I pensieri di Giovanni Paolo II sul Natale
Gesù Cristo è la rivelazione più piena e definitiva dell’avvento di
Dio nella storia dell’umanità e nella storia di ogni uomo. Di ciascuno
di noi. E in lui, nella sua venuta, nella sua nascita nella stalla di
Betlemme, poi in tutta la sua vita ed insegnamento, infine nella sua
croce e nella sua risurrezione, siamo chiamati, tutti e ciascuno di noi,
in modo definitivo alla “vigna”. Egli, che è pienezza dell’avvento di
Dio, è anche pienezza della chiamata divina rivolta all’uomo. In lui Dio
sembra dire a ciascuno di noi: “non tardare”! (18 dicembre 1979)
Quale potere si è posato sulle spalle di Cristo
in quella notte? Un potere unico. Il potere, che soltanto lui possiede.
Infatti soltanto lui ha il potere di penetrare l’anima di ogni uomo con
la pace del Divino Compiacimento. Soltanto lui ha il potere di far sì
che gli uomini diventino figli di Dio. Soltanto lui è in grado di
elevare la storia dell’uomo all’altezza della gloria di Dio. “Soltanto
lui”. (24 dicembre 1982)
Perché Dio si è fatto uomo? Come è possibile che Dio sia diventato uomo? Così si chiedono i secoli e le generazioni. E molti si allontanano con questa domanda sulle labbra, si allontanano increduli. A volte con una comprensibile indignazione, con una obiezione riguardo a un evento che trascende la loro mente. È inconcepibile che Dio sia Padre e Figlio . . . È inconcepibile che Egli diventi uomo . . . È un mistero difficile e inscrutabile come quello dell’unità e trinità di Dio. Noi tuttavia, credendo alla onnipotenza di Dio, sappiamo che niente gli è impossibile. Dio è onnipotenza. Ma soprattutto è Amore. Nulla è impossibile all’onnipotenza, che è Amore. E proprio questo crediamo: “per noi e per la nostra salvezza . . . si è fatto uomo”. Per noi vuol dire: per amore verso di noi. Quando ci inginocchiamo durante la liturgia del Natale pronunciando le suddette parole del Credo, diventiamo simili ai pastori di Betlemme. Loro per primi si sono trovati nel raggio di questo mistero, che illumina le tenebre della storia dell’uomo sulla terra. (24 dicembre 1985)
Il Natale costituisce l’occasione privilegiata per sottolineare uno dei valori cristiani più sentiti. Con la nascita di Gesù, nella semplicità e nella povertà di Betlemme, Dio ha ridato dignità all’esistenza d’ogni essere umano; ha offerto a tutti la possibilità di partecipare alla sua stessa vita divina. Possa questo dono incommensurabile trovare sempre cuori pronti a riceverlo! (11 dicembre 2003)
Nell’angusta povertà del presepe contempliamo “un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia” (Lc 2,12). Nell’inerme e fragile neonato, che vagisce fra le braccia di Maria, “è apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini” (Tt 2,11). Sostiamo in silenzio e adoriamo! O Bambino, che hai voluto avere per culla una mangiatoia; o Creatore dell’universo, che Ti sei spogliato della gloria divina; o nostro Redentore, che hai offerto il tuo corpo inerme come sacrificio per la salvezza dell’umanità! Il fulgore della tua nascita illumini la notte del mondo. La potenza del tuo messaggio d’amore distrugga le orgogliose insidie del maligno. Il dono della tua vita ci faccia comprendere sempre più quanto vale la vita di ogni essere umano. Troppo sangue scorre ancora sulla terra! Troppa violenza e troppi conflitti turbano la serena convivenza delle nazioni! Tu vieni a portarci la pace. Tu sei la nostra pace! Tu solo puoi fare di noi “un popolo puro” che ti appartenga per sempre, un popolo “zelante nelle opere buone” (Tt 2,14). (24 dicembre 2003)
Maria “diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia” (Lc 2,7). Ecco l’icona del Natale: un fragile neonato, che le mani di una donna proteggono con poveri panni e depongono nella mangiatoia. Chi può pensare che quel piccolo essere umano è il “Figlio dell’Altissimo” (Lc 1,32)? Lei sola, la Madre, conosce la verità e ne custodisce il mistero. In questa notte anche noi possiamo ‘passare’ attraverso il suo sguardo, per riconoscere in questo Bambino il volto umano di Dio. Anche per noi, uomini del terzo millennio, è possibile incontrare Cristo e contemplarlo con gli occhi di Maria. (24 dicembre 2002)
Nell’angusta povertà del presepe contempliamo “un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia” (Lc 2,12). Nell’inerme e fragile neonato, che vagisce fra le braccia di Maria, “è apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini” (Tt 2,11). Sostiamo in silenzio e adoriamo! O Bambino, che hai voluto avere per culla una mangiatoia; o Creatore dell’universo, che Ti sei spogliato della gloria divina; o nostro Redentore, che hai offerto il tuo corpo inerme come sacrificio per la salvezza dell’umanità! Il fulgore della tua nascita illumini la notte del mondo. La potenza del tuo messaggio d’amore distrugga le orgogliose insidie del maligno. Il dono della tua vita ci faccia comprendere sempre più quanto vale la vita di ogni essere umano. Troppo sangue scorre ancora sulla terra! Troppa violenza e troppi conflitti turbano la serena convivenza delle nazioni! Tu vieni a portarci la pace. Tu sei la nostra pace! Tu solo puoi fare di noi “un popolo puro” che ti appartenga per sempre, un popolo “zelante nelle opere buone” (Tt 2,14). (24 dicembre 2003)
Maria “diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia” (Lc 2,7). Ecco l’icona del Natale: un fragile neonato, che le mani di una donna proteggono con poveri panni e depongono nella mangiatoia. Chi può pensare che quel piccolo essere umano è il “Figlio dell’Altissimo” (Lc 1,32)? Lei sola, la Madre, conosce la verità e ne custodisce il mistero. In questa notte anche noi possiamo ‘passare’ attraverso il suo sguardo, per riconoscere in questo Bambino il volto umano di Dio. Anche per noi, uomini del terzo millennio, è possibile incontrare Cristo e contemplarlo con gli occhi di Maria. (24 dicembre 2002)
Al popolo oppresso e sofferente, che camminava nelle tenebre, apparve “una grande luce”. Sì, una luce davvero “grande”, perché quella che s’irradia dall’umiltà del presepe è la luce della nuova creazione. Se la prima creazione cominciò con la luce (cfr Gn 1,3), tanto più fulgida e “grande” è la luce che dà inizio alla nuova creazione: è Dio stesso fatto uomo! Il Natale è evento di luce, è la festa della luce: nel Bambino di Betlemme la luce originaria torna a risplendere nel cielo dell’umanità e squarcia le nubi del peccato. Il fulgore del trionfo definitivo di Dio appare all’orizzonte della storia per proporre agli uomini in cammino un nuovo futuro di speranza. (24 dicembre 2001)
Ecco l’Emmanuele, il Dio-con-noi, che viene a riempire di grazia la terra. Viene al mondo per trasformare il creato. Si fa uomo tra gli uomini, perché in lui e per mezzo di lui ogni essere umano possa profondamente rinnovarsi. Con la sua nascita, egli ci introduce tutti nella dimensione della divinità, elargendo a chi nella fede si apre ad accogliere il suo dono la possibilità di partecipare alla sua stessa vita divina. Questo è il significato della salvezza di cui odono parlare i pastori nella notte di Betlemme: “Vi è nato un Salvatore” (Lc 2,11). La venuta di Cristo fra noi è il centro della storia, che da allora acquista una nuova dimensione. In un certo senso, è Dio stesso che scrive la storia inserendosi al suo interno. L’evento dell’Incarnazione si dilata così ad abbracciare tutta l’ampiezza della storia umana, dalla creazione alla parusia. Ecco perché nella Liturgia tutta la creazione canta, esprimendo la propria gioia: plaudono i fiumi, esultano gli alberi della foresta, si allietano le isole tutte (cfr Sal 98,8; 96,12; 97,1). Ogni essere creato sulla faccia della terra accoglie l’annuncio. Nel silenzio attonito dell’universo, rimbalza con eco cosmica ciò che la Liturgia pone sulle labbra della Chiesa: Christus natus est nobis. Venite, adoremus! (24 Dicembre 1998)
https://it.aleteia.org/2017/12/25/8-pensieri-natale-giovanni-paolo-ii/
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