GIOVANNI PAOLO IICON LA QUALE I SANTI CIRILLO E METODIO
VENGONO PROCLAMATI COMPATRONI D'EUROPA
1. Alle illustri figure dei santi Cirillo e Metodio si rivolgono di
nuovo i pensieri ed i cuori in quest'anno in cui ricorrono due centenari
particolarmente significativi. Si compiono infatti cent'anni dalla
pubblicazione della lettera enciclica «Grande Munus» del 30 settembre 1880, con la quale il grande pontefice Leone XIII
ricordava a tutta la Chiesa le figure e l'attività apostolica di questi
due santi e, al tempo stesso, ne introduceva la festività liturgica nel
calendario della Chiesa cattolica [1]. Ricorre inoltre l'XI centenario della lettera «Industriae Tuae» [2],
inviata dal mio predecessore Giovanni VIII al principe Svatopluk nel
giugno dell'anno 880, nella quale veniva lodato e raccomandato l'uso
della lingua slava nella liturgia, affinché «in quella lingua fossero
proclamate le lodi e le opere di Cristo nostro Signore» [3].
Cirillo e Metodio, fratelli, greci, nativi di Tessalonica, la città
dove visse e operò san Paolo, fin dall'inizio della loro vocazione,
entrarono in stretti rapporti culturali e spirituali con la Chiesa
patriarcale di Costantinopoli, allora fiorente per cultura e attività
missionaria alla cui alta scuola essi si formarono [4].
Entrambi avevano scelto lo stato religioso unendo i doveri della
vocazione religiosa con il servizio missionario, di cui diedero una
prima testimonianza recandosi ad evangelizzare i Cazari della Crimea.
La loro preminente opera evangelizzatrice fu, tuttavia, la missione
nella Grande Moravia tra i popoli, che abitavano allora la penisola
balcanica e le terre percorse dal Danubio; essa fu intrapresa su
richiesta del principe di Moravia Roscislaw, presentata all'imperatore e
alla Chiesa di Costantinopoli. Per corrispondere alle necessità del
loro servizio apostolico in mezzo ai popoli slavi tradussero nella loro
lingua i libri sacri a scopo liturgico e catechetico, gettando con
questo le basi di tutta la letteratura nelle lingue dei medesimi popoli.
Giustamente perciò essi sono considerati non solo gli apostoli degli
slavi ma anche i padri della cultura tra tutti questi popoli e tutte
queste nazioni, per i quali i primi scritti della lingua slava non
cessano di essere il punto fondamentale di riferimento nella storia
della loro letteratura.
Cirillo e Metodio svolsero il loro servizio missionario in unione sia
con la Chiesa di Costantinopoli, dalla quale erano stati mandati, sia
con la sede romana di Pietro, dalla quale furono confermati,
manifestando in questo modo l'unità della Chiesa, che durante il periodo
della loro vita e della loro attività non era colpita dalla sventura
della divisione tra l'oriente e l'occidente, nonostante le gravi
tensioni, che, in quel tempo, segnarono le relazioni fra Roma e
Costantinopoli.
A Roma Cirillo e Metodio furono accolti con onore dal Papa e dalla
Chiesa romana e trovarono approvazione e appoggio per tutta la loro
opera apostolica ed anche per la loro innovazione di celebrare la
liturgia nella lingua slava, osteggiata in alcuni ambienti occidentali. A
Roma concluse la sua vita Cirillo (14 febbraio 869) e fu sepolto nella
Chiesa di san Clemente, mentre Metodio fu dal Papa ordinato arcivescovo
dell'antica sede di Sirmio e fu inviato in Moravia per continuarvi la
sua provvidenziale opera apostolica, proseguita con zelo e coraggio
insieme ai suoi discepoli e in mezzo al suo popolo sino al termine della
sua vita (6 aprile 885).
2. Cento anni fa il papa Leone XIII con l'enciclica «Grande Munus»
ricordò a tutta la Chiesa gli straordinari meriti dei santi Cirillo e
Metodio per la loro opera di evangelizzazione degli slavi. Dato però che
in quest'anno la Chiesa ricorda solennemente il 1500° anniversario
della nascita di san Benedetto, proclamato nel 1964 dal mio venerato
predecessore, Paolo VI,
patrono d'Europa, è parso che questa protezione nei riguardi di tutta
l'Europa sarà meglio messa in risalto, se alla grande opera del santo
patriarca d'occidente aggiungeremo i particolari meriti dei due santi
fratelli, Cirillo e Metodio. A favore di questo ci sono molteplici
ragioni di natura storica, sia di quella passata come di quella
contemporanea, che hanno la loro garanzia sia teologica che ecclesiale,
come pure culturale nella storia del nostro continente europeo. E perciò
prima ancora che si chiuda quest'anno dedicato al particolare ricordo
di san Benedetto, desidero che per il centenario della enciclica leoniana, si valorizzino tutte queste ragioni, mediante la presente proclamazione dei santi Cirillo e Metodio a compatroni d'Europa.
3. L'Europa, infatti, nel suo insieme geografico è per così dire
frutto dell'azione di due correnti di tradizioni cristiane, alle quali
si aggiungono anche due diverse, ma al tempo stesso profondamente
complementari, forme di cultura. San Benedetto, il quale con il suo
influsso ha abbracciato non solo l'Europa, prima di tutto occidentale e
centrale, ma mediante i centri benedettini è arrivato anche negli altri
continenti, si trova al centro stesso di quella corrente che parte da
Roma, dalla sede dei successori di san Pietro. I santi fratelli da
Tessalonica mettono in risalto prima il contributo dell'antica cultura
greca e, in seguito, la portata dell'irradiazione della Chiesa di
Costantinopoli e della tradizione orientale, la quale si è così
profondamente iscritta nella spiritualità e nella cultura di tanti
popoli e nazioni nella parte orientale del continente europeo.
Poiché oggi, dopo secoli di divisione della Chiesa tra oriente e
occidente, tra Roma e Costantinopoli a partire dal Concilio Vaticano II
sono stati intrapresi passi decisivi nella direzione della piena
comunione, pare che la proclamazione dei santi Cirillo e Metodio a
compatroni d'Europa, accanto a san Benedetto, corrisponda pienamente ai
segni del nostro tempo. Specialmente se ciò avviene nell'anno nel quale
le due Chiese, cattolica ed ortodossa, sono entrate nella tappa di un
decisivo dialogo, che si è iniziato nell'isola di Patmos, legata alla
tradizione di san Giovanni apostolo ed evangelista. Pertanto questo atto
intende anche rendere memorabile tale data.
Questa proclamazione vuole in pari tempo essere una testimonianza,
per gli uomini del nostro tempo, della preminenza dell'annuncio del
Vangelo, affidato da Gesù Cristo alle Chiese, per il quale hanno
faticato i due fratelli apostoli degli slavi. Tale annuncio è stato via e
strumento di reciproca conoscenza e di unione fra i diversi popoli
dell'Europa nascente, ed ha assicurato all'Europa di oggi un comune
patrimonio spirituale e culturale.
4. Auspico, quindi, che per opera della misericordia della santissima
Trinità, per l'intercessione della Madre di Dio e di tutti i santi,
sparisca ciò che divide le Chiese come pure i popoli e le nazioni; e le
diversità di tradizioni e di cultura dimostrino invece il reciproco
completamento di una comune ricchezza.
Che la consapevolezza di questa spirituale ricchezza, diventata su
strade diverse patrimonio delle singole società del continente europeo,
aiuti le generazioni contemporanee a perseverare nel reciproco rispetto
dei giusti diritti di ogni nazione e nella pace, non cessando di rendere
i servizi necessari al bene comune di tutta l'umanità e al futuro
dell'uomo su tutta la terra.
Pertanto, con sicura cognizione e mia matura deliberazione, nella
pienezza della potestà apostolica, in forza di questa lettera ed in
perpetuo costituisco e dichiaro celesti compatroni di tutta l'Europa
presso Dio i santi Cirillo e Metodio, concedendo inoltre tutti gli onori
ed i privilegi liturgici che competono, secondo il diritto, ai patroni
principali dei luoghi.
Pace agli uomini di buona volontà!
Dato a Roma, presso san Pietro, sotto l'«anello del pescatore», il
giorno 31 del mese di dicembre dell'anno 1980, terzo di Pontificato.
[1] Leonis XIII «Acta», vol. II, pp. 125-137.
[2] Cfr. Magna Moraviae Fontes Historici, t. III, Brno 1969, pp. 197-208
[3] ibid, p. 207.
[4] cfr. Costantinus et Methodius Thessalonicenses, Fontes, ed F. Grivec - F. Tomšič: Radovi Staraslovenskog, Instituta IV, Zagabria, 1960.
http://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_letters/1980/documents/hf_jp-ii_apl_31121980_egregiae-virtutis.html
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