LA FAMIGLIA DI GESU'
di mons. Giuseppe Mani
“Chi vede me vede il Padre mio”. Con questa fede entriamo nella capanna di Betlemme a vedere Dio in persona, adorarlo e rimanere stupiti. Siamo abituati a pensare al Paradiso come alla casa di Dio ed è vero: Betlemme è il suo paradiso, il luogo in cui si compiace di abitare e rivelarsi. L’ornamento della casa di Dio è costituito da poche cose, anzi da niente di ciò che abitualmente appartiene ad una normale famiglia che accoglie un bambino.
Apparentemente è così, si chiama povertà, ma, se guardiamo bene, Dio, al momento della sua nascita, si è fatto mancare tutto ciò di cui poteva benissimo fare a meno, ma non una famiglia anzi, una bellissima famiglia. Questo ci dice tutto. L’uomo può fare a meno di tutto, ma non della famiglia. E’ la prima rivelazione che Dio ci ha fatto attraverso Gesù: ogni uomo ha diritto ad una famiglia e il dovere di dare una famiglia a tutti.
Solitamente a Natale siamo colpiti dalla povertà della Grotta in cui nasce Gesù, che la fede e l’amore dei fedeli rendono bella ed accogliente con i pastori vestiti di velluto e damaschi, pastori più dell’Arcadia che della Palestina, un ambiente da presepe napoletano più che da campagna palestinese. Con superficialità si parla della povertà di Gesù a Betlemme, mentre oggi ci sono bambini che nascono in situazioni molto più precarie di Gesù. Penso a quelli che non sono accolti e vengono uccisi con l’aborto prima di vedere la luce, penso a quelli che finiscono nei cassonetti delle immondizie, a quelli che non vengono riconosciuti dai loro genitori naturali: sono tutti molto più poveri di Gesù. La loro condizione non è di povertà, autentica virtù, ma di miseria che Dio non vuole e che la Chiesa combatte con il suo magistero sociale.
Dopo Betlemme il vangelo ci presenta la Famiglia di Gesù a Nazaret, dove il Bambino cresceva in sapienza, età e grazia. Non era una famiglia di barboni, ma di normali artigiani, tanto che Gesù è riconosciuto come il figlio del falegname e Lui stesso impara il mestiere del padre. Una famiglia che lavora e vive del suo lavoro, una famiglia che prega e fa le sue pratiche religiose ebraiche, compresi i pellegrinaggi a Gerusalemme. E’ il prototipo della normale famiglia. Questa normalità, questa naturalezza in cui vive il Figlio di Dio per trenta anni, ci stupisce: possibile che Dio sia venuto in terra per fare il falegname per trent’anni? Anche questi trent’anni di normalità sono la forma di evangelizzazione della vita: lo stile Nazaret è l’unico stile possibile del vivere tra gli uomini. Tutto ciò che è umano deve essere improntato alla semplicità, alla sobrietà e allo stile familiare; esattamente il contrario dello stile burocratico, complicato e solenne. La famiglia di Nazareth è il prototipo della vita umana. L’umanità fatta di Figli di Dio e quindi di fratelli non può essere perfetta che realizzandosi come universale famiglia umana.
Lo stile familiare della famiglia di Nazareth non è soltanto prototipo di ogni vivere sociale, ma anche modello di tutte le famiglie, come Cristo è modello di ogni uomo. E’ prototipo soprattutto perché è “La Santa Famiglia”, cioè una famiglia santa e la santità è la perfezione a cui ogni famiglia deve aspirare. Tanti sono i “manuali per la vita familiare”che esaminano la famiglia sotto vari aspetti, ma nonostante tutti gli studi la situazione della famiglia è sempre più precaria fino alla accettazione della sua composizione. Toccare la famiglia è come toccare la persona umana: è toccare Dio, una creatura fatta a sua immagine e somiglianza. E’ una autentica profanazione della creazione che a suo tempo si ribellerà presentando il conto del male fatto. E’ proprio il caso di dire: con la famiglia non si scherza. La proposta che Dio fa ad ogni famiglia non è di essere buona, ma Santa e propone la famiglia di suo Figlio come modello di santità. In che senso? Perché la famiglia di Nazareth è santa? Non perché c’era la Madonna, Immacolata Concezione e San Giuseppe, uomo giusto, ma unicamente perché era presente Gesù che è il Santo. E Gesù è la ragione della santità di ogni famiglia.
Gesù è presente in ogni famiglia, lo ha affermato Lui stesso: “Quando due sono uniti nel mio nome io sono in mezzo a loro” e lo ha dichiarato con la sua presenza a Cana, dove operò a favore della famiglia il gesto profetico di cambiare l’acqua in vino.
Il Concilio Vaticano II lo dichiara: “Il Salvatore degli uomini e Sposo della Chiesa, viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del matrimonio e rimane con loro perché, come egli stesso ha amato la Chiesa e si è dato per essa, così anche i coniugi possano amarsi l’un l’altro.” (G.S. 48). Ed è proprio attraverso il loro vicendevole amore che camminano insieme verso la perfezione cristiana. Questo amore nuziale è la base della loro vocazione di padre e di madre, da cui scaturisce la fecondità della loro missione di educatori.
Il Vaticano II ha aperto la strada delle canonizzazioni delle famiglie, insieme alla Sacra Famiglia già sono state dichiarate sante anche altre famiglie.
La pastorale familiare è il fondamento della Nuova Evangelizzazione. Ripartire dalla Famiglia era la proposta chiara e sicura di San Giovanni Paolo II e credo sia la strada per vivificare la Chiesa e bonificare la società.
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