Giuseppe Tortora
CROCE : Il momento teoretico: l'estetica
Croce analizzò con cura ogni singola forma della vita
spirituale. Egli dedicò le prime attenzioni a quella "estetica", per l'esigenza
di ricondurre l'arte nell'ambito della funzione conoscitiva, e per liberarla da
ogni contaminazione pratica, distinguendo appunto il bello, che per lui è il suo
fine specifico, dall'utile e dal bene.
L'attività artistica, egli dice, non si riduce a quella
"pratica" di comporre parole o modellare il marmo; il suo fine non è quello
"pratico" di raggiungere o procurare il piacere; né il suo compito è di
promuovere il bene morale.
In tal senso l'arte è una forma autonoma della vita
spirituale; ha un valore in sé; l'opera d'arte pertanto non va valutata né con
l'occhio del moralista, né, tanto meno, sulla base di criteri edonistici o
utilitaristici.
E non va giudicata neppure con l'occhio del filosofo. Il
"bello" è cosa distinta dal "vero". Sí, la sua natura propria è "teoretica"; ma
l'artista non coglie il concetto universale, né le relazioni razionali tra le
cose. Egli compie un'"intuizione", una "contemplazione immediata" della realtà
individuale; quindi ritrae di questa "l'immagine nel suo valore di mera
immagine", ne "esprime" l'immagine nella sua "pura idealità". In tal senso
l'arte è "espressione".
E si tratta di un'immagine che per l'artista è "reale", anche
se è una "trasfigurazione" della realtà, perché dall'esperienza artistica è
esclusa la distinzione tra reale e ideale, che è di natura concettuale, e che
sopravviene solo con la filosofia. Nell'intuizione "tutto è reale e perciò
niente è reale". Tale immagine nasce dalla libera "fantasia": l'intuizione
estetica infatti è produzione di una interiore rappresentazione fantastica.
La trasfigurazione poi ha luogo perché l'artista "legge" il
reale attraverso il "sentimento"; il che permette di definire l'arte come
"intuizione lirica". Essa sorge quando si sintetizzano "a priori" "sentimento",
che ne costituisce il contenuto, e "rappresentazione", che ne costituisce la
forma; infatti una rappresentazione priva di sentimento è artisticamente vuota;
e parimenti un sentimento che non trova traduzione in un'immagine è, sul piano
estetico, sterile.
Ma perché sussista un'autentica opera d'arte bisogna anche
che contenuto lirico e rappresentazione fantastica siano in equilibrio, in un
rapporto di reciproca adeguazione; l'arte svanisce infatti quando le passioni
violente prevaricano sulla forma cosí come quando la struttura formale opprime
il contenuto sentimentale.
Questo è, in estrema sintesi, quanto Croce ha detto sull'arte
su questo tema egli ritornò spesso, in vari momenti della sua vita sviluppando
precedenti spunti, approfondendo particolari aspetti, offrendo criteri pratici
di valutazione estetica al critico e allo storico dell'arte. Ma il suo nucleo
teorico rimase per lo piú stabile, compatto intorno all'idea che l'arte è
intuizione lirica.
Alla domanda su che cosa sia l'arte, io risponderò subito,
nel modo piú semplice, che l'arte è visione o intuizione. L'artista produce
un'immagine o fantasma; e colui che gusta l'arte volge l'occhio al punto che
l'artista gli ha additato, guarda per lo spiraglio che colui gli ha aperto e
riproduce in sé quell'immagine...
La intuizione però è veramente artistica, è veramente
intuizione, e non caotico ammasso di immagini, solo quando ha un principio
vitale che l'animi, facendo tutt'uno con lei; ma qual è questo principio?... Ciò
che dà coerenza e unità all'intuizione è il sentimento, l'intuizione è veramente
tale perché rappresenta un sentimento, e solo da esso e sopra di esso può
sorgere. Non l'idea, ma il sentimento è quel che conferisce all'arte l'aerea
leggerezza del simbolo: un'aspirazione chiusa nel giro di una rappresentazione,
ecco l'arte; e in essa l'aspirazione sta solo per la rappresentazione, e la
rappresentazione solo per l'aspirazione.
L'intuizione artistica è, dunque, sempre intuizione lirica-
parola quest'ultima, che non sta come aggettivo o determinazione della prima, ma
come sinonimo.
(Breviario di estetica)
Sicché, nota Croce, se si individua nel romanticismo
"l'effusione spontanea e violenta degli affetti, degli amori e degli odi, delle
angosce e dei giubili, delle disperazioni e degli elevamenti", e se si riconosce
come caratteri del classicismo "l'animo pacato, il disegno sapiente, le figure
studiate nel loro carattere e precise nei loro contorni, la ponderazione,
l'equilibrio, la chiarezza", allora la vera opera d'arte non è né romantica né
classica, perché è insieme sia l'una che l'altra cosa; è "un sentimento
gagliardo, che si è fatto tutto rappresentazione nitidissima".
Se si prende a considerare qualsiasi poesia per determinare
che cosa la faccia giudicar tale, si discernono alla prima, costanti e
necessari, due elementi: un complesso d'immagini e un sentimento che lo anima...
Due elementi che per altro appaiono due nella prima astratta analisi, ma che non
si potrebbero paragonare a due fili, neppure intrecciati tra loro, perché, in
effetto, il sentimento si è tutto convertito in immagini, in quel complesso di
immagini, ed è un sentimento contemplato e perciò risoluto e superato. Sicché la
poesia non può dirsi né sentimento né immagine, né somma dei due, ma
"contemplazione del sentimento" o "intuizione lirica" o (che è lo stesso)
"intuizione pura", in quanto è pura di ogni riferimento storico e critico alla
realtà o irrealtà delle immagini di cui si tesse, e coglie il puro palpito della
vita nella sua idealità. Certo nella poesia si possono trovare altre cose oltre
questi due elementi o momenti e la sintesi loro; ma le altre cose o vi sono
frammiste come elementi estranei (riflessioni, esortazioni, polemiche,
allegorie, ecc.), o non sono che questi stessi sentimenti-immagini, disciolti
dal loro nesso, presi materialmente, ricostituiti quali erano innanzi della
creazione poetica.
Quel che si è detto della "poesia", vale di tutte le altre
"arti".
(Aesthetica in nuce)
Sintesi:
Croce analizzò con cura ogni singola forma della vita spirituale. Egli dedicò le prime attenzioni a quella "estetica", per l'esigenza di ricondurre l'arte nell'ambito della funzione conoscitiva, e per liberarla da ogni contaminazione pratica, distinguendo appunto il bello, che per lui è il suo fine specifico, dall'utile e dal bene. L'attività artistica, egli dice, non si riduce a quella "pratica" di comporre parole o modellare il marmo; il suo fine non è quello "pratico" di raggiungere o procurare il piacere; né il suo compito è di promuovere il bene morale. In tal senso l'arte è una forma autonoma della vita spirituale; ha un valore in sé; l'opera d'arte pertanto non va valutata né con l'occhio del moralista, né, tanto meno, sulla base di criteri edonistici o utilitaristici.
Fonte testo : http://www.clerus.org
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