giovedì 1 maggio 2025

Riscoprire la bellezza dell'Incarnazione di Cristo, del Vescovo Antonio Suetta


CERIMONIA DI INAUGURAZIONE A.A.2024-2025 
ATENEO PONTIFICIO REGINA APOSTOLORUM 
Lectio Magistralis 
di S. E. Mons. Antonio Suetta 
Una riflessione sull’opportunità dell’evangelizzazione della cultura 
Riscoprire la bellezza dell’Incarnazione di Cristo

 


Siate sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Ma questo sia fatto con dolcezza, rispetto e retta coscienza. (1 Pietro 3,15-17) 


 1. Introduzione: l’Incarnazione alla base della necessità di evangelizzare la cultura

 Ringrazio il Rettore Magnifico per l’invito rivoltomi a tenere la prolusione nella prestigiosa occasione dell’inaugurazione dell’Anno Accademico 2024-2025. La mia stima ed il mio apprezzamento vanno a tutta questa Istituzione accademica alla quale sono particolarmente legato a motivo del fatto che ho conseguito qui il dottorato e perché l’Istituto Teologico “Pio XI” della mia Diocesi di Ventimiglia – San Remo è affiliato alla Facoltà Teologica di questo Pontificio Ateneo. «Evangelizzare la cultura» è il tema sul quale vorremmo oggi soffermarci. In realtà, non si tratta di un argomento nuovo. Basti pensare – solo per restare al principale magistero degli ultimi sessant’anni – come già in seno al Concilio Vaticano II, e in molti documenti pontifici successivi, si sia trattata la questione in parola. Inoltre, essa è stata oggetto di un ampio Convegno di grande spessore tenutosi nel 2019 proprio in questo Ateneo, nell’occasione del XXV della sua fondazione ed i cui atti sono confluiti in una apprezzabilissima pubblicazione, che sicuramente va tenuta in debito conto da chi voglia ora dedicarsi ad evangelizzazione e cultura. Ci si potrebbe, allora, chiedere perché discutere ancora su qualcosa di cui si è parlato abbondantemente, anche a livello magisteriale. A ben guardare, ci si accorge abbastanza facilmente come evangelizzazione e cultura siano un binomio tanto trattato e richiamato, quanto frainteso e sottoposto, specialmente oggigiorno, ad usi ed interpretazioni fuorvianti, il che postula una seria riflessione teologica ed accademica, le cui ricadute, ovviamente, devono essere pastorali e concrete, capaci cioè di “correggere il tiro”, se non vogliamo cadere nella trappola di farci mondanizzare da una cultura non evangelizzata. D’inizio, va detto che evangelizzazione e cultura vanno insieme perché, a fondamento di tutto, c’è il Verbo di Dio che si è incarnato, che si è fatto uomo, entrando nella storia, nella cultura, ma con 1 un fine: riportare l’uomo a Dio. Qui sta il nocciolo teologico ed esistenziale, divino ed insieme umano, della questione. 

2. Alla ricerca di un nuovo linguaggio per parlare di Dio
 
Qualsiasi uomo di fede, di qualunque fede, ha sempre cercato di spiegare le ragioni della propria speranza: quando uno si sente salvato, ha il desiderio naturale di comunicare il dono che ha ricevuto. Purtroppo, all’inizio di questo millennio sembra che la conoscenza sulle religioni si sia diluita perdendosi nel deserto dell’indifferentismo… Molti dei nostri contemporanei – come affermava recentemente il prof. Marco Ventura1 – tra l’influsso della secolarizzazione e l’invasione del multiculturalismo sono travolti dalle “valanghe informative”, che non sempre consentono di capire ciò che sta succedendo e così, a poco a poco, sono caduti in un analfabetismo religioso: molti non riescono a capire perché credono certe dottrine o praticano certi riti… Questo panorama esige a tutti noi un rinnovato sforzo per reinventare con pazienza un linguaggio nuovo che consenta di capire ai nostri coevi le ragioni della nostra speranza2. In Italia i dati più recenti dell’ISTAT rivelano che soltanto il 18,8 % degli italiani frequenta la Chiesa ogni settimana (11,08 milioni)3 mentre il numero di atei e agnostici si aggira intorno al 15% degli italiani, ossia circa 9 milioni4. D’altra parte, l’avanzata della cosiddetta ideologia Woke o del risveglio contro gli oppressori del passato, tra cui viene spesso elencata la Chiesa Cattolica, vorrebbe proporre in nome di una società libera di pregiudizi, che la religione venisse nuovamente confinata dentro della sfera privata5. Considerata questa situazione, potremmo subire la tentazione di rinchiuderci effettivamente dentro un monastero per resistere l’avanzata secolarista, come propone Rod Dreher nella Benedict Option6, perché pensiamo che ormai la battaglia culturale sia persa e non valga più la pena sostenere alcun dialogo con chi ha rifiutato di ascoltare la voce dei cristiani. Tuttavia, già il Concilio Vaticano II aveva intuito questa sfida dell’indifferentismo religioso e aveva indicato che la strada da seguire non è quella della rassegnazione o della resa disperata alla non credenza, ma al contrario, più grande è il buio, più vi è necessità di diffondere la luce. La via da seguire è quella della nuova evangelizzazione, giacché come si afferma nella costituzione del Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes, l’uomo in realtà «non potrà mai essere del tutto indifferente davanti al problema religioso (…) [giacché] avrà sempre desiderio di sapere, almeno confusamente, quale sia il significato della sua vita, della sua attività e della sua morte. E la Chiesa, con la sua sola presenza nel mondo, gli richiama alla mente questi problemi. […] Soltanto Dio, che ha creato l’uomo a sua immagine e che lo ha redento dal peccato, può offrire a tali problemi una risposta pienamente adeguata […] per mezzo della rivelazione compiuta nel Cristo, Figlio suo, che si è fatto uomo… Questo Vangelo, infatti, annunzia e proclama la libertà dei figli di Dio, respinge ogni schiavitù che deriva in ultima analisi dal peccato, onora come sacra la dignità della coscienza e la sua libera decisione, ammonisce senza posa a raddoppiare tutti i talenti umani a servizio di Dio e per il bene degli uomini, infine raccomanda tutti alla carità di tutti»7. Paolo VI spiegava ormai quasi cinquanta anni fa, nella sua profetica esortazione Evangelii Nuntiandi8, che il servizio di annunciare il Vangelo, non è soltanto un compito in favore dei fedeli della Chiesa cattolica, ma è un servizio reso a tutta l’umanità9, giacché il messaggio di Cristo, comporta non soltanto la trasmissione di una dottrina spirituale, ma – considerata la realtà dell’incarnazione di Cristo – è un annuncio di liberazione che include il presupposto di costruire una cultura nuova che metta le persone al centro. Per noi evangelizzare non è un optional10; la Chiesa esiste per diffondere questo messaggio di salvezza e proprio, quando le culture sembrano chiudersi nelle diverse modalità prodotte dall’umano egoismo, questo annuncio di salvezza risulta più urgente. «La rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca, come lo fu anche di altre»11, e perciò, in un mondo che sembra ormai aver perso di vista Dio, si rischia di perdere anche l’uomo e questo rende il nostro compito improcrastinabile. 

 3. Evangelizzare per salvare 

La Chiesa non vuole essere profeta di sventura ma di speranza. Non tutto è perso: è vero che, per certi versi, stiamo vivendo un’epoca buia afflitta di innumerevoli problemi sociali, ma questa epoca è anche uno spazio affascinante in cui la tecnologia e la scienza contemporanea ci hanno aperto tantissime porte per fare del bene. Noi cristiani crediamo che ogni anima sia «stata comprata dal Sangue di Cristo»12 e dunque non possiamo lasciar perdere nessuna persona che si avvicina a noi. Il Vangelo è buona novella13, è un messaggio che salva. Evidentemente salvare implica salvarsi da un pericolo: esistono mali sociali da combattere: indifferenza, odio, rancori, dipendenze, schiavitù, ecc., e chi evangelizza non può restare impassibile davanti a queste disgrazie. Già don Luigi Giussani avvertiva che uno dei peccati del nostro tempo fosse la percezione errata che il cristianesimo cerca soltanto di portare gli uomini in cielo, staccandosi delle preoccupazioni di questa terra14. Invece, la consapevolezza della reale Incarnazione di Cristo, la certezza del fatto che Cristo sia vero Uomo, ha portato i cristiani, fin dalla prima ora della storia della Chiesa, a preoccuparsi non semplicemente della salvezza delle anime, ma ad impegnarsi nella trasformazione della realtà culturale in cui vivevano: ci basti ricordare adesso la famosa Epistola a Diogneto15 che testimonia come il modo di vita dei primi cristiani fosse una maniera nuova di stare nella realtà, in cui le persone erano aiutate e amate in un modo mai visto prima nella società pagana. Nella stessa linea, potremmo considerare l’attività di tantissimi missionari ed evangelizzatori che non sono arrivati in America, in Asia o in Africa semplicemente a fare lezioni di catechesi, ma diedero vita a nuove società: promossero l’arte in ogni sua forma: architettura, musica, pittura, teatro; scrissero le prime grammatiche di molte lingue, costruirono ospedali e scuole, e tanto altro. Tuttavia, questa trasformazione della cultura non potrà avvenire se prima la Chiesa non evangelizza se stessa16: questo è stato il messaggio fin dal primo giorno del pontificato di Francesco: la Chiesa non dovrebbe semplicemente camminare ed edificare cose; la Chiesa soprattutto dovrebbe confessare Cristo perché altrimenti confesserà soltanto la mondanità del diavolo17. L’evangelizzazione comprende almeno tre livelli: (1) scoprirmi come persona da realizzare, (2) scoprirmi come membro della società da servire e (3) scoprirmi come figlio di Dio e della Chiesa. Ognuno di questi livelli è importante e ciascun livello comprende un duplice movimento interno: da una parte è necessario cercare ciò che deve morire perché non è degno dell’essere cristiano, e dall’altra ciò che deve risorgere o come direbbe san Paolo, si tratta di abbandonare l’uomo vecchio per rivestirsi di quello nuovo18. 

 4. Evangelizzazione dell’uomo 

Innanzitutto, l’evangelizzazione della cultura dovrebbe partire – a nostro avviso – dalla riscoperta di Cristo vero uomo che ci invita ad essere uomini veri. Purtroppo, molti di noi siamo a volte caduti nell’inganno dell’autorealizzazione, di pensare che da soli potremmo migliorare nella nostra vita e se è ben vero che Dio conta con il nostro impegno personale per migliorare in ogni singola virtù, l’evangelizzazione ci porta a ricordare agli altri la realtà della nostra natura ferita che per migliorare davvero necessita della grazia di Dio e dell’aiuto degli altri. Nessuno si autorealizza19, riusciamo a migliorare grazie alla nostra famiglia, ai nostri educatori, alla società che ci circonda, i nostri amici e, soprattutto la grazia di Dio che ci sostiene lungo questa ascesi20. “Ascesi”: è una parola che non si sente più e che noi pensiamo valga la pena ricordare oggi: per cambiare il mondo, cambia prima te stesso. L’allora Cardinale Joseph Ratzinger spiegava nei celebri esercizi spirituali che predicò alla Curia nel 1983, che questa è l’alternativa: cercare il potere terreno, cercare di cambiare me stesso da solo, oppure, cercare la Croce, cercare di scoprire e amare Cristo che mi ha salvato e mi ha dato gli strumenti per amare Dio, per amare il prossimo e per amare me stesso superando i propri difetti21. Un secondo legato molto significativo di Papa Benedetto è quello di cercare di evangelizzare e salvare la ragione. È curioso: oggi si dubita di tutto, anche dalla nostra capacità di ragionare, e in questo panorama tocca alla Chiesa, come indicava saggiamente don Luigi Giussani, aiutare i giovani ad avere una educazione critica22. Sorprende che quando Benedetto XVI si è rivolto in diverse occasioni a uomini di cultura o del mondo della politica, non lo hai mai fatto appoggiando la sua  argomentazione su discorsi di fede, ma sempre ha cercato di mostrare loro la convenienza di seguire la ragione per scoprire ciò che la natura stessa esige per guidare la vita degli uomini23. In definitiva, per salvare la cultura è necessario salvare prima l’uomo, e in questo senso sarà molto bello poter riflettere lungo il prossimo Giubileo del 2025, sull’importanza di quella speranza, che, come afferma il Papa, non confonde, ma assicura un senso alla nostra vita per ripartire nella costruzione dell’umana società24. 

 5. Evangelizzazione della società 

Dentro dell’enorme campo dell’evangelizzazione della cultura nella società vorremmo indicare soltanto due diversi ambienti che penso abbiano urgenza di essere salvati: la politica e l’arte. Viviamo in un’epoca segnata da un certo “cannibalismo politico”: l’idea di collaborare insieme per cercare il bene comune sembra offuscata nell’odierno dibattito; gli attori politici, tante volte, si accaniscono tra di loro cercando il proprio interesse e non quello della società25. Fu a partire dagli anni successivi alla nascita dei borghi nel primo Rinascimento quando i cortigiani chiesero ai frati di insegnare loro a convivere per imparare a costruire la nuova società di allora. Si trattava di insegnare loro le regole della cortesia che vigevano in convento, per esperimentare la possibilità di convivere insieme, di dialogare, di cercare di mettere da parte gli interessi propri, per trovare un compromesso al servizio della società. Nell’azione educativa della Chiesa è primordiale recuperare la formazione in questo senso: aiutare a capire che così come non possiamo realizzare noi stessi da soli, in modo simile la società non può realizzare se stessa se contribuisce soltanto un attore politico. La diversità di pensiero è ricchezza, ma è necessario comunque riuscire a trovare un’intesa comune su ciò che l’uomo è quale strada vogliamo percorrere. In questa linea è urgente adoperarsi per arginare tante strutture di peccato che mettono in rischio non solo la libertà religiosa, ma l’armonica esistenza fondata sulla giustizia26. Oltre la politica, ci sembra necessario ripartire nell’evangelizzazione del vasto e ricco mondo dell’arte. Tutti gli ultimi Pontefici, da Paolo VI a Papa Francesco hanno ricordato con Dostoevskij che la bellezza salverà il mondo. Non entreremo qui ad accennare tanti spunti che si potrebbero mettere in pratica in questo ambito, ma nuovamente, pensiamo che la Chiesa, e per Chiesa intendo tutti i credenti, non soltanto i Pastori, dovremmo pensare come possiamo contribuire alla promozione di un’arte che elevi le persone e aiuti tutti noi a scoprire la bellezza di questo mondo nostro. 

 6. Evangelizzare la Chiesa 

Anche la Chiesa ha bisogno di essere evangelizzata per riscoprirsi come scuola di comunione, ma innanzitutto di spiritualità e preghiera. Molti dei nostri fedeli hanno perso di vista la bellezza della pace del cuore che si incontra con Cristo e questa sete di calma interiore che tutti avvertiamo, porta loro, non poche volte alla ricerca di altre spiritualità. C’è una cultura della preghiera, un’arte della predicazione, una musica sacra, un’architettura religiosa, un’arte figurativa che innalza i cuori, una disposizione delle cose nella liturgia che implica tutto un bellissimo linguaggio simbolico da curare… la Chiesa ha prodotto lungo i secoli tanta bellezza e tanta cultura… è ora di ripensare cosa possiamo fare ciascuno di noi, senza perdere di vista che il motore di ogni riflessione, la spinta di questa nuova evangelizzazione non può essere altro che una rinnovata decisione di pensare seriamente ciò che l’incarnazione di Cristo suppone: un Dio che davvero si fa uomo, prende parte al nostro mondo e lo trasforma, non un Dio che vive lontano nel cielo, ma come piaceva dire a Papa Benedetto XVI, un Dio vicino a cui interessa tutto ciò che di bello possiamo noi produrre. 

7. La teologia della cultura 

Merita che l’ultima parte di questo mio intervento faccia almeno un cenno, certamente insufficiente, a quel grande Pastore e Teologo che fu Benedetto XVI e del quale, fra poco, ricorderemo i vent’anni dalla elezione al soglio pontificio. Proprio in occasione del LX anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II e nel desiderio di approfondire l’opera teologica di J. Ratzinger, la Facoltà di Teologia del Pontificio Ateneo Regina Apostolorum organizza una giornata di studio dal titolo “A 60 anni dal Concilio. Temi scelti su J. Ratzinger e il Vaticano II”, prevista per il 21 marzo 2025 ed anche l’Istituto Teologico “Pio XI” di Sanremo, affiliato all’appena menzionata Facoltà – d’intesa con la Fondazione Vaticana “Joseph Ratzinger-Benedetto XVI” – promuoverà per la prossima primavera un convegno di studi sul pensiero teologico e l’opera del Pontefice bavarese. Se si prende la teologia della cultura di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI si può dire che Ratzinger sostiene una completa trasformazione trinitaria della cultura: non solo una trasformazione cristologica, ma una trasformazione trinitaria. Il principio fondamentale di questa trasformazione è espresso nel documento “Fede e inculturazione”, dato nel 1989 dalla Commissione Teologica Internazionale, allora sotto la guida del Card. Ratzinger. In questo documento si trova espressa l’idea che negli ultimi tempi, quelli inaugurati dalla Pentecoste, Cristo risorto, entra nella storia dei popoli: da quel momento, il senso della storia e quindi della cultura viene svelato e lo Spirito Santo lo rivela attualizzandolo e comunicandolo a tutti. Ogni cultura in cui si accoglie Cristo è ricreata e collocata nell’asse del mondo che viene, e si ristabilisce l’unione spezzata dal “principe di questo mondo”. La cultura è quindi situata escatologicamente; tende al suo compimento in Cristo, ma non può essere salvata se non associandosi al ripudio del male. La Chiesa è il sacramento di questa rivelazione e della sua comunicazione. Questa necessità di ripudiare il male significa che l’evangelizzazione, per Ratzinger, non è un semplice «adattamento a una cultura, sulla falsariga di una nozione superficiale di inculturazione che suppone che, con figure retoriche modificate e qualche nuovo elemento nella liturgia, il lavoro sia fatto», ma piuttosto «il Vangelo è un taglio, una purificazione che diventa maturazione e guarigione» e tali tagli devono avvenire nel posto giusto, «al momento giusto e nel modo giusto»27.  

Conclusione. 

Dinnanzi all’odierna situazione a cui si accennava all’inizio, l’alternativa non è quella di capitolare all’abbassare gli orizzonti della fede alle dimensioni della cultura di massa, ma lavorare per una nuova trasformazione trinitaria di tutte le dimensioni della nostra cultura, ovvero evangelizzare – nel senso più profondo del termine – la cultura. Tutto questo indica, allora, la vastità e la centralità della questione ed il fatto che questo Ateneo Pontificio vi abbia dedicato, cinque anni or sono, un Convegno e, oggi, abbia voluto tornare a parlare dell’argomento, ci fa comprendere come questo importante Centro Accademico ecclesiastico si ponga veramente a servizio delle necessità della Chiesa, offrendo il suo prestigioso lavoro di studio, di ricerca e di formazione, tanto da fare dell’evangelizzare la cultura il cuore della sua missione, come emergeva appunto in quel Convegno del 2019. Lo zelo e la passione per evangelizzare la cultura, insomma, devono essere sempre l’anima, il motore, la «santa inquietudine» che anima l’Università, chi vi opera e chi vi studia. In questo senso, perciò, possiamo capire quanto prezioso sia il bene che si fa alla Chiesa e all’umanità tutta e quanto fondamentale ed affascinante sia dedicarsi alla fatica dello studio, della docenza e della ricerca.



Note:
1Cfr. Marco Ventura, «L’analfabetismo religioso», La Lettura, Corriere della Sera, 1° settembre 2024. 
2Sulle sfide che presenta il multiculturalismo, si veda Pierpaolo Donati, Oltre il multiculturalismo, 416 (Bari: Editori Laterza, 2008). 
3Cfr. ISTAT, «Aspetti della vita quotidiana: Pratica religiosa - regioni e tipo di comune», dati.istat.it, 19 agosto 2024, http://dati.istat.it/index.aspx?queryid=24349. 
4Cfr. Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, «Sondaggio Doxa su religiosità e ateismo», www.uaar.it, 15 marzo 2019, https://www.uaar.it/doxa2019/. 
5Cfr. Antonio Malo, Vittime e oppressori. L’ideologia Woke (Roma: EDUSC, 2024), 11. 
6Cfr. Rod Dreher, The Benedict Option: A Strategy for Christians in a post-Christian Nation (New York, New York: Sentinel, 2017).
7Concilio Vaticano II, «Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo “Gaudium et Spes”, 7 dicembre 1965», Acta Apostolicae Sedis 58, fasc. 12 (1966): 1025–1120, n. 41. 
8Papa Paolo VI, «Esortazione Apostolica “Evangelii Nuntiandi” (8 dicembre 1975)», Acta Apostolicae Sedis 68, fasc. 1 (31 gennaio 1976): 5–76. In seguito per riferirci ad alcuni dei suoi punti useremo la sigla EN. 
9Cfr. EN 1. 
10 Cfr. EN 5. 
11 Cfr. EN 2o. 
12 Cfr. 1Pt 1,18-19. 
13 Cfr. EN 9. 
14 Cfr. Luigi Giussani, Il rischio educativo (Milano: Bur, 2016), 15–16. 
15 Cfr. Fabio Ruggiero, a c. di, A Diogneto, Nuovi testi patristici 1 (Roma: Città nuova, 2020), V-VI.
16 Cfr. EN 15. 
17 Cfr. Papa Francesco, «Omelia di Esordio del Pontificato, Messa nella Cappella Sistina con i Cardinali, 14 marzo 2013», Acta Apostolicae Sedis 105, fasc. 4–5 (maggio 2013): 365–66. 
18 Cfr. Col 3,5-14. 
19 Cfr. Joseph Ratzinger, Il cammino pasquale, 3. ed (Milano: Àncora, 2000), 19–22. 
20 Cfr. Pierangelo Sequeri, La cruna dell’ego. Uscire dal monoteismo del sé (Milano: Vita e pensiero, 2017). 
21 Cfr. Ratzinger, Il cammino pasquale, 20. 
22 Cfr. Giussani, Il rischio educativo, 13–24.
23 Cfr. Jottin Jose, «Rhetoric of Natural Law in the Public Discourse of Benedict XVI», Church, Communication and Culture 9, fasc. 1 (2 gennaio 2024): 37–58, https://doi.org/10.1080/23753234.2024.2322548. 
24 Cfr. Papa Francesco, «Spes non confundit. Bolla di indizione del Giubileo Ordinario dell’Anno 2025», 9 maggio 2024, https://www.vatican.va/content/francesco/it/bulls/documents/20240509_spes-non-confundit_bollagiubileo2025.html. 
25 Cfr. Tarcisio Navarrete Montes de Oca, Democracia sin canibalismo. Hacia una política de las coincidencias (México: Miguel Angel Porrúa - Consejo Editorial LXXII Legislatura de la Cámara de Diputados, 2014). 
26 Cfr. EN 38-39.
27 J. Ratzinger, In cammino verso Gesù Cristo (San Francisco: Ignatius Press, 2005), 46.



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