giovedì 5 dicembre 2019





La donna vestita di sole

 F. Bartoli


   Se nei Vangeli Maria è la “mater abscondita”, lo sfondo silenzioso di Gesù, la terra in cui affonda le sue radici l’albero della nostra salvezza, come la definiva Romano Guardini, nell’Apocalisse diventa la “mulier amicta sole”, la donna vestita di sole, il “segno grande” che appare nel cielo e dà così inizio alla sconfitta del drago, almeno questa è l’interpretazione unanime che dal medioevo fino ai giorni nostri viene data del passo enigmatico di Ap. 12.
“Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. (…) Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni. (…) furono date alla donna le due ali della grande aquila, perché volasse nel deserto verso il proprio rifugio, dove viene nutrita per un tempo, due tempi e la metà di un tempo, lontano dal serpente.” (Ap. 12 passim)
Ma è davvero così? In realtà hanno ragione i nostri amici protestanti quando osservano che l’identificazione sic et simpliciter della mulier amicta sole con Maria è problematica. In realtà la donna che appare in cielo è un vero collasso di simboli, si affastellano in lei così tante metafore ed immagini che la sua interpretazione è tutt’altro che scontata.
D’altra parte però, come ci insegna la moderna ermeneutica, un testo -ed ancor di più un testo sacro, scritto per la liturgia, come l’Apocalisse- vive molto di più nella sua interpretazione, che nella sua materialità letterale. In questo senso è impossibile che un autore cristiano possa scrivere della madre del Messia senza pensare a Maria di Nazareth, anche se poi è indiscutibile che la donna vestita di sole è molto di più di questo.
Proprio perché la sua identificazione è così problematica ho pensato di regalarvi in anticipo un altro capitolo del mio libro (alla fine speriamo che a qualcuno resti la voglia di leggerlo…), come regalo di Natale.
Sebbene tutta l’iconografia mariana sia stata influenzata da questa descrizione della Donna, così che non c’è praticamente immagine in cui Maria non porti sul capo una corona di dodici stelle, l’identificazione della Donna con la madre di Gesù non è affatto scontata, procediamo con cautela.

La donna è un segno

La prima cosa che bisogna rilevare è che l’apparizione della Donna è un segno, anzi, un segno grandioso. Nella teologia di Giovanni il concetto di segno è molto importante. Nel suo linguaggio non indica mai semplicemente un prodigio, anche quando questa parola si riferisce ad eventi portentosi, come i miracoli di Gesù, ma piuttosto ad una manifestazione e dimostrazione. Il quarto Vangelo stesso è costruito come un crescendo di segni fino al segno principe, quello della Risurrezione.
Definire la Donna un segno quindi è metterci sull’avviso: l’apparizione nel cielo è un vangelo, un lieto annunzio rivolto a tutta la terra. Si manifesta la nuova strategia divina: d’ora in poi non vi saranno più segreti e cose nascoste, tutto sarà svelato e apparirà in piena luce; il vangelo sarà ruggito sul mondo e sarà segno di contraddizione: vita e salvezza per chi lo accoglie, perdizione e condanna per chi lo rifiuta.

Il segno è una donna

Questo segno è una donna: prima di qualsiasi ulteriore specificazione appare in cielo un essere umano di sesso femminile. Riassume in sé, in un certo modo, il senso di ogni femminile, è la Donna, ogni donna.
Tutte le figure femminili della Bibbia sono qui ricapitolate. Nella letteratura profetica è comune l’identificazione di Gerusalemme con una donna, ad un tempo sposa (di Dio) e madre (del popolo). Al tempo stesso è difficile sfuggire alla suggestione di un richiamo ad Eva, la prima donna, la madre dell’intero genere umano, destinata a lottare contro il serpente. La Donna quindi è Eva, madre dei viventi e madre escatologica, è Gerusalemme a cui il terzo Isaia annuncia “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce” (Is. 60,1), è la sposa del cantico che “sorge come l’aurora (…) fulgida come il sole” (Ct. 6,10), è la donna sterile a cui Dio darà una discendenza, è la Donna che dice ai servi “fate ciò che Egli vi dirà” (Gv. 2,5), è la Chiesa che con il suo grido di partoriente proclama che è giunta l’ora del Messia (Cfr. Gv. 16,21

La Donna siamo noi

In una parola questa Donna siamo noi, sei tu che leggi: è ogni donna che aspira a compiere la sua femminilità sul modello di Maria, è la Chiesa nella sua essenza più pura, è l’orizzonte a cui ogni cristiano è chiamato.
La donna è incinta e grida, e il suo grido è il grido di tutte le donne che portano in sé il dono terribile e meraviglioso di generare l’umano, come dice l’enciclica Mulieris Dignitatem al n° 30. E’ il grido di ogni partoriente, perché non c’è fecondità senza sofferenza, ma è anche il grido delle madri della plaza de mayo e di Monteleone di Puglia, di Neda e delle donne iraniane, di Madre Teresa all’assemblea dell’ONU, di tutte le donne, che spontaneamente si oppongono alle forze anticreazionali, è il grido delle donne di Guernica, immortalato da Picasso, è la rivolta femminile contro ogni guerra, sopraffazione e sopruso che impedisca la vita.
E’ una figura celeste, perché è rivestita di sole, ma non è estranea al travaglio della storia umana. E’ vittoriosa, ma conosce l’agonia della lotta. Grida perché sa che suo figlio è minacciato, anticipa in sé la sofferenza e il dolore dell’uomo che verrà e sa che essa stessa soffrirà nel generarlo, eppure questo dolore non è sufficiente a fermare il dono della vita. E’ la croce che già si staglia nel suo orizzonte di Madre. Ma il suo grido non resterà inascoltato. Come la preghiera dei giusti, giungerà fino a Dio, ed Egli interverrà mettendo in salvo il nascituro; è quindi un grido che non lascia indifferente il cielo, anzi, è proprio questo grido amettere in moto la storia di salvezza, come fu il grido di Israele oppresso a mettere in moto l’Esodo.
La condizione di partoriente sembra essere connaturata alla Donna, è come se non fosse semplicemente un momento di passaggio nel suo divenire, ma una condizione permanente. La Donna è tutta protesa verso una nascita. Il Popolo di Dio, Donna/Chiesa, e ugulmente l’umanità, Donna/Eva, sono sempre in attesa, sempre in procinto di partorire. Anche S. Paolo intende qualcosa di simile quando scrive ai Romani: La creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi (Rom. 8,22). In quanto madre, quindi, la Donna incarna la Creazione e la Chiesa, che ancora non hanno concluso la loro missione, che è quella di generare l’uomo, opera mai conclusa, ma continuamente da ricominciare.
Anche noi, come membra della Donna, siamo coinvolti in questo parto. Il nostro compito è generare l’uomo in Cristo, attraverso la profezia e la testimonianza in quanto siamo Chiesa, e attraverso la lotta per il bene e la giustizia in quanto siamo Eva. Questo dovrà avvenire nel dolore: gridando, spesso lottando, per così dire davanti alle fauci del drago.

La Donna è Maria

Procedendo nel testo ci viene detto esplicitamente, attraverso la citazione del Salmo 2, che il nascituro sarà il Messia. Il senso del segno va dunque ampliato, concordando con Feuillet, che scrive: “è difficile ammettere che un cristiano (…) abbia potuto evocare la madre del Messia dimenticando Maria, la madre di Gesù” (A. Feuillet, Le messie et sa mère d’après l’Apocalypse). Sebbene l’analisi del testo ci abbia portato ad escludere a un livello di interpretazione letterale l’identificazione della Donna-vestita-di-sole con Maria, essa va recuperata a livello di suggestione, di significato presente non direttamente nel testo, ma inevitabilmente evocato dalla sua lettura in un contesto cristiano. Del resto anche nel Vangelo di Giovanni più di una volta la madre di Gesù viene associata alla Donna (Gv. 2,4 e 19,26), mostrando che nella sua mente le due immagini tendono a convergere in una.
E’ bene quindi tenere tutti e tre i significati: la Donna è ad un tempo Eva, la Chiesa e Maria. Anzi, coinvolgere la madre di Gesù in questa immagine ne arricchisce immensamente la valenza teologica, in questa Chiave infatti Maria sintetizza in sé le altre due immagini, diventando così la Nuova Eva, madre dell’uomo nuovo e la prefigurazione del Popolo di Dio, madre di Cristo in noi. Il parto qui narrato allora non è tanto il parto di Betlemme, quanto il parto sotto la croce, dove, offrendo il suo sacrificio di madre, Maria genera una seconda volta Gesù al mondo e diventa così madre nostra e madre della Chiesa.

Le qualità della Donna

La Donna Eva/Chiesa/Maria è presentata rivestita di sole: non brilla di luce propria, ma la riceve come un vestito. Non è bella di per sé, né gloriosa, ma è resa tale da Dio, che per amore la riveste della Sua bellezza e della Sua gloria.
Essendo rivestita di sole, la Donna non teme le tenebre. Porta la luce in sé e con sé, non sarà quindi colpita dall’oscuramento annunciato; le tenebre che dilagano nel mondo non la riguardano, anzi, nel crescere dell’oscurità, il sole di cui è rivestita diventa un faro per gli uomini, un punto di riferimento, una speranza di salvezza.
Ma il simbolo è ancora più ricco, infatti il sole non può essere assimilato ad un semplice abito od ornamento. Nell’A.T. è usato a volte come simbolo di Dio stesso e nel nuovo come immagine di Cristo Risorto. Dire che la Donna è rivestita di sole quindi equivale a dire che è rivestita di Dio. Non è Dio ella stessa, eppure indossa le vesti di Cristo trasfigurato, ha cioè ricevuto in dono prerogative divine, ha ricevuto in dono Cristo Risorto, di cui si è rivestita fino ad esserne compenetrata.
Subito dopo l’attenzione viene catturata da un secondo dettaglio: la Donna Eva/Chiesa/Maria ha la luna sotto i suoi piedi. Cosa vuol dirci Giovanni con questa immagine? Essa è certamente meno evidente di quella del sole e la fantasia degli esegeti non ha mancato di esprimersi in vario modo su questo dettaglio. Tra le tante, l’opinone più convincente mi sembra quella di Vanni, che sottolinea come la luna era per i popoli antichi (ed in particolare per gli Ebrei) il segno dello scorrere del tempo, visto che i calendari erano lunari.
Se la Donna Eva/Chiesa/Maria ha la luna sotto i suoi piedi, allora ella è Signora del Tempo, non è più sottomessa alla sua tirannia, ma piuttosto lo domina e lo possiede, “è al di sopra delle vicende umane, non è intaccata da esse” (U. Vanni, Apocalisse, p. 233). Al tempo stesso, però, la luna è luce notturna. Ponendola sotto i suoi piedi Giovanni intende dire che la Donna domina non solo nella luce, ma anche nelle tenebre, portando la luce in esse. Possiamo infine considerare che la luna in molte culture pagane è il simbolo di una divinità femminile, percepita spesso come ambigua ed ingannevole. La Donna vestita di sole quindi, ponendo la luna sotto i suoi piedi, afferma un modello diverso di femminilità, non più lunare, ma solare, quindi non più ambigua e seduttiva, ma piuttosto fatta di certezza e di luce.
Infine la Donna Eva/Chiesa/Maria porta sul capo una corona di dodici stelle. In quanto incoronata è da annoverare anch’essa tra i vincitori e come i ventiquattro presbiteri è una co-regnante accanto a Dio. A questo si aggiunge il dettaglio delle dodici stelle che compongono la corona. Cosa sono queste stelle? Molte risposte sono possibili: potrebbero essere (se consideriamo prevalente il numero di dodici) le tribù di Israele o i dodici apostoli o potrebbero essere Chiese (se facciamo prevalere l’immagine della stella). Quello che è abbastanza chiaro è che queste stelle contribuiscono all’azione della Donna di illuminare il mondo: non solo è rivestita di sole, non solo domina la luna, ma è coronata di stelle, possiede quindi tutta la luce.
La sua luminosità è a nostro beneficio, il suo mero apparire è già luce per il mondo.
          (F. Bartoli, da “Uscite popolo mio da Babilonia”, ed. Messaggero Padova)

 https://uscitepopolomiodababilonia.wordpress.com/2011/12/22/la-donna-vestita-di-sole/

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