LA THEOTOKOS SEGNO DELLA RETTA FEDE CRISTOLOGICA
di Antonino Grasso
1. Origine e sviluppo del dogma
della Maternità divina
Nel N.T. non si trova
espressamente il titolo Theotokos, ma vi si leggono espressioni che
contengono in nuce tale verità. Infatti di Maria si dice che ha
concepito e generato un figlio, il quale è il Figlio dell’Altissimo, santo e
Figlio di Dio (Lc 1,31-32.35); Maria inoltre è chiamata "Madre di Gesù"
(Gv 2,1.3; At 1,14), "Madre del Signore" (Lc 1,43) o semplicemente "madre",
"sua madre" come più volte nel capitolo 2 di Matteo. Maria, quindi, non
comincia ad essere "Madre di Dio" nel concilio di Efeso del 431, così come Gesù
non comincia ad essere "Dio" nel concilio di Nicea del 325 che lo definì tale.
Lo erano anche prima. Quello è stato il momento in cui la Chiesa, nello
svilupparsi ed esplicitarsi della sua fede, sotto la spinta dell’eresia, prende
piena coscienza di questa verità e prende posizione a suo riguardo.
In questo processo che porta alla
proclamazione di Maria come Theotokos, si possono distinguere tre grandi
tappe: Epoca agnostica: la maternità "fisica" di Maria; Epoca delle controversie
cristologiche: la maternità "metafisica" di Maria; l’apporto dell’Occidente: la
maternità "spirituale" di Maria.
1.1. Epoca agnostica: la
maternità "fisica" di Maria
All’inizio e per tutto il periodo
dominato dalla lotta contro l’eresia gnostica e docetista, la maternità di Maria
viene vista quasi solo come maternità "fisica". Questi eretici, infatti,
negavano che Gesù avesse un vero corpo umano e, se l’aveva, che fosse nato da
una donna e, se era nato da una donna, che veramente fosse nato dalla carne e
dal sangue di lei. Alcuni di loro affermavano che Gesù era nato attraverso
la Vergine e non dalla Vergine: immesso dal cielo nel grembo di lei, ne
era venuto fuori a modo di "passaggio" non da vera generazione umana.
Contro di essi bisognava quindi affermare che Gesù era vero figlio di Maria e
frutto del suo grembo e che Maria era quindi veramente la sua madre "fisica".
Proclamare con forza che Maria era la madre "fisica" di Gesù, serviva a
dimostrare la vera umanità di lui e che cioè egli era veramente Dio, ma anche
veramente uomo. Questo è il periodo in cui viene formulato l’articolo del credo
che afferma di Gesù: "nato da Spirito Santo e da Maria Vergine".
1.2. Epoca delle controversie
cristologiche: la maternità "metafisica" di Maria
Alcuni autori sostengono che il
titolo Theotokos fu attribuito alla Vergine per la prima volta da
Ippolito, autore della Traditio apostolica. Più sicuramente esso fu usato
dal Origene nel III secolo e da altri autori alessandrini prima e dopo il
Concilio di Nicea. Particolare importanza avrà, al tempo della controversia
nestoriana, la testimonianza di Alessandro di Alessandria che nel IV secolo
ritiene il titolo di Theotokos come cosa pacifica e di uso comune e
generalizzato. Sarà da ora in poi proprio l’uso di questo titolo a condurre la
Chiesa alla scoperta di una maternità divina più profonda, in quanto viene
definita in rapporto all’essere profondo di Cristo (maternità "metafisica"). Il
titolo non nasce quindi da una riflessione teologica, ma la provoca per cui esso
affonda le sue radici sulla pietà e sulla fede vissuta della Chiesa, come si
deduce anche dalla più antica preghiera mariana del III secolo, il Sub tuum
praesidium. Fu quindi l’esperienza della fede ad orientare la teologia,
anche se sarà poi la teologia a guidare e incrementare, a sua volta, quella
stessa esperienza di fede.
Il suo approccio chiamato
maternità "metafisica" è quello che caratterizza l’epoca delle grandi
controversie cristologiche del Vi secolo dove il problema centrale non è più
quello della vera umanità di Cristo, ma dell’unità della sua persona. La
maternità di Maria non viene più vista riferita alla natura umana di Cristo, ma
all’unica persona del Verbo fatto uomo. E siccome questa persona che lei
genera secondo la carne non è altro che la persona divina del Figlio di Dio, di
conseguenza ella appare vera Madre di Dio perché divinità e umanità formano una
sola persona. In questa luce la relazione di Maria con Cristo è anche di ordine
"metafisico" creando un rapporto vertiginoso non solo con lui, ma anche con il
Padre. Maria, infatti, è l’unica a poter dire a Gesù, quello che a lui dice da
tutta l’eternità il Padre: "Tu sei mio figlio; io ti ho generato" (Sal
2,7; Eb 1,5). Con il concilio di Efeso del 431, questa posizione diventa una
conquista per sempre della Chiesa. La proclamazione di Maria come Theotokos
da parte del concilio, causò l’esultanza del popolo di Efeso che accompagnò con
fiaccole e canti i padri alle loro dimore e determinò anche un’esplosione di
venerazione verso la Madre di Dio che, in Oriente e in Occidente, si esplicitò
in feste liturgiche, icone, inni, costruzioni di chiese e basiliche come quella
di S. Maria Maggiore a Roma, fata edificare dal Sisto III proprio dopo il
concilio di Efeso.
1.3. L’apporto dell’Occidente: la
maternità "spirituale" di Maria
Il traguardo di Efeso non fu
definitivo. Da questo titolo, valorizzato nelle controversie cristologiche più
in funzione della persona di Cristo che di quella di Maria, si dovevano ancora
trarre le conseguenze logiche riguardanti anche la persona stessa di lei, in
particolare la sua santità unica. Merito di questo spetta ai grandi autori
latini, in primo luogo a S. Agostino. Egli, infatti, legge la maternità di Maria
come una maternità nella fede, una maternità anche "spirituale".
Inizia così l’epopea della fede di Maria. Lo stesso Agostino afferma che
Maria, facendo pienamente la volontà del Padre, per fede credette, per
fede concepì e per fede si pose alla sequela di Cristo, per cui è più
grande per essere stata sua discepola che sua madre fisica.
La maternità "fisica" e
"metafisica" vengono ora coronate dalla maternità "spirituale" o "di fede" che
fa di Maria la prima e più santa figlia di Dio, la prima e più docile discepola
del Signore, la creatura della quale, per la sua totale adesione a Dio, non si
può parlare mai di peccato. La maternità "fisica" e "metafisica" sono un
privilegio ineguagliabile, proprio perché trova riscontro nella fede e
nell’atteggiamento "spirituale" della Figlia di Sion.
1.4. Significato cristologico di
Theotokos
Come abbiamo visto, il titolo
Theotokos accompagna tutto lo sviluppo della cristologia antica e diventa
come una tessera di riconoscimento dell’ortodossia cristologica. Il titolo
servì, infatti, prima a dimostrare la vera umanità di Cristo, poi la sua
vera divinità e infine la sua unità di persona. Questo titolo
dunque attesta che:
- Gesù è vero uomo perché
nato da Maria che è una vera creatura umana;
- Gesù è vero Dio
perché se così non fosse, - afferma Agostino - non potremmo proclamare nella
professione di fede il "nato da Spirito Santo e da Maria Vergine", se da
lei fosse nato solo un figlio dell’uomo e non il Figlio di Dio;
- Gesù ha due nature distinte ma
unite ipostaticamente nell’unica persona del Verbo:
"colui che è stato generato dal Padre prima di tutti i secoli secondo la
divinità – afferma il concilio di Efeso – negli ultimi tempi lo stesso fu
generato da Maria Vergine, la Theotokos, secondo l’umanità". Proclamare
Maria Theotokos è il modo più sicuro di proclamare l’unione ipostatica
che tiene insieme tutti i dogmi cristologici, per cui questo titolo è come un
baluardo che si oppone con sempre estrema attualità a tutti i tentativi di
idealizzazione di Gesù, che fanno di lui un’idea o un personaggio
più che una persona vera; a tutti i tentativi di separazione della sua
umanità dalla sua divinità, tentativi che mettono in serio pericolo la realtà
stessa della nostra salvezza.
2. Attualità del titolo Theotokos
Maria, con la sua maternità
divina ha fatto di Dio l’Emanuele, il Dio con noi. Questo titolo
comporta un arricchimento della stessa rivelazione di Dio. In questa linea esso
si rivela straordinariamente significativo anche per l’uomo d’oggi.
2.1. Attualità teologica
Il titolo ci parla prima di tutto
dell’umiltà di Dio che ha voluto avere una madre, proprio oggi quando
siamo arrivati al punto in cui, alcuni rappresentanti dell’esistenzialismo
trovano strano, offensivo e umiliante dover avere una madre, perché questo
indica dipendere radicalmente da qualcuno, non essersi fatti da sé, non
poter progettare interamente da soli la propria esistenza. L’uomo che guarda
dunque in alto, in cerca del vertice di una piramide esistenziale su cui spesso
non trova che il Nulla, non si accorge che Dio è sceso ed ha
rovesciato questa piramide, mettendosi alla base, per prendere su di sé
tutto e tutti, rinchiudendosi nel grembo di una donna. Risalta l’infinito
contrasto tra il Dio dei filosofi e questo Dio che scende nella
materia, nella concretezza e nella realtà: "Quando venne la pienezza del
tempo, Dio mandò suo figlio nato da donna" (Gal 4,4). Egli che si fa carne
nel grembo di Maria, si farà presente nel cuore stesso della materia del mondo,
nel pane dell’Eucaristia, per vivificarla dall’interno. S. Ireneo afferma, a
questo proposito, che chi non capisce la nascita di Dio da Maria, non può
nemmeno capire l’Eucaristia (Adversus haer. V. 2,3, Sch 153, p. 345).
Scegliendo la via materna per rivelarsi a noi, Dio ci ha ricordato che tutto è
puro, ha proclamato la santità delle cose che ha creato, ha santificato e
redento non solo la natura in astratto, ma anche la nascita umana
e tutta la realtà dell’esistenza. Soprattutto Dio ha rivelato la dignità
della donna in quanto tale. La dignità di Theotokos conferita a Maria, ci
rivela che Dio, infinitamente prima delle lotte e della proclamazione della
"promozione della donna", ha dato alla donna un tale onore e la circondata di
tanta grandezza da farci restare senza parole.
2.2. Attualità cristologica
L’attualità di Theotokos
si rivela più evidentemente se dalla teologia passiamo alla cristologia. Oggi
tutti ammettono senza difficoltà che Cristo era un uomo come noi, anzi si fa a
gara nello spingere questa affermazione fino al limite del blasfemo,
riconoscendo in lui una presenza anche di peccato. Il problema oggi è inverso:
riguarda la divinità di Cristo. Alcuni autori cattolici hanno elaborato le così
dette "nuove cristologie" che si distaccano radicalmente da quella
tradizionale e dove si afferma che Cristo è Dio, solo nel senso che "in lui
agisce Dio". Quindi egli non sarebbe un vero Dio, ma la rivelazione del vero
Dio, cosa infinitamente diversa. Schönenberg, ad esempio, sostiene che Gesù è in
una persona, ma una persona umana non divina: alla dottrina delle due nature,
l’umana e la divina, unite nell’unica persona di Cristo, egli sostituisce la
dottrina della presenza della divinità nella persona umana di Cristo.
All’essere si sostituisce l’esserci, cioè Cristo non è Dio, ma
in Cristo c’è Dio! L’estrema conseguenza è che Gesù è il Verbo di Dio
non in forma reale ma solo intenzionale nel senso che il Padre
avrebbe previsto e amato nel suo pensiero eterno, l’esistenza dell’uomo Gesù che
un giorno sarebbe nato da Maria, preesistente, quindi, come preesistiamo tutti
dal momento che ogni uomo è stato prescelto e predestinato da Dio come suo
figlio prima della creazione del mondo (Cf. Ef 1,4).
Contro questa dottrina che oltre
a negare la divinità di Cristo, rinnega il mistero stesso della Trinità, la
Chiesa, professando e proclamando Maria Theotokos, professa e proclama la
sua fede nella vera identità di Gesù, Dio e uomo, vero Figlio di Dio fattosi in
lei vero uomo per noi. Se Cristo, infatti, non fosse vero Dio o se lo diventasse
dopo la sua nascita umana, Maria non potrebbe chiamarsi Theotokos. Le
"nuove cristologie" più che tradurre in termini moderni le verità proclamate dai
concili di Efeso e Calcedonia, hanno rispolverato le eresie che essi avevano
condannato. Come allora, anche oggi, il titolo di Theotokos è come un
baluardo della Chiesa contro le deviazioni della fede cristologica perché
difende l’eterna e immutabile verità su Cristo, anche ai nostri tempi come lo
fece nei tempi antichi.
2.3. Attualità ecumenica
Anche in campo ecumenico il
titolo di Theotokos rivela la sua perenne vitalità e attualità. Esso,
infatti, è oggi il punto d’incontro e la base comune a tutti i cristiani, dato
che è l’unico titolo veramente ecumenico non solo di diritto, perché proclamato
da un concilio ecumenico, ma anche di fatto, perché riconosciuto da tutte le
Chiese. Theotokos è quindi il titolo a cui sempre si dovrebbe poter ritornare
distinguendolo da tutta l’infinita quantità degli altri titoli, per creare una
fondamentale unità intorno alla Madre del Signore, in modo che ella, più che
essere il simbolo della divisione tra i cristiani, si trasformi piuttosto nel
più importante fattore di unità ecumenica nella professione comune dell’unica
fede nel Signore Gesù.
Questo sarà possibile solo nel
rispetto di queste condizioni:
- non limitare la portata del
titolo Theotokos solo al suo contenuto ontologico, esaltato dalla
teologia dell’Oriente, ma tenendo anche presente l’arricchimento in senso morale
che esso ebbe in Occidente, ad opera soprattutto di Agostino il quale affermò,
come già visto, che Maria è grande per aver concepito Cristo nella fede più che
nel corpo; per essere stata sua discepola, più che sua madre;
- rivedere e approfondire il
sublime rapporto tra grazia e fede, caro ai Protestanti, leggendo la maternità
divina non solo come un "privilegio", ma come l’esaltazione della grazia, un
dono sublime ed esclusivo di Dio ricevuto con somma, libera e disponibile
accoglienza;
- fare di Theotokos un
ponte di collegamento verso l’unità, per amore e nel rispetto di Colei che,
appunto come Madre del Signore, attese la venuta dello Spirito in preghiera in
mezzo alla Chiesa nascente. Sarebbe assurdo parlare o voler realizzare l’unità,
dimenticando chi ha dato Cristo al mondo: il Cristo che annunciamo non sarebbe
più la Parola fatta carne, l’Emanuele, il Dio con noi, il
Salvatore che ha voluto essere simile a noi nel nascere, prima ancora di esserlo
nel vivere e nel morire.
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