martedì 7 gennaio 2020

PAOLO VI, RADIOMESSAGGIO DI PACE E DI UNITÀ A TUTTI I POPOLI



PAOLO VI
 
 RADIOMESSAGGIO DI PACE E DI UNITÀ A TUTTI I POPOLI 
Lunedì, 23 Dicembre 1963
    
      Fratelli e Figli che Ci ascoltate!
 
    Sia per Voi tutti il Nostro augurio di buon Natale! Esso vuole entrare, innanzi tutto, nei vostri cuori, e vuole recarvi quel senso di letizia, di pace, di serenità, di fiducia, che emana precisamente da questa santa festività, e che costituisce una delle più consolanti esperienze della vita. Possa ognuno, che accoglie questo Nostro affettuoso augurio, sentirne interiormente la dolcezza ed il conforto; la felicità: oggi, gli uomini, che hanno pur tanti mezzi di così detta felicità esteriore, mancano assai spesso di felicità interiore, quella vera, quella personale, quella profonda e sincera; ed è quella che Noi per ciascuno di voi desideriamo. La auguriamo a voi, sofferenti, per primi, che ne avete maggiore bisogno; a voi, ammalati, a voi, vecchi, a voi, tristi, a voi, piangenti, a voi, affamati di perdono, a voi, assetati di giustizia. 

     TENEREZZA DI VOTI PER L'INTERA FAMIGLIA UMANA
 
   Vorremmo essere accanto a ciascuno di voi, per recarvi la dolce e sincera parola consolatrice di Cristo. Poi, a voi bambini carissimi, a voi giovani, che vedete nel Natale la vostra festa; festa della vita nuova, festa degli affetti buoni, festa della gioia di vivere: possa il Signore conservare e far fiorire, anche negli anni venturi, codesta allegrezza e insegnarvene il segreto, ch’è rinchiuso nell’innocenza. A voi, famiglie riunite intorno alla mensa ed ai doni, intorno al presepio pieno di poesia nativa e rigeneratrice. A voi, categorie sociali, che in questa ricorrenza fate il bilancio delle vostre forze e delle vostre necessità, perché il senso della giustizia si accompagni in voi con quello dell’ordine e dell’amore. A voi, esuli e profughi, le cui ansie e pene Ci sono note; a voi, fedeli, che siete privi della dovuta libertà, a voi, che patite per Cristo e la sua Chiesa e che oggi più che mai siete vicini al Nostro cuore. A voi,’ popoli, a voi, nazioni di questa terra, a cui il messaggio della pace oggi piove dal cielo e riempie il mondo di fiducia e di buona volontà.
     Buon Natale a tutti! Siamo in grado di dispensare questi auguri, perché il Natale è festa religiosa e cristiana; e Noi sappiamo bene quale relazione esso abbia con le sorti della vita umana.
    Ma avviene questo. Nel Nostro desiderio di allargare a tutti il Nostro augurio fraterno e paterno, il Nostro sguardo cerca di scorgere, dall’altezza a cui la Nostra missione Ci pone, come da un osservatorio universale, il panorama del mondo. E allora Ci accorgiamo che i Nostri auguri si devono commisurare non solo ai desideri comuni e modesti d’una festa lieta e popolare, qual è oggi ordinariamente il Natale, ma si devono soprattutto rivolgere ai bisogni veri e grandi degli uomini. La Nostra affezione non può ignorare le grandi sofferenze, le profonde aspirazioni, le dolorose deficienze, che interessano larghi strati della società, o che si riferiscono a popoli interi. In questo intento di osservazione realista della scena umana il Nostro animo da gioioso si fa pensoso, perché appunto si chiede: quali sono oggi i grandi bisogni del mondo, ai quali i Nostri voti, per essere davvero provvidi e saggi, devono coordinarsi?
I bisogni del mondo! La domanda mette le vertigini, tanto questi bisogni sono vasti, molteplici, incommensurabili. Ma alcuni fra essi sono così evidenti ed impellenti, che tutti noi, in qualche misura, li conosciamo.
     Il primo è la fame. Si sapeva che c’era; ma oggi è stata scoperta. È una scoperta ormai scientifica, che ci avverte che più della metà del genere umano non ha pane sufficiente. Generazioni intere di bambini ancor oggi muoiono e languono per indescrivibile indigenza. La fame produce malattia e miseria; e queste, a loro volta, accrescono la fame. Non è solo la prosperità che manca a popolazioni sterminate, è la sufficienza. 

     LA DIVINA LEGGE DI RETTITUDINE E CARITÀ CONTRO IL FLAGELLO DELLA FAME
 
    E il triste fenomeno, se non assistito da opportuni rimedi, si deve prevedere che non diminuirà, ma che aumenterà. La crescita demografica delle regioni affamate non è ancora compensata dalla crescita economica dei mezzi di sussistenza, mentre è accompagnata dalla diffusione dei mezzi d’informazione e di cultura, i quali dànno a tale stato di sofferenza una coscienza inquieta e ribelle. La fame può diventare una forza sovversiva di conseguenze incalcolabili.
      Chi studia questo impressionante e minaccioso problema è talvolta tentato di ricorrere a rimedi che devono ritenersi peggiori del male, se consistono nell’attentare alla fecondità stessa della vita con mezzi che l’etica umana e cristiana deve qualificare illeciti: invece di aumentare il pane sulla mensa dell’umanità affamata, come oggi lo sviluppo produttivo moderno può fare, si pensa da alcuni di diminuire, con procedimenti contrari all’onestà, il numero dei commensali. Questo non è degno della civiltà. Sappiamo che il problema dell’aumento demografico dei popoli, privi di mezzi sufficienti di sussistenza, è molto grave e complesso; ma non si può ammettere che la sua soluzione consista nell’uso di metodi contrari alla legge di Dio e al rispetto sacro dovuto al matrimonio e alla vita nascente.
    Nuovo motivo questo, per cui Noi guardiamo con immensa compassione alla moltitudine umana che soffre la fame, e osserviamo con trepidante attenzione il modo con cui sono studiati e trattati gli enormi problemi, connessi a tale stato di cose. Se a Noi non è dato il potere miracoloso di Cristo di moltiplicare materialmente il pane per la fame del mondo, è dato tuttavia di accogliere nel Nostro cuore l’implorazione, che sale dalle folle tuttora languenti e oppresse dalla miseria, e di sentirla vibrare in Noi con la stessa pietà del divino e umanissimo cuore di Cristo: Misereor super turbam . . . « ho compassione di questo popolo che . . . non ha da mangiare » (Matth. 8, 2). La sofferenza dei Poveri è Nostra! e vogliamo sperare che questa Nostra simpatia sia di per se stessa capace di suscitare quel nuovo amore che moltiplicherà, mediante un’economia provvida e nuova al suo servizio, i pani necessari per sfamare il mondo. 

     MIRABILE OPERA DEI PASTORI E DEI FEDELI
 
   Siamo perciò apertamente favorevoli a tutto quanto oggi si fa per venire in soccorso delle popolazioni mancanti dei beni occorrenti alle necessità elementari della vita. Vediamo con ammirazione che grandi opere di soccorso internazionale sono sorte in questi anni a testimoniare, dopo le rovine della guerra, una rifiorente nobiltà del cuore umano, e ad offrire generosamente a intere masse di popolazioni sconosciute il dono spontaneo e ordinato dell’indispensabile pane.
Noi vogliamo incoraggiare e benedire tale magnifico sforzo molteplice e provvidenziale; e siamo lieti di vedere principii cristiani suscitare, pervadere e promuovere così lodevoli e benefiche iniziative. Ci piace anche notare che alcune di esse partono dal campo cattolico, per merito di persone dotate di genio cristiano, di degni Pastori che sostengono tali nobili imprese, di numerosi fedeli che vi dànno cuore e denaro, di valenti dirigenti che le organizzano e di bravi esecutori che vi prestano mirabile servizio: un saluto a tutti questi valorosi!
  Ed ecco perciò un primo Nostro augurio natalizio: che la carità regni nel mondo! che l’amore portato da Cristo, venuto bambino sulla nostra terra, e da Lui acceso fra gli uomini, si infiammi sempre più, fino a diventare capace di togliere dalla nostra civiltà il disonore della miseria, gravante su uomini nostri simili, e in Cristo nostri fratelli!
    LA CIVILTÀ CRISTIANA AUSILIO E BALUARDO DELLE NUOVE NAZIONI
 
   Questo augurio ne richiama un altro, non dissimile dal primo negli scopi umanitari, ma diverso nei metodi con cui deve essere realizzato. È l’augurio per i popoli in via di sviluppo.
    La Nostra missione universale di Pastore delle genti Ci fa guardare con immensa simpatia e con amoroso interesse alle nuove Nazioni che sorgono in questi anni alla coscienza, alla dignità e alla funzione di Stati liberi e civili. Noi osserviamo specialmente quelli dell’Africa e dell’Asia, e Ci piace salutare, in questo Natale di Cristo, la loro nascita all’indipendenza e al concerto della vita internazionale. Noi vorremmo ricercare con essi l’origine più alta della loro vocazione alla libertà e alla maturità umana nel messaggio cristiano, e vorremmo loro augurare di sapervi sempre scoprire le sorgenti del vero umanesimo, di sapervi sempre trovare quelle riserve di energie morali, con le quali un popolo acquista l’esatto concetto della vita umana e trova la sapienza e la forza per esprimere nelle sue leggi e nei suoi costumi sia i grandi principii della civiltà, sia le forme peculiari della sua indole nativa.
   Noi sappiamo che queste nuove Nazioni sono giustamente fiere della loro sovrana libertà e che non possono più ammettere il dominio d’un altro Stato sopra di loro; ma sappiamo anche che esse non hanno ancora raggiunto la propria sufficienza per godere di tutti i benefici culturali ed economici d’una civiltà moderna e completa. Ecco allora che la nostra carità del Natale, nella ricerca dei grandi bisogni del mondo, vede in questi giovani Stati il bisogno, non già d’una mortificante e interessata beneficenza, ma quello dell’assistenza scientifica e tecnica e della solidarietà amichevole del mondo internazionale: la fratellanza succeda al paternalismo. Ed è questo l’augurio che formuliamo per questi popoli nuovi: che essi entrino come fratelli nella famiglia delle Nazioni civili; entrino portando il contributo delle loro originarie civiltà e della loro recente formazione culturale e sociale, con spirito di solidarietà, di concordia e di pace; e che essi trovino nella medesima famiglia internazionale il rispetto loro dovuto e l’aiuto di cui hanno tuttora bisogno.
     Non possiamo dimenticare come la Chiesa cattolica stessa, mediante le sue Missioni in mezzo a questi Popoli nuovi, abbia sempre lavorato, senza alcuno scopo di proprio interesse temporale, per risvegliare in essi le loro migliori capacità, sempre onorando ogni loro umana ed onesta espressione, sempre annunciando la loro chiamata ai veri e supremi destini dell’uomo redento, e sempre procurando, con ogni sacrificio e con puro amore, di offrire ad essi i benefici dell’istruzione, dell’assistenza sanitaria, della formazione sociale; e tutto questo non come rapporto fra superiore e inferiore, ovvero fra straniero ed estraneo, ma come educazione alla fraternità cristiana e all’autonomia civile. Vogliamo perciò augurare che le Missioni cattoliche trovino sempre benevola accoglienza nelle nuove Nazioni e che sappiano sempre loro offrire la devota e leale collaborazione per il loro migliore sviluppo spirituale, morale e materiale. 

     LA PACE BENE SUPREMO NELLA TRANQUILLITÀ E SICUREZZA
 
   Il Nostro sguardo, che si è disteso sopra il panorama dei Popoli, non può non fermarsi ancora sopra un altro supremo bisogno dell’umanità: la pace.
   Ce ne suggerisce il ricordo la stessa festività del Natale, che, come tutti sappiamo, a noi si presenta come un messaggio di pace, calato dal cielo sulla terra per tutti gli uomini di buona volontà.
   Così ce ne offre l’accenno la grande Enciclica del Nostro venerato e compianto Predecessore Giovanni XXIII, la quale ebbe per tema fondamentale la questione della pace in questo nostro mondo moderno, le cui trasformazioni e le cui controversie obbligano continuamente a meditarne la natura, le forme, le debolezze, i bisogni e gli sviluppi.
    Questa Enciclica ci ha insegnato, se così possiamo dire, la problematica nuova della pace e il dinamismo che investe i termini da cui deve risultare: la sua classica definizione agostiniana « tranquillità dell’ordine » ci è apparsa risultare oggi piuttosto dall’ordinato movimento dei fattori che compongono la tranquillità e la sicurezza della pace, che da una statica fissità: l’equilibrio nel moto.
Ma Ci sentiamo ancor più obbligati a fare oggetto dei Nostri voti natalizi la pace dal duplice fatto che, in primo luogo, ne avvertiamo ormai come insopprimibile il bisogno nella coscienza delle generazioni nuove: i giovani vogliono la pace! E in secondo luogo che vediamo come la pace è tuttora debole, la pace è tuttora fragile, la pace è tuttora minacciata, e, in non pochi punti della terra, per fortuna circoscritti, è violata!
   La Nostra osservazione si fa trepidante per altre ovvie considerazioni: la pace, oggi, è più fondata sulla paura che sull’amicizia; è più difesa dal terrore di armi micidiali che dalla mutua alleanza e fiducia fra i popoli! E se la pace fosse, Dio non voglia, domani interrotta, la rovina dell’intera umanità è possibile.
    Come possiamo celebrare un Natale sereno con tale minaccia sospesa sulle sorti del mondo? Perciò il Nostro augurio si fa stringente preghiera a tutti gli uomini di buona volontà, sì, a tutti gli uomini responsabili nel campo della cultura e della politica di porsi come fondamentale il problema della pace. Della pace vera, non di quella esaltata da un’ipocrita propaganda per addormentare l’avversario e nascondere la propria preparazione bellica; non di quella imbelle e retorica, che rifugge dalle indispensabili, pazienti, estenuanti, ma solo efficaci trattative; non di quella fondata soltanto sul precario equilibrio di interessi economici contrastanti, o sul sogno di orgogliose egemonie. Della pace vera, diciamo, che fonda la sua sicurezza nella saggia abolizione, nella temperanza almeno delle cause da cui può essere compromessa, come l’orgoglio nazionalistico o ideologico, la corsa agli armamenti, la sfiducia nei metodi e negli organismi istituiti per rendere ordinata e fraterna la convivenza tra i popoli. Pace, pace nella verità, nella giustizia, nella libertà e nell’amore, Noi auguriamo!
    A questo punto il Nostro augurio natalizio ravvisa un altro bisogno, collegato con quello della pace; e si identifica in seguito a questa elementare domanda: perché gli uomini non sono in pace fra loro? Perché i loro animi non sono uniti. 

       L'UNIONE DEGLI ANIMI: GRANDE ASPIRAZIONE DEL MONDO ODIERNO
 
    L’unione degli animi è il grande bisogno umano contemporaneo. La cultura, che suscita e in grande parte serve questo bisogno, alla fine non lo soddisfa; lo inasprisce, piuttosto, per il pluralismo indiscriminato delle idee che essa mette in circolazione. Gli uomini mancano di unità nei principii, nelle idee, nelle concezioni della vita e del mondo. E finché sono divisi si ignorano, si odiano, si combattono. Si vede, da ciò, quale sia l’importanza del fattore dottrinale nelle sorti dell’umanità. Si vede quale sia la nostra fortuna per la venuta di Gesù Cristo nel mondo. Egli è venuto per stabilire un rapporto unico ed universale degli uomini con Dio, il Padre celeste. Questo rapporto religioso è il fondamento più solido e più fecondo dell’unità fra gli uomini, nel rispetto, anzi nel risveglio delle loro singole e rispettive personalità. La vera sociologia della pace umana nasce dall’unità religiosa cristiana. E questa unità, instaurata da Cristo, nel pensiero e nella storia, vorrebbe essere anche il Nostro supremo augurio, per la pace, per la concordia, per l’amore, per la comprensione, per la felicità degli uomini di buona volontà.
Noi lo lanciamo al mondo con le campane del santo Natale.
   Lo rivolgiamo specialmente a quelli che dobbiamo credere essere meglio degli altri predisposti ad accoglierlo: i Cristiani tuttora da Noi separati, i Cattolici felicemente a Noi congiunti: ut unum sint, che tutti siano uniti: fu il voto sublime ed ultimo di Cristo prima della sua Passione. Lo sia per noi il giorno celebrativo della sua venuta nel mondo.
   Figli e Fratelli, e uomini tutti di buona volontà! Sono questi i voti che il Natale Ci mette nel cuore; e, in questo primo periodo del Nostro Pontificato e durante la celebrazione del Concilio ecumenico vaticano secondo, essi sono così veementi e così traboccanti, che abbiamo pensato, voi lo sapete, di recarci prossimamente in Palestina, nella terra dove Cristo, Figlio di Dio, scese dal cielo, visse, insegnò, soffri, morì e risorse, e di nuovo al cielo montò, perché Ci sembra questo un atto espressivo e nuovo della Nostra fede e del Nostro amore per Lui, e Ci sembra che quasi a Lui evangelicamente uniti possiamo poi meglio dare alla sua missione, a Noi affidata per la salvezza del mondo, un’irradiazione sincera e felice.

     

http://www.vatican.va/content/paul-vi/it/speeches/1963/documents/hf_p-vi_spe_19631223_messaggio-natale.html

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