LA VIA TRINITARIA
di don Marcello Paradiso
Nel vasto panorama della letteratura degli ultimi decenni sul dialogo
interreligioso e il rapporto tra il cristianesimo e le grandi religioni c'è un
tema, secondo il nostro modesto avviso, di non secondaria importanza e cioè la
possibilità per la teologia trinitaria di proporsi come terreno fertile per lo
stesso dialogo; tale opportunità viene riconosciuta, pur se brevemente o solo
accennata, anche nelle monografie sulla dottrina trinitaria. Una delle ultime è
il volume Il Dio unitrino - Teologia trinitaria1,
in cui Greshake in poche pagine riflette appunto su questa ipotesi, sotto certi
aspetti affascinante: la realtà trinitaria quale principio di dialogo tra il
cristianesimo e le grandi religioni del mondo2.
L'ipotesi è altrettanto stimolante per il semplice fatto che per tanto tempo la
fede trinitaria era considerata, paradossalmente, il più grave ostacolo ad un
eventuale incontro tra il cristianesimo e le grandi religioni del mondo,
compresi i monoteismi dell'ebraismo e dell'islamismo3.
Va detto in anticipo che se la Trinità, la cui confessione è lo specifico,
la singolarità e l'originalità della fede cristiana, consente un reale ed
efficace dialogo sia con i grandi monoteismi classici sia con le altre grandi
religioni4, vorrà dire che la Teologia
cristiana delle Religioni avrà trovato un registro e paradigma di indagine molto
ben definito, con effettivi vantaggi nell'incontro con le religioni non
cristiane5.
Vogliamo ripercorrere la proposta di Greshake come esempio esplicativo del
tentativo di verificare la sostenibilità e la plausibilità dell'ipotesi della
via trinitaria per un positivo dialogo con le grandi religioni del mondo. Il
nostro autore deve preliminarmente tentare una sintesi e una esemplificazione,
probabilmente forzata e precostruita in vista del risultato prefissato, tra le
diverse concezioni che le religioni del mondo hanno di Dio, raggruppandole in
tre tipi fondamentali.
La prima è la concezione delle grandi religioni dell'estremo oriente, come
il Buddismo, secondo cui Dio è il senza-nome, il Totalmente-Altro, un
non-essere, l'indicibile, l'indefinibile, fino al punto da confinarlo nel Nulla6.
Secondo la lettura di Panikkar7 questa
concezione farebbe riferimento, dal punto di vista della teologia trinitaria, al
rapporto con la figura del Padre che nella generazione eterna svuota se stesso
nel dare tutto al Figlio, non conservando niente per sé. È ciò che von Balthasar
chiama la prima kenosi corrispondente alla processione della generazione
intratrinitaria8. Molte esperienze mistiche,
del silenzio e dell'apofatismo, non sono lontane da questa visione di fondo che
appunto tace su Dio9; non appartiene invece
all'antica dottrina trinitaria cristiana l'esperienza del silenzio, salvo
qualche rara eccezione10. Non è assente
invece in tante esperienze di misticismo del cristianesimo l'approdo del
silenzio come ultimo stadio del rapporto con Dio11.
Il nostro autore giustamente ritiene che una simile concezione del Divino corre
il rischio di avvicinarsi al nichilismo - in quanto parlando del mistero alla
fine si resta senza parole -e all'ateismo, in quanto tale posizione religiosa
nega decisamente ogni forma (idolatrica) del Divino comunque visibile o
percepibile. Resta un giudizio quanto meno di perplessità sul significato per la
nostra vita di un Dio così indicibile e inafferrabile. Né è sufficientemente
comprensibile e giustificato, a nostro modesto avviso, l'eventuale riferimento,
come fa Panikkar, di un simile Dio alla prima Persona della Trinità, in quanto
questa verrebbe a ritrovarsi in una posizione di totale solitudine o separazione
rispetto alla realtà trinitaria intera. Ma questo tentativo di 'riferimento' non
impedisce, nella prospettiva del dialogo con le grandi religioni orientali, di
presentarsi come una tappa di avvicinamento e come terreno di confronto, di
apertura e di comune ricerca non conflittuale, anche solo a livello linguistico,
di espressioni religiose.
La seconda visione considera Dio persona trascendente. È un Dio che entra in
dialogo con l'uomo, che crea, opera. È il Dio dei grandi monoteismi e del
cristianesimo, quel Dio che vuol entrare in comunicazione con l'uomo. E l'uomo
che riconosce un Dio-Persona desidera stabilire con Lui un rapporto
interpersonale. Questa prospettiva però, se si pone in maniera assoluta ed
esclusiva, corre il rischio di precludersi ogni possibilità di dialogo con la
posizione precedentemente esposta. Sicuramente è una posizione che fa passare in
second'ordine la dimensione contemplativa e cosmica, caratteristica peculiare
sempre della prima.
La terza visione di Dio sembra essere quella di un panteismo che afferma in
maniera assoluta l'identità del divino con la realtà intera, con il cosmo, o con
la propria più profonda intimità. Dio è qui immanente ad ogni essere, il cuore
intimo di ogni essere. Dio e il cosmo sono una cosa sola. L'individuo è spinto a
superare le barriere della sua individualità e a immergersi nella totalità, fino
al punto che il suo agire personale non è più tale ma è parte di un tutto.
Ancora una volta bisogna guardare all'Estremo Oriente per trovare questa
concezione, specie all'Induismo e al suo interno alle Upanisad12.
Questa posizione, se assolutizzata, corre il rischio «della interiorizzazione,
del ritirarsi dal mondo concreto nel mistero profondo dell'uomo, dove vengono a
coincidere l'io, io-cosmo e Dio»13. Pur non
volendo insistere sui risvolti di questa visione di Dio, non si può fare a meno
di riconoscere che essa vanifica la realtà, la riduce a semplice apparenza e
tende ad estraniarsi dalla storia concreta, per nulla preoccupata dei rapporti
tra uomini e popoli e delle vicende del mondo.
A nostro avviso abbastanza sbrigativamente, il nostro autore conclude che
«queste tre diverse impostazioni di fondo riguardo a Dio, cui corrispondono tre
diversi atteggiamenti nei confronti della vita umana e della sua realizzazione,
presentano [...] la loro correlazione con le tre Persone divine della dottrina
trinitaria cristiana»14.
La legittimità di principio di tutte le religioni, riassunte nei tre
atteggiamenti fondamentali, troverebbe nella fede trinitaria il suo punto di
sintesi, perché, secondo Greshake, in essa ciascuno dei tre 'approcci a Dio e i
tre atteggiamenti religiosi' corrispondenti nella fede trinitaria, si lascia
'integrare insieme agli altri e condurre a pienezza'. Panikkar offre a Greshake
il fondamento biblico per questa proposta, e in particolare il testo di Ef
4,615: «Un solo Dio Padre di tutti, che è
al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti». Secondo
Panikkar il versetto presenterebbe sinteticamente le tre diverse immagini di Dio
sopra esposte e giustificherebbe quindi i tre atteggiamenti religiosi
riassuntivi di tutte le grandi religioni non cristiane, anche se Ef 4,6
non è una presentazione sincretistica delle stesse tre immagini di Dio.
Piuttosto ci aiuterebbe a vedere l'Assoluto in una triplice dimensione e a
considerare tutte le esperienze religiose a partire da una delle tre immagini.
D'altronde, continua Greshake, l'Unitrino cristiano si rivela e si fa incontrare
'in tre modi di esistenza'16 che
corrisponderebbero alle tre immagini di Dio. Questi tre modi però non rinviano a
«un retrostante Assoluto, né si lasciano sommare per costituire una unità, ma
l'unico Dio è la pericoresi delle Tre Persone»17.
Ogni atteggiamento religioso fondamentale dunque è rivolto verso una delle tre
immagini e quindi verso una delle Tre Persone; ma non basta sommare i tre
atteggiamenti come una arbitraria giustapposizione, per concludere
sincretisticamente e giustificare un effettivo dialogo nella complementarietà
delle tre grandi diverse esperienze. Occorre invece, sostiene Greshake, che
ognuno dei tre diversi atteggiamenti si liberi dalla sua pretesa di esclusività
e si apra alla pienezza della Trinità. Greshake prospetta un dialogo tra le
religioni che tenda addirittura all'unità, ma per raggiungere questo traguardo
non basta, dice, semplicemente ritenere trinitaria la triplice differenza ma
«deve scoprire la mutua pericoresi delle tre immagini di Dio e realizzarla nel
proprio rapporto religioso»18. Come ciò sia
possibile non è detto né sembra facile dedurlo, anche perché Greshake insiste
nel sostenere che i tre atteggiamenti fondamentali verso il divino devono
restare fedeli a se stessi, distinti anche se disponibili al reciproco confronto
e 'alla mutua pericoresi'. La Trinità si presenterebbe come «chiave per la
'comprensione e per l'unità' delle religioni e per questo la fede trinitaria
assumerebbe il carattere di 'religione assoluta'»19.
Il carattere dell'assolutezza starebbe proprio nella capacità di ogni religione
non di includere o escludere le altre ma di essere aperta al dialogo con tutte
le altre, di ascoltarle e possibilmente di aiutarle ad essere se stesse20;
non è abbastanza chiaro però come in questa capacità si possa contenere anche il
compito di «integrazione e di promozione dell'unità»21.
È affermato comunque da Greshake il carattere inclusivo della fede trinitaria
perché questa, citando Verweyen: «è comunicabile senza barriere non solo
nonostante, ma proprio nella sua definitività, la quale conferisce il coraggio
per un dialogo veramente aperto»22. Questo
carattere di assolutezza della fede trinitaria andrà vagliato in vista proprio
della sua capacità di promuovere unità; tale capacità sarà per la stessa fede
'criterio della sua rilevanza, del suo potere salvifico e in tal modo forse
anche della sua stessa verità'.
La validità dell'effettiva capacità di porsi come 'invito alla sintesi e via
per il dialogo' della fede trinitaria va verificata nel confronto diretto con le
religioni del primo e del terzo tipo, quelle dell'apofatismo e del panteismo. La
dottrina cattolica della comunione d'amore trinitario, del mistero
dell'incarnazione e del Sacrificio della Croce, secondo Greshake, può essere
generalmente accettata e riconosciuta condivisibile da quelle esperienze
religiose. Sinteticamente si può sostenere che il mistero dell'Incarnazione,
rivelando la vicinanza di Dio all'uomo, dice apertura al mondo e all'uomo, così
da entrare in relazione presentandosi come l'Altro determinato e avvicinabile;
il mistero di comunione trinitaria d'amore parla ancora di relazionalità,
alterità e apertura all'interno dello stesso mistero della vita divina, e quindi
non unità indistinta o nulla assoluto. Sia le religioni del primo tipo (come per
es. l'apofatismo dell'esperienza buddista) come quelle di terzo tipo (per es.
dell'induismo) possono trovare nelle kenosi dell'amore trinitario e del
Sacrificio della Croce una qualche 'plausibilità'. La dedizione dell'amore e
nell'amore, che si esprime nei due misteri della fede cattolica, è via presente
almeno nelle esperienze delle grandi religioni dell'estremo oriente e può essere
il punto di incontro. Ma, premesso ciò che indica possibilità di aperture, il
vero problema sulla via del dialogo tra le tre grandi esperienze religiose
diventa il rapporto con il secondo tipo di approccio fondamentale e cioè la
considerazione del carattere personale o impersonale dell'Assoluto. È chiaro che
su questo terreno si scontrano due opposte mentalità culturali, non facilmente
conciliabili, sul concetto di persona, di individuo, singolarità dell'io
personale con tutti i suoi caratteri. Ciò che, da questo punto di vista, in
occidente nel corso dei secoli è stato conquistato e acquisito trova non facile
accoglienza e riconoscimento presso culture lontane. Si sa quanto sia stato
anche laborioso e tormentato il concetto di persona riferito e applicato nella
teologia trinitaria, dipendente se non proprio strettamente subordinato poi alla
categoria di persona così come questa si andava evolvendo nel pensiero
filosofico occidentale23. Difficilmente il
concetto di persona e dell'io dominante nel contesto orientale può trovare
spazio ed essere motivo di incontro o di comune terreno di dialogo intorno al
Divino. In Oriente non raramente il concetto antropologico dell'io ha
un'accezione di finitudine negativa ed egoistica, di ripiegato su di sé che non
trova possibilità di declinazione al di là del suo sé. Se la teologia cattolica
assume oggi la categoria di persona ereditata dall'esistenzialismo di
Kierkegaard e dalle correnti personalistiche del XX secolo, trova in essa la
dimensione dell'apertura, della libertà e della relazionalità con l'altro e con
il mondo; una religione che parta da una simile prospettiva antropologica dice
dialogo, relazione e responsabilità di fronte all'Assoluto e non piuttosto
immedesimazione, annullamento, indiamento più o meno in senso panteistico. Si
può dire che il limite invalicabile tra le grandi prospettive religiose è quello
tra la prospettiva antropologica e il concetto di persona, sia umana che divina
pur nel loro rapporto analogico. La fede cattolica della Trinità e della
Cristologia, nella sua testimonianza plurisecolare, continua a mantenere un
rapporto fecondo e complementare con l'evolversi del concetto di persona che
essa vede già manifestarsi, come una novità assoluta rispetto ad altre
esperienze religiose, nel testo biblico e quindi successivamente nella
tradizione ecclesiale. Intorno alla realtà misteriosa della persona, e quindi al
suo uso trinitario ma anche cristologico, è possibile il tentativo di costruire
almeno solo le premesse per un dialogo interreligioso; occorrerà naturalmente
verificare fino a che punto le grandi religioni del primo e del terzo tipo
possano conservare le loro specifiche caratteristiche in ordine alla singolarità
dell'individuo e del suo rapporto interlocutorio e responsabile col Divino e di
questo continuare a coltivare un'immagine al di là di ogni possibile analogia
con la realtà umana. L'apertura al Dio trinitario sarà possibile pur conservando
le rispettive antropologie? Il problema si pone in realtà anche con le grandi
religioni del secondo tipo, l'islamismo e il giudaismo24,
che pur conservando l'idea biblica del Dio-Persona e del rapporto
interlocutorio, libero e responsabile tra l'uomo e Dio, avvertono come un
insormontabile ostacolo la dottrina trinitaria opponendo ad essa un rigido
monoteismo assoluto proprio in virtù della identificazione indiscussa di un solo
Dio con una sola Persona. L'assolutizzazione di una sola Persona Divina e
l'esclusivo e diretto rapporto del singolo con Dio in qualche modo preclude a
Dio stesso l'abbraccio con la realtà intera, cioè il suo rapporto con l'intero
cosmo, di cui certo l'uomo è il centro ma non il tutto. In tal senso le grandi
religioni del primo e terzo tipo insegnano a quelle del secondo tipo se non
proprio la divinizzazione del mondo, il coinvolgimento di questo nella relazione
con l'Assoluto. Lo stesso cristianesimo avrà necessità di recuperare questo
rapporto con l'intera realtà e con essa confrontarsi con Dio con il quale è in
dialogo. Ciò mette in guardia il credente cristiano della civiltà occidentale
dall'emarginare tutto il resto, accaparrandosi Dio in modo esclusivo ed
escludente; anche nella responsorialità del soggetto credente di fronte al Dio
personale permane il mistero della ineffabilità di Dio e della sua
indisponibilità, come anche la percezione anche semplicemente intuitiva nella
fede della sua immanenza al cosmo mediante lo Spirito. L'interpersonalità, cioè,
può far dimenticare che la realtà intera è creata, retta e sorretta da quello
stesso Dio che crediamo Unitrino e col quale entriamo in rapporto dialogico. Per
questo Greshake dice che «gli stessi cristiani devono ancora imparare che
il dialogo con le religioni sotto la sigla Trinità non è una strada a
senso unico, bensì una sfida reciproca a prendere sul serio la realtà
uni-trina di Dio»25. La spinta al dialogo
con le altre religioni, che nella contemporaneità è sempre più pressante, a
partire dalla prospettiva proposta della sintesi della dottrina trinitaria, darà
agli stessi cristiani ulteriore capacità di approfondimento della stessa
dottrina26. Siamo ad una svolta radicale
nel ripensamento della stessa realtà di Dio Unitrino, dopo che per tanti secoli
forse ci siamo limitati a sviluppare la fede niceno-costantinopolitana? Il
cristianesimo, nel tentativo di entrare in dialogo specialmente con le grandi
esperienze religiose orientali, rimette se stesso in discussione per
riposizionarsi nel mondo con le peculiarità tipiche della Rivelazione Trinitaria
nella sofferenza e nella Croce, nel servizio e nell'umiltà27.
Greshake è convinto di questa possibilità che si apre alla maturazione della
coscienza cristiana, come è convinto che tale posizione pur apparendo
inclusivista di fatto, è il contrario del trionfalismo. Ma se l'invito alla
sintesi sotto la dottrina trinitaria non presenta i connotati dell'inclusivismo
classico certo non è lontano dal paradigma del parallelismo o pluralismo, anche
se lo sguardo a una sintesi, pur lontana, vorrebbe nutrire la speranza del
superamento del terzo paradigma e contestualmente di una reductio ad unum.
Anche Dupuis dal canto suo, nell'opera citata e per certi aspetti molto
contestata, è fiducioso che la teologia cristiana possa trovare nella Trinità
una «chiave ermeneutica delle altre esperienze delle Realtà divine»28.
In questo tentativo ermeneutico evidentemente appariranno le condizioni per un
proficuo dialogo tra cristianesimo e grandi religioni, oltre quelle
monoteistiche. Per questo Dupuis chiama a testimoni alcuni teologi che nei loro
studi comparativi «vanno in cerca di una struttura trinitaria all'interno
dell'esperienza della Realtà Ultima cui recano testimonianza varie tradizioni
mistiche orientali»29. Frequente in questi
autori è lo sforzo di rintracciare qualche forma di parallelismo, non tanto
implicito quanto piuttosto esplicito, tra le relazioni intratrinitarie e le
Realtà Divine delle religioni orientali e lo stesso rapporto Dio-uomo così come
è comunicato nell'esperienza cristiana, e tracce di compatibilità delle
concezioni del Divino di differenti tradizioni religiose con la tradizione
cristiana occidentale. Naturalmente in questa sede non possiamo dar conto delle
rispettive ricerche anche se sarebbe interessante seguire il percorso teoretico
che ogni singolo autore compie per costruire legami, convergenze, parallelismi e
compatibilità e complementarietà tra la vita Trinitaria e le Realtà Divine
Orientali. Dupuis, al termine del suo breve excursus sulle ricerche di
alcuni teologi, prende in qualche modo le distanze: «Paralleli come quelli
costruiti dagli autori appena citati appaiono perciò alquanto elusivi e
difficili da maneggiare»30. Però poi
aggiunge: «Nonostante le differenze e tenuto conto del carattere singolare dell'autorivelazione
di Dio in Gesù Cristo, sembra tuttavia legittimo rinvenire nelle tradizioni
mistiche dell'Oriente delle prefigurazioni e delle approssimazioni al mistero
Ultimo dell'Essere così come è rivelato e manifestato in maniera decisiva,
seppure incompleta, in Gesù Cristo»31.
don Marcello Paradiso
Note
1 G. GRESHAKE,
Il Dio unitrino. Teologia Trinitaria, Queriniana, Brescia 2000,
581-599; [orig. tedesco: Der dreieine Gott. Eine trinitarische Theologie,
Verlag Herder, Freiburg im Breisgau 1997]. Il nostro autore segue R. PANIKKAR,
Trinität, München, 1993, 70; [tr. it., Trinità ed esperienza religiosa
dell'uomo, Cittadella, Assisi 1989, 74], ma nella nota 220 di p. 580
avverte: «Anche se di seguito verranno riprese idee, contesti concettuali e
formulazioni dal testo di Panikkar sulla Trinità, non posso comunque aderire al
contesto generale e a molti aspetti particolari di tale opera. Quanto dunque
verrò esponendo non andrà allora preso come un'esposizione autentica della
posizione di Panikkar, bensì come affermazioni di cui rispondo io e come tesi
poste in parte in un altro contesto».
2 Di non diverso avviso ci sembra J. Dupuis
quando dice: «[...] da un punto di vista cristiano la dottrina della Trinità
divina funge da chiave ermeneutica per un'interpretazione dell'esperienza della
Realtà Assoluta cui rendono testimonianza altre tradizioni religiose. Ciò deve
essere sottoposto a verifica, almeno sommariamente e in termini generali, per
quanto riguarda le 'personae' delle altre religioni monoteistiche e le 'impersonae'
delle tradizioni mistiche orientali» (J. DUPUIS,
Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso, Queriniana,
Brescia 1997, 357; [orig. ingl.: Toward a Christian Theology of Religious
Pluralism, Orbis Books, Maryknoll-New York 1997].
3 Greshake ricorda alcuni autori che prima
di lui, dalla fine degli anni quaranta del XX secolo fino a più recenti oltre
Panikkar: Mattan, Braaten, F.X. D'Sa, G. D'Costa, R. Williams, M.D. Bryant,
Pan-Chu Lai, Schwager (segnaliamo anche la Casa Editrice Orbis Books di
Maryknoll-New York, nella serie Faith meets Faith specializzata nella
pubblicazione di studi sul dialogo interreligioso e che ha in catalogo tutti gli
autori citati) hanno tentato di battere la strada del dialogo tra il
cristianesimo e le grandi religioni del mondo muovendo dalla base di una
teologia trinitaria. Di alcun autori sottolinea la convinzione che la fede della
Trinità sarebbe 'innata nell'uomo', o che comunque in tutte le più grandi
religioni ci siano «spunti per una visione trinitaria dell'Assoluto» (G. GRESHAKE,
Il Dio unitrino..., cit., 579-580, note 219-220). Dei vari autori
aggiungiamo la recente opera: G. D'COSTA,
The Meeting of Religions and the Trinity, Orbis Books, Maryknoll-New York
2000 (successiva quindi al testo di Greshake), in particolare le pagine 99-142
sul tema del rapporto tra la dottrina Trinitaria e il Dialogo interreligioso.
Dell'autore inglese Greshake segnala: G. D'COSTA,
«Christ, the Trinity and Religious Plurality», in ID. (ed.), Christian
Uniqueness Reconsidered, Orbis Books, New York 1990, 16-29. Si veda anche P.
CODA, Il Logos e il Nulla. Trinità Religioni Mistica, Città Nuova, Roma
2003, in particolare 66-69 e la nota 125 di p. 66-67 per le indicazioni
bibliografiche sul 'pluralismo religioso in ottica formalmente cristologica e
insieme trinitaria' e sul confronto tra monoteismo cristiano, ebraico e
islamico, e una riflessione sul rapporto Trinità e monoteismo, pp. 293-310. Per
un rapido confronto e l'inevitabile differenza tra Dottrina Trinitaria e
Islamismo e Giudaismo cf anche M. DHAVAMONY,
«The convergence of world religions and Christocentrism», in Studia
Missionalia 52 (2003) 275.
4 «La Trinità delle Persone, nell'unità
della natura divina, fonda l'originalità del cristianesimo rispetto alle altre
religioni, che implica la sua irriducibilità alla categoria pura e semplice di
religione», in E. CASTELLUCCI,
«La 'salvezza' cristiana nel dibattito interreligioso», in Rivista di
Teologia dell'Evangelizzazione 5 (2001) 10, 288; «La cristologia e la
trinitaria, mentre sono fattori di originalità e irriducibilità del
cristianesimo, sono anche fattori di unità con le altre religioni: da esse
infatti si recupera ogni germe di verità e di salvezza presente negli uomini e
nelle loro tradizioni religiose» (ib., 291).
5 In proposito dice Coda: «Molto si sta
facendo, nella teologia, sul versante trinitario, come necessario
approfondimento del significato ricapitolativo/relazionale della rivelazione
cristologica: a conferma del fatto che la più propria delle verità cristiane
insieme a quella della Incarnazione, la verità trinitaria appunto, è presupposto
indispensabile per una reale comprensione dell'alterità» (P. CODA,
Il Logos e il Nulla. Trinità Religioni Mistica, cit., 66-67).
Interessante ci sembra, soprattutto sul versante cristologico, quanto scrive:
A.W.J. HOUTEPEN,
Dio, una domanda aperta..., Queriniana, Brescia 2001, 305-326; [orig.
olandese: God, een open vraag..., Uitgeverij Meinema, Zoetermeer 1997].
Il teologo olandese propone, accanto al classico 'trilemma' di inclusivismo,
esclusivismo e parallelismo, i tre paradigmi delle diverse posizioni del dialogo
interreligioso, un quarto modello che chiama kairologico, consistente in
un «approccio storico alle religioni nel loro concreto momento di nascita» (ib.,
323), e che corrisponderebbe al pluralismo unitivo delle religioni, secondo il
linguaggio di P.E. KNITTER,
Nessun altro nome? Un esame critico degli atteggiamenti cristiani verso
le religioni mondiali, Queriniana, Brescia 1991, 23s; [orig. tedesco: Ein
Gott, viele Religionen..., Kösel, München 1988]. Questo modello, dal punto
di vista trinitario, all'interno dell'evento storico-contingente della figura
concreta di Gesù, vede l'incontro di Dio con l'uomo, con la sua storia e la sua
natura, la sua manifestazione e l'effusione-illuminazione della sua sapienza. La
dottrina trinitaria qui appare entrare in circolo e risultare contenuta e
implicita nel kairòs della storia di Gesù.
6 Per una beve presentazione del rapporto
Cristianesimo e Buddismo cf: H. WALDENFELS,
Teologia fondamentale nel contesto del mondo contemporaneo, San Paolo,
Cinisello Balsamo 19962, 37-39; [orig. tedesco: Kontextuelle
Fundamentaltheologie, F. Schöningh, Paderborn 1985] mentre per uno sguardo
complessivamente esauriente sul confronto: M. ZAGO,
Buddismo e Cristianesimo in dialogo. Situazione, rapporti, convergenze,
Città Nuova, Roma 1985.
7 G. GRESHAKE,
Il Dio unitrino..., cit., 581, nota 222, citando R. PANIKKAR,
Trinità ed esperienza religiosa dell'uomo, cit., 79s, 97.
8 Cf H.U. VON
BALTHASAR,
L'Azione. TeoDrammatica IV, Jaca Book, Milano 1986, 301 [orig.
tedesco: Die Handlung, Johannes, band III, Verlag , Einsiedeln 1980]: «È
possibile con Bulgakov definire l'autoespressione del Padre nella generazione
del Figlio come la prima 'kenosi' intradivina che abbraccia da ogni lato le
altre (la seconda della creazione e la terza dell'Incarnazione e Croce), dal
momento che il Padre ivi si disappropria radicalmente della sua divinità e la
transappropria al Figlio: egli non la divide con il Figlio, ma la partecipa al
Figlio dandogli tutto il suo». Per un commento a tutta la problematica della
kenosi in chiave cristologico-trinitaria segnaliamo: G. MARCHESI,
La Cristologia trinitaria di Hans Urs von Balthasar, Queriniana, Brescia
1997, 516-535; P. MARTINELLI,
La morte di Cristo come rivelazione dell'amore trinitario, Jaca Book,
Milano 1996, 339-366, e in particolare le note 159 e 160 delle pp. 345-346 a
proposito delle tre kenosi e dell'interpretazione che di Bulgakov fa Balthasar.
Cf in proposito: P. CODA,
Cristologia della kenosi e della gloria. La sintesi 'sofiologica' di S.
Bulgakov, introduzione a S. BULGAKOV,
L'Agnello di Dio. Il mistero del Verbo Incarnato, Città Nuova, Roma 1990,
11-35. Cf anche: A. TONIOLO,
La Theologia Crucis nel contesto della Modernità, Glossa, Milano 1995,
121-123 per il rapporto balthasariano tra la prima kenosi 'Ur-Kenosi' e la
seconda della creazione. Interessante il confronto, a partire dalla figura della
kenosi, tra Buddismo e Cristianesimo nei due rappresentanti Balthasar e il
buddista Masao Abe in: M. BUIONI,
«Cristianesimo e Religioni. In dialogo con H.U. von Balthasar», in Firmana.
Quaderni di Teologia e Pastorale 31 (2003/1) 57-74, citando a p. 67 gli
studi di un convertito dal buddismo al cattolicesimo: D.W. MITCHELL,
Kenosi e il nulla assoluto. Dinamica della vita spirituale nel buddismo e
nel cristianesimo, Città Nuova, Roma 1993; ID.,
«Status Questionis: Taking Stock of the present Christian-Buddhist Dialogue;
Christian Perspective», in Pro Dialogo 90 (1995) 3. Cf anche M. CROCIATA
- M. NARO, «Fede
trinitaria e monoteismo», in M. CROCIATA
(ed.), Il Dio di Gesù Cristo e i monoteismi, Città Nuova-FTS, Roma 2003,
348-353 e note, dove la kenosi, o meglio la kenosi agapica, è presentata come la
prospettiva ermeneutica per comprendere sia l'essenza, sia l'esistenza di Dio
come realtà comunionale. Si veda anche sul tema della kenosi come 'punto di
partenza' per una teologia cristiana delle religioni: E. BORGMAN,
«La vicinanza kenotica del Dio che libera», in Concilium 4 (2003)
178-179.
9 Dal punto di vista della storia della
filosofia questa posizione trova origine e fondamento in Plotino che al termine
del cammino di risalita in direzione delle ipostasi invita appunto al silenzio,
come a quella forma dell'indicibilità dell'Uno con il quale si cerca il
ricongiungimento. Cf anche per uno sguardo sulla mistica non cristiana: P. CODA,
Il Logos e il Nulla..., cit., 375-382 e sullo specifico della mistica del
cristianesimo, seguendo Balthasar, p. 435-437. La terza sezione dell'opera di
Coda intende proprio fare «un raffronto tra le varie forme che l'esperienza
mistica assume nelle differenti tradizioni religiose... e decifrare, il più
rispettosamente possibile, la peculiarità di ciascuna di tali esperienze, ma
insieme rilevarne l'eventuale struttura comune e, dal punto di vista della
teologia cristiana, valutarne il significato in rapporto all'esperienza di Dio
offerta escatologicamente in Cristo e, per l'azione dello Spirito Santo,
trasmessa alla e dalla Chiesa» (ib., 375).
10 È di parere opposto E. Borgman quando
dice: «la teologia cristiana prima di essere una teologia della presenza di Dio
è una teologia dell'assenza di Dio. Nel dolore della mancanza si rivela per
l'appunto la presenza e la vicinanza» (E. BORGMAN,
«La vicinanza kenotica del Dio che libera», cit., 183).
11 Sullo specifico confronto e le
differenze tra meditazione e esperienza di preghiera cristiana e non cristiana,
orientale in genere, cf H.U. VON
BALTHASAR, Nuovi
punti fermi, Jaca Book, Milano 19912, 81-95; [orig. tedesco:
Neue Klarstellungen, Johannes Verlag, Einsiedeln 1979].
12 Scritti che approfondiscono i Veda o i
testi della Rivelazione indù e che vanno dal VIII secolo a.C. al XIII-XIV secolo
d.C.
13 G. GRESHAKE,
Il Dio unitrino..., cit., 585.
14 Ib., 586. Greshake dice di
seguire, nel sottolineare questa somiglianza tra le convinzioni religiose di
fondo e le Tre Persone, I. KERN,
«Trinität - Theologische Überlegungen eines Phänomenologen», in FZPhTh 33 (1986)
181-196, citato nella n. 241 di p. 586. È appunto Kern che offre al nostro la
prospettiva della Trinità come sintesi dei tre diversi atteggiamenti religiosi
suesposti. Kern riconosce, secondo la lettura di Greshake, tre tipi di religioni
corrispondenti alle tre modalità d'essere dell'uomo, la cosmologico-naturale,
sociale-normativa e cosmologica-spirituale. Le tre diverse religioni
troverebbero la loro sintesi nella dottrina Trinitaria: «Dio come Padre
onnipotente del cosmo, Dio come Figlio che si fa incontro come uomo agli altri
uomini, Dio come Spirito Santo che opera nel mio spirito quale movente ultimo.
Kern conclude le sue esposizioni con la frase: 'un fenomenologo può sperare solo
da una religione della Trinità la redenzione della nostra realtà tutta intera'»
(ib., 196).
15 R. PANIKKAR,
Trinità ed esperienza religiosa dell'uomo, cit., 106.
16 Greshake sembra seguire la linea
interpretativa trinitaria di Barth e Rahner a proposito del superamento della
categoria di persona a favore di un linguaggio migliore quale «modi di essere» (Barth)
o «tre distinti modi di sussistenza» (Rahner). Per questa questione cf: W. KASPER,
Il Dio di Gesù Cristo, Queriniana, Brescia 1984, 379-387; [orig. tedesco:
Der Gott Jesu Christi, Matthias-Grünewald-Verlag, Mainz 1982]. Cf anche
J. DUPUIS, Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso, cit.,
358-359, sulla difficoltà e problematicità del concetto tradizionale di persona
nella dottrina trinitaria e nel confronto con i monoteismi ebraico e islamico.
Dupuis si domanda, seguendo Rahner che invita a un rapporto più stretto con
l'uso linguistico neotestamentario, se almeno in rapporto ad ebrei e musulmani
sia «[...] possibile una formulazione della dottrina trinitaria che ne renda
didatticamente possibile un'assimilazione al di fuori della sfera cristiana» (ib.,
359).
17 G. GRESHAKE,
Il Dio unitrino..., cit., 587.
18 Ivi.
19 Sulla problematica relativa al carattere
dell'assolutezza del cristianesimo, nell'ambito dei rapporti con le altre
religioni, e alla relativa rivendicazione dello stesso carattere di queste
rimandiamo solo a H. WALDENFELS,
Teologia fondamentale nel contesto del mondo contemporaneo, cit., 32-39.
«Oggi però le religioni si oppongono al carattere assoluto del cristianesimo non
tanto contestandolo radicalmente, quanto piuttosto neutralizzandolo. Secondo G.
Mensching non è solo il cristianesimo a rivendicare una validità assoluta;
ogni religione del mondo avanza una pretesa simile, pretesa che si distingue
non tanto nella sostanza, quanto nella forma con cui viene avanzata. Lo stesso
Mensching distingue tra un carattere assoluto esclusivo, rivendicato,
oltre che dal Cristianesimo, soprattutto dall'Islam, e un carattere assoluto
inclusivo, quale riscontriamo ad esempio nel campo dell'Induismo» (ib.,
33). (Il corsivo nel testo). Cf anche G. GRESHAKE,
Il Dio unitrino..., cit., 588, n. 246.
20 Citando F.X. D'SA,
Dio, l'Uno e Trino e l'Uno-Tutto, Queriniana, Brescia 1966, 154, n. 26; [orig.
tedesco: Gott der Dreieine und der All-Ganze, Patmos, Düsseldorf 1987].
21 Ivi.
22 H.-J. VERWEYEN,
Gottes Letztes Worth, Düsseldorf 1991, 42.
23 Una sintesi ampia su questo tema la
presenta lo stesso G. GRESHAKE,
Il Dio unitrino..., cit., 59-61, 75-195. Quest'ultima sezione
compie un excursus storico sul concetto di persona nella teologia
trinitaria, a partire dalla Chiesa delle origini fino ad autori contemporanei.
Cf anche per l'uso della categoria di persona in antropologia e teologia: C. PERI,
«La categoria di persona e il Dio di Gesù Cristo», in M. CROCIATA
(ed.), Il Dio di Gesù Cristo e i monoteismi, cit., 199-218. La
bibliografia sul concetto di persona in teologia trinitaria è abbastanza ampia,
cf W. KASPER, Il
Dio di Gesù Cristo, cit., 374 nota 97. Segnaliamo però anche, per quanto
riguarda le osservazioni critiche sull'uso di tale concetto nella dottrina
trinitaria, la ben nota opera di K. RAHNER:
La Trinità, Queriniana, Brescia 1998, 61, ma soprattutto 100-109
sull'aporia del concetto e la possibilità di altri concetti sostitutivi; [orig.
tedesco: Der dreifaltige Gott als transzendenter Urgrund der Heilsgeschichte,
vol. 2 di Mysterium Salutis, Benzinger Verlag, Einsiedeln-Köln 1967]. Si
veda anche, a proposito dell'uso della categoria di persona in Teologia e in
particolare in teologia trinitaria, la bibliografia indicata in P. CODA,
Il Logos e il Nulla..., cit., 293, n. 263.
24 Sul rapporto 'Trinità e Giudaismo' negli
ultimi tempi l'antica e tradizionale opposizione con il cristianesimo è da
studiosi ebrei riconsiderata sotto una nuova luce. Cf P. OCHS,
«Trinità e giudaismo», in Concilium 4 (2003) 70-81. «Fino all'epoca
attuale la dottrina della Trinità è stata un contrassegno non solo della
differenza tra il giudaismo e il cristianesimo, ma anche della profonda
diffidenza tra i due... Nell'epoca attuale - dopo la shoah e dopo la
scomparsa dell'imperialismo filosofico della modernità - le differenze non
appaiono più un ostacolo insormontabile» (ib., 71). Dice del tentativo di
Ochs: E. BORGMAN, «Ochs
fa notare che il pensiero giudaico sul rapporto tra Dio, la Torah e
l'alleanza con il popolo ha una struttura simile e quella tra Dio come Padre,
Figlio e Spirito nella tradizione cristiana» (E. BORGMAN,
«La vicinanza kenotica del Dio che libera», cit., 183-184). Anche
Greshake, nel testo citato, a p. 579 nota 219, ricorda gli autori che
riconoscono come anche la teologia e la mistica ebraica (a partire dal IX
secolo) si confrontano positivamente con una 'visuale triadica' di Dio. Cf P.
Lapide, in ID.
- J. MOLTMANN,
Monoteismo ebraico - dottrina trinitaria cristiana, Queriniana, Brescia
1980, 19-26; [orig. tedesco: Jüdische Monotheismus - christliche
Trinitätslehre, München 1979, 19-25]. «Nell'Islam - ricorda invece Greshake
- non si trova alcuno spunto per un pensiero trinitario. Ciò può forse dipendere
dal fatto che al suo interno la dottrina cristiana della Trinità viene del tutto
fraintesa in senso triteistico, fino a giungere alla triade: Dio - Gesù -Maria,
trovando a ragione un veemente rifiuto» (Il Dio unitrino..., cit.,
580, nota 219).
25 G. GRESHAKE,
Il Dio unitrino..., cit., 591 (il corsivo nel testo).
26 Sulla non compiutezza dello stesso
cristianesimo Greshake fa cenno nel paragrafo successivo: G. GRESHAKE,
Il Dio unitrino..., cit., 595-597, in sintonia con il pensiero di K.
Rahner, vedi p. 595, nota 264.
27 Su questa sfida ad una rilettura, da
parte degli stessi cristiani, della loro fede nella realtà del Dio unitrino,
Greshake segue E. COUSINS,
«The Trinity and World Religions», in JES (1970) 476-498.
28 J. DUPUIS,
Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso, cit., 360.
Greshake e Dupuis, che pubblicano nello stesso anno le opere che citiamo,
parallelamente concordano nel sottolineare questo ruolo ermeneutico della
Trinità.
29 Ivi. Dupuis cita in nota un suo
studio: «Trinity and World Religions», in The Clergy Monthly 35 (1971)
77-81 e poi riferisce soprattutto degli studi di Panikkar, Bracken e Griffiths
sul confronto con l'Induismo e il Buddismo (cf ib., 360-363). Dupuis,
grazie alla sua esperienza personale di quasi un quarantennio vissuto in India,
insiste nelle pagine successive, 363-377, sul confronto con l'Induismo e in
particolare sulla eventuale 'complementarietà o convergenza' tra il mistero
divino della mistica indù e la Trinità dell'esperienza cristiana, concludendo:
«le tradizioni religiose del mondo trasmettono differenti intuizioni del mistero
della Realtà ultima. Per quanto incomplete, queste intuizioni attestano una
multiforme automanifestazione di Dio agli esseri umani in differenti comunità di
fede. Esse sono 'volti' incompleti del Mistero Divino variamente sperimentato,
che devono trovare compimento in colui che è il volto umano di Dio» (ib.,
377).
30 Ib., 362.
31 Ivi.
Fonte :
il brano è tratto dal forum "dialogo tra
cristianesimo e religioni " del website dell'Associazione Teologica Italiana ,
www.teologia.it
Nessun commento:
Posta un commento