venerdì 5 luglio 2019

La Trinità sopra la paglia, omelia di Mons. Mansueto Bianchi






LA TRINITA' SOPRA LA PAGLIA
omelia del Vescovo di Volterra S.E. Mons. Mansueto Bianchi
 

 
“Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia”.
C’è un’immagine che occupa il cuore di questa notte e colma di sé la mente e l’anima di ciascuno: è il bambino avvolto in poveri panni e deposto sopra la paglia. L’immagine, suggerita dall’evangelista Luca, fu colta e riproposta da San Francesco nel primo presepe vivente di Greccio, così è entrata nei nostri presepi, costituendone il centro ed il senso.
Un bambino sulla paglia.
Dinanzi a questa immagine ancora sostiamo: dopo 2000 anni di cammino nella storia, carichi di fatica e di speranza, feriti ma insieme protesi al domani, come è proprio ai pellegrini del tempo, stanotte ancora sostiamo dinanzi alla grotta e guardiamo il Bambino sulla paglia.
Il suo silenzio, la sua piccolezza inerme bussano alla porta della nostra vita e ci chiedono risposte.
Chi è questo Bambino sulla paglia?
Attorno a noi ancora la cronaca di questi giorni ha fatto affiorare le sue risposte ed i suoi giudizi.
Per alcuni questo Bambino sulla paglia è occasione e simbolo di divisione tra razze e religioni diverse, immagine che deve essere rimossa dai momenti e dai luoghi di formazione del cittadino, insidia o inficiamento alla laicità dello Stato.
Per altri ha valenza storica come testimonianza delle nostre radici, elemento d’intreccio della nostra cultura e della nostra civiltà.
Per altri ancora è un simbolo etico, sorgente di valori e di comportamenti che possono dare norma e stile al vivere personale e sociale.
Infine per molta gente il Bambino sulla paglia è soprattutto fremito emotivo, commozione religiosa di un giorno e di un’ora dentro la linea piatta di una vita vissuta “come se Dio non ci fosse”.
Torna perciò potente ed insistente la domanda dinanzi al silenzio inerme del presepe: ma chi è questo Bambino sulla paglia? Cosa siamo venuti a fare, perché, o meglio, per chi ci siamo raccolti in questa notte santa?
Ci risponde la voce profetica con il testo di Isaia: “un bambino è nato per noi, un figlio ci è stato donato; il suo nome è Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace”.
Ci risponde anche la voce apostolica attraverso il testo di Paolo: “Carissimo, è apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini”.
Infine è il Vangelo stesso che, attraverso la voce degli angeli, dà coronamento e compimento alla risposta: “Vi annunzio una grande gioia che è per tutto il popolo: oggi nella città di David è nato per voi il Salvatore che è il Cristo Signore”.
Ecco chi è il Bambino sulla paglia: è il Dio fratello, è l’Emmanuele, il Dio-con-noi, è la gloria della Trinità fatta mendica dentro la storia, avvolta nel mantello lacero della nostra umanità.
Questo è Betlemme, questo è Natale: la Trinità sopra la paglia: sulla paglia della nostra umanità, sulla paglia della Chiesa, sulla paglia della mia vita.
Ecco perché stanotte abbiamo come sospeso l’ordinaria trafila dei nostri orari e delle nostre vicende, abbiamo come raccolto i nostri percorsi, preso in mano la nostra vita e l’abbiamo portata qui, dinanzi al Bambino sopra la paglia.
Non siamo venuti attorno ad un simbolo di divisione, attorno ad una pallida memoria storica, attorno ad un galateo etico, attorno ad un fremito emozionale; siamo venuti, abbiamo portato la nostra vita a contemplare la Trinità sopra la paglia.
E qui misuriamo, quasi con sgomento, l’abissalità dell’amore che ha consumato la distanza tra Creatore e creatura, ha bruciato la repulsione tra santità e peccato ed ha portato Dio ad abbracciare la nostra umanità, sino a farla Sua, ad entrare per puro gesto di amore dentro la fragilità del nostro divenire, del nostro patire, del nostro morire.
Fissiamola qui stanotte la nostra vita, lasciamola per un attimo senza difesa e senza distrazione, dinanzi a questo Bambino, dinanzi a questa Trinità sopra la paglia. Lasciamo che le nostre vite frastornate, smarrite, sciupate ascoltino questo silenzio, guardino il Bambino e la paglia e si sentano avvolte in un abbraccio che non le lascerà più, si scoprano finalmente e semplicemente amate, senza misura amate. Così come sono: proprio perché povere, proprio perché frastornate, proprio perché vita sciupate.
E’ da questo Bambino sulla paglia, è da questo Dio che ti sa amare così come sei, senza nulla attendere, senza nulla chiederti se non di lasciarti amare, che può nascere una vita diversa, puoi nascere tu come primavera inattesa, può nascere una città ed una civiltà che abbia finalmente la gioia di essere umana.
Ed io con voi, fratelli, guardo quella paglia su cui il Bambino giace e con Lui la Trinità, guardo quella paglia che è il luogo di Dio, la casa di Dio nella storia. E riconosco in essa il simbolo e la metafora di come Lui continua ad essere presente tra di noi: davvero Betlemme, il presepe, non è solo rappresentazione degli inizi, è figura di ogni tempo, è immagine di come oggi Egli continui la Sua presenza tra noi, il Suo cammino con noi.
Ancora oggi dunque è la Trinità sopra la paglia.
Sulla paglia della nostra umanità; penso alla tensioni ed alle contraddizioni di questo nostro tempo, penso all’atrocità delle guerre, delle violenze, penso all’ingiustizia strutturale e strutturante i rapporti tra nord e sud del mondo, penso alla carovana inarrestabile e dolente dei profughi, dei rifugiati, dei clandestini, penso al dolore innocente dell’infanzia violata nel diritto all’amore, al cibo, alla salute, alla cultura, al futuro, penso alle violenze contro la vita dal suo concepimento al suo naturale tramonto. E’ questa la paglia di un presepe sconsolato ed immutato anche in questo 2004, nel quale Dio torna a nascere ed a gemere.
Penso alla paglia della Chiesa: quando essa trasmette un’immagine di sé fatta di potenza e di ricchezza, quando appare tanto lontana ed insensibile rispetto alla vita ed ai problemi della gente, quando non riesce più a parlare al cuore delle persone, a dare conforto, speranza, coraggio a chi è ferito nell’anima. Penso alla paglia della Chiesa quand’essa opacizza ed intorbida l’acqua chiara di Dio, di questa notte, di questo presepe.
E penso alla paglia della mia vita, della vita di ciascuno di noi: le nostre lontananze dal Vangelo, l’evanescenza della fede, l’individualismo crescente con l’inevitabile corteggio dell’indifferenza e della competizione scalmanata, il silenzio amaro nelle famiglie quando l’amore si spegne o vacilla, l’estinguersi della gioia vanamente surrogata dalla baldoria e dallo sballo.
Ecco la paglia su cui ancora giace il Bambino, ecco il presepe del nostro tempo, ecco la Trinità sopra la paglia in questo Natale 2004.
Fratelli e sorelle, andiamo incontro a questo Natale portando, come sempre, la paglia dell’umanità, della Chiesa, della nostra vita, ma lasciamo che essa sia raggiunta e colmata dalla Sua presenza: diventerà un peccato perdonato, una solitudine consolata, una debolezza che trova ancora la forza di sperare.
Il Bambino sopra la nostra povera paglia rimane ancora la bellezza e l’intatto stupore di questo nostro nuovo Natale.   





Fonte : Omelia della notte di Natale , Cattedrale 24 dicembre 2004 , Diocesi di Volterra, www.diocesivolterra.it






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