lunedì 15 luglio 2019

INTERVISTA A FABRIZIO VALENZA , scrittore d'ispirazione cristiana, di Elisabetta Modena



INTERVISTA A FABRIZIO VALENZA , scrittore d'ispirazione cristiana
 
                              




  di Elisabetta Modena

 
 
 
1)      Fabrizio, in che modo ti presenteresti ai nostri lettori, aprendo fin dall'inizio una finestra sul tuo approccio cristiano alla scrittura?
 
Citando l'Apocalisse: “Come mi voltai per vedere chi fosse colui che mi parlava, vidi sette candelabri d'oro e in mezzo ai candelabri c'era uno simile a figlio di uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d'oro. I capelli della testa erano candidi, simili a lana candida, come neve. Aveva gli occhi fiammeggianti come fuoco, i piedi avevano l'aspetto del bronzo splendente purificato nel crogiuolo. La voce era simile al fragore di grandi acque” (cap. 1, vv. 12-15).
            Non ho manie di grandezza, ma credo che un simile testo sia di per sé capace di rendere l'idea di ciò che intendo per scrittura: aprire finestre di significato sulla realtà che ci circonda e che ci attende, meglio se attraverso un linguaggio impregnato di simbolismo.
            Io sono un insegnante di Religione Cattolica presso alcune scuole dell'infanzia di Verona, e sono sempre stato convinto che il linguaggio fantastico in tutte le sue accezioni (ultimamente per me è molto importante quella “horror”) sia una porta sul significato profondo del mondo e della nostra condizione di esseri umani, sempre bisognosi di qualcosa di ulteriore, che non sia il nostro semplice e puro stare al mondo, trascinati come siamo da mille cose diverse verso mille baratri differenti. C'è bisogno di un'ancora di salvezza. Può essere la fede, indubbiamente (e faccio mia questa opzione), ma la fede si può trasmettere anche attraverso la scrittura. È quello che tento di fare con i miei romanzi.
 
2)      Di cosa parlano le tue storie?
 
Di esseri umani normali che si trovano in situazioni di difficile approccio, perché rivelano aspetti problematici così grossi, da apparire spesso insormontabili. Le storie sono molte e diverse tra di loro, e io non mi soffermo su un genere più che su un altro. Fantasy, horror, sentimentale, fantascienza. Va tutto bene, ma credo di poter individuare un nucleo fondamentale di ciò che racconto nel confronto tra l'uomo e la morte. In fin dei conti, è la prospettiva della morte che è capace di tirar fuori dall'uomo ciò che egli è veramente. Inoltre, sono convinto che la prospettiva della morte ponga l'essere umano di fronte alla percezione di ciò che vi è al di là, ma che viene tenuto distante per paura.
 
3)      Come pensi sia possibile coniugare la fantasy con il cristianesimo?
 
Qualcuno ha detto che la narrativa fantasy è tutta di ascendenza cristiana, nel senso che deriverebbe dalla mistica creatasi nell'incontro tra letteratura e mitologia cristiana. Non sono del tutto d'accordo, ma credo che in buona parte sia vero. Il cristianesimo ha dato origine a quella tipica e netta contrapposizione tra bene e male che è alla base di ogni racconto fantastico della letteratura occidentale. Un modo che ormai sta influenzando la narrazione di tutto il mondo.
            Inoltre il cuore del cristianesimo, cioè la presenza di Cristo, è capace di modificare il senso delle storie e permette di inserire quel nocciolo di “differenza” in grado di trasformare il corso degli eventi.
 
4)      E l'horror? Come mai hai deciso di scrivere horror?
 
L'horror permette a uno scrittore di affrontare le emozioni e i sentimenti più duri, perfino quelli considerati osceni, utilizzando il filtro della narrazione. In altre parole, offre uno strumento catartico utile a chi vive certe emozioni senza avere altrimenti la capacità di chiamarle per nome. Contemporaneamente, l'horror offre al lettore uno specchio della propria esistenza, indicando implicitamente al racconto il limite da non oltrepassare. Che il racconto horror oltrepassi sempre quel limite è necessario, proprio perché ci permette di capire fino dove non ci si può spingere. Stephen King esprime molto bene questo concetto nel suo saggio sulla narrazione horror, Danse macabre (Sperling Paperback – saggi, trad. Edoardo Nesi, 2006).
 
5)      Non credi che ci sia la possibilità che l'horror porti i lettori a vedere le cose della vita in maniera estrema o pericolosamente negativa?
 
Questa è una vecchia diatriba tra gli autori horror o, più in generale, di thriller e certi critici. Come se un romanzo fosse in grado di spingere qualcuno a uccidere o a guastarsi la vita. Sono intimamente convinto che un lettore possa modificare la sua visione della realtà in seguito a un romanzo soltanto se dentro di sé ha già avviato il processo per il cambiamento. È verissimo che una narrazione possa incidere sulla vita delle persone, ma per farlo c'è sempre bisogno che il lettore sia già predisposto. Non basta una predisposizione di tipo, diciamo così, ambientale, cioè essere immersi in un determinato clima: occorre molto di più, essersi già modificati interiormente in modo tale da volersi ricostruire. Nell'arco della storia ci sono stati molti libri ritenuti pericolosi per il loro contenuto, e quando questo accadeva, la ragione era che il libro non faceva altro che far ragionare su cambiamenti già posti in atto nella società in seno alla quale rischiavano di avere una forza dirompente. Allo stesso modo, è capitato spesso di ricondurre delitti o fatti negativi all'influenza di questo libro o di quel film. Accuse assurde, dettate solo dalla volontà di non vedere la reale radice dei problemi.
 
6)      Quanto di ciò che scrivi parte dalla tua spiritualità e quanto, invece, nasce da storie che prendono vita in maniera autonoma? Ovvero: c'è una “morale” nei tuoi romanzi?
 
No, nei miei scritti non c'è morale. Trovo assurdo dover imporre una morale dall'alto. Le mie storie nascono dalla realtà e cercano di rappresentarla nel miglior modo possibile. Ciò non significa che scriva da “neorealista”, ma che il mio desiderio è quello di mostrare come vanno le cose nel mondo (anche se, ovviamente, con il mio sguardo, che utilizza sempre un bel paio di occhiali cristiani). Sono convinto che già i fatti siano di per sé sufficienti ad aprire finestre di senso e significato nel lettore.
            Poi è ovvio che, essendo io l'autore delle mie storie e trattandosi di un autore che ha un credo ben determinato, le vicende che si dipanano secondo l'impulso dei suoi protagonisti contengano anche parte della mia spiritualità, e che essa – in un modo o nell'altro – finisca nel novero delle motivazioni della storia.
 
7)      Quali sono i progetti ai quali stai attualmente lavorando?
 
Ho appena terminato un romanzo a forti tinte soprannaturali, Tu sarai l'inizio, che ha per protagonista un archeologo che si deve scontrare (manco a farlo apposta...) con la morte della moglie. Un tremendo incidente stradale che innesca in lui meccanismi psicologici al limite della follia, che lo portano in contatto con ciò che di divino si nasconde nella sua vita quotidiana. Uscirà verso fine anno.
            Inoltre sto correggendo in questi mesi altri due romanzi che vedranno la luce quest'anno. Commento d'autore, horror che uscirà a metà marzo per Linee Infinite, e Geshwa Olers. Il cammino di un mago, terzo volume della mia saga fantasy Storia di Geshwa Olers, pubblicata da Domino Edizioni.


 
 
 
 



Fonte : 
Per leggere alcuni scritti di Elisabetta Modena si può consultare la sua Rubrica su ARTCUREL : "Leggere la Nuova Narrativa Cristiana", oppure i Blog : www.elisabettam.splinder.com ; http://biblogit.splinder.com  ;  www.lulu.com/groups/italianiscrittoricristiani  .  E-mail:  francescotex@interfree.it .  












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