venerdì 12 luglio 2019

Funzione " apocalittica " dell'arte in Vassily Kandisky, di Alessio Varisco



Alessio Varisco

SULLO SPIRITUALE NELL' ARTE :
funzione " apocalittica " dell'arte in Vassily Kandisky
 
            
 
«Chi ha sentito parlare di cromoterapia sa che la luce può avere effetti sull’organismo. Più volte si è tentato di adoperare la forza del colore per curare varie malattie nervose, e si è osservato che la luce rossa ha un effetto vivificante e stimolante anche sul cuore, mentre la luce azzurra può portare ad una paralisi temporanea. [....] Questi fatti dimostrano comunque che il colore ha una forza, poco studiata ma immensa, che può influenzare il corpo umano, come organismo fisico. [...] In generale il colore è un mezzo per influenzare direttamente un’anima. Il colore è il tasto. L’occhio è il martelletto. L’anima è un pianoforte con molte corde. L’artista è la mano che, toccando questo o quel tasto, fa vibrare l’anima. E’ chiaro che l’armonia dei colori è fondata solo su un principio: l’efficace contatto con l’anima. Questo fondamento si può definire principio della necessità interiore.» [1].
 
 
Anche noi abbiamo come “telos”:
 
«Trascrivere la musica dei colori, dipingere i suoni della natura, vedere cromaticamente i suoni e udire musicalmente i colori” (metodo della sig.ra A. Sacharijn -Unkovskji)» [2].
«D’altra parte in arte nessuna forma è totalmente materiale. Non si può riprodurre esattamente una forma materiale. Bene o male, l’artista dipende dal suo occhio, dalla sua mano, e questi dimostrano più senso artistico della sua anima, che si limita a degli obiettivi fotografici. L’artista consapevole, che non si accontenta di registrare l’oggetto materiale, cerca invece di dare espressione a quello che deve riprodurre, secondo un procedimento che si diceva idealizzare, poi stilizzare e domani
 sarà chiamato in un altro modo ancora.» [3].
 
«Così nell’arte sta lentamente emergendo l’elemento astratto, ieri ancora timido e quasi impercettibile, occultato com’era dalle aspirazioni materialistiche.» [4].
«A poco a poco si forma lo stile dell’epoca, cioè una forma esteriore e soggettiva. L’artisticità pura ed eterna invece è oggettiva, e si può comprendere grazie all’elemento soggettivo.» [5].
 
Mi si perdoni questa lunga citazione da uno degli scritti più importanti per il discorso sull’estetica e la funzionalità dell’arte moderna, argomentato da un vero teorico dell’arte e cioè un pittore, un artefice operante della straordinaria funzione che svolge -da sempre- l’arte quale “manifestatrice” di una “necessità interiore” profonda e trascendentale.
 
Kandinsky manifesta questa irrefrenabile voglia di esprimere l’«elemento oggettivo» [6],
ossia la -gestante- «necessità interiore».
 
«L’artista deve esser cieco alle forme “note” o “meno note”, sordo alle teorie o ai desideri della sua epoca. Deve fissare gli occhi sulla sua vita interiore, tendere l’orecchio alla necessità interiore.» [7].
«Solo il sentimento, specialmente all’inizio del cammino, crea la vera arte. [...] La possibilità, profetizzata da Goethe, di un basso continuo in pittura e di una simile “grammatica” si può aver un presentimento sulle leggi di necessità interiore, che sono certamente psichiche. [...] grandi e piccoli problemi dipenderanno dall’interiorità.» [8].
 
 
Misticheggiante il ruolo dell’artista additato da Kandinsky più simile ad un suo San  Giorgio equestre, vero artefice -manifestatore- della straordinaria “apocalisse” che è l’arte pittorica Compito primario dell’arte -della pittura in particolare- di “Dis-velare” e consentire al fruitore che il messaggio agisca sulla collettività e comunichi la vera “rivelazione” che proviene dall’alto, da uno spirito dell’arte che è superiore alla umanità, e che è dunque Dio.
Anzi l’artista -in quest’ottica kandinskyana- è un vero “missionario” che trasmette ed addita all’uomo la necessaria forza per vivere: i contenuti della Fede e le Scritture, resi manifesti attraverso la propria arte, la pittura.
«La sensibilità innata dell’arte è appunto il talento evangelico, che non deve essere sotterrato.
 L’artista che non sfrutta le sue doti è un servo inutile.» [9].
«La vera opera d’arte nasce “dall’artista” in modo misterioso, enigmatico, mistico. Staccandosi da lui assume una sua personalità, e diviene un soggetto indipendente con un suo respiro spirituale e una sua vita concreta. Diventa una aspetto dell’essere.
Un quadro ben dipinto non è quello che ha dei valori esatti ... ma quello che ha una vera vita interiore. Ed un buon disegno è quello in cui si può cambiare nulla senza distruggere questa vita
 interiore.» [10].
 
«L’artista deve avere qualcosa da dire, perché il suo compito non è quello di dominare la forma, ma di adattare la forma al contenuto. [...]
L’artista non è un beniamino della vita; non ha il diritto di vivere senza un compito, deve svolgere
 un lavoro duro, che spesso è la sua croce.» [11].
 
Hermann Hesse mentre tratteggiava quel suo «paradiso da sogno che ti viene incontro» dipingendo alcuni luminosissimi acquerelli così scriveva:
«a Sils è come se la luce si manifestasse in tutta la sua magia. I colori sono così intensi ed autentici come da nessun altra parte. A Sils ho avuto l’impressione di “udire la voce della natura” e di “dipingerne i colori”» [12].
 
Compito dell’arte l’onestà, la ricerca della verità. Dunque l’arte è “gnosi”, ricerca, una sorta di moderna scienza di analisi della società. Affascina questo compito straordinario destinato all’arte che deve farsi “ancilla” dell’universalità e rendere manifeste le ansie e le angosce , le gioie e le attese.
«La pittura è un’arte, e l’arte non è inutile creazione di cose che svaniscono nel vuoto, ma è una forza che ha un fine, e deve servire allo sviluppo e all’affinamento dell’anima.
E’ un linguaggio che parla all’anima con parole proprie, di cose che per l’anima sono il pane quotidiano, e che solo così può ricevere.
 
Se l’arte si sottrae a questo compito rimane un vuoto....» [13].
 
 
L’uomo ha dei diritti-doveri sanciti da Carte Costituzionali ma compito primario è la comunicazione, l’avvio del processo di socializzazione nella “globalizzazione” del discorso sull’arte. Si apre la prospettiva di un’arte «ponte» (già indetta nel 1905 a Dresda dal movimento espressionista “Die Brucke”) fra l’umanità e quel “nous” contenuto dall’artista, traduttore di questo sentimento interiore.
«L’artista deve cercare di modificare la situazione riconoscendo i doveri che ha verso l’arte e verso se stessi...
L’artista deve avere qualcosa sa dire, perché il suo compito non è quello di dominare la forma, ma di adattare la forma al contenuto» [14].
 
Si apre ora una prospettiva sul compito futuro dell’arte che deve esser il “contrappunto”, uno strumento necessaria -quanto vitale- all’ordine delle cose, della “res-publica”.
«Il fine deve risultare inaspettato all’artista stesso. Così dev’essere inteso anche l’uso del contrappunto nella pittura del futuro.» [15].
 
Vi è un’alternanza di “influenze” fra “anima” ed “arte” in una sorta di dialogo che ciascuna volta si apre. L’arte diviene “instrumentum animae”; di qui nuovamente la necessaria applicazione della “onostàtesté detta.
«L’anima e l’arte si influenzano a vicenda. Se invece l’anima è ottenebrata e sviata da concezioni materialistiche e atee o dalle aspirazioni puramente pratiche che ne sono la conseguenza, si diffonde l’idea che l’arte “pura” non sia data all’uomo per uno scopo, ma senza scopo, ed esista
 per l’arte (l’art pour l’art).» [16].
 
Ecco che si palesa la necessità del «pulchrum» che è sostanzialmente e massimamente «verum» nell’ontologia della teoria sull’arte spirituale kandinskyana, essa diviene perciò manifestazione -quasi “teofania”- del «bonum» poichè lo è quando riesce ad esprimere l’interiorità-onestà dell’artista.
«E’ bello ciò che nasce dalla necessità interiore. E’ bello ciò che è interiormente bello. Per “bello” non intendiamo la morale... ma ciò che ... affina o arricchisce l’animo... Ogni colore è interiormente bello, perché provoca un’emozione arricchendo l’anima. Nulla è “brutto” nei suoi esiti interiori ... nel suo influsso con gli altri» [17].
 
Poi incalza Kandinsky citando un pioniere dell’arte di domani che così affermava ai suoi coevi:
«Non c’è niente al mondo -diceva Maeterlinck- che desideri la bellezza e sappia diventare bello più dell’anima. Perciò pochissimi resistono al fascino di un’anima che si dedica alla bellezza ».
Unico mezzo del pittore gli oli e la tavolozza e l’urgente necessità di manifestare con onestà la propria anima.
«Proprietà dell’anima l’olio per il pittore russo che rende manifesta esteriormente a volte bloccata
 l’impercettibile ascesa.» [18].
 
La conclusione della trattazione di Kandinsky circa l’area della “spiritualità” nell’arte del futuro è avvincente e per molti versi l’artista di oggi può ritrovarsi per quell’inestinguibile inquietudine propria del vero artista. Queste conclusioni vanno rilette congiuntamente ad altri scritti kandinskyani ed in particolare ci riferiamo al “Der Blaue Reiter”. Trovo questo scritto un po’ troppo tecnicistico ed accademico -seppure nella sua preziosità per definire l’ambito sottratto della spiritualità nell’arte- e molto cerebrale, ma al contempo frontale per la definizione di una nuova poetica che ha origine da molte figurazioni medievali (San Giorgio...) qui poco argomentate. Mancano tutte le sue “fonti” molto discusse in altre sue opere letterarie
«Presto il pittore sarà orgoglioso di spiegare che le sue opere sono costruite. Già ora siamo vicini al tempo della creazione che ha uno scopo Lo spirito della pittura, infine, ha un rapporto diretto con la costruzione, già avviata, del nuovo regno spirituale. Perché questo spirito è l’anima dell’epoca della grande spiritualità.» [19].
 
 

 

CONCLUSIONI
Lo “Spirituale nell’arte” si apre con una dichiarazione di indipendenza dal passato. Kandinsky propone un nuovo modello alla “copia dei modelli”, figlio del proprio tempo, la ricerca della necessità interiore. Questa ricerca introduce all’aspetto fondamentale della vita spirituale nonostante la decadenza delle epoche. Il positivismo e materialismo in campo artistico tradotti in naturalismo impressionista e  l’estetizzazione «l’art pour l’art» deve esser superata. Il “Manuale di armonia” di Schonberg suggerisce l’esempio dell’arte nuova, del raggiungimento dell’interiorità, meta prefissa del manifesto kandinskyano per il raggiungimento della spiritualità nell’arte.
L’arte è al “servizio del divino” e pare -nel presente scritto- preannunciare la nozione heideggeriana di arte quale «lessico dell’essere».
«Le figure febbricitanti del Greco, le mele filosofiche di Cézanne, l’universo adolescente di Rousseau  sono ugualmente anti-naturalistici e carichi di significati interiore» [20].
 
L’astrattismo spirituale di Kandinsky è “vero” come “astrazione”, libertà dalle apparenze, indipendentemente dall’oggetto, unico strumento fondamentale nella ricerca della spiritualità. L’intento è quello di creare una “teoria dell’armonia in pittura” già vagheggiata da Goethe, grammatica tra colore-forme-effetti. Riconosce che la sua analisi è approssimativa e suscettibile di modiche postume, Kandinsky riconosce che il suo non è testo dogmatico.
«Annotazioni generali che potrebbero essere contraddette dall’effetto complessivo della composizione, ma anche da una sola pennellata...»
Anticipa la nozione wittgeinsteiniana di significato, arricchendola della necessarietà -propria del fare pittura- nella pratica pittorica e «rivela infinite possibilità».
Il tono oracolare dei momenti più apocalittici e visionari si stempera nella costruzione della “metafisica dei colori”. Compito dell’artista avvincersi della carica evocatrice dei colori (come dirà Hesse nel suo scritto a Sils in Svizzera durante la realizzazione di alcuni gouache e acquerelli) per scoprire la grammatica che sottende la composizione lirica, sottile, che col pennello il pittore deve esplicitare mediante un “coro di colori”.
I colori divengono sentimento
«I tubetti sono come esseri umani, di grande ricchezza interiore, ma dall’aspetto dimesso, che improvvisamente, in caso di necessità, rivelano e attivano le loro forze segrete.» [21].
 
«L’essoterismo si congiunge con l’enigmaticità, mentre il colore, divincolandosi dagli schemi chimici, si rivela quello che è: l’elemento irreale delle cose, la metafora del loro mistero.» [22].
 
Concludo sostenendo la tesi di Tolstoj dal suo scritto del 1897 “Che cos’è l’arte?” affermando che necessariamente essa è «organo della vita» e del progresso dell’umanità. La ricerca in Kandinsky , che con freddezza analizza i colori, dimentica che è spesso tormento; a tal riguardo desidero citare Sant’Agostino che nel suo “De Civitate Dei” afferma che:
Il nero è ciò che è il male.... rappresenta l’ineffabilità, l’informe, il movimento.
L’arte deve crearsi figlia del suo tempo e madre di tutti i sentimenti solo così sarà “onesta”.
Poi incalza Kandinsky «l’onestà “vera” è rappresentazione della Rivelazione».
L’arte di Kandinsky è necessariamente un package di: spiritualità, necessaria onestà, in breve la funzione di una siffatta pittura è “apocalittica”.
La strutturazione di questa sua “estetica della onestà” si traduce in una profonda ed estrema ricerca della necessità interiore che è “funzionalità della veridicità” dell’arte che non è nient’altro che strumento di “rivelazione di una verità trascendente”.
  

 


[1] W. Kandinsky, Lo spirituale nell’arte. Milano, SE, 1989, 46.
[2] W. Kandinsky, op. cit., 45.
[3] W. Kandinsky, op. cit., 50.
[4] W. Kandinsky, op. cit., 52.
[5] W. Kandinsky, op. cit.,56.
[6] Ed è la forza che lui addita.
[7] W. Kandinsky, op. cit.,57.
[8] W. Kandinsky, op. cit.,58.
[9] W. Kandinsky, op. cit., 59.
[10] W. Kandinsky, op. cit., 87.
[11] W. Kandinsky, op. cit.,89.
[12] H. Hesse, Il tempo ele grandi distese, Sils, 2001, 2.
[13] W. Kandinsky, op. cit., 88.
[14] W. Kandinsky, op. cit.,89
[15] W. Kandinsky, op. cit., 89.
[16] W. Kandinsky, op. cit., 88.
[17] W. Kandinsky, op. cit., 91.
[18] W. Kandinsky, op. cit., 90.
[19]W. Kandinsky, op. cit., 92.
[20] Dalla Postfazione de Lo spirituale nell’arte a cura di E. Pontiggia, 121.
[21]Ruckblick”, 18.
[22] E. Pontiggia, op. cit., 122.





Fonte :   scritti del prof. Alessio Varisco , sito web www.alessiovarisco.it .
[ di Alessio Varisco , «Sviluppo in arte del simbolismo teriomorfo del cavallo in Apocalisse. Il cavallo bianco metonimia del simbolo cristico». 2001, Monza, Técne Art Studio® ]


























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