La liturgia della vita (Rm 12,1-2.9-13)
a cura della Diocesi di Senigallia - Vescovo Franco Manenti
Come introduzione agli Esercizi spirituali della nostra Chiesa diocesana, vorrei ricordare la parola di Gesù risuonata nel vangelo della prima domenica di quaresima: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4) Gesù ritiene che una vita bella buona e felice non è garantita solo dal pane che ci procuriamo con le nostre mani, quello che troviamo sulla nostra tavola, il pane dell’amore, della stima, dei desideri compiuti e degli obiettivi raggiunti…. Noi abbiamo bisogno anche e soprattutto di un pane che solo il Padre del cielo è in grado e desidera offrici, il pane della sua parola. Non solo ognuno di noi personalmente ha bisogno di questo pane, ma anche noi come chiesa di Senigallia abbiamo bisogno che Dio Padre non ci lasci mancare il pane della sua parola. Per questo ci poniamo insieme in ascolto della sua parola, un ascolto che può essere condiviso e che diventa preghiera comune.
Una breve parola sul tema degli Esercizi.
Noi associamo l’espressione “liturgia” a una serie di atti, di gesti che rappresentano il nostro culto a Dio, un culto celebrato normalmente in un luogo sacro (la chiesa), costituito da gesti sacri (preghiere, canti, ascolto…).
Il tema degli Esercizi indica la nostra vita come luogo in cui celebrare una liturgia, in cui dare culto a Dio, anzi la stessa nostra vita può diventare liturgia, culto a Dio.
Meditiamo alcuni passaggi del testo di S Paolo ai Romani, che indicano i tratti qualificanti della vita del cristiano
1Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. 2Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto… 9La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; 10amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. 11Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. 12Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. 13Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell'ospitalità.
Tre le affermazioni:
1. “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale”;
2. “Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto”;
3. “amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda”.
“Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale”.
Leggiamo il testo
Un primo rilievo riguarda il “dunque” con cui l’apostolo Paolo introduce la sua esortazione. Segnala il legame con quanto l’Apostolo ha esposto precedentemente: l’azione di Dio che libera gli uomini dal peccato che li aveva consegnati alla morte (Rm 1-3,20). 1 L’azione liberatrice di Dio, ispirata dalla sua misericordia, si svolge con Gesù Cristo (3,21-26). L’uomo può beneficiare di questa azione mediante il Battesimo (Rm 6), grazie al quale può condurre un’esistenza nuova, “nello Spirito” (Rm 8). Con il cap 12 Paolo descrive in che cosa consiste la risposta degli uomini alla misericordia di Dio. Il “dunque” può essere tradotto quindi con “in conseguenza di ciò”. La vita del credente cristiano è «un offrirsi pieno di riconoscenza a Colui che si è offerto per primo. In ultima analisi, una risposta alla misericordia di Dio, e non la paura, oppure il senso di dovere costituisce il motivo più profondo dell’agire morale del cristiano» (A. Gieniusz)
“Vi esorto”. Paolo rivolge ai cristiani di Roma una pressante richiesta, un appello che esprime il suo appassionato desiderio. L’Apostolo li chiama “fratelli”, dicendo in questo modo che nella comunità cristiana è la fraternità che qualifica la qualità delle relazioni, la natura dei rapporti tra le persone,
“Per la misericordia di Dio”. Paolo formula la sua esortazione a partire dalla misericordia di Dio. Nel testo greco è al plurale (“per le misericordie di Dio”), per evidenziare la molteplicità delle forme della misericordia. A monte dell’azione redentrice di Dio sta la sua misericordia, che rivela l’identità stessa di Dio (cfr Rm 3,21-26; 9,15-16). Con la fraternità la misericordia rappresenta l’orizzonte evangelico dell’esortazione paolina.
“Offrite i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio” (cfr 1Cor 6,20: “Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!”). Il senso dell’esortazione: offrite voi stessi, la vostra persona con la concretezza delle sue azioni. Parafrasando le parole dell’Apostolo: “Fate di voi stessi un sacrificio vivo, che sia per voi vita piena, che porti vita a voi stessi e agli altri”. Un offerta di questo genere è apprezzata da Dio (è sacrificio santo e gradito a Dio”). Notiamo la profonda sintonia di questo testo con Eb 10,5-7: 5Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. 6 Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. 7Allora ho detto: «Ecco, io vengo - poiché di me sta scritto nel rotolo del libro - per fare, o Dio, la tua volontà».
Meditiamo la Parola
Ci chiediamo: che cosa vuol dirci concretamente l’apostolo Paolo con il suo invito?
Anzitutto che Dio non ci chiede delle “prestazioni” straordinarie rispetto alla vita normale, ma che tutto ciò che costituisce la concretezza della nostra esistenza, nella sua quotidianità (il lavoro, le relazioni con gli altri, con noi stessi, l’uso dei beni, del tempo, l’esercizio del pensiero, la cura del cuore, le fatiche da affrontare, le nostra valutazioni su quanto accade nella vita nostra, nella storia, nel nostro territorio…) sia vissuto in modo tale risultare apprezzato (“gradito”) a Dio. Paolo ci ricorda che non esistono azioni, atteggiamenti, che più di altri risultano in partenza, automaticamente, graditi a Dio, ma che tutto può diventare “offerta santa, gradita a Dio”. A rendere la nostra esistenza gradita a Dio è il fatto che la viviamo in obbedienza a Lui. Si tratta dell’obbedienza della fede, della fiducia in Dio che si concretizza nell’ascoltarlo, nell’accordare alla sua parola la nostra esclusiva preferenza rispetto alle parole degli uomini. La nostra esistenza, inoltre, risulta gradita a Dio quando “parla”, dice bene di Lui, perché lo presenta agli altri, soprattutto a quelle persone che sospettano di Lui, che lo considerano estraneo, se non 2 avversario, al loro desiderio di vita, come un Dio affidabile, che si prende cura di ogni persona, che non delude le loro attese e la loro speranza. Va in questa direzione l’invito di Gesù ai discepoli: «Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria a Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,16).
Per la riflessione personale e per la condivisione comunitaria
• Sono consapevole che la mia esistenza quotidiana può diventare un “sacrificio vivente, santo e gradito a Dio”?
• Cosa della mia esistenza vivo ancora senza questa consapevolezza?
Suggerimento di una preghiera con cui iniziare la giornata, personalmente e, là dove è possibile, con i propri familiari:
Ti adoro, mio Dio, e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano e conservato in questa notte. Ti offro le azioni della giornata, fa che siano tutte secondo la tua volontà per la maggior tua gloria. Preservami dal peccato e da ogni male. La tua grazia sia sempre con me e con tutti i miei cari. Amen
«Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12, 2).
Leggiamo il testo
L’apostolo Paolo chiarisce in che cosa consiste il “sacrificio gradito a Dio”, che i cristiani sono invitati a offrire. Paolo indica due operazioni, la prima rappresenta un divieto, la seconda un comando positivo. La prima negativa (“Non conformatevi a questo mondo”): non assumete il modo di pensare, di valutare, lo stile, del mondo, che non tiene in nessun conto il Dio di cui ci ha parlato Gesù Cristo, il Dio “ricco di misericordia”, che si prende cura di ogni persona; un mondo che ha la presunzione di costruire la propria esistenza e di condurre la storia “come se Dio non esistesse”. Il mondo cui fa riferimento l’Apostolo si presenta come malvagio (cfr Gal 1,4), segnato dall’empietà (cfr Tit 2,12), concentrato sulla preoccupazione per se stessi, nel suo pensiero che acceca (cfr 2Cor 4,4), esclusivamente fiducioso nella propria sapienza (cfr 1Cor 1,20ss), che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli (cfr Ef 4,22). «L’apostolo chiede ai cristiani di rompere con il conformismo dominante, con quella omologazione sempre in atto nella società abitata dagli idoli potenti e onnipresenti»1. Paolo si trova in sintonia con le parole di Gesù ai discepoli: «Nel mondo ci si comporta in questo modo, ma non così tra di voi» (cfr Mc 10,42-43). Per Paolo, nei confronti di questo mondo, «occorre una radicale non conformismo»2. Nell’invito di Paolo emerge che «la trasformazione richiesta dalla misericordia di Dio è una trasformazione fondamentale, radicale, meravigliosa, di tutta la persona»3. Cfr un testo analogo di 1Gv 2,15-17: «Non amate il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui; perché tutto quello che è nel mondo - la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita - non viene dal Padre, ma viene dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!». La seconda operazione, positiva (“lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto”). La volontà di Dio viene caratterizzata da tre aggettivi: “ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (cfr Fil 4,8s: «In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri»). Ciò che “è buono e gradito” a Dio è considerato “buono e gradito” da un cristiano, diventa l’indicatore per la nostra vita, per le nostre scelte quotidiane. Paolo sollecita i suoi interlocutori a essere disponibili a “lasciarsi trasformare”, a un cambiamento del loro modo di pensare, della loro coscienza, là dove prende forma il modo di valutare (le persone, le situazioni, le cose…) e si decide l’agire. La trasformazione di cui parla l’Apostolo è un rifacimento continuo, ripetuto, mai concluso una volta per sempre, frutto dell’azione di Dio, della sua grazia, che non trova ostacoli in noi. L’approdo di questa trasformazione è il discernimento (la conoscenza, la comprensione, la condivisione) della volontà di Dio.
Il discernimento della volontà di Dio «diviene il canone della vita cristiana. In altre parole: il cristiano non giudica secondo questo mondo ma secondo la volontà di Dio, cioè il vangelo di Cristo»4. Il cristiano è quella persona che cresce con il Vangelo e che il Vangelo fa crescere, è la persona che dà alla propria vita la forma del vangelo di Gesù. Cfr Ef 4,17.20-24: «Vi dico dunque e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani con i loro vani pensieri… Ma voi non così avete imparato a conoscere il Cristo,se davvero gli avete dato ascolto e se in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, ad abbandonare, con la sua condotta di prima, l'uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli, a rinnovarvi nello spirito della vostra mente e a rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità».
Meditiamo la Parola
L’apostolo ci aiuta a comprendere quella che rappresenta la “differenza cristiana”, “il non conformismo cristiano” (E. Bianchi). Questa differenza è illustra in modo efficace in un passo della “Lettera a Diogneto”, uno dei più antichi e suggestivi scritti dell'antichità cristiana:
«I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale…Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono uccisi, e riprendono a vivere. Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano. Sono disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti. Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano. Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita…»
La differenza cristiana non va intesa né vissuta come lontananza dalla fatica delle persone, come condanna e disprezzo di chi non condivide la fede, il modo di pensare e di agire proprio della fede, non come lotta contro gli altri uomini e donne, ma come presa di distanza da un modo di condurre l’esistenza che disumanizza le persone, che le aliena, le spinge verso comportamenti che portano morte, divisione. Il mondo da cui i cristiani prendono le distanze e che contestano con il loro modo di vivere «è quel complesso di atteggiamenti, di tendenze, mode, “dittature” che tendono a disumanizzare l’uomo rendendo individualistica e senza responsabilità la sua vita, una vita che invece e chiamata a essere vita di figlio di Dio, di fratello degli uomini tutti»5.
Per la riflessione personale e la condivisione comunitaria
Quali sono i riferimenti nelle mie scelte di vita, nella formazione delle mie opinioni? Dove la mentalità mondana interferisce ancora nella mia vita e nella vita delle nostre comunità?
Per la preghiera
La preghiera di Salomone per ottenere la sapienza (Sap 9,1-6.9-12a)
«Dio dei padri e Signore della misericordia, che tutto hai creato con la tua parola, e con la tua sapienza hai formato l'uomo perché dominasse sulle creature che tu hai fatto, e governasse il mondo con santità e giustizia ed esercitasse il giudizio con animo retto, dammi la sapienza, che siede accanto a te in trono, e non mi escludere dal numero dei tuoi figli, perché io sono tuo schiavo e figlio della tua schiava, uomo debole e dalla vita breve, incapace di comprendere la giustizia e le leggi. Se qualcuno fra gli uomini fosse perfetto, privo della sapienza che viene da te, sarebbe stimato un nulla… Con te è la sapienza che conosce le tue opere, che era presente quando creavi il mondo; lei sa quel che piace ai tuoi occhi e ciò che è conforme ai tuoi decreti. Inviala dai cieli santi, mandala dal tuo trono glorioso, perché mi assista e mi affianchi nella mia fatica e io sappia ciò che ti è gradito. Ella infatti tutto conosce e tutto comprende: mi guiderà con prudenza nelle mie azioni e mi proteggerà con la sua gloria. Così le mie opere ti saranno gradite».
“Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda…” (Rm 12,9-13)
9La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; 10amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. 11Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. 12Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. 13Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell'ospitalità.
Leggiamo il testo
Il sacrificio gradito a Dio non si limita a un’esperienza spirituale intima né al discernimento della volontà di Dio, perché coinvolge anche il modo di vivere del cristiano, le sue relazioni con gli altri, a partire dalle persone con cui condivide la pratica della fede; quindi il suo modo di stare nel mondo.
Le indicazioni dell’apostolo Paolo
Nel testo che abbiamo letto (vv 9-13) troviamo indicazioni riguardo alla carità nella comunità cristiana; nel passo successivo (vv 14-21) l’Apostolo parla della carità verso tutti, anche verso i nemici.
«Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi. Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da vo, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all'ira divina. Sta scritto infatti: Spetta a me fare giustizia, io darò a ciascuno il suo, dice il Signore. Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, accumulerai carboni ardenti sopra il suo capo. 21Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene"
La carità nella comunità cristiana
“La carità non sia ipocrita”: l’amore sia realmente amore, non sia amore simulato e segretamente egoista, ma vero (nelle sue intenzioni), genuino (nelle sue manifestazioni).
“Detestate il male, attaccatevi (“aggrappatevi”) al bene”. L’amore è capace di detestare (prendere le distanze) il male, di aderire al bene. Anche la risolutezza nei confronti del male in favore del bene fa parte dell’offerta gradita a Dio.
“Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda” (cfr 1Pt 1,22-23: Dopo aver santificato le vostre anime con l'obbedienza alla verità, per amarvi sinceramente come fratelli, amatevi intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri, essendo stati rigenerati non da un seme corruttibile, ma immortale, cioè dalla parola di Dio viva ed eterna»). L’amore tra i credenti si esprime come quell’affetto che c’è tra fratelli, perché siamo la famiglia di Dio. un amore che porta a “gareggiare” (precedere, prevenire, l’un l’altro) nella stima reciproca.
“Non siate privi nel fare il bene, siate ferventi nello spirito, servite il Signore”. Il bene non sopporta lentezze, indolenza e inerzia, ma chiede favore, decisione, intraprendenza.
“Siate lieti nella (grazie alla) speranza (rallegratevi come persone che sperano. Cfr Rm 15,13: « Il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e pace nella fede, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo»), costanti nella tribolazione (siate pazienti a causa delle tribolazioni), perseveranti nella preghiera”.
Per poter affrontare pazientemente le tribolazioni è necessaria una preghiera non occasionale, ma continua, che non si esprime solo a parola, ma è preghiera del cuore, colloquio interiore con il Signore.
“Condividete le necessità dei santi (i membri della comunità), siate premurosi nell’ospitalità”. Paolo raccomanda l’esercizio premuroso dell’ospitalità, molto apprezzata a quei tempi, perché la circolazione e le scarse possibilità di alloggio rappresentavano motivi d’insicurezza. Presso i Giudei l’ospitalità era inserita nelle grandi opere di carità, precedeva l’educazione degli orfani, il riscatto dei prigionieri, la visita ai malati, la sepoltura dei morti e il conforto degli afflitti. Anche con l’ospitalità si può realizzare il sacrificio gradito a Dio.
Meditiamo la Parola
I tratti della carità in una comunità cristiana.
• E’ una carità limpida nelle sue motivazioni e genuina, concreta nelle sue espressioni (“non sia ipocrita”). Inoltre considera e tratta le persone come fratelli (“amatevi con affetto fraterno”).
• Riconosce quanto nelle altre persone, nel loro comportamento, appare motivo di stima, di apprezzamento. Al riguardo normalmente noi rileviamo nelle persone, nei loro comportamenti (limiti, sbagli, atteggiamenti, scelte di vita…) quello che va biasimato, giudicato con severità. Questo primo rilievo, spesso, costituisce la nostra esclusiva e definitiva valutazione delle persone. L’Apostolo ci sollecita a cambiare atteggiamento, a rilevare anzitutto in una persona quello che va stimato, apprezzato. Ci sollecita addirittura a sfidarci (“gareggiate”) nella reciproca stima.
• La carità tra i discepoli di Gesù si esprime in una condivisione delle necessità, delle situazioni di bisogno e nella pratica di una premurosa ospitalità, di una generosa accoglienza. Condivisione e ospitalità indicano il clima che si dovrebbe respirare in una comunità cristiana, ben diverso dal clima di indifferenza, di chiusura e di estraneità che si respira altrove, in tanti luoghi della nostra vita. Nel nostro tempo questo stile nel vivere le relazioni tra le persone rappresenta una delle espressioni più limpide della “differenza cristiana”, della non omologazione a uno stile mondano nel vivere la relazione con gli altri.
Per la riflessione personale e la condivisione comunitaria
Nel mio modo di considerare le persone della mia comunità, di vivere le relazioni, ritrovo i tratti di una carità sincera, fraterna, che mi porta soprattutto a stimare le persone, ad essere solidale e ospitale nei loro confronti? Che lavoro devo fare su di me per costruire relazioni fraterne? Quale clima si respira nelle relazioni tra le persone della mia comunità? Che cosa va ricuperato?
Per la preghiera
Apri il mio cuore, Signore, perché impari ad amare gli altri come tu hai amato me. Apri i miei occhi, Signore, perché possa vedere te in tutti i fratelli e sorelle. Apri le mie orecchie, Signore, perché possa udire le invocazioni di chi soffre nella solitudine, di chi ha fame di pane e di affetto. Effondi il tuo Spirito, Signore, su tutti coloro che ti professano cristiani, perché diventino, come tu vuoi, un cuor solo e un'anima sola. (S. Madre Teresa di Calcutta)
Note:
1 G. BOSELLI, Culto spirituale, fonte di vita spirituale, in AA.VV, Celebrare in spirito e verità. L’esperienza spirituale della liturgia, Glossa, Milano 2017, 194.
2 H. SCHELIER, La lettera ai Romani, Paideia, Brescia 1982, 578.
3 ID., 580.
4 G. BOSELLI, Culto spirituale, fonte di vita spirituale, op.cit.,196.
5 E. BIANCHI, Il non conformismo cristiano. Sentieri di senso 1, Qiqajon,13.
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Fonte: Diocesi di Senigallia www.diocesisenigallia.it
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