MISERICORDIA E BELLEZZA
di don Sabino Palumbieri sdb
1) Una
bellezza in filigrana
La
misericordia è cogliere la potenzialità di bellezza che ognuno si porta dentro,
proprio come immagine somigliantissima della Bellezza sorgiva. Il misero,
infatti, è un volto di bellezza, anche se devastato da miseria, fisica o
spirituale che sia. ogni esperienza di miseria è la storia di un volto
stravolto.
La
misericordia, dunque, comincia con la contemplazione della bellezza derelitta
nell'evento della miseria.
Il
Samaritano, quando si china sul malcapitato, vi scorge la forma della bellezza
sformata. Contempla la bellezza che potrebbe essere e si appresta a
restaurarla. Tutte le operazioni che compie sono in funzione del restauro della
bellezza.
farsi
prossimo, come il Samaritano, è impegnarsi completamente a quest'opera di
restauro della bellezza di Dio in una creatura che è caduta nella miseria.
Ed essa è carenza grave di perfezione, cioè di bellezza. Paolo,
nell'accomiatarsi dai cristiani di Mileto, chiede di darsi da fare per
soccorrere i miseri e conclude così: " Vi è più gioia nel dare che nel ricevere
" (At 20,35).
Aiutare
il misero a superare la sua situazione di miseria è garantirsi la gioia della
fecondità. E la gioia è sempre legata al primo sussulto davanti a una
bellezza almeno intravista. Chi è operativamente misericordioso esprime
vitalità autentica. Comunica dinamiche di vita, che è quanto dire, si manifesta
fecondo nell'essere più umano. La misericordia è dono sovrabbondante
e senza limitazioni. La bellezza intravista nell'altro illumina chi la
intravede. Si può dire che la bellezza eterna occhieggia dall'alto,
sorride e avvolge.
2) La
sorgente della misericordia, oggetto di misericordia
Parlando
di bellezza, non si può non pensare al paradosso in assoluto della bellezza
deformata del volto del Crocifisso del Golgota. Egli è, come persona
divina, la sorgente della bellezza "sempre antica e sempre nuova" (Confessioni,
Agostino). Come uomo, è poi la realizzazione del profetico "il più bello
tra i figli degli uomini" (Sal 45/44, 3). Il solo suo sguardo faceva
trasalire le folle, di cui si fa rappresentante una donna del popolo, che gli
grida: "Beato il ventre che ti ha portato e il seno che ti ha allattato" (Lc
11,27). Il suo fascino era magnetismo per la sequela. E tuttavia,
sulla croce realizzava la profezia di Isaia: "Non ha apparenza né bellezza per
attirare i nostri sguardi, non splendore per trovare in lui diletto.
Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire.
Come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne
avevamo alcuna stima... Noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e
umiliato" (Is 53,2-4).
E
parimenti quella del Salmo: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?... Io
sono verme e non uomo, infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo. Mi
scherniscono quelli che mi vedono, torcono le labbra, scuotono il capo" (Sal
22/21,7-8). Denudato, dissanguato, insanguinato, abbandonato, è l'uomo che
incarna in quel momento la miseria di tutti i dannati della terra di tutti i
tempi. E' l'incarnazione del misero. Si fa dunque l'oggetto della
più universale misericordia della comunità umana di sempre. La fonte della
misericordia invoca misericordia. "L'insulto ha spezzato il mio cuore e
vengo meno. Ho atteso compassione, ma invano, consolatori ma non ne ho trovati.
Hanno messo nel mio cibo veleno e quando avevo sete mi hanno dato aceto" (Sal
69/68, 21-22).
Per quale
altro motivo è ridotto in quello stato, se non per la sua solidarietà con i
miseri, per salvare i prodighi lontani dal Padre, l'Unigenito si è fatto prodigo
nella misteriosa lontananza dal Padre: "Perché mi hai abbandonato ?" (Mt 27,46).
Ogni cuore di figlio d'uomo viene sollecitato davanti all'uomo crocifisso del
Golgota alla misericordia verso questo mendicante di amore, bellezza eterna e
oscurata nelle tenebre dell'ora nona.
"Da
mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra" (Mt
27,45). Chi guarda il Crocifisso, paradosso di bellezza e di repellenza,
intravede nello strazio del fascino, il fascino irresistibile. E allora,
un effluvio magnetico parte dal patibolo d'infamia, che diventa lo strumento
della vita e si realizza ciò che lui stesso ha annunciato: "Quando sarò
innalzato da terra, attirerò tutti a me" (Gv 12,31).
Qualunque
cuore, davanti a un uomo la cui vita è stata un dono totale agli altri, si sente
sconvolgere nel profondo e invaso dal sentimento della misericordia.
Giovanni Paolo II nella Dives in misericordia osserva che il primo atto di
misericordia dell'uomo va rivolto verso il Figlio dell'Uomo crocifisso. La
beatitudine dei misericordiosi che otterranno misericordia comprende anzitutto
coloro che hanno avuto misericordia di Gesù. Beati coloro che esperti
della misericordia di Dio, l'avranno rivolta verso Cristo crocifisso e tutti i
poveri cristi, crocifissi ai patiboli della storia. Essi conseguiranno la
misericordia definitiva.
"
Finché ci è dato di farlo:
visitiamo Cristo
curiamo Cristo
alimentiamo Cristo
vestiamo Cristo
ospitiamo Cristo
non
solo con la nostra tavola, come alcuni hanno fatto
né
solo con gli unguenti, come Maria Maddalena
né
solo con il sepolcro, come Giuseppe d'Arimatea
né
solo con le cose utili alla sepoltura, come Nicodemo
né
solo con l'oro, incenso e la mirra, come i Magi.
Ma
poiché il Signore di tutti vuole la misericordia e non il sacrificio, e poiché
la misericordia vale più di migliaia di grassi agnelli, offriamogli pure questa
nei poveri e nei curvi fino a terra.
Così
quando ce ne andremo di qui, verremo accolti negli eterni tabernacoli, nella
comunione con Cristo Signore, al quale sia gloria nei secoli. Amen"
(San
Gregorio Nazianzeno, Sermone 14).
Fonte : brano tratto da una dispensa elaborata da don Sabino Palumbieri per un corso di esercizi spirituali tenuto nell'agosto 2005 a Castropignano, Campobasso, dal titolo : " Le Beatitudini - Un'oasi per l'uomo d'oggi ".
Nessun commento:
Posta un commento