genuini progressi scientifici, la Chiesa afferma che tale dignità si fonda sulla «persona come unità inscindibile» di corpo e anima, per cui essa «inerisce anche al suo corpo, il quale partecipa a suo modo all’essere immagine di Dio della persona umana» (Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich. Dignitas infinita [8 aprile 2024], n. 18).

[10] Questo approccio riflette una prospettiva funzionalista, la quale riduce la mente umana alle sue funzioni e presuppone che queste ultime possano essere interamente quantificate in termini fisici e matematici. Però, anche nell’eventualità che una futura AGI dovesse sembrare realmente intelligente, essa rimarrebbe comunque di carattere funzionale.

[11] Cf. A.M. Turing, «Computing Machinery and Intelligence», Mind 59 (1950) 443-460.

[12] Se si attribuisce il “pensiero” alle macchine, occorre specificare che ci si sta riferendo a procedure di calcolo, non al pensiero critico. In modo analogo, se si ritiene che tali dispositivi possano operare seguendo il pensiero logico, si dovrebbe precisare che ciò è limitato alla logica computazionale. Invece, per la sua propria natura, il pensiero umano si caratterizza come un processo creativo che è capace di andare oltre i dati di partenza a sua disposizione.

[13] Sul ruolo fondamentale del linguaggio nel modellare la comprensione, cf. M. Heidegger, Über den Humanismus, Klostermann, Frankfurt am Main 1949 (tr. it. Lettera sull’«umanismo», Milano 1995).

[14] Per ulteriori approfondimenti su tali fondamenti antropologici e teologici, si veda Gruppo di Ricerca sull’AI del Centro per la Cultura Digitale del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, Encountering Artificial Intelligence: Ethical and Anthropological Investigations (Theological Investigations of Artificial Intelligence, 1), a cura di M.J. Gaudet, N. Herzfeld, P. Scherz, J.J. Wales, Pickwick, Eugene 2024, 43-144.

[15] Aristotele, Metafisica, I.1, 980a21.

[16] Cf. Agostino d’Ippona, De Genesi ad litteram libri duodecim, III, 20, 30: PL 34, 292: «L’uomo è fatto a immagine di Dio in relazione alla facoltà per cui è superiore agli animali privi di ragione. Orbene, questa facoltà è proprio la ragione o mente o intelligenza o con qualunque altro nome voglia chiamarsi questa facoltà»; Id., Enarrationes in Psalmos, 54, 3: PL 36, 629: «Considerate dunque tutte le cose che possiede, l’uomo giunge alla conclusione che in tanto si distingue dagli animali in quanto possiede l’intelligenza». Ciò è ribadito anche da san Tommaso, il quale afferma che «l’uomo è il più perfetto fra tutti gli esseri terrestri dotati di moto. E la sua operazione naturale propria è l’intellezione», mediante la quale l’uomo astrae dalle cose e «riceve nella mente gli intelligibili in atto» (Tommaso d’Aquino, Summa contra Gentiles, II, 76).

[17] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 15: AAS 58 (1966), 1036.

[18] Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 49, a. 5, ad 3. Cf. ibid., I, q. 79; II-II, q. 47, a. 3; II-II, q. 49, a. 2. Per una prospettiva contemporanea che riecheggia alcuni elementi della distinzione classica e medievale tra queste due modalità di pensiero, cf. D. Kahneman, Thinking, Fast and Slow, Farrar, Straus and Giroux, New York 2011 (tr. it. Pensieri lenti e veloci, Milano 2012).

[19] Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I, q. 76, a. 1, resp.

[20] Cf. Ireneo di Lione, Adversus haereses, V, 6, 1: PG 7/2, 1136-1138.

[21] Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich. Dignitas infinita (8 aprile 2024), n. 9. Cf. Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 213: AAS 112 (2020), 1045: «L’intelligenza può dunque scrutare nella realtà delle cose, attraverso la riflessione, l’esperienza e il dialogo, per riconoscere in tale realtà che la trascende la base di certe esigenze morali universali».

[22] Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione (3 dicembre 2007), n. 4: AAS 100 (2008), 491-492.

[23] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 365. Cf. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I, q. 75, a. 4, resp.

[24] Infatti, la Bibbia «considera generalmente l’uomo come un essere che esiste nel corpo, ed è impensabile al di fuori di esso» (Pontificia Commissione Biblica, «Che cosa è l’uomo?» (Sal 8,5). Un itinerario di antropologia biblica [30 settembre 2019], n. 19). Cf. ibid. nn. 20-21, 43-44, 48.

[25] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 22: AAS 58 (1966), 1042. Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Dignitas personae (8 settembre 2008), n. 7: AAS 100 (2008), 863: «Il Cristo non ha disdegnato la corporeità umana, ma ne ha svelato pienamente il significato e il valore».

[26] Tommaso d’Aquino, Summa contra Gentiles, II, 81.

[27] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 15: AAS 58 (1966), 1036.

[28] Cf. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I, q. 89, a. 1, resp.: «L’esistenza separata dal corpo non è conforme alla sua natura […]. Quindi l’anima è unita al corpo per avere un’esistenza e un’operazione conforme alla sua natura».

[29] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 14: AAS 58 (1966), 1035. Cf. Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich. Dignitas infinita (8 aprile 2024), n. 18.

[30] Commissione Teologica Internazionale, Comunione e servizio. La persona umana creata ad immagine di Dio (2004), n. 56. Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 357.

[31] Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Dignitas personae (8 settembre 2008), nn. 5, 8: AAS 100 (2008), 862.863-864; Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich. Dignitas infinita (8 aprile 2024), nn. 15, 24, 53-54.

[32] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 356. Cf. ibid., n. 221.

[33] Cf. Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich. Dignitas infinita (8 aprile 2024), nn. 13, 26-27.

[34] Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum veritatis (24 maggio 1990), n. 6: AAS 82 (1990), 1552. Cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor (6 agosto 1993), n. 109: AAS 85 (1993), 1219; Pseudo Dionigi Areopagita, De divinis nominibus, VII, 2: PG 3, 868B-C: «Anche le anime hanno il discorso razionale, in quanto si muovono diffusamente e in circolo attorno alla verità delle cose. […] Ma, in seguito alla riduzione dai molti nell’Uno, possono essere stimate degne di intellezioni simili a quelle degli angeli, per quanto è possibile e raggiungibile da parte delle anime».

[35] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides et ratio (14 settembre 1998), n. 3: AAS 91 (1999), 7.

[36] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 15: AAS 58 (1966), 1036.

[37] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides et ratio (14 settembre 1998), n. 42: AAS 91 (1999), 38. Cf. Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 208: AAS 112 (2020), 1043: «L’intelligenza umana può andare oltre le convenienze del momento e cogliere alcune verità che non mutano, che erano verità prima di noi e lo saranno sempre. Indagando sulla natura umana, la ragione scopre valori che sono universali, perché da essa derivano»; ibid., n. 184: AAS 112 (2020), 1034.

[38] Cf. B. Pascal, Pensées, n. 267 (ed. Brunschvicg; tr. it. Pensieri, Città Nuova, Roma 2003): «L’ultimo passo della ragione è riconoscere che ci sono infinite cose che la superano».

[39] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 15: AAS 58 (1966), 1036. Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione (3 dicembre 2007), n. 4: AAS 100 (2008), 491-492.

[40] La capacità semantica consente agli esseri umani di cogliere il contenuto di un messaggio espresso in una qualsiasi forma di comunicazione, in un modo che è vincolato alla sua struttura materiale o empirica (come il codice informatico) e al tempo stesso la trascende. In questo caso, l’intelligenza diventa una sapienza che «permette di vedere le cose con gli occhi di Dio, di comprendere i nessi, le situazioni, gli avvenimenti e di scoprirne il senso» (Francesco, Messaggio per la LVIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali [24 gennaio 2024]: L’Osservatore Romano, 24 gennaio 2024, 8). La creatività permette di produrre nuovi contenuti o idee, offrendo soprattutto un punto di vista originale sulla realtà. Entrambe queste capacità presuppongono una soggettività personale per realizzarsi compiutamente.

[41] Conc. Ecum. Vat. II, Dich. Dignitatis humanae (7 dicembre 1965), n. 3: AAS 58 (1966), 931.

[42] La carità «è molto di più che un sentimentalismo soggettivo, se essa si accompagna all’impegno per la verità […]. Proprio il suo rapporto con la verità favorisce nella carità il suo universalismo e così la preserva dall’essere “relegata in un ambito ristretto e privato di relazioni”. […] L’apertura alla verità protegge la carità da una falsa fede che resta “priva di respiro umano e universale”» (Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti [3 ottobre 2020], n. 184: AAS 112 [2020], 1034). Le citazioni interne sono tratte da Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), nn. 3-4: AAS 101 (2009), 642-643.

[43] Cf. Commissione Teologica Internazionale, Comunione e servizio. La persona umana creata ad immagine di Dio (2004), n. 7.

[44] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides et ratio (14 settembre 1998), n. 13: AAS 91 (1999), 15. Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione (3 dicembre 2007), n. 4: AAS 100 (2008), 491-492.

[45] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides et ratio (14 settembre 1998), n. 13: AAS 91 (1999), 15.

[46] Bonaventura da Bagnoregio, In II Librum Sententiarum, d. I, p. 2, a. 2, q. 1, citato in Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 293. Cf. ibid., n. 294.

[47] Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 295, 299, 302. Bonaventura paragona l’universo a «un libro, in cui la Trinità creatrice riluce, è rappresentata e letta» (Bonaventura da Bagnoregio, Breviloquium, II, 12, 1), quella stessa Trinità che concede l’esistenza a tutte le cose. «Ogni creatura del mondo è per noi come un libro, un’immagine e uno specchio» (Alano di Lilla, De incarnatione ChristiPL 210, 579a).

[48] Cf. Francesco, Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 67: AAS 107 (2015), 874; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens (14 settembre 1981), n. 6: AAS 73 (1981), 589-592; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), nn. 33-34: AAS 58 (1966), 1052-1053; Commissione Teologica Internazionale, Comunione e servizio. La persona umana creata ad immagine di Dio (2004), n. 57: «Gli esseri umani occupano un posto unico nell’universo in accordo con il piano divino: godono del privilegio di partecipare al governo divino della creazione visibile. […] Poiché la posizione dell’uomo come dominatore è di fatto una partecipazione al governo divino della creazione, ne parliamo qui come di una forma di servizio».

[49] Cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor (6 agosto 1993), nn. 38-39: AAS 85 (1993), 1164-1165.

[50] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), nn. 33-34: AAS 58 (1966), 1052-1053. Questa idea si ritrova anche nel racconto della creazione, dove Dio conduce le creature ad Adamo «per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome» (Gen 2,19), un’azione che dimostra il coinvolgimento attivo dell’intelligenza umana nella gestione della creazione di Dio. Cf. Giovanni Crisostomo, Homiliae in Genesim, XIV, 17-21: PG 53, 116-117.

[51] Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 301.

[52] Cf. ibid., n. 302.

[53] Bonaventura da Bagnoregio, Breviloquium II, 12, 1. Cf. ibid., II, 11, 2.

[54] Cf. Francesco, Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), n. 236: AAS 105 (2013), 1115; Id., Discorso ai partecipanti all’incontro di cappellani e responsabili della pastorale universitaria, promosso dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione (24 novembre 2023): L’Osservatore Romano, 24 novembre 2023, 7.

[55] Cf. J.H. Newman, The Idea of a University Defined and Illustrated, Discourse 5.1, Basil Montagu Pickering, London 18733, 99-100 (tr. it. L’idea di un’università, Roma 2005); Francesco, Discorso a rettori, docenti, studenti e personale delle università e istituzioni pontificie romane (25 febbraio 2023): AAS 115 (2023), 316.

[56] Francesco, Discorso ai rappresentanti della Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa (CNA) (15 novembre 2024): L’Osservatore Romano, 15 novembre 2024, 8.

[57] Cf. Francesco, Esort. ap. Querida Amazonia (2 febbraio 2020), n. 41: AAS 112 (2020), 246; Id., Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 146: AAS 107 (2015), 906.

[58] Francesco, Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 47: AAS 107 (2015), 864. Cf. Id., Lett. enc. Dilexit nos (24 ottobre 2024), nn. 17-24: L’Osservatore Romano, 24 ottobre 2024, 5; Id., Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), nn. 47-50: AAS 112 (2020), 985-987.

[59] Francesco, Lett. enc. Dilexit nos (24 ottobre 2024), n. 20: L’Osservatore Romano, 24 ottobre 2024, 5.

[60] P. Claudel, Conversation sur Jean Racine, Gallimard, Paris 1956, 32. Cf. Francesco, Lett. enc. Dilexit nos (24 ottobre 2024), n. 13: L’Osservatore Romano, 24 ottobre 2024, 5: «L’intelligenza e la volontà si [mettano] al suo servizio [del cuore], sentendo e gustando le verità piuttosto che volerle dominare come fanno spesso alcune scienze».

[61] Dante Alighieri, Paradiso, Canto XXX.

[62] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Dich. Dignitatis humanae (7 dicembre 1965), n. 3: AAS 58 (1966), 931: «Norma suprema della vita umana è la legge divina, eterna, oggettiva e universale, per mezzo della quale Dio con sapienza e amore ordina, dirige e governa l’universo e le vie della comunità umana. E Dio rende partecipe l’essere umano della sua legge, cosicché l’uomo, sotto la sua guida soavemente provvida, possa sempre meglio conoscere l’immutabile verità»; Id., Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 16: AAS 58 (1966), 1037.

[63] Cf. Conc. Ecum. Vat. I, Cost. dogm. Dei Filius (24 aprile 1870), cap. 4: DH 3016.

[64] Francesco, Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 110: AAS 107 (2015), 892.

[65] Francesco, Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 110: AAS 107 (2015), 891. Cf. Id., Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 204: AAS 112 (2020), 1042.

[66] Nell’essere umano, Dio «ha scolpito la sua immagine e somiglianza (cf. Gn 1,26), conferendogli una dignità incomparabile […]. In effetti, al di là dei diritti che l’uomo acquista col proprio lavoro, esistono diritti che non sono il corrispettivo di nessuna opera da lui prestata, ma che derivano dall’essenziale sua dignità di persona» (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus [1 maggio 1991], n. 11: AAS 83 [1991], 807). Cf. Francesco, Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 3-4.

[67] Cf. Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich. Dignitas infinita (8 aprile 2024), nn. 8-9; Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Dignitas personae (8 settembre 2008), n. 22.

[68] Francesco, Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della Pontificia Accademia per la Vita (28 febbraio 2020): AAS 112 (2020), 310.

[69] Francesco, Messaggio per la LVIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (24 gennaio 2024): L’Osservatore Romano, 24 gennaio 2024, 8.

[70] In questo senso, l’espressione «intelligenza artificiale» è da intendersi come un termine tecnico per indicare la relativa tecnologia, ricordando che l’espressione è usata anche per designare il campo di studi e non solo le sue applicazioni.

[71] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), nn. 34-35: AAS 58 (1966), 1052-1053; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), n. 51: AAS 83 (1991), 856-857.

[72] A titolo di esempio, si veda l’incoraggiamento all’esplorazione scientifica in Alberto Magno, De Mineralibus, II, 2, 1, e l’apprezzamento per le arti meccaniche in Ugo di San Vittore, Didascalicon, I, 9. Questi autori, appartenenti a una lunga lista di uomini e donne di Chiesa impegnati nella ricerca scientifica e nell’innovazione tecnica, hanno mostrato che «fede e scienza possono essere unite nella carità, se la scienza viene messa al servizio degli uomini e delle donne del nostro tempo, e non distorta a loro danno o addirittura per la loro distruzione» (Francesco, Discorso ai partecipanti al II Convegno della Specola Vaticana in memoria di Georges Lemaître [20 giugno 2024]: L’Osservatore Romano, 20 giugno 2024, 8). Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 36: AAS 58 (1966), 1053-1054; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides et ratio (14 settembre 1998), nn. 2, 106: AAS 91 (1999), 6-7.86-87.

[73] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 378.

[74] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 34: AAS 58 (1966), 1053.

[75] Cf. ibid., n. 35: AAS 58 (1966), 1053.

[76] Francesco, Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 102: AAS 107 (2015), 888.

[77] Cf. Francesco, Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 105: AAS 107 (2015), 889; Id., Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 27: AAS 112 (2020), 978; Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), n. 23: AAS 101 (2009), 657-658.

[78] Cf. Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich. Dignitas infinita (8 aprile 2024), nn. 38-39, 47; Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Dignitas personae (8 settembre 2008), passim.

[79] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 35: AAS 58 (1966), 1053. Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2293.

[80] Cf. Francesco, Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 2-4.

[81] Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1749: «La libertà fa dell’uomo un soggetto morale. Quando agisce liberamente, l’uomo è, per così dire, padre dei propri atti».

[82] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 16: AAS 58 (1966), 1037. Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1776.

[83] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1777.

[84] Cf. ibid., nn. 1779-1781. Anche Papa Francesco incoraggia gli sforzi di tutti affinché si garantisca «che la tecnologia sia centrata sull’uomo, fondata su basi etiche nella progettazione e finalizzata al bene» (Francesco, Discorso ai partecipanti all’incontro dei “Minerva Dialogues” [27 marzo 2023]: AAS 115 [2023], 463).

[85] Cf. Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 166: AAS 112 (2020), 1026-1027; Id., Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della Pontificia Accademia per la Vita (23 settembre 2024): AAS 112 (2020), 308. Sul ruolo della capacità umana di agire nel determinare il fine particolare (Zweck) che ogni applicazione tecnologica adempie alla luce di un obiettivo (Ziel) precedente, si veda F. Dessauer, Streit um die Technik, Freiburg i. Br., 1956, 144.

[86] Cf. Francesco, Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 4: «La tecnologia nasce per uno scopo e, nel suo impatto con la società umana, rappresenta sempre una forma di ordine nelle relazioni sociali e una disposizione di potere, che abilita qualcuno a compiere azioni e impedisce ad altri di compierne altre. Questa costitutiva dimensione di potere della tecnologia include sempre, in una maniera più o meno esplicita, la visione del mondo di chi l’ha realizzata e sviluppata».

[87] Francesco, Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della Pontificia Accademia per la Vita (28 febbraio 2020): AAS 112 (2020), 309.

[88] Cf. Francesco, Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 3-4.

[89] Francesco, Discorso ai partecipanti all’incontro dei “Minerva Dialogues” (27 marzo 2023): AAS 115 (2023), 464. Cf. Id., Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), nn. 212-213: AAS 112 (2020), 1044-1045.

[90] Cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens (14 settembre 1981), n. 5: AAS 73 (1981), 589; Francesco, Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 3-4.

[91] Cf. Francesco, Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 2: «Di fronte ai prodigi delle macchine, che sembrano saper scegliere in maniera indipendente, dobbiamo aver ben chiaro che all’essere umano deve sempre rimanere la decisione, anche con i toni drammatici e urgenti con cui a volte questa si presenta nella nostra vita. Condanneremmo l’umanità a un futuro senza speranza, se sottraessimo alle persone la capacità di decidere su loro stesse e sulla loro vita condannandole a dipendere dalle scelte delle macchine».

[92] Ibid.

[93] Nel presente documento, il termine «bias» (errore sistematico, pregiudizio) si riferisce al pregiudizio algoritmico (algorithmic bias, che si verifica quando un sistema informatico produce errori sistematici e costanti che possono discriminare in modo non intenzionale determinati gruppi di persone), e non al «vettore dei bias» (bias vector) nelle reti neurali (il quale raccoglie i parametri usati per regolare le uscite dei “neuroni” della rete durante il processo di addestramento, ai fini di un miglior adattamento ai dati).

[94] Cf. Francesco, Discorso ai partecipanti all’incontro dei “Minerva Dialogues” (27 marzo 2023): AAS 115 (2023), 464, dove il Santo Padre ha constatato la crescita del consenso affinché «i processi di sviluppo rispettino valori quali l’inclusione, la trasparenza, la sicurezza, l’equità, la riservatezza e l’affidabilità», e ha accolto con favore «gli sforzi delle organizzazioni internazionali per regolamentare queste tecnologie, affinché promuovano un progresso autentico, cioè contribuiscano a lasciare un mondo migliore e una qualità di vita integralmente superiore».

[95] Francesco, Discorso a una delegazione della Società Max Planck (23 febbraio 2023): L’Osservatore Romano, 23 febbraio 2023, 8.

[96] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 26: AAS 58 (1966), 1046-1047.

[97] Francesco, Discorso ai partecipanti al Seminario “Il bene comune nell’era digitale” (27 settembre 2019): AAS 111 (2019), 1571.

[98] Cf. Francesco, Messaggio per la LVIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (24 gennaio 2024): L’Osservatore Romano, 24 gennaio 2024, 8. Per un’ulteriore discussione circa le questioni etiche sollevate dall’IA a partire da una prospettiva cristiana cattolica, si veda Gruppo di Ricerca sull’AI del Centro per la Cultura Digitale del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, Encountering Artificial Intelligence: Ethical and Anthropological Investigations (Theological Investigations of Artificial Intelligence, 1), a cura di M.J. Gaudet, N. Herzfeld, P. Scherz, J.J. Wales, Pickwick, Eugene 2024, 147-253.

[99] Sull’importanza del dialogo in una società pluralista, orientata verso una «solida e stabile etica sociale», si veda Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), nn. 211-214: AAS 112 (2020), 1044-1045.

[100] Francesco, Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2024), n. 2: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 2.

[101] Francesco, Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2024), n. 6: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 3. Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 26: AAS 58 (1966), 1046-1047.

[102] Cf. Francesco, Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 112: AAS 107 (2015), 892-893.

[103] Francesco, Discorso ai partecipanti all’incontro dei “Minerva Dialogues” (27 marzo 2023): AAS 115 (2023), 464.

[104] Cf. Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Etica in internet (22 febbraio 2002), n. 10.

[105] Francesco, Esort. ap. Christus vivit (25 marzo 2019), n. 89: AAS 111 (2019), 413-414, che cita il Documento finale della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (27 ottobre 2018), n. 24: AAS 110 (2018), 1593. Cf. Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al congresso internazionale sulla legge morale naturale promosso dalla Pontificia Università Lateranense (12 febbraio 2007): AAS 99 (2007), 245.

[106] Cf. Francesco, Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), nn. 105-114: AAS 107 (2015), 889-893; Id., Esort. ap. Laudate Deum (4 ottobre 2023), nn. 20-33: AAS 115 (2023), 1047-1050.

[107] Francesco, Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 105: AAS 107 (2015), 889. Cf. Id., Esort. ap. Laudate Deum (4 ottobre 2023), nn. 20-21: AAS 115 (2023), 1047.

[108] Cf. Francesco, Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della Pontificia Accademia per la Vita (28 febbraio 2020): AAS 112 (2020), 308-309.

[109] Francesco, Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2024), n. 2: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 2.

[110] Francesco, Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 112: AAS 107 (2015), 892.

[111] Cf. Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), nn. 101, 103, 111, 115, 167: AAS 112 (2020), 1004-1005.1007-1009.1027.

[112] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 26: AAS 58 (1966), 1046-1047. Cf. Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum (15 maggio 1891), n. 28: Acta Leonis XIII, 11 (1892), 123.

[113] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 12: AAS 58 (1966), 1034.

[114] Cf. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa (2004), n. 149.

[115] Conc. Ecum. Vat. II, Dich. Dignitatis humanae (7 dicembre 1965), n. 3: AAS 58 (1966), 931. Cf. Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 50: AAS 112 (2020), 986-987.

[116] Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 50: AAS 112 (2020), 986-987.

[117] Francesco, Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 47: AAS 107 (2015), 865. Cf. Id., Esort. ap. Christus vivit (25 marzo 2019), nn. 88-89: AAS 111 (2019), 413-414.

[118] Cf. Francesco, Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), n. 88: AAS 105 (2013), 1057.

[119] Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 47: AAS 112 (2020), 985.

[120] Cf. Francesco, Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 2.

[121] Cf. Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 50: AAS 112 (2020), 986-987.

[122] Cf. E. Stein, Zum Problem der Einfühlung, Buchdruckerei des Waisenhauses, Halle 1917 (tr. it. Il problema dell’empatia, Milano 1985).

[123] Cf. Francesco, Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), n. 88: AAS 105 (2013), 1057: «Così come alcuni vorrebbero un Cristo puramente spirituale, senza carne e senza croce, si pretendono anche relazioni interpersonali solo mediate da apparecchi sofisticati, da schermi e sistemi che si possano accendere e spegnere a comando. Nel frattempo, il Vangelo ci invita sempre a correre il rischio dell’incontro con il volto dell’altro, con la sua presenza fisica che interpella, col suo dolore e le sue richieste, con la sua gioia contagiosa in un costante corpo a corpo. L’autentica fede nel Figlio di Dio fatto carne è inseparabile dal dono di sé»; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 24: AAS 58 (1966), 1044-1045.

[124] Cf. Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich. Dignitas infinita (8 aprile 2024), n. 1.

[125] Cf. Francesco, Discorso ai partecipanti al Seminario “Il bene comune nell’era digitale” (27 settembre 2019): AAS 111 (2019), 1570; Id., Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), nn. 18, 124-129: AAS 107 (2015), 854.897-899.

[126] Francesco, Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2024), n. 5: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 3.

[127] Francesco, Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), n. 209: AAS 105 (2013), 1107.

[128] Francesco, Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 4. Per l’insegnamento di Papa Francesco in merito all’IA in relazione con il «paradigma tecnocratico», cf. Id., Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), nn. 106-114: AAS 107 (2015), 889-893.

[129] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 26: AAS 58 (1966), 1046-1047, come citato in Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1912. Cf. Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra (15 maggio 1961), n. 219: AAS 53 (1961), 453.

[130] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 64: AAS 58 (1966), 1086.

[131] Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 162: AAS 112 (2020), 1025. Cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens (14 settembre 1981), n. 6: AAS 73 (1981), 591: «Il lavoro è “per l’uomo”, e non l’uomo “per il lavoro”. Con questa conclusione si arriva giustamente a riconoscere la preminenza del significato soggettivo del lavoro su quello oggettivo».

[132] Francesco, Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 128: AAS 107 (2015), 898. Cf. Id., Esort. ap. Amoris laetitia (19 marzo 2016), n. 24: AAS 108 (2016), 319-320.

[133] Francesco, Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2024), n. 5: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 3.

[134] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae (25 marzo 1995), n. 89: AAS 87 (1995), 502.

[135] Ibid.

[136] Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 67: AAS 112 (2020), 993, citato in Id., Messaggio per la XXXI Giornata Mondiale del Malato (11 febbraio 2023): L’Osservatore Romano, 10 gennaio 2023, 8.

[137] Francesco, Messaggio per la XXXII Giornata Mondiale del Malato (11 febbraio 2024): L’Osservatore Romano, 13 gennaio 2024, 12.

[138] Francesco, Discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede (11 gennaio 2016): AAS 108 (2016), 120. Cf. Id., Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 18: AAS 112 (2020), 975; Id., Messaggio per la XXXII Giornata Mondiale del Malato (11 febbraio 2024): L’Osservatore Romano, 13 gennaio 2024, 12.

[139] Cf. Francesco, Discorso ai partecipanti all’incontro dei “Minerva Dialogues” (27 marzo 2023): AAS 115 (2023), 465; Id., Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 2.

[140] Cf. Francesco, Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), nn. 105, 107: AAS 107 (2015), 889-890; Id., Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), nn. 18-21: AAS 112 (2020), 975-976; Id., Discorso ai partecipanti all’incontro dei “Minerva Dialogues” (27 marzo 2023): AAS 115 (2023), 465.

[141] Francesco, Discorso ai partecipanti all’incontro promosso dalla Commissione Carità e Salute della Conferenza Episcopale Italiana (10 febbraio 2017): AAS 109 (2017), 243. Cf. ibid., 242-243: «Se c’è un settore in cui la cultura dello scarto fa vedere con evidenza le sue dolorose conseguenze è proprio quello sanitario. Quando la persona malata non viene messa al centro e considerata nella sua dignità, si ingenerano atteggiamenti che possono portare addirittura a speculare sulle disgrazie altrui. E questo è molto grave! […] Il modello aziendale in ambito sanitario, se adottato in modo indiscriminato […] rischia di produrre scarti umani».

[142] Francesco, Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2024), n. 5: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 3.

[143] Conc. Ecum. Vat. II, Dich. Gravissimum educationis (28 ottobre 1965), n. 1: AAS 58 (1966), 729.

[144] Congregazione per l’Educazione Cattolica, Istruzione per l’applicazione della modalità dell’insegnamento a distanza nelle Università/Facoltà ecclesiastiche (2021), 2. Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Dich. Gravissimum educationis (28 ottobre 1965), n. 1: AAS 58 (1966), 729; Francesco, Messaggio per la XLIX Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2016), n. 6: AAS 108 (2016), 57-58.

[145] Francesco, Discorso alla delegazione del “Global Researchers Advancing Catholic Education Project” (20 aprile 2022): AAS 114 (2022), 580.

[146] Cf. Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), n. 41: AAS 68 (1976), 31: «Se [l’uomo contemporaneo] ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni», che cita Id., Discorso ai membri del “Consilium de Laicis” (2 ottobre 1974): AAS 66 (1974), 568.

[147] J.H. Newman, The Idea of a University Defined and Illustrated, Discourse 6.1, Basil Montagu Pickering, London 18733, 125-126.

[148] Cf. Francesco, Incontro con gli studenti del Collegio Barbarigo di Padova nel 100° anno di fondazione (23 marzo 2019): L’Osservatore Romano, 24 marzo 2019, 8; Id., Discorso a rettori, docenti, studenti e personale delle università e istituzioni pontificie romane (25 febbraio 2023): AAS 115 (2023), 316.

[149] Francesco, Esort. ap. Christus vivit (25 marzo 2019), n. 86: AAS 111 (2019), 413, che cita XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, Documento finale (27 ottobre 2018), n. 21: AAS 110 (2018), 1592.

[150] J.H. Newman, The Idea of a University Defined and Illustrated, Discourse 7.6, Basil Montagu Pickering, London 18733, 167.

[151] Cf. Francesco, Esort. ap. Christus vivit (25 marzo 2019), n. 88: AAS 111 (2019), 413.

[152] In un documento strategico del 2023 sull’uso dell’IA generativa in campo educativo e di ricerca, l’UNESCO rileva: «Una delle questioni chiave [dell’uso dell’IA generativa (GenAI) nell’educazione e nella ricerca] è capire se gli esseri umani possano eventualmente cedere all’IA i livelli elementari dei processi di pensiero e di acquisizione delle abilità, per concentrarsi invece sulle abilità cognitive di ordine superiore basandosi sulle risposte fornite da tali sistemi. La scrittura, per esempio, è spesso associata con la strutturazione del pensiero. Con la GenAI […], gli scrittori possono ora partire da un abbozzo ben organizzato fornito dall’algoritmo. Alcuni esperti hanno descritto l’uso della GenAI per generare testi in questo modo come uno “scrivere senza pensare”» (UNESCO, Guidance for Generative AI in Education and Research [2023], 37-38). La filosofa tedesco-statunitense Hannah Arendt ha previsto questa possibilità già nel suo libro del 1959, La condizione umana, e ha messo in guardia: «Se dovesse alla fine essere vero che la conoscenza (nel senso di know-how) e il pensiero si sono separati una volta per tutte, allora diventeremmo davvero degli schiavi inutili, non tanto delle macchine quanto del nostro know-how» (H. Arendt, The Human Condition, The University of Chicago Press, Chicago 20182, 3; tr. it. Vita activa. La condizione umana, Milano 2017).

[153] Francesco, Esort. ap. Amoris laetitia (19 marzo 2016), n. 262: AAS 108 (2016), 417.

[154] Francesco, Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2024), n. 7: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 3. Cf. Id., Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 167: AAS 107 (2015), 914.

[155] Giovanni Paolo II, Cost. ap. Ex corde Ecclesiae (15 agosto 1990), n. 7: AAS 82 (1990), 1479.

[156] Francesco, Cost. ap. Veritatis gaudium (29 gennaio 2018), 4c: AAS 110 (2018), 9-10.

[157] Francesco, Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 3.

[158] Per esempio, potrebbe aiutare le persone ad accedere alle «molteplici […] risorse che l’uomo possiede per promuovere il progresso nella conoscenza della verità» raccolte nelle opere filosofiche (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides et ratio [14 settembre 1998], n. 3: AAS 91 [1999], 7). Cf. ibid., n. 4: AAS 91 (1999), 7-8.

[159] Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich. Dignitas infinita (8 aprile 2024), n. 43. Cf. ibid., nn. 61-62.

[160] Francesco, Messaggio per la LVIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (24 gennaio 2024): L’Osservatore Romano, 24 gennaio 2024, 8.

[161] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 25: AAS 58 (1966), 1053. Cf. Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), passimAAS 112 (2020), 969-1074.

[162] Cf. Francesco, Esort. ap. Christus vivit (25 marzo 2019), n. 89: AAS 111 (2019), 414; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides et ratio (14 settembre 1998), n. 25: AAS 91 (1999), 25-26: «Nessuno può essere sinceramente indifferente alla verità del suo sapere. […] È la lezione di sant’Agostino quando scrive: “Molti ho incontrato che volevano ingannare, ma che volesse farsi ingannare, nessuno”», che cita Agostino d’Ippona, Confessionum libri tredecim, X, 23, 33: PL 32, 793.

[163] Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich. Dignitas infinita (8 aprile 2024), n. 62.

[164] Benedetto XVI, Messaggio per la XLIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (24 maggio 2009): L’Osservatore Romano, 24 gennaio 2009, 8.

[165] Cf. Dicastero per la Comunicazione, Verso una piena presenza. Riflessione pastorale sul coinvolgimento con i social media (28 maggio 2023), n. 41; Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Inter mirifica (4 dicembre 1963), nn. 4, 8-12: AAS 56 (1964), 146.148-149.

[166] Cf. Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich. Dignitas infinita (8 aprile 2024), nn. 1, 6, 16, 24.

[167] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 26: AAS 58 (1966), 1046. Cf. Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum (15 maggio 1891), n. 32: Acta Leonis XIII, 11 (1892), 127: «A nessuno è lecito violare impunemente la dignità dell’uomo, di cui Dio stesso dispone con grande rispetto», citato in Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), n. 9: AAS 83 (1991), 804.

[168] Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2477, 2489; can. 220 CIC; can. 23 CCEO; Giovanni Paolo II, Discorso in occasione della III Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano (28 gennaio 1979), III, 1-2: Insegnamenti, II/1 (1979), 202-203.

[169] Cf. Missione dell’Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, Dichiarazione della Santa Sede durante la discussione tematica su altre misure di disarmo e sicurezza internazionale (24 ottobre 2022): «Il rispetto della dignità umana nello spazio digitale obbliga gli Stati a rispettare anche il diritto alla privacy, proteggendo i cittadini da una sorveglianza invadente e consentendo loro di difendere i propri dati personali da accessi non autorizzati».

[170] Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 42: AAS 112 (2020), 984.

[171] Francesco, Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2024), n. 5: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 3.

[172] Francesco, Discorso ai partecipanti all’incontro dei “Minerva Dialogues” (27 marzo 2023): AAS 115 (2023), 465.

[173] Il Report intermedio del 2023 dell’Organo Consultivo sull’IA delle Nazioni Unite ha identificato una lista di «aspettative iniziali circa l’aiuto dell’IA nell’affrontare il cambiamento climatico» (Organo Consultivo sull’IA delle Nazioni Unite, Interim Report: Governing AI for Humanity [dicembre 2023], 3). Il documento ha osservato che «insieme ai sistemi predittivi in grado di trasformare i dati in intuizioni e le intuizioni in azioni, gli strumenti dotati di IA possono aiutare a sviluppare nuove strategie e investimenti per ridurre le emissioni, influenzare nuovi investimenti del settore privato nel net zero, proteggere la biodiversità e costruire una capacità sociale di recupero ad ampia base» (ibid.).

[174] Si tratta di una rete di server fisici sparsi nel mondo che consente agli utenti di immagazzinare, elaborare e gestire i propri dati da remoto, senza la necessità di spazio d’archiviazione o potenza computazionale nei dispositivi locali.

[175] Francesco, Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 9: AAS 107 (2015), 850.

[176] Ibid., n. 106: AAS 107 (2015), 890.

[177] Ibid., n. 60: AAS 107 (2015), 870.

[178] Ibid., nn. 3, 13: AAS 107 (2015), 848.852.

[179] Agostino d’Ippona, De Civitate Dei, XIX, 13, 1: PL 41, 460.

[180] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), nn. 77-82: AAS 58 (1966), 1100-1107; Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), nn. 256-262: AAS 112 (2020), 1060-1063; Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich. Dignitas infinita (8 aprile 2024), nn. 38-39; Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2302-2317.

[181] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 78: AAS 58 (1966), 1101.

[182] Francesco, Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2024), n. 6: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 3.

[183] Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2308-2310.

[184] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), nn. 80-81: AAS 58 (1966), 1013-1105.

[185] Francesco, Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2024), n. 6: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 3. Cf. Id., Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 2: «Abbiamo bisogno di garantire e tutelare uno spazio di controllo significativo dell’essere umano sul processo di scelta dei programmi di intelligenza artificiale: ne va della stessa dignità umana».

[186] Francesco, Discorso alla Sessione del G7 sull’Intelligenza Artificiale a Borgo Egnazia (Puglia) (14 giugno 2024): L’Osservatore Romano, 14 giugno 2024, 2. Cf. Missione dell’Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, Dichiarazione della Santa Sede al Gruppo di Lavoro II sulle tecnologie emergenti presso la Commissione Disarmo dell’ONU (3 aprile 2024): «Lo sviluppo e l’uso di sistemi di armi autonome letali che mancano di un appropriato controllo umano susciterebbero fondamentali preoccupazioni etiche, dato che tali sistemi non possono mai essere soggetti moralmente responsabili in grado di rispettare il diritto internazionale umanitario».

[187] Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 258: AAS 112 (2020), 1061. Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 80: AAS 58 (1966), 1103-1104.

[188] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 80: AAS 58 (1966), 1103-1104.

[189] Cf. Francesco, Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2024), n. 6: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 3: «Non possiamo nemmeno ignorare la possibilità che armi sofisticate finiscano nelle mani sbagliate, facilitando, ad esempio, attacchi terroristici o interventi volti a destabilizzare istituzioni di governo legittime. Il mondo, insomma, non ha proprio bisogno che le nuove tecnologie contribuiscano all’iniquo sviluppo del mercato e del commercio delle armi, promuovendo la follia della guerra».

[190] Giovanni Paolo II, Atto di affidamento a Maria Santissima in occasione del Giubileo dei Vescovi (8 ottobre 2000), n. 3: Insegnamenti, XXIII/2 (2000), 565.

[191] Francesco, Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 79: AAS 107 (2015), 878.

[192] Cf. Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), n. 51: AAS 101 (2009), 687.

[193] Cf. Dicastero per la Dottrina della Fede, Dich. Dignitas infinita (8 aprile 2024), nn. 38-39.

[194] Cf. Agostino d’Ippona, Confessionum libri tredecim, I, 1, 1: PL 32, 661.

[195] Cf. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis (30 dicembre 1987), n. 28: AAS 80 (1988), 548: «Oggi si comprende meglio che la pura accumulazione di beni e di servizi […] non basta a realizzare la felicità umana. Né, di conseguenza, la disponibilità dei molteplici benefici reali, apportati negli ultimi tempi dalla scienza e dalla tecnica, compresa l’informatica, comporta la liberazione da ogni forma di schiavitù. Al contrario, […] se tutta la massa delle risorse e delle potenzialità, messe a disposizione dell’uomo, non è retta da un intendimento morale e da un orientamento verso il vero bene del genere umano, si ritorce facilmente contro di lui per opprimerlo». Cf. ibid., nn. 29, 37: AAS 80 (1988), 550-551.563-564.

[196] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 14: AAS 58 (1966), 1036.

[197] Francesco, Lett. enc. Dilexit nos (24 ottobre 2024), n. 18: L’Osservatore Romano, 24 ottobre 2024, 6.

[198] Ibid., n. 27: L’Osservatore Romano, 24 ottobre 2024, 5.

[199] Ibid., n. 25: L’Osservatore Romano, 24 ottobre 2024, 5-6.

[200] Francesco, Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 105: AAS 107 (2015), 889. Cf. R. Guardini, Das Ende der Neuzeit, Werkbund Verlag, Würzburg 19659, 87ss. (tr. it. La fine dell’epoca moderna, Brescia 1984).

[201] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 34: AAS 58 (1966), 1053.

[202] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis (4 maggio 1979), n. 15: AAS 71 (1979), 287-288.

[203] N. Berdjaev, «Man and Machine», in C. Mitcham – R. Mackey (edd.), Philosophy and Technology: Readings in the Philosophical Problems of Technology, The Free Press, New York 19832, 212-213.

[204] Ibid., 210.

[205] G. Bernanos, «La révolution de la liberté» (1944), in Id., Le Chemin de la Croix-des-Âmes, Rocher, Monaco 1987, 829.

[206] Cf. Francesco, Incontro con gli studenti del Collegio Barbarigo di Padova nel 100° anno di fondazione (23 marzo 2019): L’Osservatore Romano, 24 marzo 2019, 8; Id., Discorso a rettori, docenti, studenti e personale delle università e istituzioni pontificie romane (25 febbraio 2023): AAS 115 (2023), 316.

[207] Francesco, Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 112: AAS 107 (2015), 892-893.

[208] Cf. Bonaventura da Bagnoregio, Collationes in Hexaemeron, XIX, 3; Francesco, Lett. enc. Fratelli tutti (3 ottobre 2020), n. 50: AAS 112 (2020), 986: «Il cumulo opprimente di informazioni che ci inonda non equivale a maggior saggezza. La saggezza non si fabbrica con impazienti ricerche in internet, e non è una sommatoria di informazioni la cui veracità non è assicurata. In questo modo non si matura nell’incontro con la verità».

[209] Francesco, Messaggio per la LVIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (24 gennaio 2024): L’Osservatore Romano, 24 gennaio 2024, 8.

[210] Ibid.

[211] Ibid.

[212] Francesco, Esort. ap. Gaudete et exsultate (19 marzo 2018), n. 37: AAS 110 (2018), 1121.

[213] Francesco, Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2024), n. 6: L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2023, 3. Cf. Id., Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 112: AAS 107 (2015), 892-893; Id., Esort. ap. Gaudete et exsultate (19 marzo 2018), n. 46: AAS 110 (2018), 1123-1124.

[214] Cf. Francesco, Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 112: AAS 107 (2015), 892-893.

[215] Cf. Francesco, Discorso ai partecipanti al Seminario “Il bene comune nell’era digitale” (27 settembre 2019): AAS 111 (2019), 1570-1571.


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Fonte: https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_ddf_doc_20250128_antiqua-et-nova_it.html

Fonte foto: https://www.unina.it/-/17804455-pensiero-umano-e-intelligenza-artificiale-relazioni-pericolose-

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