mercoledì 17 luglio 2019

NINO MEZZARO , pittore di Dio



NINO  MEZZARO , pittore di Dio
        
     




                  
       
Nino Mezzaro, grafico, pittore e scultore, nasce a Ferrara dove vive e lavora, nel 1932. Frequenta l'Accademia di Belle Arti a Bologna negli anni '50 con Drei, Romagnoli e Morandi, poi si dedica all'insegnamento di materie artistiche nella scuola media, attività che lascia nel 1982.
Uomo attento e sensibile, è attratto dal mistero dell'universo in cui s'immerge con le sue fantasie metafisiche, dando spazio ad un proprio rigore formale geometrico, denso di emozione e di intensa spiritualità.
Da mistero a mistero: l'impatto con Cristo lo avvolge totalmente ed il crollo dinnanzi alla Croce è totale. A questa pazzia d'amore l'artista risponde con tutta la sua pienezza e, attraverso l'esperienza grafica, pittorica e plastica, esterna la sua totale adesione al gesto estremo del Dio della Croce, Gesù.
Centinaia sono le sue opere, svolte con ogni tipo di tecnica, incentrate sulla figura del Cristo ed ispirate in modo particolare al Volto della Sindone.
"Io ti amo Cristo e finché vivrò traccerò con i mezzi dell'arte i segni del tuo volto".
                                            






TRA I FRUTTETI FERRARESI
L' artista
della «Domus Christi»
Nino Mezzaro ha abbandonato l'insegnamento e si è ritirato in una vecchia canonica a ridosso del Po dedito a tempo pieno all'arte sacra. "Sono un poveraccio che ama Cristo". Il fascino dell'uomo della Sindone.
di Pierino d'Eugenio (01/09/1994)

L’ha voluta chiamare Domus Christi a significare senza equivoci la matrice sacra che anima la sua produzione artistica. Da quando poi l'hanno tacciato di privilegiare il Figlio a scapito della Madre ha completato il titolo: Domus Christi sub protectione Virginis, casa di Cristo sotto la protezione della Vergine.
Per raggiungerla occorre insinuarsi tra i frutteti della fertilissima pianura ferrarese, una pianura dagli orizzonti evanescenti che evocano sensazioni d'infinito. Ferrara è vicina, ma qui l'aperta campagna si spinge oltre l'hinterland della città. Basta uscire dal centro e percorrere una manciata di chilometri in direzione nord per raggiungere Pescara, derelitta frazione a ridosso del Po che nulla ha da spartire con la blasonata città adriatica. Un fazzoletto di abitazioni seminascoste da filari di meli o circoscritte da seminagioni a soia e mais; un campanile e una fatiscente canonica da cui non sbuca ad accoglierti, come usa, la perpetua o il parroco ma proprio lui, l'artista Nino Mezzaro.
È questa, dal maggio dell'anno scorso, la Domus Chrjsti dove il professore si è acquartierato in relativa solitudine. Subito invade l'anima una pace profonda, secondata dal silenzio, dall'odore buono della campagna e dal profumo che irrompe da rosai e petunie circostanti. Una pace che si intensifica appena oltre la soglia, lo sguardo può slargarsi nella hall che raccoglie, oltre agli studi più recenti, la
prima parte della creatività dell'artista: omaggi alla Vergine con volti diafani dagli occhi fascinosamente azzurri, olii e pirografie, bassorilievi scavati su vecchi tronchi d'abete, trittici in gesso o cemento e fantasie cromatiche di figure surreali conferiscono alla rassegna una polivalenza che assurge a mostra, studio artistico, esposizione e centro culturale insieme.

Ma va detto che polivalente dalle multiformi sfaccettature è lo stesso autore. Nato a Ferrara nel 1932, già al liceo scientifico Nino Mezzaro subisce una prima crisi che lo porta a frequentare l'Accademia delle Belle Arti a Bologna dove si forma con Morandi, Drei e Guidi. E chiaro l'intento di fare dell'arte la sua specifica professione. Vince anche una borsa di studio per Parigi o Madrid, ma sorpreso da nuova crisi esistenziale, pianta tutto e per 25 anni si dedica all'insegnamento pur senza rinunciare alla passione per la tavolozza. Nel 1982 lascia volontariamente la scuola e si rituffa a capofitto tra i meandri dell'arte. È ora ossessionato dalla sacra Sindone a cui ispira centinaia di volti riprodotti con tratti vigorosi o temperati, ma sempre grondanti composto misticismo. "Devo tutto a padre Cristoforo Martelli (un suo amico passionista, ndr) che mi ha trasmesso il fascino per il misterioso uomo della Sindone", risponde a chi si meraviglia di questa prodigiosa esplosione figurativa.
Frutto di travaglio interiore più che di familiarità con il mestiere, sono proprio essi, i maestosi volti emergenti dalla sacralità ieratica della Sindone, che costituiscono la seconda parte della rassegna. Dietro ogni volto, si direbbe dietro ogni tratto levigato o scarnificante, rivive l'itinerario dell'artista, un itinerario tormentato da croci, peregrinazioni e incertezze ricorrenti che tuttavia non ne fiaccano la fibra d'asceta in grado di smussare con la fede anche gli angoli più crogiolanti. Confida: "Fino al 30 aprile 1987 ero senza casa. 'Madonna, ho pregato, bel mese di maggio mi fai fare quest'anno!' Il giorno dopo avevo due case". Praticante d'assalto, ha minacciato di ricorso a Natta alcuni esaltati che hanno osato oltraggiargli con falce e martello uno striscione salmodiante. Tiene saldamente ancorata al sacro la chiave di lettura delle sue "creature" di cui parla a raffica, le mani ossute in perpetuo movimento, a sostegno della parola che corre in libertà mettendo a dura prova lo stenografo..
Anche la terza e ultima parte, costituita da spirali cosmiche, figure irreali, peane gioiose e armonie spaziali, è del resto un inno alla vita e all'amore nel trionfo del Creatore.
L'arte di Mezzaro, vagamente ispirata al Masaccio e al Beato Angelico, ma sviluppatasi su un filone eclettico personale che oscilla tra espressionismo e figurativo-simbolico, si esprime anche in opere scultoree: suoi sono i grandiosi crocifissi (uno supera metri 6 x 5) che ornano le chiese parrocchiali di San Giuseppe di Comacchio, Longastrino, Bando d'Argenta e quello in lamiere saldate esposto presso il Centro di formazione professionale a Cesta di Copparo. Rimane arduo credere che da uno studio più simile a topaia che a fucina d'arte possano sortire di getto, insapiditi da scaltra padronanza delle più svariate tecniche espressive, olii, pirografie, pannelli, sculture lignee di sapore fitomorfico e disegni a carboncino capaci di riconciliare l'osservatore con l'arte. L'ultima esposizione, allestita lo scorso anno tra le abetaie bellunesi di Lorenzago del Cadore, è stata un boom che ha polarizzato l'attenzione di cultori d'arte e porporati sulla componente religiosa armonizzata con significazioni di incisivo livello tecnico.
Intanto la fertilità dell'artista non conosce rallentamenti e la produzione acquista dimensioni macroscopiche. Dieci carichi di furgone non sono stati sufficienti per traslocare le opere. Alla Domus Christi sono esposti centinaia di quadri, ma sono migliaia quelli affastellati ognidove in attesa di sistemazione. Se ad essi si aggiungono gli studi che di giorno in giorno vanno ad arricchire la collezione (attualmente sono soprattutto volti della Vergine dai tratti sfumati e dai colori maliosi), si capisce perché già nella mente del professore riprendano a baluginare idee di ulteriori peregrinazioni alla ricerca di spazi più ampi.
I visitatori indugiano tra le sale in religioso silenzio, non di rado commossi. "E' gente d'ogni età ed estrazione sociale - spiega il professore - che non si limita ad una sola visita, ma torna magari con altri, si appassiona, s'interessa invocando adeguata pubblicità, vorrebbe il catalogo o dei posters che purtroppo non esistono, è convinta che qui c'è una miniera". Non mancano episodi significativi, come la dottoressa che al termine della visita abbraccia l'artista esclamando: "Dio la benedica". E c'è chi dice che la Domus Christi è un fiume d'acqua viva, una bomba, una valanga, perfino chi entrando si segna e s'inginocchia. Davanti a una Madonna sfumata con rara eleganza di colori e soffusa d'intenso misticismo è successo anche che una bimba di sei anni, vista la mamma in lacrime, è corsa a cogliere un fiore per deporlo sul volto della Vergine. "Quel fiore è ancora li", dice il professore che tuttavia non ama parlare dell'artista a chi lo interroga sulla sua identità. "Sono un poveraccio che ama Cristo e ha piantato tutto per Lui. Mediante l'arte tento di accostare la gente al Suo mistero che è un pozzo senza fondo e in cui tutto si ricapitola".





Le foto e il testo è tratto dal website di Nino Mezzaro  http://digilander.libero.it/pittoredidio/













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