ORDINE DELLA SANTISSIMA TRINITA' E REDENZIONE DEGLI SCHIAVI
L'Ordine della Santissima Trinità
(Trinitari) è una famiglia religiosa fondata dal francese Giovanni di Matha
(1154-1213) con una Regola propria, approvata da Innocenzo III il 17 dicembre
1198 con la bolla Operante divine dispositionis. Nella Chiesa questa è la prima
istituzione ufficiale inerme, che si dedica al servizio della redenzione, armata
solo della misericordia e con l'unica intenzione di riportare la speranza nella
fede ai fratelli che soffrono sotto il giogo della schiavitù.
Giovanni di Matha fonda un nuovo e originale progetto di vita religiosa, con aspetti profondamente evangelici, nella Chiesa, che collega la Trinità e la redenzione degli schiavi: l"ordine è "Ordine della Santissima Trinità e redenzione degli schiavi", le case dell"ordine sono "case della Santa Trinità per la redenzione degli schiavi", e i fratelli di Giovanni di Matha sono "fratelli della Santa Trinità e della redenzione degli schiavi". La Regola scritta da Giovanni di Matha, è il principio e il fondamento dell'Ordine Trinitario. Adattata dalla tradizione nel corso dei suoi ottocento anni di vita, e soprattutto dallo spirito e dall'opera del Riformatore Giovanni Battista della Concezione, la Regola trova forma nelle Costituzioni trinitarie approvate dalla Santa Sede.
Giovanni di Matha fonda un nuovo e originale progetto di vita religiosa, con aspetti profondamente evangelici, nella Chiesa, che collega la Trinità e la redenzione degli schiavi: l"ordine è "Ordine della Santissima Trinità e redenzione degli schiavi", le case dell"ordine sono "case della Santa Trinità per la redenzione degli schiavi", e i fratelli di Giovanni di Matha sono "fratelli della Santa Trinità e della redenzione degli schiavi". La Regola scritta da Giovanni di Matha, è il principio e il fondamento dell'Ordine Trinitario. Adattata dalla tradizione nel corso dei suoi ottocento anni di vita, e soprattutto dallo spirito e dall'opera del Riformatore Giovanni Battista della Concezione, la Regola trova forma nelle Costituzioni trinitarie approvate dalla Santa Sede.
La tradizione trinitaria considera
San Felix de Valois il cofondatore dell'Ordine e compagno di Giovanni di Matha
nel deserto di Cerfroid, che si trova nella vicinanze di Parigi. A Cerfroid si
stabilì la prima comunità trinitaria che viene considerata la "casa madre" di
tutto l'Ordine.
The Most Holy Trinity
is blessed !!!
QUADERNO di formazione trinitaria N. 8:
COME INTENDERE LA MISSIONE DELL’ORDINE TRINITARIO “OGGI” NELLA CHIESA
di
Ignacio Vizcargüénaga
Preambolo. Queste nuove pagine sono nate
precipitosamente in pochi giorni. In esse ho voluto coniugare questa riflessione
con altri impegni giornalieri intrapresi, intrasferibili. Dicendo questo
relativizzo il loro valore offrendole ai miei fratelli, nella speranza che la
riflessione comunitaria le perfezioni e le migliori. Per renderle meno faticose,
ho risparmiato le note, senza dubbio, tengo presente il magistero della Chiesa,
prolifero in questo periodo, e i contributi della teologia sul tema.
I. L’”OGGI” COMUNCIA QUARANT’ANNI FA
1. Il Vaticano II (1962-65)
Con il Vaticano II inizia l’”oggi” della Chiesa e,
perciò, quello della vita religiosa e dell’Ordine trinitario. Questo Concilio ha
generato una “nuova” auto-comprensione ecclesiale, una nuova configurazione
teologica, cristologia e antropologica. Era nata l’immagine della Chiesa
“Comunione-Missione”.
2. Gramby
Da questa autocomprensione ecclesiale, nella quale,
ovviamente, anche la vita religiosa appariva con una nuova luce, ebbe inizio la
riflessione dell’Ordine trinitario, in sintonia con tutta la vita religiosa, per
configurare e definire la sua “nuova” identità. Il Capitolo Generale del 1965 è
stato il punto di partenza. Il lavoro delle varie commissioni internazionali –
con un Pre-Capitolo nel mezzo – in permanente dialogo con le basi attraverso
numerosi questionari, è culminato nel Capitolo Straordinario (chiamato anche
“Speciale”) a Gramby (Canada) nel 1969. In questo Capitolo, in effetti, vennero
approvate le nuove Costituzioni “ad experimentum”, che ottennero la “definitiva”
approvazione nel Capitolo Generale di Rocca di Papa (Roma) nel 1983.
Queste Costituzioni mostravano la “nuova” identità
dell’Ordine trinitario, la sua “missione” nella Chiesa e nel mondo di oggi.
Evidentemente la nuova immagine che esse offrivano del trinitario, figlio di
Giovanni de Matha, si distanziava nettamente da quella offerta nelle
Costituzioni del 1907 o del 1933, essendo state elaborate su linee teologiche,
ecclesiali e antropologiche nuove.
3. Da Gramby al 2003
Come alla riflessione conciliare fece seguito un
approfondimento, sia da parte del magistero ecclesiale come dalla teologia in
generale, e dalla vita religiosa in particolare, così anche al Capitolo di
Gramby, ne seguì nell’Ordine una abbondante riflessione, tendente ad
approfondire, chiarire, sviluppare e concretizzare, idee al manifestarsi dei
nuovi “segni”. Tale lavoro, veramente copioso e importante, è stato realizzato
soprattutto attraverso i Capitoli e le Congregazioni generali, provinciali e
vicariali, tramite dei corsi (alcuni di 20 giorni), congressi, incontri
familiari, studi di storia e spiritualità, lettere circolari e numerosi
articoli, ecc. La semina di questi 40 anni è stata copiosa, lo attestano le
nostre biblioteche e archivi.
4. Qual è la situazione nel 2003?
Oggi abbiamo chiara l’idea della nostra missione? La
nostra missione, come tutta la nostra identità è dinamica, storica, in
permanente evoluzione dalla sua innegabile “originalità” e ispirazione
fondazionale. Detto questo possiamo affermare che:
a) a livello oggettivo nei documenti,
l’identità trinitaria, e la missione in questa, ci viene mostrata ben riuscita e
attraente, per la sua attualità;
b) a livello soggettivo, personale,
probabilmente si avranno anche religiosi che non hanno assimilato, inteso
sufficientemente;
c) a livello, in fine, di vita vissuta,
capisco che tutti siamo ancora in dietro.
È stato un processo realizzato in fasi successive:
una prima di idee e proposte, di elaborazioni intellettuali in contatto con la
vita. Una seconda, nella quale i Consigli e Segretariati, a ogni livello, hanno
giocato un ruolo importante di sensibilizzazione e personalizzazione della nuova
immagine e, finalmente, una terza fase di trasferimento dell’idea e
dell’immagine nella vita. È innegabile che anche in questa terza fase è
stato compiuto un apprezzabile cammino. Però è ovvio che il viaggio continua e
che sarà lungo.
II. LA MISSIONE DELL’ORDINE NEL 2004
1. Nella Missione della Chiesa
Tutti siamo Chiesa. Come religiosi trinitari
partecipiamo tutti alla Missione della Chiesa. Una Chiesa totalmente
“trinitaria”, che nasce dal Padre, in Cristo, per lo Spirito Santo. Una Chiesa
che “trae la sua origine dalla missione del Figlio e dello Spirito Santo,
secondo il proposito di Dio Padre” (Ad G, 2). Una Chiesa che prolunga nella
storia – come Sacramento di Cristo – con il potere dello Spirito, la missione di
Cristo. Una Chiesa che ha come modello e meta la Trinità. Una Chiesa che coniuga
nel suo seno, l’immagine di Dio Trinità, l’unità con la pluralità in perenne
comunione. Una Chiesa che, come il suo Modello, è famiglia, Comunità d’amore.
Chiesa “Comunione-Missione”.
2. Religiosi
Nella stessa Chiesa, missionaria per natura,
-“Comunità inviata” -, i trinitari sono impegnati insieme con tutti gli altri
battezzati. Il “Regno di Dio” è l’”obiettivo comune” nella varietà di doni e
carismi. Il punto di partenza per tutti è il battesimo, la nostra “consacrazione
battesimale”. Da questa consacrazione fluisce, per opera dello Spirito, l’unità
di “Vocazione” e anche la pluralità di “vocazioni”; l’unità di “Missione” e la
varietà di “missioni”. Ogni battezzato viene incorporato alla comune Missione
della Chiesa a partire della sua vocazione specifica e dalla peculiarità del
dono ricevuto.
Siamo stati chiamati come religiosi e come tali
partecipiamo alla Missione della Chiesa. Perciò la nostra “missione” nella
Chiesa, assume caratteri propri, inerenti alla nostra chiamata peculiare. Così,
per esempio, in virtù di questa vocazione, siamo invitati a evidenziare alcuni
aspetti della Missione ecclesiale, a sottolineare fortemente, la profezia di
tutta la Chiesa, a rendere visibili certi “atteggiamenti” della contro-corrente
della Chiesa nel mondo, a esprimere nella nostra vita, una certa “anormalità”
profetico-escatologica; la nostra vocazione “centrata” sull’opzione per
l’Assoluto, ecc. In questo modo la vita religiosa ha anche una funzione
“correttrice e innovatrice” nella Chiesa e nel mondo che non si deve ignorare.
Siamo religiosi “trinitari”, non nel senso di
“religiosi + trinitari”, ma come religiosi “in quanto trinitari”. Questo
vuol dire che, non soltanto non siamo secolari, ma neanche domenicani o
francescani. Siamo “trinitari” e come tali abbiamo la nostra “missione
peculiare” nella Chiesa. Per compierla, lo spirito ci ha dotato di carismi
propri, di grazie peculiari. Così esiste nella Chiesa la “chiamata e la missione
trinitarie”, senza che ciò ci faccia dimenticare che l’essenza che
soggiace a tutte le chiamate nella Chiesa, è unica: l’essere battezzato, quindi
cristiano. Noi trinitari, in quanto tali, viviamo la vocazione cristiana,
sviluppando il battesimo. Qual è la nostra Missione?
III. COSÌ INTENDIAMO OGGI LA NOSTRA MISSIONE
1. Un’evoluzione nella definizione
Dopo una lunga e feconda “riflessione-vita” durata
40 anni, oggi possiamo definire la missione dei figli di Giovanni de
Matha come “un progetto di carità redentrice che fiorisce in una fraternità
che fa una peculiare esperienza di Dio Trinità tra gli schiavi e i poveri, nella
sequela radicale di Gesù”. Il luogo dove si realizza questa esperienza è la
“domus Sanctae Trinitatis et captivorum”. Commentiamo le dimensioni di questo
“progetto”.
1.1 La Missione trinitaria sgorga da
un’esperienza peculiare di Dio Trinità
Questo non è un progetto che si genera in un
qualsiasi clima o circostanza, è una condizione “sine qua non” affinché la
missione dell’Ordine sgorghi come “progetto”, una esperienza di fede, speranza e
amore sotto l’azione dello Spirito Santo – una esperienza “carismatica” – in
essa si scopre Dio Trinità come amore-misericordia, il Dio dell’Esodo che ha un
progetto di libertà, di vita, di salvezza per tutti gli uomini. È l’esperienza
della “Trinità Redentrice” che cerca i nuovi “Mosé”.
I figli di Giovanni de Matha, realizzano questa
esperienza nella “sequela di Gesù”, così come è stata mostrata a Gesù dallo
Spirito con i propri contorni, carismatici, come il messaggero o “rivelatore” di
Dio, “glorificatore” del Padre e “redentore”del genere umano. L’esperienza
trinitaria soltanto può germinare e maturare alla sequela di Gesù. Egli è la
“Via”. Per questo, Giovanni de Matha, al primo articolo della Regola, propone i
suoi figli la sequela di Gesù. Il trinitario sarà redentore nella misura in cui
permanga totalmente unito al Padre “in Gesù redentore”, sotto l’impulso dello
Spirito.
1.2 L’esperienza fatta “tra” gli schiavi e i
poveri
Nella nostra vocazione trinitaria l’esperienza di
Dio è inseparabilmente unita all’altra: all’esperienza dello schiavo e del
povero. La missione dell’Ordine sorge nella confluenza di questa duplice
esperienza unitaria. In oltre, la prima esperienza è quella delle “catene”,
quella dello schiavo che cerca la libertà, che invoca per la sua liberazione. Il
contatto con queste catene, con gli schiavi e i poveri, è stato decisivo
affinché Giovanni de Matha cercasse un Liberatore e accudisse a Dio.
Conseguenza: affinché germogli la missione
carismatica trinitaria – e affinché si mantenga viva – è necessaria
un’esperienza di vicinanza al povero, del contatto reale con lo schiavo, con
l’emarginato e l’escluso. Senza questo “contatto”, la forza della missione si
spegne. Ecco un punto da esaminare nelle nostre comunità: l’esperienza
fondante della nostra missione nei suoi due aspetti di schiavo-povero e di
Trinità Redentrice. È un’esperienza di Dio fatta “dagli” e “tra” gli schiavi e i
poveri di oggi. Un’esperienza “incarnata”.
2. Da questa esperienza nasce una fraternità
“inviata”, per la missione
Quando parliamo di “missione”, non stiamo alludendo
soltanto all’attività apostolica, la nostra missione coinvolge tutto il nostro
“essere” personale e comunitario, la nostra vita intera. Tutta la vita della
comunità e del religioso nella comunità, è “missione”. La missione incomincia
con “l’essere” vera comunità trinitaria.
2.1 “L’invio” si fonda ed esordisce nella
consacrazione
C’è un momento sacramentale nella nostra
“consacrazione”, quello del battesimo-confermazione, nel quale il Padre ci ha
consacrati in Cristo e ricevuto “l’unzione” dello Spirito Santo. Diventiamo
partecipi della consacrazione di Cristo al Padre per i fratelli e, il Lui,
diventiamo figli e “inviati”. Nella nostra professione religiosa, c’è stato un
secondo momento di consacrazione, la nostra consacrazione “carismatica”. In essa
la consacrazione battesimale si è concretizzata e specificata attraverso un
“carisma nuovo”, quello trinitario-redentore, che ci ha costituiti figli di
Giovanni de Matha. Questo giorno, alla consacrazione da parte del Padre,
rispondiamo con il nostro dono totale, espresso nella triade dei consigli
evangelici. Ci poniamo, così, nella sequela radicale di Gesù per continuare la
sua Missione nel mondo dalla peculiarità della nostra chiamata
redentrice.
Per questo la nostra consacrazione era – ed è –
indissolubilmente unita alla “unzione dello Spirito” che ci “invia” ad
annunciare la Buona Novella ai poveri, come in Lc 4, 18; Is 61, 1-2. È una
consacrazione-missione. In questa consacrazione “carismatica” (della nostra
professione) siamo stati “inviati”, come figli di Giovanni de Matha, per
realizzare la nostra “missione specifica”, che era già iniziata nella
consacrazione battesimale. Siamo stati consacrati per la “missione”; questa
trova la sua radice e fondamento nella “consacrazione carismatica”, in modo che
consacrazione e missione sono due momenti di una stessa realtà.
Conseguenza: la nostra consacrazione è già
redentrice e liberatrice. I consigli evangelici liberano e dispongono il
candidato in vista della missione. In oltre, la professione religiosa, è un
“segno” profetico nella Chiesa e nel mondo. La nostra missione, per tanto, ha
inizio nella “fedeltà” alla nostra consacrazione.
2.2 La missione, “l’invio”, continua e matura
nella vita comunitaria
Abbiamo scritto che la fraternità trinitaria sorge
dall’esperienza di Dio Trinità, ottenuta nella sequela radicale di Gesù, tra gli
schiavi e i poveri. “La sua fonte, modello e fine” è la Santissima Trinità (cfr.
Cap.Gen.Stra., II, B). La nostra Consacrazione religiosa (che, seguendo alcuni
autori, abbiamo chiamato “carismatica”) ci colloca in una comunità in missione,
in una comunità “per la missione”. Una comunità che permanentemente si va
configurando come trinitaria, misericordiosa, redentrice nell’esperienza
menzionata, soltanto in essa. La “carità redentrice”, che è l’anima della
missione trinitaria, ha la sua origine e fonte nella Trinità Redentrice. I
trinitari vi partecipiamo nella sequela di Gesù Redentore. Ecco come diventiamo
“redentori”, per opera dello Spirito.
D’altra parte, la prima missione della fraternità,
ci viene ricordato, è all’interno di essa stessa, la “prima opera di redenzione
che ci viene richiesta è la misericordia, l’accoglienza e il perdono con il
fratello in comunità” (Cap.Gen.Stra. II, B); la divina Trinità si rivela, si
rende visibile, quando cresce la comunione trai fratelli, quando aumenta
l’accoglienza e l’apertura al povero e allo schiavo. Quando “i poveri sono di
casa” (“ciò che farete a uno di loro… lo avrete fatto a me”). In oltre: la
fraternità trinitaria svolge la sua missione trinitaria,
misericordiosa-redentrice, nell’integralità della sua vita personale e
comunitaria; nella sua preghiera liturgica – centrata nell’Eucaristia – e
personale, nel lavoro giornaliero e responsabile, nella pratica dei consigli
evangelici vissuti per amore e per la redenzione; nella croce e nell’infermità,
nella gioia e speranza che irradiano i fratelli. Tutto ciò appartiene al nucleo
della missione della fraternità.
In fine, questa comunità in missione e per la
missione, rivela anche il suo “stile” inconfondibile, che deriva dalla missione.
È uno stile forgiato di fratellanza, di uguaglianza, di povertà in funzione
della carità, di semplicità e sobrietà, di lavoro, donazione e condivisione, di
accoglienza e vicinanza, di carità redentrice (cfr. Regola trinitaria). È lo
stile dei “redentori” che partecipano nella “kènosis”, nello svuotamento di Gesù
Redentore. La “tertia pars” e la “cassa di redenzione”, fioriscono in questo
stile, qui trovano applicazione.
2.3 La missione sfocia nell’azione
misericordiosa-redentrice
La missione trinitaria non inizia nella “azione”,
abbiamo scritto, però è chiamata a raggiungere necessariamente nell’azione
misericordiosa redentrice. La fraternità trinitaria è nata per un “servizio di
misericordia e redenzione”, come “un prolungamento dell’azione salvifica di
Cristo” (lettera del Papa, 98). I membri della fraternità sono inviati ad essere
“testimoni credibili, attraverso i quali Dio attua e rivela il suo amore
misericordioso redentore” (Ibid). Siamo, in oltre, dopo 8 secoli, di fronte ad
un servizio che “conserva una straordinaria attualità nel mondo di oggi”
(Giovanni Paolo II, discorso alla Terza Assemblea Intertrinitaria, 1999, cfr.
anche il discorso di Paolo VI, 1974).
Negli ultimi 40 anni, si sono andati formulando, la
natura e i modi di questa “azione” trinitaria in momenti densi di riflessione e
studio. La prima formulazione la troviamo nelle Costituzioni “ad experimentum”
del 1969, successivamente raccolta, con leggere variazioni, nelle Costituzioni
“definitive” approvate nel Capitolo Generale del 1983. Dopo diverse
Congregazioni generali hanno prestato una speciale attenzione a questo tema.
Vogliamo sottolineare, tra le prime, quella del 1973 a Cittadella (Roma) e
soprattutto, quella di Antananarivo, nel 1976, che assunse come argomento
centrale il nostro apostolato misericordioso redentore. Né possiamo dimenticare
l’importante Congresso sull’apostolato trinitario celebrato a Rocca di Papa
(Roma) nel 1982, o il corso su “Il trinitario oggi” – 20 giorni – che ebbe luogo
a Roma nel 1973-74, in occasione del 775º anniversario dell’approvazione della
Regola. Questa riflessione è proseguita subito e incessantemente nell’Ordine,
tanto negli studi (Trinitarium, Studi Trinitari), come nelle lettere circolari,
incontri a livello generale, provinciale e famigliare, ecc. Ricordiamo qui
alcune proposte degli ultimi Capitoli Generali.
IV. ECCO COME OGGI L’ORDINE, VEDE LA SUA MISSIONE
MISERICORDIOSA REDENTRICE
1. Un’azione comunitaria
Il soggetto dell’azione misericordiosa redentrice, è
la fraternità. Tutta questa e tutto in essa è immerso in questo servizio
“carismatico”, perché la fraternità trinitaria è “per la missione”. Perciò, non
tutti in essa partecipano allo stesso modo in questa missione; la missione può
esprimersi in molteplici servizi, tutti con “sigillo” comunitario.
2. La carità redentrice è l’anima di questa
azione
Nessuno si costituisce “redentore”, come figlio di
Giovanni de Matha, senza prima immergersi nella fonte di carità redentrice che
scaturisce dalla “Trinitas Redemptrix”. Lo aveva già detto Innocenzo III, il
progetto redentore di Giovanni de Matha sboccia “a caritatis radice”. Le nostre
Costituzioni chiariscono che così i fratelli “partecipano e testimoniano l’amore
della Trinità nell’opera della salvezza” (nº 91). Prima si era indicato come e
dove abbiamo accesso a questa fonte di carità.
3. Pluralità di opere, ma unità di spirito
In questi 40 anni si è molto discusso sulla
convenienza di avere un’unica opera di redenzione a livello generale dell’Ordine
o di mantenere la pluralità di opere. L’orientamento maggioritario è stato
sempre per la pluralità di opere, così come viene formulato nelle nostre
Costituzioni. Però, è stata costante anche la chiamata a sfuggire dalla
“dispersione”, a cercare nelle nostre attività, maggiore corrispondenza
“redentrice”. Si è reso urgente con insistenza la “riconversione” delle opere,
facendo una lettura dinamica, ma fedele, del carisma, attenti ai “segni” dei
tempi e al luogo. Il Papa nella lettera inviata al Ministro Generale, 1998, ci
invita a concentrare il nostro servizio di misericordia e redenzione verso
“gli esclusi e oppressi della nostra società e, in modo particolare, per i
perseguitati o discriminati a causa della loro fede religiosa, della fedeltà
alla loro coscienza o ai valori del vangelo”.
In oltre, il Capitolo Generale Straordinario, come
un segno concreto dei Centenari in corso, ricordando lo spirito del carisma
fondazionale, decise di promuovere “un’azione comune e in comunione” a
tutto l’Ordine nel campo della redenzione, aperta a tutta la Famiglia, e venne
creato a tal fine, l’organismo “Solidarietà Internazionale Trinitaria” (SIT),
chiedendo a tutte le diverse giurisdizioni dell’Ordine la collaborazione e
appoggio ai progetti di questo organismo (Cap.Gen.Stra. C/d).
In ogni caso, desideriamo sottolineare che non è
sufficiente il campo scelto, né il settore nel quale si lavora. È determinate lo
spirito, il modo e lo stile con il quale si lavora.
4. Fede e la libertà: valori chiave
Nell’importante documento emanato dal Cap. Gen. del
1995 (Pikesville, Maryland), nel quale viene espresso il nucleo della nostra
identità vocazionale, ricordando anche le parole del papa che ci chiama
“missionari della SS. Trinità” (udienza al Cap. Gen. 1989), ci viene richiesto
di curare “con diligenza, la dimensione di fede” nella realizzazione di ciascuna
opera. Però è stata, soprattutto, la Congregazione di Antananarivo (Madagascar)
che distinse nel nostro apostolato misericordioso redentore “il mistero di fede”
e il “servizio di liberazione” come due dimensioni inseparabili “nella missione
redentrice del trinitario, consacrato alla SS. Trinità con una peculiare
consacrazione” e inviato ad annunciare nella sequela di Cristo, il Dio della
vita e della comunione, il Dio d’amore e della libertà per tutti, di
fronte al Dio dei “crociati”, il Dio del potere e della schiavitù per i vinti.
La croce che ostenta sul petto il trinitario, non è la croce di “riconquista”,
ma “segno” della Trinità liberatrice, del Dio-Amore.
Per tanto, in ogni azione misericordiosa redentrice
del trinitario c’è, oltre al “servizio di liberazione”, un’offerta di fede, un
“servizio di fede”, affinché tutti gli uomini, e in special modo gli esclusi,
possano accedere al loro cammino di liberazione, a questa libertà “radicale”
insita nella fede cristiana. Questo ministero di fede si esercita, non soltanto
tra coloro che non hanno accesso a questa fede, offrendola con un’umile
mediazione, ma anche animandola e difendendola quando la si vede respinta o in
pericolo.
5. Ogni Provincia…, ogni casa, un’attività
carismatica
Nella tradizione trinitaria hanno avuto più
importanza i fatti, la “ortopraxis” che le parole o le definizioni. Per questo,
in tutti questi anni, si mira soprattutto alla vita, ai fatti. Il Capitolo
Generale Straordinario chiede che “ogni Provincia e ogni giurisdizione e, in
essa, ogni casa, abbia un’attività carismatica concreta…, come risposta a
situazioni di emarginazione e povertà del proprio ambiente” (Cap.Gen. Strao.
C,b). Un trinitario “che perde il povero, fallisce”, detto da chi ne sapeva
abbastanza in merito, dal santo Riformatore. Si chiede quindi di più:
“consacrino per questa causa se stessi e i beni”, si decide che si attualizzi la
pratica della “tertia pars” e della “cassa di redenzione”.
6. In comune, comunicazione e collaborazione
L’Ordine si è visto come “Comunità di comunità”. Il
soggetto primario della Missione è la Comunità dell’Ordine; le comunità,
provinciali e locali, “concretizzano” in ogni luogo questa Missione dell’Ordine.
Ciò esige dei forti vincoli di comunione e di collaborazione. L’ultimo Capitolo
Generale (2001) ha voluto sottolineare questo dato ed esige che venga “promossa
la comunione, come spiritualità e come azione, tra le diverse giurisdizioni
dell’Ordine”. Si sollecita una “comunione e comunicazione di persone e beni,
insieme ad un’aperta collaborazione, con una visione più universale, nel
rispetto della legittima autonomia” (Cap.Gen. Temi trattati, E).
Questo punto lo considero capitale affinché tutto
l’Ordine sia oggi fedele alla sua missione nella Chiesa. Il peso di una
insignificante tradizione e altre strutture giuridiche sfasate, accompagnate da
una mentalità appartenente già al passato, sta intorpidendo il cammino che si
sta rivelando urgente.
7. Una missione “in Famiglia”
Ultimamente si parla molto di rapporti
intercongregazionali e, soprattutto, di relazione e di cooperazione tra gruppi
ecclesiali che partecipano allo stesso carisma famigliare. Ciò si nota anche nel
magistero ecclesiale, a partire dall’esortazione “Vita Consecrata” fino
all’ultima Istruzione “Ripartire da Cristo”, che presentano la spiritualità di
“comunione”. Nella stessa direzione abbondano gli esperti di vita religiosa oggi
e il nostro Ordine ha rivolto continui appelli, specialmente durante i Capitoli
Generali, per promuovere queste relazioni famigliari con i laici e altri gruppi
della Famiglia trinitaria. Ci invitano a mantenere “la conveniente apertura
(nelle case) alla Famiglia trinitaria, per poter vivere meglio il carisma
comune”, e “condividere la preghiera” in certi momenti, a programmare attività
carismatiche concrete “possibilmente in comunione con la Famiglia trinitaria”,
ecc. Tutto ciò parte dal mandato delle nostre Costituzioni che raccolgono lo
spirito della Regola.
Cosa ci si aspetta? Oggi si tende a guardare alla
famiglia carismatica come una “Comunità in missione”. La missione viene
esercitata dalla pluralità degli Istituti che condividono lo stesso carisma
famigliare. Questa “unità nella diversità” di vocazioni famigliari oggi si vede
ogni volta più come un segno dei tempi di fronte alle sfide del XXI secolo. Si
tratta di un modo nuovo di intendere e vivere la “missione”. Ciò richiede una
mentalità più “famigliare”, un’idea di “comunità più ampia” una coscienza di
“corresponsabilità” famigliare, capace di condividere responsabilità con gruppi
“differenti” che servono la stessa “missione trinitaria redentiva” con
differenti vocazioni. Ricapitolando, un nuovo cammino da percorrere nello
svolgimento della missione.
8. Non si dimentichino le nuove frontiere nella
missione
È sostanziale alla vita religiosa “l’incarnazione”,
le presenze d’avanguardia nel servizio del Regno, lì dove si esplorano nuovi
spazi per il Regno. Qui non si sta alludendo soltanto alle frontiere
geografiche, ma, soprattutto, ai confini e limiti sociali e umani. Questi
confini sono familiari al carisma trinitario. Perciò il Capitolo Generale del
2001 ci ricorda che “la nostra Comunità ha bisogno di rivedere le sue presenze
con più coraggio e valore” (I.C).
Fortunatamente, lo Spirito del Signore ha spinto con
forza in questo postconcilio, queste “nuove presenze” (Brasile, Messico,
Colombia, Bolivia, Guatemala, Polonia, ecc.). In quest’ultima decade si è
registrata una lodevole crescita delle stesse (in Congo, Gabon, Corea,…). Credo
che queste “nuove presenze” debbano essere seguite con molta attenzione e amore
da parte di tutto l’Ordine affinché il passaggio dello Spirito non fallisca. La
missione esige attenzione verso i segni (“Spiritus ubi vult, spirat”).
9. Missione universale e, contemporaneamente,
inserimento nella Chiesa locale
Nel nostro Capitolo Generale Straordinario (1999),
c’è una chiamata importante a tutto l’Ordine: “dobbiamo inserirci nella Chiesa
locale con la nostra irrinunciabile identità carismatica e con piena coscienza
che facciamo parte di essa, in comunione e complementarietà con gli altri
carismi nell’unica Missione della Chiesa” (II, C. a).
Il testo raccoglie ciò che è la visione unanime
della vita religiosa nella Chiesa. Primo “appartenenza” alla Chiesa locale, non
andiamo verso una Chiesa “parallela”. Siamo Chiesa nella Chiesa locale e grazie
ad essa. Secondo, in questa Chiesa, abbiamo “la nostra missione” per volontà
dello Spirito. Terzo, questa nostra missione la esercitiamo in “comunione e
complementarietà” con gli altri carismi della Chiesa. Questa presa di coscienza
di essere membri della Comunità Diocesana in quanto religiosi trinitari, è
necessario che sia rafforzata, spogliandoci dalle abitudini che senza senso.
Però, allo stesso tempo, è necessario conservare la nostra identità specifica.
Ogni volta con più frequenza, ci sono dei religiosi trinitari nel “ministero
sacerdotale” che fanno parte della diocesi (parroci). Però la Chiesa desidera
che il ministero sacerdotale sia esercitato secondo “il proprio carisma” e “in
comunione con la Comunità”, apportando, così, al ministero sacerdotale, una
nuova ricchezza carismatica e uno stile che deve rendersi visibile per il bene
della Chiesa. Evidentemente la nostra missione nella Chiesa locale non deve
indebolire minimamente i legami d’appartenenza all’Ordine e al suo progetto
universale.
Conclusione
Ci sono anche altri aspetti che reclamano
particolare attenzione, riguardanti il modo di esercitare la missione del XXI
secolo. Così il tema dell’ignoranza nella missione o dell’ecumenismo e delle
relazioni interreligiose. Però vedo che supero già il numero di pagine che mi è
stato segnalato. Devo ricordare questa “visione” della “missione dell’Ordine”
che offro, ha bisogno della concretizzazione prevista che apportino altri
fratelli dai loro punti di vista.
Voglio solo sottolineare: la missione si muove con
il dinamismo della storia, la missione è vita, l’opposto al fossile, all’inerzia
o all’istallazione. La missione postula l’avere permanentemente vele dispiegate
per accogliere i “venti dello Spirito”. La missione trinitaria ha due poli di
orientamento: “Gloria tibi Trinitas” e “captivis libertas”. Esige che la
casa non perda il suo stile inconfondibile di “Domus Trinitatis et captivorum”.
La Solidarietà con il fratello che
soffre si può realizzare in vari modi,
l'Ordine Trinitario ha scelto
quello della:
"Gloria Tibi Trinitas et Captivis
Libertas"
(Gloria a Te Trinità e agli
Schiavi Libertà)
Terminata “ufficialmente” la
schiavitù fisica, l’Ordine Trinitario si dedica alla ricerca delle “schiavitù
moderne” che vincolano moralmente l’uomo e gli impediscono di raggiungere la
libertà integrale dei figli di Dio, alla cui immagine e somiglianza è stato
creato.
- Ordine della Santissima Trinità e redenzione degli schiavi.
Sito ufficiale Ordo Sanctae Trinitatis et Captivorum .
Indirizzo Web: http://www.trinitari.org
- Giovani Trinitari
Sito ufficiale dei Giovani Trinitari.
Indirizzo Web: http://www.giovanitrinitari.org
- Provincia della Natività
Dal 1974 la provincia napoletana lavora nel sud d'Italia. Ha numerose case anche all'estero: in Brasile, in Congo, Madagascar e in Polonia. Esercita il suo apostolato nelle parrocchie, nei santuari, nelle missioni e assistendo i disabili per consentirne l'inserimento nella società.
Indirizzo Web: http://www.trinitari.it
- Religiosi Trinitari della Provincia San Giovanni de Matha
Provincia Italiana dell'Ordine degli Scalzi della Santissima Trinità
Indirizzo Web: http://www.trinitaridematha.org
- Istituto Padri Trinitari Venosa
I Padri Trinitari di Venosa dirigono un Istituto Medico Psico-Socio-Pedagogico con Centro di Riabilitazione e Centro di Formazione Professionale per disabili.
Indirizzo Web: http://www.trinitarivenosa.it
Fonte :
www.trinitari.org ;
www.trinitari.it
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