sabato 13 luglio 2019

Dio Amore Arte : spunti di meditazione , a cura di padre Claudio Traverso




DIO AMORE ARTE : spunti di meditazione
a cura di padre Claudio Traverso
 
 
 
 
"DIO è amore. Chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui". Così Giovanni nella sua prima Lettera e così Benedetto XVI comincia la prima enciclica del suo pontificato dal titolo "Deus caritas est".

In un'epoca così difficile e controversa, il richiamo di Ratzinger alla centralità dell'amore, alla passione per l'amore, all'identificazione tra amore e "caritas", alla sua forza e alla sua mitezza, configura una posizione fermissima di resistenza contro ogni violenza.  Invoca pace e solidarietà.

Da Dio alle sue creature e da una creatura ad un'altra, l'amore segue due percorsi di luce; un percorso che scende e risale da Dio e verso Dio; un altro, circolare, che avvolge in un abbraccio collettivo l'umanità intera, tutti e ciascuno, senza distinzioni di razza e di fede. Viene prima della fede.
Preme alla Chiesa predicare l'amore, predicare la carità, predicare la vita e la pace contro la violenza e la morte. In nome di un Dio che fa a tal punto dono di sé da prendere dimora nel mondo abitando ciascuno di noi in permanenza. Dio è giustizia ed è misericordia. Noi non possiamo capire qual è la sua giustizia e la sua misericordia; se capissimo i disegni di Dio, Egli non sarebbe più Dio (Agostino). Soltanto la fede può soccorrere la nostra cecità.

Luce e amore sono una cosa sola. Anche il nostro tempo, che pure l’ha così sciupato – come osserva il Papa –, subisce il fascino dell’amore e ha bisogno di ritrovare questo sentimento primordiale nella sua integrità, ha bisogno di purificarlo.

Nell’arte il mistero dell’amor “che move il sole”, e della luce eterna che nel volto umano del Cristo trova la perfetta sua manifestazione è stato magistralmente raffigurato. Non si tratta di una grossolana classificazione del mondo tra buoni e cattivi, ma di una profonda meditazione sulla logica conseguenza di ciò che si sceglie nella vita. Chi vive nell’amore-che-si-dona danza la vita, chi vive nell’amore-per-sé si condanna alla solitudine.

L’armonia leggiadra delle figure nella pittura dei maestri (es. Beato Angelico) dicono quanto l’amore per la forma e la corporeità regni da sempre nella Chiesa. Eppure la bellezza di questi corpi viene deturpata proprio quando è scelta come assoluto. Senza la fede – osserva ancora il Papa – cadiamo nel caos, la sola razionalità neutra non è in grado di proteggerci. Abbiamo bisogno di una fede che si nutra di una visione-comprensione capace di trasformare la nostra vita. Non è forse per questo che Dio ha assunto un volto umano?

Così l’eros se non si converte in agape – annota ancora il Santo Padre – scade e rende infelice l’uomo.  Cristo non è contro l’eros ma nell’agape lo porta a compimento. Qui è la pace.

L’amore rende i molti unici e irripetibili. Lo pensava anche Michelangelo progettando l’immensa affrescatura della Sistina. La bellezza dei corpi, l’armonia delle forme, la storia della luminosa caritas nelle ombre dell’eros, è descritta come l’epopea di un popolo che, trovando nel Creatore la sua radice giunge alla sua realizzazione piena in Cristo. Cristo rivela all’uomo il suo destino ultimo: quello dell’Amore, un amore che ha spinto Dio ad assumere un volto umano, anzi ad assumere carne e sangue, l’intero essere umano.

Questo popolo oggi vive nella Chiesa e proprio lì, nella Sistina, celebra il suo rinnovamento e il suo miracoloso esserci nella storia come riflesso permanente della beltà di Dio. Dio, contemplazione della Sua Bellezza, occasione di incontro con la Sua Parola, Pane di Vita.
In un’epoca come la nostra l’uomo avverte il bisogno di riscoprire la dimensione dei valori spirituali.  L’ esigenza di ricercare Dio attraverso l’arte ha suscitato nella Chiesa, specie in tempi recenti, un’attenzione agli artisti, chiedendo di essere aiutata nella sua missione.
Paolo VI, nel I964, in un’allocuzione agli artisti chiede un dialogo per una seria informazione religiosa. La “Gaudium et spes” (I965) riconosce che le ricerche artistiche sono per l’uomo espressioni del bisogno di Dio. E Giovanni Paolo II, nella lettera apostolica “Duodecimum saeculum” (I987), sollecita l’ artista ad “avere coscienza di compiere una missione al servizio della fede”. Perciò l’ iconografo è chiamato, sempre più responsabilmente, a partecipare all’ opera di evangelizzazione a servizio della Chiesa, per aiutare l’uomo a riscoprire la sua dignità risvegliando in lui la consapevolezza di essere figlio voluto ed amato da Dio.
Alla luce di queste considerazioni è comprensibile il fascino che l’iconografia cristiana esercita sull’ uomo moderno e che in virtù delle sue caratteristiche la rende idonea a svolgere la missione di evangelizzazione.

L’ icona si offre quindi come ancora di salvezza, aiutando l’uomo a sperimentare l’infinita dolcezza dell’incontro con Dio.
Il termine icona deriva dal greco EIKON, “immagine” e
l’ iconografo è “colui che scrive icone” perché è proprio dell’icona essere :
· Parola in immagine: “Ciò che il Vangelo ci dice con la parola, l’icona ce lo annuncia con i colori e ce lo rende presente” (II Concilio di Nicea 787). L’icona quindi ci insegna le verità cristiane, trasmette senza deformazioni la verità degli episodi evangelici e degli eventi salvifici. E’ una teologia in immagini.
· Messaggio in quanto non è fine a se stessa, ma rinvia ad una realtà trascendentale.
· Segno, cioè simbolo universalmente comprensibile.

Per questo l’ icona si propone in ogni tempo come una realtà spirituale sempre viva ed attuale, perché Dio, come la Sua Parola, è “ieri, oggi, sempre”. Va quindi bandita la mentalità che le icone sono stereotipe ripetizioni di immagini ed è riduttivo considerarle unicamente come oggetti di antiquariato, apprezzando quella patina di antico che altro non è che conseguenza di alterazione subita nel tempo dall’olio speciale usato come protettivo finale.
Diversamente dall’artista che segue la sua ispirazione con libertà creativa, l’iconografo è legato a dei modelli di rappresentazione iconografica per non incorrere in errori teologici, canoni definiti dalla tradizione della Chiesa, dagli antichi Padri conciliari nel corso dei secoli. All’iconografo spetta l’ esecuzione, cioè la “scrittura” dell’icona nel rispetto di questi canoni, che diventano così garanzia di autenticità e non “soffocamento” dell’ arte. Inoltre l’icona, “nascendo” nelle profondità del cuore dell’iconografo, là dove egli fa continua esperienza di Dio, diventa testimonianza viva dell’ incontro con il Signore della Vita, energia spirituale che suscita a sua volta, sotto l’azione dello Spirito, esperienze spirituali nei cuori dei fedeli che davanti ad essa si raccolgono in preghiera. Ecco perché, per quanto numerose siano le icone che si ispirano ad uno stesso modello, non saranno mai identiche perché uniche ed irripetibili sono le esperienze spirituali da cui nascono.
Fondamento dell’icona è il dogma dell’ Incarnazione, che è fondamento anche del Cristianesimo: il volto di Cristo può essere rappresentato perché Cristo si è fatto carne, è Verbo incarnato, Parola e Immagine del Padre. Il Suo Volto si riflette sul volto di ogni uomo, un volto unico si ripete nelle icone perché è Cristo che si rivela nei suoi santi, trasfigurandoli nella pace e nella calma interiore.

Per dieci secoli circa l’arte iconografica cristiana è stata unica e nel rispetto degli stessi canoni, sia in Oriente che in Occidente: avvicinarsi ad essa significa andare alle radici della nostra stessa tradizione, alle origini della Chiesa. Le icone sono strade di luce spirituale che aiutano l’ uomo a scoprire in lui quel sigillo divino che lo rende a “Sua Immagine e Somiglianza”, a confrontarsi con l’ unica e vera vocazione della vita che è la santità.
.Nelle icone “parlano” misteri vivi e creature viventi in Cristo, da Lui trasfigurate, con corpi .gloriosi,incorruttibili e pieni di energia spirituale.
.La posizione frontale, gli sguardi calmi, solenni e intensi, la luce che emanano, fanno di questa .umanità una presenza offerta, che “chiama” ed accoglie l’ uomo di tutti i tempi.
.Ogni icona comunica l’ energia divina e la Sua Bellezza guarisce il nostro sguardo interiore. Povera ed .austera, l’ icona apre il cuore dell’ uomo per purificarlo ed “aprirlo” alla visione di Dio.
.Per essere “autentica” deve essere “scritta” secondo i canoni, essere completa di iscrizioni , cioè dei .nomi dei personaggi e degli episodi raffigurati (come nella Sacra Scrittura conoscere il nome significa .incontrare la persona nella profondità della sua essenza, così l’ icona si lega al suo prototipo) ed .essere riconosciuta dalla Chiesa tramite la benedizione.
.Risplenda su di noi Signore la luce del tuo volto”(Sal 4,7)
.“Il linguaggio della bellezza, messo a servizio della fede, è capace di raggiungere il cuore degli uomini e .di far conoscere dal di dentro Colui che osiamo rappresentare nelle immagini, Gesù Cristo, il figlio di .Dio fatto uomo”.(Giovanni Paolo II, Duodecimum Saeculum, 12)

 
 
 
 



Fonte :   http://www.cantalleluia.net  ,  website a cura di padre Claudio Traverso . 



























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