domenica 15 giugno 2025

La gloria di Dio è l'uomo vivente, di Giuseppe Dovigo


La gloria di Dio è l'uomo vivente 
(Gv 13, 31-33; A. 34-35)

di Giuseppe Dovigo




Restiamo umani

Il Vangelo (Gv 13, 31-35) di oggi fa parte del discorso di Gesù dell'ultima cena, quando egli rivela ai dodici che uno di loro lo tradirà e quando egli sente nel cuore tutta la pesantezza della morte vicina.
Gli Apostoli alla notizia del tradimento si consultano a vicenda. Giovanni, piegandosi verso Gesù, gli domanda: "Signore, chi è?". Gesù risponde con un semplice gesto: intinge un pezzo di pane e lo offre a Giuda, come segno di gentilezza e di amicizia. Il traditore, ricevuto il boccone, “esce” dalla sala della cena e si immerge nelle tenebre della notte per attuare il progetto oscuro del tradimento.


La gloria

In questo momento Gesù esulta: "Ora il figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui". L’affermazione è paradossale, poiché dice queste parole quando Giuda lo tradisce e quando è nella tristezza. Ma non esagera, poiché già vede la realizzazione del progetto del Padre e guarda al di là del presente. Sa che la sua morte non sarà la fine di tutto ma il sigillo della sua rivelazione e della sua glorificazione.
La parola gloria a noi richiama i personaggi famosi nel mondo di oggi e della televisione. Quelli acclamati dalla gente come i cantanti che vincono il festival di Sanremo, i giocatori che arrivano primi nel campionato di calcio, le stelle del cinema, i decorati dei premi Nobel… Ed è giusto che sia così, poiché si distinguono nello sport, nell’arte, nelle scienze, nel cercare il bene dell’umanità…


La gloria di Gesù

Ma la gloria di cui parla Gesù ha un significato più profondo. È la manifestazione del suo amore. È la gloria nell'adempiere fedelmente fino in fondo la sua missione per la quale è venuto nel mondo. È la gloria della rispettabilità di Dio che appare in tutto il suo splendore e in tutta la sua forza nel dono di Gesù sulla Croce. Le sue promesse di fedeltà e di amore non sono prive di significato, ma realizzazione concreta nella persona e opera di Gesù.
Che cosa è più splendido, più sorprendente e più affascinante della grandezza divina di farsi uomo e di donarsi per liberare gli uomini dal male? Dio manifesta realmente il suo potere, la sua santità e la sua gloria. 
San Ireneo dice: "La gloria di Dio è l'uomo vivente".


Noi sulle orme della gloria di Gesù.

Se la gloria di Gesù consiste nel manifestare un amore senza misura, la nostra vera gloria è di fare altrettanto.
La nostra gloria sarà quella di praticare un amore sano, luminoso, concreto, umile, oblativo, fecondo, rispettoso.
La nostra gloria sarà nel poter dimostrare azioni d’amore (cfr. Mt 25), invece di passare la vita ad elemosinare applausi di poca durata.
La nostra vera gloria sarà di condividere la gloria di Dio, quando Dio emerge nella nostra vita autentica con la condivisone del suo amore.
Alla fine del breve brano del vangelo di oggi, Gesù ci dà un comandamento per dire quello che è il più importante e nello stesso tempo per indicarci la via della gloria: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni e gli altri".
Giovanni nel suo racconto della passione prende una iniziativa particolare. Omette la descrizione dell’ultima cena per sostituirla con la lavanda dei piedi, quasi per dire che la liturgia dell’Eucaristia è falsa se non è seguita dal servizio ai fratelli più fragili…


Un esempio di vera gloria

È morto recentemente Jean Vanier (7 maggio) a 90 anni. Figlio del governatore generale del Canada e cresciuto in Europa, nel 1964 avvertì il bisogno di spogliarsi di ogni gloria e di ogni eredità. Si stabilì in una casetta di campagna nel nord di Parigi. Decise di condividere tutto con Raphael e Philippe, due giovani con deficienze mentali e diede inizio a una grande opera. Per oltre mezzo secolo, soprattutto al fianco dei suoi «amici» con disabilità mentali, Jean Vanier, fu fondatore dell’Arca, che oggi conta 154 comunità in una quarantina di Paesi, Italia compresa, con circa 10mila membri. Hanno detto di lui che «Ha abbracciato un intero popolo di anime arse dalla sete d’amore, spesso riscattate dai margini della società e che ha restituito dignità ai più fragili.”


Per uscire da una crisi morale che precede molto prima di quella politica, oggi parliamo molto sulla necessità di ‘restare umani’, di mettere l’umanità al centro e di agire ‘nel nome dell’umanità’…. Noi come discepoli di Gesù abbiamo la nostra carta d’identità come segno distintivo, non la partecipazione esterna di religiosità, ma semplicemente e soprattutto l’amore fraterno. “Da questo sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri”.
Se vogliamo cambiare qualcosa, prima dobbiamo cambiare noi. Per ritrovare Ninive, il cielo nuovo e la terra nuova, si deve convertire Giona… Convertiamoci quindi noi all’accoglienza del diverso, alla solidarietà, alla fraternità per trovare la civiltà dell’amore.




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