SOLENNITÀ DEL SANTO NATALE DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO
OMELIA DI PAOLO VI
Sabato, 25 dicembre 1976
Fratelli e Figli, accorsi a questa convocazione notturna!
Voi sapete perché!
È la ricorrente memoria d’un fatto estremamente umile e immerso in un
povero paese lontano (ma era un paese predestinato), e inseriti in una
ignota vicenda del tempo (ma era anch’esso un tempo profeticamente
calcolato); d’un fatto si direbbe insignificante quale la nascita d’un
Bambino in condizioni poverissime, prive d’ogni importanza esteriore e
d’ogni interesse ambientale (ma era l’arrivo nel mondo, nel genere
umano, del Verbo di Dio, del Figlio consustanziale del Padre Creatore e
Signore dell’universo, che rimanendo qual era, si faceva Figlio di
Maria; Figlio così di Dio e Figlio dell’uomo).
È questo fatto ambi valente umile e immenso, umano e divino, che
nell’unica Persona del Verbo unisce due nature, di cui una, l’umana, sì,
rispecchia costituzionalmente (Cfr. Gen. 1, 26-27) una
meravigliosa, ma certo sempre remota immagine dell’altra, la divina,
l’eterna, l’infinita; immagine ineffabile dell’invisibile Iddio (Cfr. Col. 1, 15; 2 Cor.
4, 4) e pone nell’abissale mistero della divinità questa simbiosi ch’è
Cristo Gesù; «natus est Christus; . . . de Padre, Deus; de Matre, homo»
(S. AUGUSTINI Sermo 184: PL 38, 997). Essa lo pone nell’umanità e nella storia, centro in cui si ricollegano tutte le cose celesti e terrestri (Cfr. Eph. 1, 10), ed a cui ogni singolo essere umano può avere accesso e salvezza (Cfr. Luc. 3, 6); è questo il fatto, il mistero che noi ora ricordiamo e celebriamo.
«Lux in tenebris lucet», la luce splende nelle tenebre (Io. 1, 5).
Non ci fermeremo a considerare questo aspetto del mistero del Natale,
cioè il modo scelto da Dio per rivelarsi nel suo Messia; quasi volesse
nascondersi nell’atto stesso in cui si manifestava personalmente e
umanamente agli uomini, che pur lo attendevano. È un aspetto che lascia
intravvedere molte altre divine intenzioni, degne d’essere in altro
momento esplorate e meditate. Voleva il Signore che noi, anche davanti
alla sua suprema rivelazione temporale, non fossimo esonerati dal dovere
di ricercarlo? voleva Egli che la nostra ricerca ci obbligasse a
curvarci sui sentieri dell’umiltà, per correggere l’ostacolo principale
che ci impedisce un autentico incontro col Cristo rivelatore, non
altrimenti possibile che nella mortificazione del nostro fallo capitale,
l’orgoglio? o voleva che non per altro interesse egoista lo avessimo a
cercare, ma per quello del puro amore?
Come si debba infatti cercare la divina rivelazione ce lo ricordano le memorabili parole di S. Agostino «amore petitur, amore quaeritur, amore pulsatur, amore revelatur . . .»: «con l’amore si domanda, con l’amore si cerca, con l’amore si bussa, con l’amore si rivela» (S. AUGUSTINI De moribus Ecclesiae Catholicae, 1, c. XVII: PL 32, 1321).
Come si debba infatti cercare la divina rivelazione ce lo ricordano le memorabili parole di S. Agostino «amore petitur, amore quaeritur, amore pulsatur, amore revelatur . . .»: «con l’amore si domanda, con l’amore si cerca, con l’amore si bussa, con l’amore si rivela» (S. AUGUSTINI De moribus Ecclesiae Catholicae, 1, c. XVII: PL 32, 1321).
Ma ci fermeremo sul fatto stesso, sul mistero del Natale. Ancora
ascoltiamo S. Agostino, che anticipa sui Concilii posteriori la formula
conclusiva: «Homo verus Deus verus, Deus et homo totus Christus, Hoc est
catholica fides» (IDEM Sermo 92, 3: PL 38, 573). Ci
fermeremo con quell’adesione della nostra fede, che celebrando con la
Messa di questa notte i santi misteri noi stiamo a Lui tributando. Sì,
noi confermiamo con questo rito natalizio la nostra piena, ferma,
cordiale adesione a Cristo Gesù. Noi crediamo in Lui! Egli solo è il
Salvatore nostro e del mondo (Cfr. Act. 4, 12).
Lasciamo che questo atto religioso e cosciente confermi e rinnovi la
nostra accettazione di quella fede in Gesù Cristo, che abbiamo ereditato
dalle generazioni cristiane a noi precedenti, e che il magistero della
Chiesa sigilla in formule limpide e indiscutibili, e insieme feconda di
perenne vitalità di effusione spirituale, di operosità evangelica, di
predicazione missionaria, di cattolicismo sociale. E lasciamo che la
fede stessa della Madonna, la Madre di Gesù, Colei che fu predicata
«beata . . . per aver creduto nell’adempimento di ciò che le era stato
detto da parte del Signore» (Luc. 1, 45) «con fede non inquinata da alcun dubbio», come insegna il Concilio (Lumen Gentium,
62), penetri nelle nostre anime, e conforti la nostra schietta
conversazione col mondo presente, vacillante d’insanabili dubbi.
Lasciamo che la nostra certezza nel mistero cristiano ci abiliti al
duplice atteggiamento reclamato da chi si professa cristiano, quello
della logica di pensiero e di azione, coerente e sapiente, proprio di
chi appunto cristiano si qualifica, e quello della leale capacità
comprensiva comunicativa d’ogni giusto ed amichevole rapporto sociale.
E procuriamo infine d’onorare la grande festa del Natale con
l’espressione nel cuore e nel culto dei sentimenti che scaturiscono
dalla sua realtà religiosa; della nostra meraviglia dapprima, che per
quanto essa cerchi di ammirare il prodigio dell’Incarnazione, del Verbo
di Dio che si fa uomo, non troverà mai una sufficiente misura, per
iperbolica ch’essa si faccia, per adeguare l’espressione dello stupore e
della gioia alla realtà che la suscita. Ancora S. Agostino che esorta:
«Svégliati, uomo; per te Dio si è fatto uomo!: «expergiscere, homo: pro
te Deus factus est homo!» (S. AUGUSTINI Sermo 185: PL 38,
907). Sentimento questo che accompagnerà poi sempre, anche nelle ore
amare della vita e nelle celebrazioni dolorose della liturgia ogni altro
sentimento, come una inesauribile riserva di ottimismo contemplativo ed
attivo proprio di chi è stato ammesso a pregustare la trascendente
fortuna del mistero cristiano (Cfr. Eph. 5, 14). Riascoltiamo S.
Paolo per fare delle sue parole stile della nostra vita cristiana,
augurio e ricordo della nostra celebrazione di questo Natale:
«Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora: rallegratevi!» (Phil.
4, 4; 2, 18; 3, 1). L’Angelo del presepio ha intonato dal cielo il
messaggio della nuova letizia, anche per noi: «Non temete! Ecco vi
annunzio una grande gioia, che sarà per tutto il popolo: oggi vi è nato
nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore» (Luc. 2, 10-11).
http://www.vatican.va/content/paul-vi/it/homilies/1976/documents/hf_p-vi_hom_19761225.html
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