Carlo Cicconetti O.Carm
IL CARMELO AL FEMMINILE :
linee mariane in Maria Crocifissa Curcio
«In Maria si rivela pienamente il valore attribuito nel piano
divino alla persona e alla missione della donna. Per convincersene, basta
riflettere sul valore antropologico degli aspetti fondamentali della Mariologia...
La luce di Maria può espandersi anche oggi, sul mondo femminile ed abbracciare i
vecchi e nuovi problemi della donna, aiutando tutti a capirne la dignità e a
riconoscerne i diritti». Tutta la grandezza di Maria si riflette «sulla stessa
condizione della donna». Lei «che è intervenuta in modo sovreminente e
umanamente impensabile nella storia dell'umanità e, con il suo consenso ha
contribuito alla trasformazione di tutto il destino umano» Così si esprimeva
alcuni giorni fa il Santo Padre in una sua catechesi sulla donna cristiana.
Una delle donne più impegnate nella ricerca teologica sulla donna auspica
una marialogia scritta "a due voci" (maschile e femminile) specialmente
attingendo dalle grandi donne della chiesa, come Teresa d'Avila e Teresa di
Lisieux. Mi incoraggia a non ritenere del tutto inutile questa ricerca in M.
Crocifissa Curcio e nelle "visite" di Maria di cui ella ci narra con abbondanza.
PRESENZA
EDUCATRICE DELLA
MADRE DEL
CARMELO
Madre Crocifissa, nella sua avventura spirituale, vive la
presenza e intimità continua di Maria «tenera Madre del Carmelo, rapitrice del
suo cuore» fin dall'infanzia. È lei che ne scandisce le tappe dagli inizi alla
fine, e ne plasma la femminilità sponsale, verginale, materna, secondo la donna
nuova in Cristo.
Rosa sente Maria come una Madre piena di tenerezza, di calore
umano, concreta e reale, con il suo corpo, la sua femminilità, le sue premure, i
suoi sentimenti, le sue carezze. La vede infatti nella narrazione evangelica,
mentre accoglie, porta in grembo, da alla luce, segue, compatisce e piange Gesù,
piena di sollecitudini familiari e di lavoro.
È la donna non estranea alle vicende umane, ma pienamente
coinvolta in esse. È la visione popolare di Maria, vicina, "donna del
quotidiano", eppure straordinariamente affascinante. Ella viene soprattutto con
il suo Figlio. Rosa trascorre intere giornate in sua compagnia, ma senza
estraniarsi dalle sollecitudini perla casa.
Madre Crocifissa è attratta dalla accoglienza di Maria alla
"volontà divina". Chiama anche le figlie a meditare il Mistero della
Incarnazione che si compie in Maria, dopo aver dato il suo "divino consenso".
L'obbedienza di Maria non è sottomissione di debolezza, neppure Dio chiede
questo alla donna. È "obbedienza in piedi", la sua: essa suppone che vi sia «uno
che parli e l'altro che risponda. Uno che faccia la proposta con rispetto e
l'altro che vi aderisca con amore. Uno che additi un progetto senza ombra di
violenza, e l'altro che con gioia ne interiorizzi l'indicazione». La risposta
umile e pronta di Maria non ne annulla la personalità, non ne mortifica
l'autonomia, ma ne esalta l'amore accogliente. Madre Crocifissa vi scorge per sé
e per le sue figlie l'atteggiamento che «unisce più intimamente alla volontà
divina». "Ecce Ancilla Domini". La ricostruzione cosciente dell'immagine eterna
che Dio pose in lei, come nell'uomo, «è possibile per la singola donna solo
nell'atteggiamento dell'ancilla Domini cioè in atteggiamento di perpetua
docilità ai voleri di Dio».18 La dimensione verginale viene vista in
rapporto all'ascolto della Parola, in quanto dice interiorità, «silenzio
profondo di tutte le cose», fuori e dentro di noi, apertura all'Altro e agli
altri, rivendicazione della propria integrità. È un modo più autentico e nobile
di rendere vero lo slogan femminista degli anni 70: «lo sono mia!». La
valorizzazione del "femminile" passa sicuramente anche attraverso la riscoperta
positiva e arricchente di un giusto, casto rapporto con il proprio corpo.
LA
FIGLIA DI MARIA:
INFANZIA SPIRITUALE
La presenza materna e tenera di Maria la educa all'atteggiamento
dell'abbandono filiale, riposante, pacificatore, sereno:
«sono stata svegliata dalla presenza della tenera Madre, così
soave e dolce nel suo materno e divino sguardo per farmi riposare
tranquillamente come una bimba nel seno della mamma».
Rosa vive in Lei la sua infanzia spirituale: «Mi feci così
piccina da mettermi sulle sue ginocchia, mi fece riposare sul suo seno», riceve
lo stesso "nutrimento", l'affetto e il calore materno donato a Gesù. Anzi ella
si sente accomunata in questo suo unico affetto materno:
«La divina Madre
aveva il suo tenero Infante, e come due sorelline gemelle, mi strinse assieme al
suo divino seno: non posso descrivere l'intimità di quei momenti, intimità
materna, fraterna: che amore scambievole, amore di trasformazione».
Maria le dona assieme atteggiamento filiale e cuore di sorella.
Così viene preparata ad essere "madre" a sua volta: non è facile amare, se non
si ha l'esperienza di essere amati. In Maria ella incontra Gesù come fratello.
Nella esperienza filiale, di "piccola" ella impara l'accoglienza, la
ricettività, l'abbandono fecondo. Il nutrimento che ella riceve da Maria, è
l'amore con il quale Ella amò il Figlio suo Gesù e, umanamente, l'attrezzò a non
lasciarsi vincere dall'odio e dal rifiuto degli "avversari". Madre Crocifissa
trova in questo nutrimento la saldezza che le dona fiducia di fronte agli
"avversar!" che si frappongono, anche in buona fede, al compimento della
missione che ha ricevuto dalla "tenera Madre del Carmelo".
madre
È sempre Maria, la donna che tiene i piedi sulla terra a
Nazareth, Betlemme, all'arrivo dei Magi. È la "Marialogia narrativa" del Vangelo
che Madre Crocifissa incontra nella sua esperienza spirituale: partecipa
«alla stanchezza
del lungo e disastroso viaggio di Giuseppe e della gentile verginella da
Nazareth a Betlemme; nei rifiuti che ebbero a soffrire... il desiderio della
Vergine SS.ma di vedere presto con i propri occhi il Figlio unico di Dio e
suo... alla gioia immensa della tenera Madre e di Giuseppe nella nascita di Gesù».
Maria la educa gestualmente chiamandola a sostituirla nei suoi
compiti materni verso il Figlio Gesù: lo fa riposare, lo consola, lo nasconde
agli occhi dei soldati di Erode che lo cercano per farlo morire, insomma fa
l'esperienza di "essere madre di Gesù".
Maria,
«che fin dall'infanzia fu la rapitrice del mio cuore, ora mi
presenta il suo tenero Infante e mi fa gustare le delizie dell'amore materno...
che godimenti e delizie di cielo, nel concedermi per qualche istante il Divino
Figlio e sentirlo riposare sul mio cuore. Diverse volte... ho sperimentato le
materne consolazioni della Vergine Madre quando addormentava il Celeste Pargolo
e quando lo nutriva del suo amore».
E Maria che le porge Gesù con tanta tenerezza «da farle
pregustare un poco del suo immenso amore» materno.
L'accoglienza di Gesù nella propria esistenza, e il generarlo
nella vita degli altri è espresso costantemente nella tradizione della Chiesa
fin dall'epoca patristica con il simbolo della generazione materna. Il "grembo
verginale" della chiesa-Sposa e Madre, come quello di Maria e di ogni fedele
nella Chiesa: diventa fecondo e partorisce Gesù. Non si fa distinzione di sesso
persino in questa tipica modalità femminile di accoglienza e ricettività. Già
Origene scriveva: «A che mi gioverebbe dire che Gesù Cristo è venuto unicamente
nella carne che ha ricevuto da Maria, se io non mostrassi che egli è venuto
anche nella mia carne?» E s. Ambrogio: «Ogni anima porta in sé come in un grembo
materno il Cristo. Se essa non viene trasformata da una vita santa, non può
essere chiamata madre di Cristo. Ma se ogni volta che accogli in te la parola di
Cristo le dai la forma nel tuo intimo, se la formi in te come in un grembo
materno con la tua meditazione, puoi essere chiamato madre di Cristo». S.
Gregorio Nazianzeno pone la maternità in relazione alla Verginità: «Verginizzate
per diventare madri di Cristo». Del resto già S. Paolo si esprime con questo
simbolismo per dire la sua relazione apostolica con coloro ai quali ha
annunciato il Vangelo. (1Ts 2, 7-8; Gal 4, 19). È il principio "mariano", o
"materno" che regge e avvolge la Chiesa, compreso il suo ministero gerarchico
(il "Petrino"), sull'esempio del "Fiat" di Maria che fa spazio alla Incarnazione
del Verbo e si dilata ad accettare anche eventi oltre la propria comprensione,
che custodisce e protegge, ma allo stesso tempo si tiene vigile per
corrispondere alle nuove richieste con modalità sempre nuove.
Ma al di là degli aspetti mistici e, direi verticale, quel tenere
in braccio il Bambino Gesù è solo il simbolo di quel che avverrà molte volte,
maternamente, fisicamente con tanti bambini ai quali trasmettere amore. Il modo
come parla di essi ci rivela la sorgente profonda da cui scaturisce la sua
maternità.
Il senso materno comunicatole da Maria si esprime nello stile del
rapporto con gli altri. Un atteggiamento di premura, di accogliente calore
umano, di attenzione alle piccole cose che mettono a proprio agio, di
condivisione di pesi e preoccupazioni, di presenza.
«Lavora quindi,
o mia fedele figlia, la madre ti guarda, ti sorride, ti benedice, ti rianima».
«Lavora con coraggio di vera missionaria carmelitana... La tenera Madre del
Carmelo fa le mie veci in mezzo a voi».
«Lo so, mia
figlia, che senti tanto bisogno della madre, ed io sento tutto, tutto, il mio
corpo è qui, ma lo spirito, il cuore è sempre attorno alle figlie, che guarda e
prega invisibilmente, non vengo sola, con la tenera Madre celeste con colei che
rappresenta il nostro Ordine, in nostro novello Istituto. Queste visite...
dovresti sentirle... la madre sente i lamenti, i bisogni delle figlie, è allora
che ti parlo e ispiro intimamente mentre prego. Le visite materne, divine, della
tenera Madre del Carmelo, e del suo fiore candido Teresina, non ti mancano mai,
dovrai piuttosto abituarti tu ad aprire la porta del tuo cuore per riceverle e
gustarle».
«Credimi mia
buona e cara figliola, che tutto sento da lontano, tutto il tuo peso, le tue
sofferenze e prego, prego la Madre Celeste che ti assista con i suoi lumi, con
la sua forza... procuriamo di aiutarti anche da lontano e condividere il tuo
peso».
«Ora che la
Provvidenza vi ha dato una posizione più comoda, non soffrite privazioni
specialmente che il freddo rigido richiede nutrimento speciale».
A proposito di
una ragazza, ospite del laboratorio:
«Raccomando di
trattarla bene in tutto e soprattutto mostrati affettuosa e premurosa, vedi che
è tanto giovane, è la prima volta che esce di casa, figlia unica, e quindi
soffre tale lontananza; soffre certo il cambiamento di clima, procurate di
riscaldarle la stanza, però non abituarla a farle il letto e il resto, che
faccia tutto da sé, letto e stanza».
Un sentimento che non scade mai nel sentimentalismo, ma è
consapevole che deve restare educante:
«Vi guardo
sempre e vi parlo al cuore, vi ricordo sempre l'osservanza della vostra
religiosa professione, vi avverto quando la vostra umana debolezza sovrasta lo
spirito, quando la vostra natura si ribella ai vostri doveri di Sposa del gran
Re e figlia della Regina degli Angeli... non seguite ciò che vi suggerisce la
superbia, l'attacco a voi stesse... sublime è lo stato soprannaturale che ci
frutta la vera mortificazione, procuriamo di spogliarci sempre, distaccarci
sempre, sia questo il nostro studio continuo, ininterrotto».
LA TENEREZZA E COMPASSIONE
Il sentimento materno che Maria le comunica più intensamente è la
compassione, nel senso di un "soffrire con", di un portare insieme i pesi e il
dolore. È Maria ai piedi della croce che la plasma e la rende capace di assumere
su di sé il dolore dei piccoli e degli oppressi, sino a sentire in pieno la
volontà redentrice di Cristo. Maria ai piedi della Croce la invita ad attingere
dal costato di Cristo il Sangue del "puro amore" che si offre Vittima di
espiazione per la salvezza, per vivere la sua stessa vita. (Gal 2, 20) La Serva
di Dio non celebra questi misteri senza esserne personalmente coinvolta: si
offre a sua volta a Cristo. Nella visione del Venerdì Santo con Maria Addolorata
vive lo "strazio" della Passione di Cristo, consola la madre, e viene inviata a
consolare Gesù. Naturalmente partecipa alla gioia di Maria nella Risurrezione
del Figlio. Come abbiamo già osservato queste esperienze, queste "visioni" non
sono vuoto sentimentalismo: M. Crocifissa stessa parla di «trasformazione della
vita nell'Autore dell'eterno amore». Compie con Lei il viaggio mistico verso il
Calvario e «dopo aver raccolto l'ultimo respiro dell'Amante morente ritornai ai
miei doveri». Tutto si riversa nella vita ordinaria.
La compassione per il Crocifisso diventa condivisione del suo
Amore "puro", oblativo per tutta l'umanità.
L'amore, la tenerezza materna, la compassione diventano diaconia,
servizio che ridona dignità alla povera umanità.
«L'anima sente
un amore nuovo di madre tenerissima senza limiti e, specialmente per quelli che
hanno più bisogno di compatimenti».
«Trovai la dolce
Madre, sola, mi invitò ad avvicinarmi al suo Materno seno, mi fece sentire le
intime espressioni di tenera madre come sua diletta figlia... Compresi... la
tenerezza della divina Madre nel consolarmi comunicandomi le sue consolazioni
dopo averla contemplata in un mare immenso di amarezze».
«Gesù ha bisogno
di queste anime restauratrici della povera umanità». L'umanità ferita, l'umanità
sfigurata nel suo volto, trova nella "tenerezza materna" la sorgente che le
ridona dignità. «Proteggere il mondo degli uomini in quanto madre e salvarlo in
quanto vergine, dando a questo mondo un'anima, la propria anima è la vocazione
della donna, il destino del nuovo mondo è nella braccia di una Madre. La
compassione femminile, materna è l'espressione più viva dell'amore che lo
Spirito Santo vuoi diffondere nel mondo tramite la Chiesa».
MARIA, ICONA DELLA CHIESA-SPOSA, MAESTRA DI SPONSALITÀ
La Sposa verginale e materna educa Madre Crocifissa alla
reciprocità, incontro, dialogo, alla corrispondenza generosa alla Sua gratuita
iniziativa di amore. E allo stesso tempo la rende capace di relazioni mature, di
reciprocità nell'amore, di dialogo e collaborazione. Il modo di esprimere questa
pedagogia di Maria nella sua vita è ancora quella delle visioni, delle immagini
e dei simboli che possiamo trarre dal suo Diario spirituale. Maria guida il
"corteo nuziale", assiste alle sue effusioni di amore con Gesù, "lo Sposo" e ne
gode, «la presenta alla SS.ma Trinità» ove il Verbo «l'attendeva come lo Sposo
attende la Sposa nel momento degli eterni sponsali», ove «si sente abbracciare
dal Padre» e trasformare «dall'amorosa fiamma che esce dal suo petto». È ancora
Maria che con la sua "mano" dona l'ultimo tocco per questa intimità d'amore con
la SS. ma Trinità.
«Mi sembrò
vedere la SS.ma Trinità, lo Spirito Santo era la fiamma che univa il Padre e il
Figlio e io mi vidi nel cuore del Figlio in mezzo a tanto incendio d'amore;
compresi la compiacenza del padre a sì ammirabile intimità d'amore, il godimento
della madre dell'Amore... non vedo forme corporee, ma assai più chiaro che una
creatura mortale vede un'altra».
La verginità ha senso se conduce alla sponsalità, alla unione.
Anche qui la "sponsalità" a livello mistico con Cristo, non resta chiusa in sé
stessa, ma si apre alla reciprocità universale dell'Alleanza, alla "coniugalità",
che abilita a portare insieme all'altro e agli altri, il "giogo" dell'amore e
dell'unico destino. «La sponsalità nasce dall'appello alla complementarità, alla
reciprocità, e all'intimità che scaturisce dalla bipolarità dei sessi. La spinta
unitiva si esprime secondo un cammino ascendente che conduce alla condivisione
(vivo con l'altro), alla donazione (vivo per l'altro), per approdare
all'immedesimazione (vivo nell'altro)». I coniugi esprimono questo nella realtà
più piena e simbolicamente espressiva anche nella propria carne. Ma la
sponsalità nel suo significato è propria alla natura umana nella bipolarità
voluta da Dio. «L'uomo e la donna insieme hanno iscritta nella loro esistenza,
hanno quale molla della chiamata all'esistenza la reciprocità, la mutualità, la
relazionalità». Alcuni esegeti interpretano e traducono così uno dei passi
biblici capitali dell'identità uomo-donna.
Gn 2, 18. 20: In genere traduciamo come "aiuto simile a lui". «In
realtà l'originale ebraico rimanda all'idea di una realtà che "stia di fronte",
per cui sia possibile il confronto, il dialogo, la parità». Assieme alla
identità-unità viene però sottolineata nel testo biblico la identità-specificità
che differenzia uomo e donna.
MADRE CROCIFISSA
E P.
LORENZO
La reciprocità uomo-donna nella peculiarità di un'opera
ecclesiale, di una missione da realizzare trova nell'incontro e nella più che
ventennale cooperazione della Madre Crocifissa e del P. Lorenzo, il Carmelo al
femminile e il Carmelo al maschile, una testimonianza illuminante. Non mi sembra
sia stato ancora indagato a pieno tale rapporto che non è nuovo nella storia di
tante istituzioni e di tanti itinerari di santità. Sono davvero tanti i casi
nella storia della Chiesa che a qualcuno ha suggerito l'idea che forse è la via
normale iscritta nella natura umana.
Mi limito ad accennare e aprire una pista. Alcune espressioni che
ho trovato nelle lettere e nel Diario della Serva di Dio fanno intravedere un
rapporto profondo di amicizia spirituale, quasi direi di "coppia" fraterna nella
realizzazione della fondazione della Congregazione e insieme nell'itinerario di
santità. Basta ricordarne qui due.
«La risposta che
volevo da Lei nella lettera che le scrissi... me l'ha già data la mia tenera
Mamma del Carmelo... Le lotte, le contrarietà non mi scoraggiano, anzi mi hanno
legato al mio, al suo ideale tanto da avere rinunziato qualunque offerta che
legava la mia libertà».39 «La Divina Madre ci ha legato» (ivi). La
stessa Madre che in una delle visioni su riportate l'univa in un unico affetto
con il "fratellino" Gesù?
«Ho trovato
finalmente il Padre del nostro Santo Ordine che vuole condividere il mio grande
ideale? Ella o Padre, da un anno che scrive e raccomanda a Dio quest'opera santa
che deve abbracciare tutto il mondo, ma io sin dall'infanzia ho sognato questo
grande ideale». «Mi sembra di essere ritornata fanciulla... è finalmente lo
zelo, l'ardore, lo spirito carmelitano che io leggo, è il Padre dei miei ideali
d'infanzia che così illuminato mi scrive facendo sue le mie intenzioni e i miei
fini... Maria è la celeste ispiratrice della santa impresa».
«La Sua bontà mi confonde e mi fa accrescere la fiducia nel Cuore
Eucaristico di Gesù e di Maria in questi sacri incendiarii attingerò sempre la
vita e la luce onde impegnarmi...».
È interessante notare come l'Ordine Carmelitano, che non ha alle
sue origini un Fondatore nel senso odierno del termine, ponga misticamente alle
sue origini la coppia Maria-Elia.
SORELLA
La Serva di Dio non sembra si sia mai rivolta a Maria come
Sorella. O almeno non l'ho incontrata nei suoi scritti. Una espressione che
invece troviamo nella tradizione mariana del Carmelo. È interessante che la
Serva di Dio fa esperienza di questa dimensione, la "sororità" nei confronti di
Gesù, il "fratellino" (anche la sorellina-gemella, siamo naturalmente sul
registro del simbolico): Sorella di Gesù (cioè: Vergine, Sposa, Madre). Un
incontro che non nasconde la casta e naturale fisicità del contatto, mediazione
necessaria e simbolica della relazione reciproca: il "seno" materno di Maria,
come l'abbraccio fraterno di Gesù o le "carezze" che "riceve come bambina da sua
Madre, o "la fiamma soave" che le "penetra nel cuore" e «infonde una
incomparabile soavità e dolcezza in tutto l'organismo». La femminilità di Madre
Crocifissa non ha paura del corpo, simbolo ed espressione dell'amore che ha la
sua sorgente nel "centro", che è Dio.
«Sorella è un simbolo in cui confluiscono i tre aspetti del
femminile (Verginità, Sponsalità, Maternità). In essa brilla il triplice amore
esclusivo, unitivo, e oblativo. La donna è sorella quando da la grazia della sua
femminilità in una perfetta gratuità». Forse è per questo che a coloro che
incarnano sotto un profilo religioso il verginale, lo sponsale e il materno, noi
diamo il nome di "suora", sorella. La "sororità" sembra perciò il nome simbolico
più adatto ad esprimere la relazione uomo-donna oggi, e anche capace di
esprimere il "dover-essere" della donna. Anzi esso potrebbe superare l'ostacolo
che talune donne trovano nel vedere in Maria il paradigma della loro
femminilità, temendo che, attraverso la maternità verginale, in essa si voglia
perpetuare degli stereotipi che ne hanno sancito la inferiorità davanti
all'uomo. «La donna d'oggi lacerata da oggettività reificante e soggettualità
alienante, così appassionatamente alla ricerca del suo spazio di impegno, del
suo spazio [umano], rivendica il suo diritto a sororità, a rispetto, a udienza,
accoglienza, dono». La categoria della sororità ha il vantaggio di «essere
dicibile ad un tempo della madre, come della figlia, della sposa come di ogni
donna se al di là della peculiarità della maternità, della figliolanza, della
coniugalità, sta la percezione sincronica di una appartenenza e di una apertura
ad un universo solidale». Maria «vergine, sposa, madre ci apparirà tutte queste
cose insieme certo, ma insieme le supererà se la sororità diventerà chiave
interpretativa del suo essere vergine, sposa, madre».
CONCLUSIONE
La conclusione resta aperta a nuovi sviluppi, vista sia la
limitatezza della mia indagine, sia il fatto che il tema del "femminile" è in
movimento. Personalmente ritengo che l'esperienza spirituale di Rosa Curcio che
prende così paradossalmente avvio dal limite che la cultura del suo tempo poneva
alla donna possa inserirsi "esperienzialmente", specie per le giovani in
ricerca, nel dibattito in corso. Non conosco esattamente il contesto nel quale è
stato detto che «la donna è tanto più donna, quanto più è santa» (Leon Bloy), ma
è certo che questo itinerario ha permesso alla giovanissima Rosa di perseguire
quello che oggi un'adolescente chiamerebbe, non senza una certa ambiguità,
"realizzazione di sé". Una realizzazione del suo essere donna. La preparazione
al Sinodo sulla vita religiosa ha messo a tema la peculiarità della vita
religiosa femminile e il suo compito speciale per la questione donna. Le attese
dello Spirito in questo vitale nodo del rinnovamento della qualità della vita
possono trovare anche in madre Crocifissa elementi di ispirazione e di risposta,
secondo la spiritualità carmelitana coniugata al femminile. Maria la "benedetta
tra tutte le donne", Maestra di vita per lei, continui ad esserlo anche per ogni
donna.
Carlo
Cicconetti
o.carm.
Maria Crocifissa Curcio è stata beatificata il 13 novembre 2005.
Il ritratto nell'immagine è di A. Lomuscio.
Nessun commento:
Posta un commento