LO SPIRITO: COME NELLA VERGINE COSI' NELLA LITURGIA
di Domenico Marcucci
È la presenza dello Spirito Santo che dà alle parole e ai gesti della Liturgia il potere di rendere presente ed operante l’opera della salvezza. Maria, con il suo mistero di cui è portatrice e con il suo atteggiamento, conferma, illumina l’opera dello Spirito.
In modo molto deciso il ben noto liturgista P. Achille Triacca afferma che «non c’è azione liturgica che non sia azione dello Spirito Santo» (Nuovo Dizionario di Liturgia, p. 1406). Prima, in modo più analitico, aveva affermato: «Nella sua dimensione discendente la liturgia è comunicazione dello Spirito Santo che attua la presenza di Cristo glorificato, il quale conferisce lo Spirito ai suoi fratelli. Nella sua dimensione ascendente la liturgia è "voce dello Spirito Santo in Cristo-Chiesa"» (p. 1405).
Tutto parte dalla Trinità e a lei torna
Ma forse è da fare un passo indietro e coinvolgere nel concetto di Liturgia lo stesso mistero trinitario, che è e rimane nello stesso tempo il punto di partenza e il punto di arrivo della storia della salvezza e quindi anche della sua celebrazione nella liturgia. Tutto, infatti, parte dalla Trinità e tutto ritorna alla Trinità, nel cui mistero l'uomo salvato – reso figlio del Padre per Cristo e nello Spirito Santo – entra, in modo inaudito, a far parte. Lo stesso Triacca afferma che la Liturgia «nel qui e adesso celebrativo avvera e realizza... il mistero pasquale nella sua pienezza» (o.c., p. 1409). Ora il mistero pasquale – inteso nel suo significato più ampio di mistero della salvezza – inizia con l'Incarnazione (o meglio ancora con lo stesso Adamo) e termina nella gloria del Cristo, seduto fra il Padre e lo Spirito Santo con il suo corpo di uomo, caparra della gloria del nostro stesso corpo. La gloria è sempre la gloria della Trinità ed è quella stessa che Cristo ci ha promesso: entrare a far parte della vita intratrinitaria, coinvolti nell'amore eterno del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Forse più di uno si sarà chiesto se le preghiere del Postcommunio della celebrazione eucaristica non siano eccessivamente monotone: finiscono infatti molto spesso con la preghiera rivolta al Padre di poter «godere dei beni eterni", o con espressioni equivalenti. La liturgia eucaristica (ma in fondo ogni altra celebrazione liturgica) ha lo scopo di far pregustare i beni eterni, in attesa che passi questo mondo e si manifesti definitivamente la gloria di Dio; il Vaticano II – ripreso alla lettera dal Catechismo della Chiesa Cattolica, afferma che «nella Liturgia terrena noi partecipiamo, pregustandola a quella celeste,... dove Cristo siede alla destra di Dio» (Sacrosanctum Concilium, 8) Nelda Vettorazzo, Croce di Pentecoste (ispirata a modelli orientali - @ Centro Russia Ecumenica).
L'azione dello Spirito nella liturgia
Stando a Mons. Mariano Magrassi, il compito della Liturgia, in estrema sintesi, è questo: far sì che «ciò che è accaduto in Cristo accada anche a noi, attraverso la celebrazione stessa» (Il Vivere Cristiano, p. 77); ora ciò che è accaduto a Cristo è «il suo passaggio da questo mondo al Padre» (cf. Gv 13,1), quindi il suo cammino, come Dio fatto uomo, attraverso l'incarnazione, la sofferenza e la morte verso la gloria. Questo cammino di Cristo, attraverso le celebrazioni e in modo proprio per ogni celebrazione, diventa il cammino del cristiano, il quale dalla caducità del mondo in cui ancora vive, sperimenta già adesso la gloria dei figli di Dio. Chiaramente anche il modo in cui è avvenuto tale "passaggio" in Cristo, deve verificarsi nel cristiano; ora tutta la vita di Cristo è tutto sotto l'azione dello Spirito. In particolare possiamo citare due episodi, che rappresentano delle vere e proprie liturgie. Il primo episodio è il battesimo nel Giordano Mt 3,13-17; Mc 1,9-11; Lc 3,21-22; Gv 1,31-34), durante il quale si aprono i cieli, «ed egli vide lo Spirito di Dio di Dio scendere come una colomba e venire su di lui» (Mt 3,16). Siamo all'inizio della vita pubblica: il Figlio nel battesimo accetta la condizione di uomo e la riposta di Dio avviene attraverso l'intervento delle altre due persone della Trinità, che si manifestano attraverso i segni della colomba (Spirito Santo ) e della voce (Padre). Il secondo episodio lo troviamo nel discorso di Gesù nella sinagoga di Nazareth (Mt 4,1-11; Mc 1,12-13; Lc 4,14-30): qui abbiamo una celebrazione liturgica nel senso formale del termine, che quasi rappresenta una trasposizione terrena della precedente liturgia celeste: infatti Luca accosta i due episodi, anche dal punto di vista temporale, mettendone il luce la stretta connessione. Qui Cristo legge il passo di Isaia dove si afferma: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo (il Signore) mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato ad annunciare ai poveri un lieto annuncio...» (Is 6,1-2). Poi Gesù aggiunge che proprio allora quella parola profetica si compiva. Quindi, attraverso la mediazione della parola di Dio annunciata si attua lo stesso mistero trinitario: il Padre che consacra, mediante lo Spirito, il Figlio per la missione: è esattamente quanto è avvenuto nel racconto del Battesimo. Aggiungiamo solo una semplice notazione, ma fondamentale: quando lo Spirito Santo si manifesta è sempre per esprimere la figliolanza di Cristo e la sua missione come atto di obbedienza al Padre, quindi sempre in un contesto trinitario.
Lo Spirito Santo nella Chiesa che celebra
La liturgia, come affermano gli autori, ha due dimensioni: discendente, in quanto esprime l'opera della Trinità attuata con la missione del Figlio, e ascendente, in quanto opera del Corpo mistico, di Cristo capo e delle sue membra. E' attraverso di essa che sale a Dio l'inno di lode e di benedizione da parte della Chiesa, la quale si unisce alla liturgia celeste. Come l'opera salvifica di Cristo avviene nello Spirito, così anche l'opera della Chiesa avviene nello Spirito. Basterebbe citare un solo passo: Gesù risorto, apparendo agli apostoli e dopo aver alitato su di loro (segno forte e tipico della trasmissione dello Spirito) dice: «Ricevete lo Spirito Santo: a chi rimetterete i peccati saranno rimessi, e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi» (Gv 20,22-23): quindi Gesù, donando il suo stesso Spirito, dona il suo stesso potere, in questo caso quello inaudito di rimettere i peccati e quindi di celebrare il sacramento della Riconciliazione. Nella liturgia occidentale si era un po' perso, anche a livello rituale, la cosapevolezza del ruolo fondamentale dello Spirito Santo, per cui, nella recente riforma liturgica, si è dovuto provveduto a rimettere in luce tale ruolo, soprattutto per l'epiclesi, o invocazione dello Spirito Santo sulle offerte nella celebrazione eucaristica. Quindi è lo Spirito Santo che fa sì che le parole e i gesti che la Chiesa compie nella liturgia, che per quanto ricercati e solenni, sono sempre semplici parole e poveri gesti, divengano capaci di esprimere e di attuare il mistero della salvezza e di essere accettati dal Padre come "sacrificio a lui gradito". Ma come agisce nella Chiesa e nel cristiano, lo Spirito Santo? Mons. Magrassi ci dà una indicazione preziosa: «La sua persona rimane misteriosa. Egli non agisce se non attraverso un'altra persona, prendendone possesso e trasformandola. Più che la sua persona, ci si rivela dunque la sua azione nel mondo e nell'uomo, quale energia divina che anima e sospinge avanti la storia verso il suo compimento». (O.c., p. 29-30). Lo Spirito trasforma e dà, anche dal punto di vista dei gesti esteriori, forza e coraggio; Gesù esorta i suoi a non avere paura quando saranno chiamati davanti a «governatori e re», perché «non sarete voi a parlare, ma lo Spirito Santo» (Mc 13,11). Lo stesso aviene nel'assemblea liturgica: lo Spirito prende possesso di essa e la rende capace di rendere attuale il mistero divino della salvezza.
L'azione dello Spirito in Maria
Il nostro compito era ed è quello di mettere in luce la presenza e il compito di Maria in questo mistero: siamo partiti da lontano, ma senza mai perdere di vista l'obiettivo. Abbiamo presenti due episodi del Nuovo Testamento significativi da questo punto di vista: l'Annunciazione e la Pentecoste; essi stessi possono essere intesi come vere e proprie liturgie, comunque sono oggetto di due solennità e quindi diventano il nostro mistero di salvezza attraverso l'attualizzazione liturgica. Prima di tutto, si è detto che lo scopo della liturgia è quello di far nascere e crescere in noi il figlio di Dio, l'altro Cristo e questo attraverso la parola annunciata ed attuata in quanto accolta nella fede. Nell'Annunciazione, alla parola dell'angelo accettata da Maria nel "fiat", segue l'incarnazione del Figlio di Dio nel suo seno. Ma questo non è tutto, perché come afferma in una celebre frase S. Agostino, Maria concepì più felicemente nel "cuore" che non nel "grembo", per cui tutta la sua persona (pur tenendo fermo il mistero dell'Immacolata Concezione) è divenuta un altro Cristo; in questo caso il mistero della salvezza (Incarnazione di Cristo) e il frutto di tale mistero (il dono all'uomo della filiazione divina) hanno coinciso perfettamente. Tutto questo perché lo Spirito Santo è sceso su di lei; Maria si è resa totalmente disponibile alla azione dello Spirito, quasi annullandosi in lui: proprio per questo è avvenuto in lei l'indicibile mistero. In Maria possiamo veramente contemplare e comprendere quanto sia potente l'azione dello Spirito Santo. Anonimo, Pentecoste. La discesa dello Spirito Santo trasforma Maria e gli Apostoli e li abilita alla missione; la stessa cosa avviene per la Chiesa attraverso l’intervento dello Spirito nella Liturgia.
Maria modello della Chiesa che celebra
Questo è l'aspetto discendente: il mistero che si compie. Ma Maria illumina anche l'aspetto ascendente, in quanto opera del Corpo mistico di Cristo. Di questo aspetto possiamo stabilire tre momenti:
A) La proclamazione-ascolto della parola
Sull'atteggiamento di ascolto di Maria – che significa anche attesa e docilità – si è detto tanto: qui vogliamo solo rilevare che esso rappresenta l'atteggiamento tipico del cristiano che si accosta alla liturgia. Gesù non poté fare miracoli fra i Nazaretani «a causa della loro incredulità» (Mt 13,58). Si tratta quindi di una disposizione di cuore che è frutto dello Spirito e che apre, nello stesso tempo, alla sua azione. Tutto è possibile a Dio, dice l'angelo e Maria, perché egli invierà il suo Spirito. Chi si accosta alla Liturgia non può farlo senza la fede nel potere dello Spirito di "trasformare" l'umano in divino. Dio attende il "fiat" di Maria, così come attende il nostro "fiat": senza di esso l'opera di Dio non si attua e l'uomo rimane uomo, nei suoi peccati.
B) La lode per le grandi cose operate da Dio
Lode per le grandi cose di Dio. La liturgia è lode al Padre nello Spirito per le grandi cose compite nel Figlio. Gesù esultò "nello Spirito"; altrettanto fa il cristiano nella liturgia, che trova il suo momento culminante nel canto angelico del "Santo", ripreso dalla visione di Isaia, quando egli assistette alla liturgia del Cielo (Is 6,1-3). La lode sorge quando uno sperimenta il mistero della salvezza; coloro che erano stati guariti da Gesù se ne andavano «glorificando e lodando Dio». Maria ha fatto altrettanto dopo l'incarnazione del Figlio di Dio nel suo grembo, intonando il "Magnificat", che giustamente è diventato il canto tipico di ringraziamento della Chiesa. Tuttavia, anche se i Vangeli non ce ne parlano, la lode più alta Maria l'avrà elevata dopo la Risurrezione del Figlio: forse ne abbiamo un'eco nella preghiera di lode degli Apostoli e di Maria dopo l'effusione dello Spirito Santo.
C) La missione, come ultimo atto della celebrazione liturgica che poi si prolunga nella vita
Una volta l'«Ite Missa est» significava presso a poco: «Finalmente possiamo andarcene»; in realtà significava: «Andate, questa è la missione», ma erano ben pochi coloro che lo intendevano così. Giustamente una delle formule di congedo consigliate dal muovo Messale dice: «Andate e annunciate le meraviglie del Signore». La missione fondamentalmente è annunciare quanto si è sperimentato; è quello che fanno gli apostoli subito dopo la Pentecoste, come frutto dello Spirito ricevuto. Gesù stesso, nel Battesimo, viene presentato dal Padre come il «Figlio prediletto» e quindi come suo inviato, dopo che lo Spirito è sceso su di lui. Lo Spirito Santo, quindi, "abilita" per la missione e a sua volte questa è lo sbocco naturale della liturgia: il suo anello di congiunzione con la vita, che diventa fondamentalmente un continuo e multiforme annuncio.
Il riferimento mariano inevitabilmente corre alla Visita ad Elisabetta: Maria, trasformata dallo Spirito Santo e "piena" del Verbo della vita, "corre" dalla cugina, non tanto e non solo per assisterla, ma soprattutto per condividere con lei la grazia che aveva ricevuto; ed Elisabetta, al solo saluto di Maria, comprende il mistero di cui lei è portatrice. Anche in questo caso, come sempre del resto, guardare a Maria significa essere immessi nel cuore del mistero salvifico; lei è testimone non solo di quello che opera tale mistero, ma anche di come a tale mistero ci si accosta, perché possa essere pienamente fruttuoso in noi. Perciò possiamo veramente concludere con l'esortazione di S. Ambrogio: «Dev'essere in ciascuno l'anima di Maria per magnificare il Signore, dev'essere in ciascuno il suo spirito per esultare in Dio».
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Fonte: PORTALE DI MARIOLOGIA - Lo Spirito: come nella Vergine così nella Liturgia (latheotokos.it). Articolo di Domenico Marcucci in Madre di Dio del 4 aprile 1998.
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