SANTA MESSA NELLA PARROCCHIA ROMANA DI SAN GREGORIO BARBARIGO
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
“Ecco, io vengo . . . per fare, o Dio, la tua volontà”
Domenica, 22 dicembre 1985
1. “Il Signore è vicino!” (Fil 4, 5). Con queste parole ci saluta la Chiesa nella liturgia degli ultimi giorni prima del Natale. Questi sono i giorni in cui essa fissa particolarmente lo sguardo verso colui che deve venire nella notte di Betlemme. Testimonianza di un tale sguardo sono le così dette antifone maggiori dell’Avvento, che accompagnano ogni giorno nei vespri l’inno del “Magnificat”. Un’altra testimonianza è costituita pure dalla liturgia della domenica odierna. “Il Signore è vicino!”. Con queste parole saluto la parrocchia romana dedicata a San Gregorio Barbarigo, che mi è dato di visitare in questa domenica. Compio questo ministero pastorale come Vescovo di Roma, come indegno erede di quella missione apostolica, che a Roma hanno compiuto San Pietro e anche San Paolo. Proprio loro per primi hanno annunziato ai vostri antenati, duemila anni fa, il mistero dell’Avvento di Dio! “Il Signore è vicino”. Per opera loro, per la prima volta, questo grido si è diffuso nella Roma imperiale e pagana di allora. Ed è arrivato fino ad oggi.
2. L’Avvento si avvicina al suo compimento nella storia dell’umanità. Ne troviamo espressione nella liturgia dell’ultima domenica di questo periodo. Ecco, attraverso la lettura della Lettera agli Ebrei, sentiamo le parole del Figlio di Dio:2 “Ecco, io vengo . . . / Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, / un corpo invece mi hai preparato . . . / Ecco, io vengo . . . / per fare, o Dio, la tua volontà” (Eb 10, 5. 7). In queste parole, la venuta di Dio in mezzo agli uomini prende la forma del mistero dell’Incarnazione. Dio ha preparato questo mistero dall’eternità, e ora lo compie. Il Padre manda il Figlio. Il Figlio accoglie la missione. Per opera dello Spirito Santo diventa uomo nel seno della Vergine di Nazaret. “E il Verbo si fece carne” (Gv 1, 14). Il Verbo è Figlio eternamente amato ed eternamente amante. L’Amore significa l’unità delle volontà. La volontà del Padre e la volontà del Figlio si uniscono. Il frutto di questa unione è l’Amore personale, lo Spirito Santo. Il frutto, poi, dell’Amore personale è l’Incarnazione: “un corpo mi hai preparato”. “Il Signore e vicino”.
3. Il Padre “ha preparato” al Figlio “il corpo umano” per opera dello Spirito Santo, che è amore. Il mistero dell’Incarnazione significa una particolare “effusione” di questo Amore: discesa dello Spirito Santo sulla Vergine di Nazaret. Su Maria. “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo, colui che nascerà dunque santo e chiamato Figlio di Dio” (Lc 1, 35). Lo Spirito Santo con la sua potenza divina opera prima di tutto nel cuore di Maria. In questo modo la sorgente del mistero dell’Incarnazione diventa la fede di lei: obbedienza della fede, “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”! (Lc 1, 38). Alla visitazione - di cui parla il Vangelo di oggi - Elisabetta loda prima di tutto la fede di Maria: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore” (Lc 1, 45). All’annunciazione Maria pronunzia infatti il suo “fiat” nell’obbedienza della fede. Questo “fiat” è il momento chiave. Il mistero dell’Incarnazione è mistero divino e insieme umano. Infatti, colui che assume il corpo è Dio-Verbo (Dio-Figlio). E contemporaneamente il corpo, che assume, è umano. “Admirabile commercium”. In questo momento, quando la Vergine di Nazaret pronunzia il suo “fiat” (avvenga di me quello che hai detto) -il Figlio può dire al Padre: “Ecco, un corpo mi hai preparato”. L’Avvento di Dio si compie pure per opera dell’uomo. Mediante l’obbedienza della fede.
4. La liturgia odierna ci mette davanti agli occhi non solo l’eterna obbedienza del Figlio: “Ecco, io vengo . . . per fare, o Dio, la tua volontà”: non solo l’obbedienza di colei che è stata prescelta per essere la sua madre terrena . . . ma ci mette dinanzi agli occhi anche il luogo, in cui si deve compiere il mistero dell’Incarnazione.3 Ecco, al centro della profezia di Michea appare il toponimo: Betlemme. Questo è proprio il luogo in cui l’eterno Figlio doveva per la prima volta rivelarsi nel corpo umano. Il Figlio di Dio come figlio dell’uomo: figlio di Maria. Il profeta dice: “E tu, Betlemme di Efrata, / così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, / da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; / le sue origini sono dall’antichità, / dai giorni più remoti” (Mi 5, 1). Tale origine “dall’antichità”: dai giorni più remoti (e senza inizio!) viene partecipata dal FiglioVerbo. “Quando colei che deve partorire partorirà (cf. Mi 5, 2) -annunzia ulteriormente il profeta “il resto dei suoi fratelli ritornerà ai figli di Israele”. Questa nascita umana del Figlio di Dio dalla Vergine dà inizio al nuovo Israele: al nuovo popolo di Dio. Sarà questo il popolo dei “fratelli” di Cristo: di coloro che, mediante la grazia, diventeranno “figli nel figlio”. Riceveranno “potere di diventare figli di Dio”, come dirà San Giovanni nel Prologo del suo Vangelo (cf. Gv 1, 12). Il luogo in cui tutto ciò si compirà - dove si compirà e al tempo stesso sarà sempre ricordato di nuovo nella storia della Salvezza - è proprio quella Betlemme di Efrata.
5. Tale orizzonte apre dinanzi a noi la liturgia di questa domenica. Vediamo quale ricco contenuto nasconde in sé questa concisa invocazione, con la quale la Chiesa esprime il suo saluto negli ultimi giorni di Avvento: “Il Signore è vicino“!
6. La vostra comunità parrocchiale, eretta nel 1964, ha celebrato recentemente il ventennio di fondazione. Essa fu posta sotto la protezione di San Gregorio Barbarigo, perché tutta l’attività pastorale fosse ispirata a quella luminosa figura che, come Vescovo di Bergamo e di Padova, si distinse per la cura delle anime e, in particolare, per la formazione dei candidati al sacerdozio tanto da essere additato come pastore esemplare. In un momento quale è quello che stiamo vivendo, in cui la Chiesa pone al centro delle sue preoccupazioni il problema della scarsezza delle vocazioni ecclesiastiche, vi esorto a non cessare di invocare la sua intercessione, perché il Signore faccia fiorire numerose vocazioni per la gloria di Dio e per il bene delle anime. Insieme col cardinale vicario Ugo Poletti e col vescovo ausiliare Clemente Riva, rivolgo il mio saluto all’intera comunità parrocchiale e, in particolare, al parroco, don Paolo Schiavon, al vice-parroco e a tutti i sacerdoti che a vario titolo prestano la loro collaborazione per l’animazione cristiana di questa zona, situata nel quartiere dell’EUR fra le Tre Fontane e la Via Laurentina. Grazie alla loro dedizione e alla collaborazione di tanti laici generosi, la vita spirituale della parrocchia in questi venti anni è andata progressivamente rafforzandosi. Il lodevole impegno dei sacerdoti della diocesi di Padova, che sono animati dallo zelo apostolico di San Gregorio Barbarigo, antico Pastore nella sede patavina, sta facendo maturare frutti di vita cristiana, che consentono di ben sperare per il futuro, pur in presenza di vari problemi sociali che travagliano il quartiere a causa della diversa provenienza dei suoi abitanti. Mi consta che si sta cercando di far fronte alla tendenza all’isolamento e all’individualismo; che ci si preoccupa di porre riparo all’azione corrosiva che la vita moderna esercita nei confronti dei legami familiari; e che non si lascia nulla di intentato per risvegliare nei singoli una sempre più chiara coscienza dei valori cristiani e sociali. Nel dare atto del cammino percorso, desidero anche rivolgere il mio cordiale saluto alle diverse associazioni, mediante le quali il laicato è attivamente presente nella pastorale parrocchiale sia con l’attività catechetica e formativa, sia con quella caritativa e assistenziale. Il mio pensiero va in particolare ai giovani, a cui esprimo il mio compiacimento per la partecipazione alla liturgia e alla vita dei vari gruppi. Ad essi desidero rivolgere l’esortazione a sentirsi sempre più responsabili nei confronti dei loro coetanei che non hanno ancora esperimentato la gioia, che proviene dalla scoperta e dall’amicizia con Cristo. Un saluto particolarmente affettuoso esprimo infine agli Istituti religiosi maschili e femminili, che operano nell’ambito della parrocchia, attendendo alla formazione della gioventù, all’assistenza sanitaria e a altre opre benefiche. Tra questi, desidero fare esplicita menzione dei monaci Trappisti alle Tre fontane, i quali con la loro vita ascetica di perfetta contemplazione sono gli specialisti di Dio e attirano con la loro preghiera le più elette grazie celesti.
7. “Entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio, né offerta, / un corpo invece mi hai preparato. / Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. / Allora ho detto: Ecco, io vengo . . . / per fare, o Dio, la tua volontà” (Eb 10, 5-7). Il mistero nell’Incarnazione significa l’inizio del nuovo sacrificio: del perfetto sacrificio. Colui che viene concepito nel seno della Vergine per opera dello Spirito Santo, che nasce nella notte di Betlemme è sacerdote eterno. Porta il sacrificio e compie il sacrificio già nella sua Incarnazione. E ciò è quel sacrificio che “è gradito a Dio”. È gradito a Dio il sacrificio, in cui si esprime tutta la verità interiore dell’uomo: il sacrificio della volontà e del cuore. Il Figlio di Dio assume la natura umana, il corpo umano, proprio per iniziare5 tale sacrificio nella storia dell’umanità. La compirà definitivamente mediante la sua “obbedienza fino alla morte” (cf. Fil 2, 8). Tuttavia l’inizio di questa obbedienza è già nel seno della Vergine Maria. Già nella notte di Betlemme: “Ecco, io vengo . . . per fare, o Dio, la tua volontà”.
8. Quando circonderemo il Neonato nella notte di Betlemme e per tutto il periodo di Natale, diamo sfogo al bisogno dei nostri cuori, gioiamo di quella gioia che il tempo di Natale porta con sé, cantiamo “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama” (Lc 2, 14). E soprattutto: impariamo fino alla fine la verità contenuta in questo mistero penetrante: “Ecco, io vengo . . . per fare, o Dio, la tua volontà”. Impariamo dal Figlio di Dio a fare la volontà del Padre. Infatti tale è la vocazione di coloro che sono “diventati figli nel Figlio”. Tale è la nostra vocazione cristiana. Tale è frutto dell’Avvento di Dio nella vita umana.
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