lunedì 8 luglio 2019

La Theotokos segno della retta fede cristologica, di Antonino Grasso




LA THEOTOKOS SEGNO DELLA RETTA FEDE CRISTOLOGICA

di Antonino Grasso




1. Origine e sviluppo del dogma della Maternità divina
  Nel N.T. non si trova espressamente il titolo Theotokos, ma vi si leggono espressioni che contengono in nuce tale verità. Infatti di Maria si dice che ha concepito e generato un figlio, il quale è il Figlio dell’Altissimo, santo e Figlio di Dio (Lc 1,31-32.35); Maria inoltre è chiamata "Madre di Gesù" (Gv 2,1.3; At 1,14), "Madre del Signore" (Lc 1,43) o semplicemente "madre", "sua madre" come più volte nel capitolo 2 di Matteo. Maria, quindi, non comincia ad essere "Madre di Dio" nel concilio di Efeso del 431, così come Gesù non comincia ad essere "Dio" nel concilio di Nicea del 325 che lo definì tale. Lo erano anche prima. Quello è stato il momento in cui la Chiesa, nello svilupparsi ed esplicitarsi della sua fede, sotto la spinta dell’eresia, prende piena coscienza di questa verità e prende posizione a suo riguardo.
In questo processo che porta alla proclamazione di Maria come Theotokos, si possono distinguere tre grandi tappe: Epoca agnostica: la maternità "fisica" di Maria; Epoca delle controversie cristologiche: la maternità "metafisica" di Maria; l’apporto dell’Occidente: la maternità "spirituale" di Maria.
1.1. Epoca agnostica: la maternità "fisica" di Maria
All’inizio e per tutto il periodo dominato dalla lotta contro l’eresia gnostica e docetista, la maternità di Maria viene vista quasi solo come maternità "fisica". Questi eretici, infatti, negavano che Gesù avesse un vero corpo umano e, se l’aveva, che fosse nato da una donna e, se era nato da una donna, che veramente fosse nato dalla carne e dal sangue di lei. Alcuni di loro affermavano che Gesù era nato attraverso la Vergine e non dalla Vergine: immesso dal cielo nel grembo di lei, ne era venuto fuori a modo di "passaggio" non da vera generazione umana. Contro di essi bisognava quindi affermare che Gesù era vero figlio di Maria e frutto del suo grembo e che Maria era quindi veramente la sua madre "fisica". Proclamare con forza che Maria era la madre "fisica" di Gesù, serviva a dimostrare la vera umanità di lui e che cioè egli era veramente Dio, ma anche veramente uomo. Questo è il periodo in cui viene formulato l’articolo del credo che afferma di Gesù: "nato da Spirito Santo e da Maria Vergine".
1.2. Epoca delle controversie cristologiche: la maternità "metafisica" di Maria
Alcuni autori sostengono che il titolo Theotokos fu attribuito alla Vergine per la prima volta da Ippolito, autore della Traditio apostolica. Più sicuramente esso fu usato dal Origene nel III secolo e da altri autori alessandrini prima e dopo il Concilio di Nicea. Particolare importanza avrà, al tempo della controversia nestoriana, la testimonianza di Alessandro di Alessandria che nel IV secolo ritiene il titolo di Theotokos come cosa pacifica e di uso comune e generalizzato. Sarà da ora in poi proprio l’uso di questo titolo a condurre la Chiesa alla scoperta di una maternità divina più profonda, in quanto viene definita in rapporto all’essere profondo di Cristo (maternità "metafisica"). Il titolo non nasce quindi da una riflessione teologica, ma la provoca per cui esso affonda le sue radici sulla pietà e sulla fede vissuta della Chiesa, come si deduce anche dalla più antica preghiera mariana del III secolo, il Sub tuum praesidium. Fu quindi l’esperienza della fede ad orientare la teologia, anche se sarà poi la teologia a guidare e incrementare, a sua volta, quella stessa esperienza di fede.
Il suo approccio chiamato maternità "metafisica" è quello che caratterizza l’epoca delle grandi controversie cristologiche del Vi secolo dove il problema centrale non è più quello della vera umanità di Cristo, ma dell’unità della sua persona. La maternità di Maria non viene più vista riferita alla natura umana di Cristo, ma all’unica persona del Verbo fatto uomo. E siccome questa persona che lei genera secondo la carne non è altro che la persona divina del Figlio di Dio, di conseguenza ella appare vera Madre di Dio perché divinità e umanità formano una sola persona. In questa luce la relazione di Maria con Cristo è anche di ordine "metafisico" creando un rapporto vertiginoso non solo con lui, ma anche con il Padre. Maria, infatti, è l’unica a poter dire a Gesù, quello che a lui dice da tutta l’eternità il Padre: "Tu sei mio figlio; io ti ho generato" (Sal 2,7; Eb 1,5). Con il concilio di Efeso del 431, questa posizione diventa una conquista per sempre della Chiesa. La proclamazione di Maria come Theotokos da parte del concilio, causò l’esultanza del popolo di Efeso che accompagnò con fiaccole e canti i padri alle loro dimore e determinò anche un’esplosione di venerazione verso la Madre di Dio che, in Oriente e in Occidente, si esplicitò in feste liturgiche, icone, inni, costruzioni di chiese e basiliche come quella di S. Maria Maggiore a Roma, fata edificare dal Sisto III proprio dopo il concilio di Efeso.
1.3. L’apporto dell’Occidente: la maternità "spirituale" di Maria
Il traguardo di Efeso non fu definitivo. Da questo titolo, valorizzato nelle controversie cristologiche più in funzione della persona di Cristo che di quella di Maria, si dovevano ancora trarre le conseguenze logiche riguardanti anche la persona stessa di lei, in particolare la sua santità unica. Merito di questo spetta ai grandi autori latini, in primo luogo a S. Agostino. Egli, infatti, legge la maternità di Maria come una maternità nella fede, una maternità anche "spirituale". Inizia così l’epopea della fede di Maria. Lo stesso Agostino afferma che Maria, facendo pienamente la volontà del Padre, per fede credette, per fede concepì e per fede si pose alla sequela di Cristo, per cui è più grande per essere stata sua discepola che sua madre fisica.
La maternità "fisica" e "metafisica" vengono ora coronate dalla maternità "spirituale" o "di fede" che fa di Maria la prima e più santa figlia di Dio, la prima e più docile discepola del Signore, la creatura della quale, per la sua totale adesione a Dio, non si può parlare mai di peccato. La maternità "fisica" e "metafisica" sono un privilegio ineguagliabile, proprio perché trova riscontro nella fede e nell’atteggiamento "spirituale" della Figlia di Sion.
1.4. Significato cristologico di Theotokos
Come abbiamo visto, il titolo Theotokos accompagna tutto lo sviluppo della cristologia antica e diventa come una tessera di riconoscimento dell’ortodossia cristologica. Il titolo servì, infatti, prima a dimostrare la vera umanità di Cristo, poi la sua vera divinità e infine la sua unità di persona. Questo titolo dunque attesta che:
- Gesù è vero uomo perché nato da Maria che è una vera creatura umana;
- Gesù è vero Dio perché se così non fosse, - afferma Agostino - non potremmo proclamare nella professione di fede il "nato da Spirito Santo e da Maria Vergine", se da lei fosse nato solo un figlio dell’uomo e non il Figlio di Dio;
- Gesù ha due nature distinte ma unite ipostaticamente nell’unica persona del Verbo: "colui che è stato generato dal Padre prima di tutti i secoli secondo la divinità – afferma il concilio di Efeso – negli ultimi tempi lo stesso fu generato da Maria Vergine, la Theotokos, secondo l’umanità". Proclamare Maria Theotokos è il modo più sicuro di proclamare l’unione ipostatica che tiene insieme tutti i dogmi cristologici, per cui questo titolo è come un baluardo che si oppone con sempre estrema attualità a tutti i tentativi di idealizzazione di Gesù, che fanno di lui un’idea o un personaggio più che una persona vera; a tutti i tentativi di separazione della sua umanità dalla sua divinità, tentativi che mettono in serio pericolo la realtà stessa della nostra salvezza.
2. Attualità del titolo Theotokos
Maria, con la sua maternità divina ha fatto di Dio l’Emanuele, il Dio con noi. Questo titolo comporta un arricchimento della stessa rivelazione di Dio. In questa linea esso si rivela straordinariamente significativo anche per l’uomo d’oggi.
2.1. Attualità teologica
Il titolo ci parla prima di tutto dell’umiltà di Dio che ha voluto avere una madre, proprio oggi quando siamo arrivati al punto in cui, alcuni rappresentanti dell’esistenzialismo trovano strano, offensivo e umiliante dover avere una madre, perché questo indica dipendere radicalmente da qualcuno, non essersi fatti da sé, non poter progettare interamente da soli la propria esistenza. L’uomo che guarda dunque in alto, in cerca del vertice di una piramide esistenziale su cui spesso non trova che il Nulla, non si accorge che Dio è sceso ed ha rovesciato questa piramide, mettendosi alla base, per prendere su di sé tutto e tutti, rinchiudendosi nel grembo di una donna. Risalta l’infinito contrasto tra il Dio dei filosofi e questo Dio che scende nella materia, nella concretezza e nella realtà: "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò suo figlio nato da donna" (Gal 4,4). Egli che si fa carne nel grembo di Maria, si farà presente nel cuore stesso della materia del mondo, nel pane dell’Eucaristia, per vivificarla dall’interno. S. Ireneo afferma, a questo proposito, che chi non capisce la nascita di Dio da Maria, non può nemmeno capire l’Eucaristia (Adversus haer. V. 2,3, Sch 153, p. 345). Scegliendo la via materna per rivelarsi a noi, Dio ci ha ricordato che tutto è puro, ha proclamato la santità delle cose che ha creato, ha santificato e redento non solo la natura in astratto, ma anche la nascita umana e tutta la realtà dell’esistenza. Soprattutto Dio ha rivelato la dignità della donna in quanto tale. La dignità di Theotokos conferita a Maria, ci rivela che Dio, infinitamente prima delle lotte e della proclamazione della "promozione della donna", ha dato alla donna un tale onore e la circondata di tanta grandezza da farci restare senza parole.
2.2. Attualità cristologica
L’attualità di Theotokos si rivela più evidentemente se dalla teologia passiamo alla cristologia. Oggi tutti ammettono senza difficoltà che Cristo era un uomo come noi, anzi si fa a gara nello spingere questa affermazione fino al limite del blasfemo, riconoscendo in lui una presenza anche di peccato. Il problema oggi è inverso: riguarda la divinità di Cristo. Alcuni autori cattolici hanno elaborato le così dette "nuove cristologie" che si distaccano radicalmente da quella tradizionale e dove si afferma che Cristo è Dio, solo nel senso che "in lui agisce Dio". Quindi egli non sarebbe un vero Dio, ma la rivelazione del vero Dio, cosa infinitamente diversa. Schönenberg, ad esempio, sostiene che Gesù è in una persona, ma una persona umana non divina: alla dottrina delle due nature, l’umana e la divina, unite nell’unica persona di Cristo, egli sostituisce la dottrina della presenza della divinità nella persona umana di Cristo. All’essere si sostituisce l’esserci, cioè Cristo non è Dio, ma in Cristo c’è Dio! L’estrema conseguenza è che Gesù è il Verbo di Dio non in forma reale ma solo intenzionale nel senso che il Padre avrebbe previsto e amato nel suo pensiero eterno, l’esistenza dell’uomo Gesù che un giorno sarebbe nato da Maria, preesistente, quindi, come preesistiamo tutti dal momento che ogni uomo è stato prescelto e predestinato da Dio come suo figlio prima della creazione del mondo (Cf. Ef 1,4).
Contro questa dottrina che oltre a negare la divinità di Cristo, rinnega il mistero stesso della Trinità, la Chiesa, professando e proclamando Maria Theotokos, professa e proclama la sua fede nella vera identità di Gesù, Dio e uomo, vero Figlio di Dio fattosi in lei vero uomo per noi. Se Cristo, infatti, non fosse vero Dio o se lo diventasse dopo la sua nascita umana, Maria non potrebbe chiamarsi Theotokos. Le "nuove cristologie" più che tradurre in termini moderni le verità proclamate dai concili di Efeso e Calcedonia, hanno rispolverato le eresie che essi avevano condannato. Come allora, anche oggi, il titolo di Theotokos è come un baluardo della Chiesa contro le deviazioni della fede cristologica perché difende l’eterna e immutabile verità su Cristo, anche ai nostri tempi come lo fece nei tempi antichi.
2.3. Attualità ecumenica
Anche in campo ecumenico il titolo di Theotokos rivela la sua perenne vitalità e attualità. Esso, infatti, è oggi il punto d’incontro e la base comune a tutti i cristiani, dato che è l’unico titolo veramente ecumenico non solo di diritto, perché proclamato da un concilio ecumenico, ma anche di fatto, perché riconosciuto da tutte le Chiese. Theotokos è quindi il titolo a cui sempre si dovrebbe poter ritornare distinguendolo da tutta l’infinita quantità degli altri titoli, per creare una fondamentale unità intorno alla Madre del Signore, in modo che ella, più che essere il simbolo della divisione tra i cristiani, si trasformi piuttosto nel più importante fattore di unità ecumenica nella professione comune dell’unica fede nel Signore Gesù.
Questo sarà possibile solo nel rispetto di queste condizioni:
- non limitare la portata del titolo Theotokos solo al suo contenuto ontologico, esaltato dalla teologia dell’Oriente, ma tenendo anche presente l’arricchimento in senso morale che esso ebbe in Occidente, ad opera soprattutto di Agostino il quale affermò, come già visto, che Maria è grande per aver concepito Cristo nella fede più che nel corpo; per essere stata sua discepola, più che sua madre;
- rivedere e approfondire il sublime rapporto tra grazia e fede, caro ai Protestanti, leggendo la maternità divina non solo come un "privilegio", ma come l’esaltazione della grazia, un dono sublime ed esclusivo di Dio ricevuto con somma, libera e disponibile accoglienza;
- fare di Theotokos un ponte di collegamento verso l’unità, per amore e nel rispetto di Colei che, appunto come Madre del Signore, attese la venuta dello Spirito in preghiera in mezzo alla Chiesa nascente. Sarebbe assurdo parlare o voler realizzare l’unità, dimenticando chi ha dato Cristo al mondo: il Cristo che annunciamo non sarebbe più la Parola fatta carne, l’Emanuele, il Dio con noi, il Salvatore che ha voluto essere simile a noi nel nascere, prima ancora di esserlo nel vivere e nel morire.











Fonte : http://www.rocciadibelpasso.it/mariologia4.htm 















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