venerdì 5 luglio 2019

La Santa Trinità è un mistero svelato, di p. Francesco Tudda ofm




LA SANTA TRINITA' E' UN MISTERO SVELATO
                            

  


di padre Francesco Tudda ofm



      Gesù infatti è venuto nel mondo per svelare il mistero dell’unico vero Dio in tre persone, Padre, Figlio e Spirito Santo.  Alla fine della missione terrena, Gesù disse:  “Non vi chiamo più servi, ma amici perché il servo non sa quello che fa il padrone.  A voi invece ho rivelato tutto quello che ho appreso dal Padre mio”  (Gv 15,15).
      Con la venuta di Gesù in terra non esiste più nessun segreto divino.  Dio si è aperto totalmente a noi, ci ha introdotti nella sua massima intimità.  Noi siamo dentro di lui come figli nel grembo materno. Con il battesimo siamo veri figli di Dio e viviamo dentro di lui insieme con il suo unico Figlio Gesù.  Con la comunione siamo un solo corpo e un solo sangue con Gesù, Figlio di Dio inseparabile dal Padre.  Questa è la realtà della vita cristiana:  essere realmente collocati nel cuore di Dio e avere realmente dentro il nostro cuore tutta la divinità e tutta la sua ricchezza di un Dio che gode l’infinita gioia della vita in comunione di vita e di amore come sono il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
      Sebbene queste meraviglie siano nascoste all’occhio materiale, sono svelate a quello della fede.  E chi più crede e più vede.
      Senza Gesù il cielo (ossia Dio) è oscuro, chiuso e spaventosamente buio.  Tuoni e lampi  si addensano sopra il nostro capo e ci rendono la vita paurosa.  Così è visto Dio da chi non ha fede cristiana, anche se è cristiano ma non vive la fede.
La fede non è conoscere, ma sperimentare e vivere. Nella Bibbia rivelare significa donare; e donare non solo alla intelligenza (cioè conoscere), ma soprattutto in realtà.  L’Antico Testamento e tutte le religioni naturali non furono in grado di dare Dio come lo dà il cristianesimo.  Il cristianesimo crede nel Dio che è tripersonale, Padre, Figlio e Spirito Santo.
La religione di Gesù non solo ci parla della Trinità, ma soprattutto ci mette in relazione personale con il Dio tripersonale. Per questo essere cristiani significa mettersi in relazione triplice con Dio. In relazione al Padre come figli, con il Figlio come fratelli, amici, compagni e con lo Spirito Santo Amore come soffusi di “sensi” divini, infocati di amore divino, colmati di pienezza di amabilità, dolcezza, affetto ecc.tutto divino.
      La SS. Trinità non è tanto una verità da conoscere quanto una  grande realtà da godere e da gustare nell’esperienza di vita cristiana, simile a quella di Cristo quando era in terra.  Ci viene donato Dio stesso nella sua vita intima:  ci viene donato Dio in quanto Padre pieno di tenerezza, Dio Figlio come fratello e collega di vita e lo Spirito Santo come anima e amore, sentimento, vita e gioia.

      Chi è il Dio cristiano?

      L’identità propria di Dio ci viene comunicata soltanto da Gesù.  Egli è il più competente per parlare di Dio agli uomini perché è Dio ed è uomo. E’ Dio che ha fatto un bagno completo nell’umanità, si è fatto come noi, conosce molto bene i sensi umani, il modo di pensare, di vivere e di esprimersi.
      Gesù è Dio tutto immerso nell’umanità a partire dall’esperienza del bambino nel grembo materno e fra le braccia amorose della madre fino all’età adulta.  Questo Dio fatto uomo e vissuto in seno a una famiglia, per parlare dell’identità propria di Dio ha preso le parole della vita familiare come più adatte per esprimere agli uomini la vita di Dio.  Gesù infatti parla di padre, figlio, amore o affetto familiare.  L’amore o affetto familiare viene chiamato da Gesù “spirito”.  E’ una parola che sfugge alla nostra cultura.  Nella cultura orientale (dove visse Gesù) spirito significa fiato caldo di affetto, l’intimo, il cuore e vorrei anche aggiungere la femminilità come più espressiva della realtà amore. Infatti spirito in ebraico è di genere femminile.
      Gesù prende le parole padre, madre, figlio per parlarci della vita intima di Dio (Padre, Figlio, Spirito Santo).  E’ evidente che le parole usate sono delle immagini che si avvicinano alla nostra realtà, ma restano anche molto lontane da Dio che è infinito. 
Dio dunque è del genere dell’amore, ma di un amore che è infinitamente più ricco, nuovo, inaudito, inconcepibile… di quello umano.  Tuttavia, quando si parla di famiglia tutti comprendono bene che essa è ricchezza di affetti, di gioia, di amabilità, di comprensione che toglie ogni senso di paura o di estraneità, di indifferenza, di freddezza o di grandezza che ti schiaccia.
      Dio è del genere di un cuore di mamma, dell’abbraccio con i genitori e i figli, dell’incontro nuziale, della tenerezza infantile…
     
      “Dio non l’ha mai visto nessuno,

      dice il Vangelo, solo il Figlio, che è nel seno del Padre, ce lo ha rivelato” (Gv 1, 18).  Gesù dice:  “Solo il Figlio conosce il Padre e colui al quale egli lo voglia rivelare”.  Gesù ci ha rivelato Dio con i termini propri della famiglia.  Perché?  Perché Dio è amore (dice la Bibbia).
      Non sono dunque competenti a parlare di Dio i filosofi o gli scienziati, ma coloro che fanno esperienza di famiglia sana, vera, piena di affetto sincero.  Quando noi parliamo di Dio, facciamo avere paura perché non sappiamo parlare di lui con i termini propri della sua natura divina che è amore.
      Che cosa diceva Gesù del suo Padre?  Ne parlava con tenerezza infantile pur nella sua età adulta.  Del resto i figli per i genitori sono sempre i propri “bambini” anche se sono nonni.  Ma così deve essere, con i genitori e con i familiari ci si deve rapportare con sommo affetto, sempre con affetto e con tutto l’affetto possibile.
      Gesù, specialmente quando pregava, usava nei riguardi del Padre una parola che mai nessuno aveva usato rivolta a Dio.  Diceva non “Padre nostro che sei nei cieli”, ma “O Papà, Papà caro”!  E lo diceva con tanta espressione infantile e amorosa da scolpire un’impressione incancellabile in quelli che lo udivano.  Si veda, per esempio, il vangelo di Luca (c.11).  L’impressione fu registrata nella parola originaria di Gesù nella sua lingua materna (l’aramaico). I bambini chiamano il papà dicendo: Abbàh con un tono di voce di sorpresa.  Questa sorpresa è indicata dall'h’finale di Abbah (nelle grammatiche aramaiche quell’h pone il nome in stato enfatico ossia di sorpresa, commozione e gioia insieme).

      Siamo “familiari di Dio,

non più ospiti o estranei”, dice la Bibbia.  E infatti, se Gesù ha usato i termini familiari per esprimere l’identità di Dio, è segno che egli deve essere considerato uno della cerchia della famiglia, anzi il massimo elemento della famiglia e della vita umana.
      Nessuno si disinteressa della propria famiglia, dei figli, dei genitori, dello sposo o della sposa.  E allora puoi mai disinteressarti di Dio.  Lui è il centro, il fondamento di ogni affetto, di ogni amore, della famiglia e di tutta l’esistenza. 
Si potrebbe anche vivere senza famiglia, ma non si può, in maniera assoluta, vivere senza Dio.  Egli è più che madre e figlio, più che padre e sposo.  Egli è la fonte di ogni amore, fonte infinita, divina, eterna, perenne, sempre nuova e sempre fresca:  “acqua viva, fuoco amore, santo crisma dell’anima”.
      La famiglia è il capolavoro di Dio nel mondo.  Non esiste cosa più santa, più intima nella vita umana.  La famiglia è lo specchio umano di Dio, è l’unica cosa attraverso la quale si può parlare dell’infinito e dell’inconcepibile Dio. 
      Non è quindi il linguaggio dei filosofi che ci aiuta a capire Dio, ma quello del cuore.  Dio è soprattutto cuore e poi potenza, sapienza, maestà infinita.
      Gesù dice:  Voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli.  Quanto più il Padre vostro che è il solo buono!
      Non c’è uomo che vive in questo mondo e che non abbia una persona verso la quale esprimere il suo amore.  Sarà un figlio, la mamma, il consorte…  Se non ci fosse nessuna persona, non potrebbe esistere né vivere perché l’amore ci fa esistere e non la potenza.  Senza amore non si vive e non si esiste.
      Per quanto l’uomo sia cattivo pure sa esprimere amore con qualche persona.  E Dio che è tutto bontà che cosa sa esprimere?  Amore infinito, inesauribile…
      E poiché Dio è bontà, tutto bontà, non può essere un solitario, ma famiglia, pluralità, altrimenti non potrebbe amare.  Per questo Dio è TRIPERSONALE.  Infatti, l’amore non può essere perfetto in due, ma almeno in tre:  uomo, donna, bambino.  Non ci si ama guardandosi in faccia, ma guardando insieme verso un terzo.  Un uomo e una donna si possono amare, ma quando hanno un figlio raggiungono la perfezione dell’amore.
      L’IDENTITA’ DI DIO E’ L’AMORE E PERCIO’ dobbiamo pure dire che la sua identità è LA TRINITA’ O TRIPERSONALITA’: Padre, Figlio, Spirito Santo.

      Quale legge vige in famiglia?

      Una sola che si chiama amore.  L’amore per esistere ha bisogno di pluralità e di unità:  sempre abbracciati e ben distinti da poter sentire la diversità dei componenti e fondere in unità la diversità senza distruggerla.  L’uomo deve essere uomo, la donna deve essere donna e il figlio deve essere figlio.  Altrimenti l’amore si distrugge.  Così pure, chi ha un amore possessivo da distruggere la personalità altrui, non ama, ma è egoista.
    L’amore crea, promuove, arricchisce.  Tutto in comunione, ma tutti distinti, ciascuno nella sua tipica personalità.  Uniti e distinti, diversi che si arricchiscono vicendevolmente.
      L’amore esige unità massima, strettissima e diversità opposta come padre-figlio, uomo-donna, genitori-figli.
      In Dio l’unità è unica.  Le tre Persone sono talmente unite da essere un solo Dio.  La divinità è perfetta:  il Padre è l’opposto del Figlio, lo Spirito è diverso dall’amore del Padre e del Figlio.  Lo Spirito è amore di risposta ai due che si amano.
L’amore nella Trinità si esprime nel dare tutto se stesso e tutto ciò che si ha.  Il Padre dà al Figlio tutto se stesso e la sua divinità.  La divinità dal Padre viene riversata nel Figlio, e si effonde nello Spirito, restando sempre la stessa e identica, una sola numericamente.  La Trinità non è tre dèi, ma un solo Dio. Le tre Persone ciascuna e tutte e tre sono un’unica divinità, la stessa divinità e non altra.  Ma le persone che posseggono l’unica divinità sono persone vere e proprie, perfette persone, divinamente persone.  Possono dialogare perché quello che dice una non lo dice l’altra.  Quello che è il Padre non è il Figlio, anzi sono all’opposto; e così dello Spirito Santo.
Noi possiamo parlare a una persona e non all’altra, anche se ciò che si dice a una è condivisa dalle altre, perché sono una sola sostanza divina.  Questa è l’esperienza che hanno fatto i santi e ce l’hanno comunicata con gli scritti.
      La personalità nella Trinità è la condizione opposta, ed è  molto più opposta di qualsiasi realtà esistente in questo mondo, molto più che genitori e figli, uomini e donne.
      Nella Trinità, il Padre è fonte, è colui che ha tutto e dona tutto al Figlio per via di generazione.  Questa è una parola che non coincide totalmente con la generazione umana.  E’ un’immagine molto vicina, ma sempre immagine umana di realtà molto più alta, infinita, divina.  Infatti Dio non ha consorte.
      Il Figlio è colui che riceve, accetta, accoglie tutto dal Padre, non rifiuta, è felice di accogliere, come il Padre è felice di dare.  C’è la felicità dell’amare e quella dell’essere amati.  Sono due cose differenti, anche se si richiamano a vicenda.
      Padre e Figlio amandosi di eterno, infinito amore, fanno scoccare una scintilla elettrica che produce una fiamma immensa in risposta all’amore dei due:  è una terza Persona divina, lo Spirito Santo.  Quello che diciamo noi sentimento, passione amorosa, in Dio è una Persona divina, lo Spirito Santo, Amore divino, distinto dall’amore del Padre e del Figlio:  è amore di risposta ai due.
      Dio dunque è Padre e Figlio, Amante e Amato; e un’altra Persona:  Amore.  Altro è l’Amante, altro l’Amato e altro è l’Amore in sé, nella sua personalità divina.
      Tutto il creato è segnato di triplice dimensione:  lunghezza, larghezza, altezza o profondità; fonte, fiume, corrente (l’acqua che sgorga, l’acqua che corre e il fiume); la corrente elettrica è energia, calore, luce…

      La felicità è nell’amare e nell’essere amati.  La somma felicità è nell’essere nel Dio tripersonale: Amante, Amato, Amore.

      I bambini sono felici perché accettano la condizione di incapacità e godono nell’essere amati, soccorsi, aiutati in tutto.  Non hanno niente e tutto ricevono per dono, per amore.  Sono felici di essere amati.  Quando poi diventano adulti, pensano di fare da sé e sono infelici perché sperimentano molti limiti.  La vita umana è sommamente limitata perché siamo creature e non creatori.  Uno solo è il Creatore.  Dio creatore da sempre è Padre e Figlio e Spirito di amore.
      L’uomo non accetta la sua creaturalità ed è infelice.  Il Figlio di Dio, fatto uomo, parlava del Padre con tenerezza infantile.  I figli sono sempre figli anche se nonni.
      Dio ci ha amati e perciò ci ha creati.  Se non ci avesse amati non ci avrebbe creati.  Ci conserva nell’esistenza ossia nel suo amore.  Egli è molto più padre nostro che non i genitori.  Questi infatti ci danno il corpo, ma l’anima viene creata direttamente da Dio. 
Già nell’esistenza naturale apparteniamo più a Dio che ai genitori.  Quale papà non ama i suoi figli?  Dio è più che papà per il solo fatto che crea direttamente  ogni anima.
      Ma oltre a ciò, ci ha fatti suoi figli con il battesimo ha riversando la sua vita divina in noi.  Noi siamo più figli di Dio che non dei nostri genitori.  Dio non ci respinge mai.  Noi respingiamo Dio con il peccato mortale.
      Come battezzati, dunque siamo entrati nel cuore di Dio.  Siamo fatti figli con Gesù e come lui collocati nel cuore del Padre e surriscaldati di fiamma d’amore divino mediante lo Spirito Santo. 
      Come cristiani entriamo nell’intimo della vita divina, nel circolo della Trinità che riversa vita e amore dal Padre al Figlio e allo Spirito.  Noi siamo inseriti in quel vortice di amore eterno e divino, infinito, in quella felicità senza fine che è l'inesauribile gioia e beatitudine divina.
      Gesù ha aperto il cuore della vita divina, della SS. Trinità e ci ha inseriti là dentro perché palpitiamo di vita e di amore divino per sempre, a partire dal momento del battesimo.  Quando  vedremo e godremo queste meraviglie saremo in paradiso.  Il paradiso è già nel nostro cuore. Ma noi non lo vediamo per ora se non con la fede, nel buio, nell’attesa.
      Dobbiamo pensarlo, pensarlo con fede e con amore, ripeterlo in tono di orazione e così coltivare la fede.  La fede coltivata cresce e può giungere ad esperienze meravigliose che si leggono nelle biografie dei santi:  Dio sperimentato, “toccato”, gustato.







Fonte : www.padretudda.it , sito web di Frate Francesco Tudda ofm (ordine frati minori di S. Francesco d'Assisi) - Convento S. Antonio, 87050, Pietrafitta (CS)


















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