LA TRINITA' SOPRA LA PAGLIA
omelia del Vescovo di
Volterra S.E. Mons. Mansueto Bianchi
“Diede alla luce il suo
figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia”.
C’è un’immagine che occupa il cuore di questa notte
e colma di sé la mente e l’anima di ciascuno: è il bambino avvolto in poveri
panni e deposto sopra la paglia. L’immagine, suggerita dall’evangelista Luca, fu
colta e riproposta da San Francesco nel primo presepe vivente di Greccio, così è
entrata nei nostri presepi, costituendone il centro ed il senso.
Un bambino sulla paglia.
Dinanzi a questa immagine ancora sostiamo: dopo 2000
anni di cammino nella storia, carichi di fatica e di speranza, feriti ma insieme
protesi al domani, come è proprio ai pellegrini del tempo, stanotte ancora
sostiamo dinanzi alla grotta e guardiamo il Bambino sulla paglia.
Il suo silenzio, la sua piccolezza inerme bussano
alla porta della nostra vita e ci chiedono risposte.
Chi è questo Bambino sulla paglia?
Attorno a noi ancora la cronaca di questi giorni ha
fatto affiorare le sue risposte ed i suoi giudizi.
Per alcuni questo Bambino sulla paglia è occasione e
simbolo di divisione tra razze e religioni diverse, immagine che deve essere
rimossa dai momenti e dai luoghi di formazione del cittadino, insidia o
inficiamento alla laicità dello Stato.
Per altri ha valenza storica come testimonianza
delle nostre radici, elemento d’intreccio della nostra cultura e della nostra
civiltà.
Per altri ancora è un simbolo etico, sorgente di
valori e di comportamenti che possono dare norma e stile al vivere personale e
sociale.
Infine per molta gente il Bambino sulla paglia è
soprattutto fremito emotivo, commozione religiosa di un giorno e di un’ora
dentro la linea piatta di una vita vissuta “come se Dio non ci fosse”.
Torna perciò potente ed insistente la domanda
dinanzi al silenzio inerme del presepe: ma chi è questo Bambino sulla paglia?
Cosa siamo venuti a fare, perché, o meglio, per chi ci siamo raccolti in questa
notte santa?
Ci risponde la voce profetica con il testo di Isaia:
“un bambino è nato per noi, un figlio ci è stato donato; il suo nome è
Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace”.
Ci risponde anche la voce apostolica attraverso il
testo di Paolo: “Carissimo, è apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza
per tutti gli uomini”.
Infine è il Vangelo stesso che, attraverso la voce
degli angeli, dà coronamento e compimento alla risposta: “Vi annunzio una grande
gioia che è per tutto il popolo: oggi nella città di David è nato per voi il
Salvatore che è il Cristo Signore”.
Ecco chi è il Bambino sulla paglia: è il Dio
fratello, è l’Emmanuele, il Dio-con-noi, è la gloria della Trinità fatta mendica
dentro la storia, avvolta nel mantello lacero della nostra umanità.
Questo è Betlemme, questo è Natale: la Trinità sopra
la paglia: sulla paglia della nostra umanità, sulla paglia della Chiesa, sulla
paglia della mia vita.
Ecco perché stanotte abbiamo come sospeso
l’ordinaria trafila dei nostri orari e delle nostre vicende, abbiamo come
raccolto i nostri percorsi, preso in mano la nostra vita e l’abbiamo portata
qui, dinanzi al Bambino sopra la paglia.
Non siamo venuti attorno ad un simbolo di divisione,
attorno ad una pallida memoria storica, attorno ad un galateo etico, attorno ad
un fremito emozionale; siamo venuti, abbiamo portato la nostra vita a
contemplare la Trinità sopra la paglia.
E qui misuriamo, quasi con sgomento, l’abissalità
dell’amore che ha consumato la distanza tra Creatore e creatura, ha bruciato la
repulsione tra santità e peccato ed ha portato Dio ad abbracciare la nostra
umanità, sino a farla Sua, ad entrare per puro gesto di amore dentro la
fragilità del nostro divenire, del nostro patire, del nostro morire.
Fissiamola qui stanotte la nostra vita, lasciamola
per un attimo senza difesa e senza distrazione, dinanzi a questo Bambino,
dinanzi a questa Trinità sopra la paglia. Lasciamo che le nostre vite
frastornate, smarrite, sciupate ascoltino questo silenzio, guardino il Bambino e
la paglia e si sentano avvolte in un abbraccio che non le lascerà più, si
scoprano finalmente e semplicemente amate, senza misura amate. Così come sono:
proprio perché povere, proprio perché frastornate, proprio perché vita sciupate.
E’ da questo Bambino sulla paglia, è da questo Dio
che ti sa amare così come sei, senza nulla attendere, senza nulla chiederti se
non di lasciarti amare, che può nascere una vita diversa, puoi nascere tu come
primavera inattesa, può nascere una città ed una civiltà che abbia finalmente la
gioia di essere umana.
Ed io con voi, fratelli, guardo quella paglia su cui
il Bambino giace e con Lui la Trinità, guardo quella paglia che è il luogo di
Dio, la casa di Dio nella storia. E riconosco in essa il simbolo e la metafora
di come Lui continua ad essere presente tra di noi: davvero Betlemme, il
presepe, non è solo rappresentazione degli inizi, è figura di ogni tempo, è
immagine di come oggi Egli continui la Sua presenza tra noi, il Suo cammino con
noi.
Ancora oggi dunque è la Trinità sopra la paglia.
Sulla paglia della nostra umanità; penso alla
tensioni ed alle contraddizioni di questo nostro tempo, penso all’atrocità delle
guerre, delle violenze, penso all’ingiustizia strutturale e strutturante i
rapporti tra nord e sud del mondo, penso alla carovana inarrestabile e dolente
dei profughi, dei rifugiati, dei clandestini, penso al dolore innocente
dell’infanzia violata nel diritto all’amore, al cibo, alla salute, alla cultura,
al futuro, penso alle violenze contro la vita dal suo concepimento al suo
naturale tramonto. E’ questa la paglia di un presepe sconsolato ed immutato
anche in questo 2004, nel quale Dio torna a nascere ed a gemere.
Penso alla paglia
della Chiesa: quando essa trasmette un’immagine di sé fatta di potenza e di
ricchezza, quando appare tanto lontana ed insensibile rispetto alla vita ed ai
problemi della gente, quando non riesce più a parlare al cuore delle persone, a
dare conforto, speranza, coraggio a chi è ferito nell’anima. Penso alla paglia
della Chiesa quand’essa opacizza ed intorbida l’acqua chiara di Dio, di questa
notte, di questo presepe.
E penso alla paglia della mia vita, della vita di
ciascuno di noi: le nostre lontananze dal Vangelo, l’evanescenza della fede,
l’individualismo crescente con l’inevitabile corteggio dell’indifferenza e della
competizione scalmanata, il silenzio amaro nelle famiglie quando l’amore si
spegne o vacilla, l’estinguersi della gioia vanamente surrogata dalla baldoria e
dallo sballo.
Ecco la paglia su cui ancora giace il Bambino, ecco
il presepe del nostro tempo, ecco la Trinità sopra la paglia in questo Natale
2004.
Fratelli e sorelle, andiamo incontro a questo Natale
portando, come sempre, la paglia dell’umanità, della Chiesa, della nostra vita,
ma lasciamo che essa sia raggiunta e colmata dalla Sua presenza: diventerà un
peccato perdonato, una solitudine consolata, una debolezza che trova ancora la
forza di sperare.
Il Bambino sopra la nostra
povera paglia rimane ancora la bellezza e l’intatto stupore di questo nostro
nuovo Natale.
Fonte : Omelia della notte
di Natale , Cattedrale 24 dicembre 2004 , Diocesi di Volterra,
www.diocesivolterra.it
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