Alessio Varisco
SULLO SPIRITUALE NELL' ARTE :
funzione " apocalittica " dell'arte in Vassily Kandisky
«Chi
ha sentito parlare di cromoterapia sa che la luce
può avere effetti sull’organismo. Più volte si è tentato di adoperare la forza
del colore per curare varie malattie nervose, e si è osservato che la luce
rossa ha un effetto vivificante e stimolante anche
sul cuore, mentre la luce azzurra può portare ad una paralisi temporanea.
[....] Questi fatti dimostrano comunque che il
colore ha una forza, poco studiata ma immensa, che può influenzare il corpo
umano, come organismo fisico. [...] In generale il colore è un mezzo per
influenzare direttamente un’anima. Il colore è il tasto. L’occhio è il
martelletto. L’anima è un pianoforte con molte corde. L’artista è la mano che,
toccando questo o quel tasto, fa vibrare l’anima.
E’ chiaro che l’armonia dei colori è fondata solo su un principio: l’efficace
contatto con l’anima. Questo fondamento si può definire principio della
necessità interiore.»
[1].
Anche
noi abbiamo come “telos”:
«Trascrivere
la musica dei colori, dipingere i suoni della natura, vedere cromaticamente i
suoni e udire musicalmente i colori” (metodo della
sig.ra A. Sacharijn
-Unkovskji)»
[2].
«D’altra
parte in arte nessuna forma è totalmente materiale. Non si può riprodurre
esattamente una forma materiale. Bene o male, l’artista dipende dal suo
occhio, dalla sua mano, e questi dimostrano più
senso artistico della sua anima, che si limita a degli obiettivi fotografici.
L’artista consapevole, che non si accontenta di registrare l’oggetto
materiale, cerca invece di dare espressione a quello che deve riprodurre,
secondo un procedimento che si diceva idealizzare, poi stilizzare e domani
«Così
nell’arte sta lentamente emergendo l’elemento astratto, ieri ancora timido e
quasi impercettibile, occultato com’era dalle aspirazioni
materialistiche.»
[4].
«A
poco a poco si forma lo stile dell’epoca, cioè una
forma esteriore e soggettiva. L’artisticità pura
ed eterna invece è oggettiva, e si può comprendere grazie all’elemento
soggettivo.»
[5].
Mi si perdoni questa lunga
citazione da uno degli scritti più importanti per il discorso sull’estetica e
la funzionalità dell’arte moderna, argomentato da
un vero teorico dell’arte e cioè un pittore, un artefice operante della
straordinaria funzione che svolge -da sempre-
l’arte quale “manifestatrice” di una “necessità
interiore” profonda e trascendentale.
ossia la
-gestante-
«necessità
interiore».
«L’artista
deve esser cieco alle forme “note” o “meno note”, sordo alle teorie o ai
desideri della sua epoca. Deve fissare gli occhi sulla sua vita interiore,
tendere l’orecchio alla necessità interiore.»
[7].
«Solo
il sentimento, specialmente all’inizio del cammino, crea la vera arte. [...]
La possibilità, profetizzata da Goethe, di un
basso continuo in pittura e di una simile “grammatica” si può aver un
presentimento sulle leggi di necessità interiore, che sono
certamente psichiche. [...] grandi e piccoli
problemi dipenderanno dall’interiorità.»
[8].
Misticheggiante
il ruolo dell’artista additato da Kandinsky più
simile ad un suo San Giorgio equestre, vero
artefice -manifestatore- della straordinaria
“apocalisse” che è l’arte pittorica Compito primario dell’arte -della pittura
in particolare- di “Dis-velare” e consentire al
fruitore che il messaggio agisca sulla collettività e comunichi la vera
“rivelazione” che proviene dall’alto, da uno spirito dell’arte che è superiore
alla umanità, e che è dunque Dio.
Anzi l’artista -in
quest’ottica kandinskyana-
è un vero “missionario” che trasmette ed addita all’uomo la necessaria forza
per vivere: i contenuti della Fede e le Scritture,
resi manifesti attraverso la propria arte, la pittura.
«La
sensibilità innata dell’arte è appunto il talento evangelico, che non deve
essere sotterrato.
«La
vera opera d’arte nasce “dall’artista” in modo
misterioso, enigmatico, mistico. Staccandosi da lui assume una sua
personalità, e diviene un soggetto indipendente con un suo respiro spirituale
e una sua vita concreta. Diventa
una aspetto dell’essere.
Un quadro ben dipinto non
è quello che ha dei valori esatti ... ma quello che
ha una vera vita interiore. Ed un buon disegno è quello in cui si può cambiare
nulla senza distruggere questa vita
«L’artista
deve avere qualcosa da dire, perché il suo compito non è
quello di dominare la forma, ma di adattare la forma al contenuto. [...]
L’artista non è un
beniamino della vita; non ha il diritto di vivere senza un compito, deve
svolgere
Hermann
Hesse
mentre tratteggiava quel suo
«paradiso
da sogno che ti viene incontro»
dipingendo alcuni luminosissimi acquerelli così scriveva:
«a
Sils è come se la luce si manifestasse in tutta la sua magia. I colori sono
così intensi ed autentici come da nessun altra
parte. A Sils ho avuto l’impressione di “udire la voce della natura” e di
“dipingerne i colori”»
[12].
Compito dell’arte
l’onestà, la ricerca della verità. Dunque l’arte è “gnosi”, ricerca, una sorta
di moderna scienza di analisi della società.
Affascina questo compito straordinario destinato all’arte che deve farsi “ancilla”
dell’universalità e rendere manifeste le ansie e le
angosce , le gioie e le attese.
«La
pittura è un’arte, e l’arte non è inutile creazione
di cose che svaniscono nel vuoto, ma è una forza che ha un fine, e deve
servire allo sviluppo e all’affinamento dell’anima.
E’ un linguaggio che parla
all’anima con parole proprie, di cose che per l’anima sono il pane quotidiano,
e che solo così può ricevere.
L’uomo ha dei
diritti-doveri sanciti da Carte Costituzionali ma
compito primario è la comunicazione, l’avvio del processo di socializzazione
nella “globalizzazione” del discorso sull’arte. Si apre la
prospettiva di un’arte
«ponte»
(già indetta nel 1905 a Dresda dal movimento espressionista “Die
Brucke”) fra l’umanità e quel “nous”
contenuto dall’artista, traduttore di questo sentimento interiore.
«L’artista
deve cercare di modificare la situazione riconoscendo i doveri che ha verso
l’arte e verso se stessi...
L’artista
deve avere qualcosa sa dire, perché il suo compito
non è quello di dominare la forma, ma di adattare la forma al contenuto»
[14].
Si apre ora una
prospettiva sul compito futuro dell’arte che deve
esser il “contrappunto”, uno strumento necessaria -quanto
vitale- all’ordine delle cose, della “res-publica”.
«Il
fine deve risultare inaspettato all’artista stesso.
Così dev’essere inteso anche l’uso del
contrappunto nella pittura del futuro.»
[15].
Vi è un’alternanza di
“influenze” fra “anima” ed “arte” in una sorta di dialogo che ciascuna volta
si apre. L’arte diviene “instrumentum animae”; di
qui nuovamente la necessaria applicazione della “onostà”
testé detta.
«L’anima
e l’arte si influenzano a vicenda. Se invece
l’anima è ottenebrata e sviata da concezioni materialistiche e atee o dalle
aspirazioni puramente pratiche che ne sono la conseguenza, si diffonde l’idea
che l’arte “pura” non sia data all’uomo per uno scopo, ma senza scopo, ed
esista
Ecco che si palesa la
necessità del
«pulchrum»
che è sostanzialmente e massimamente
«verum»
nell’ontologia della teoria sull’arte spirituale
kandinskyana, essa diviene perciò manifestazione -quasi “teofania”- del
«bonum»
poichè lo è quando
riesce ad esprimere l’interiorità-onestà dell’artista.
«E’
bello ciò che nasce dalla necessità interiore. E’ bello ciò che è
interiormente bello. Per “bello” non intendiamo la
morale... ma ciò che ... affina o arricchisce
l’animo... Ogni colore è interiormente bello, perché provoca un’emozione
arricchendo l’anima. Nulla è “brutto” nei suoi esiti interiori ... nel
suo influsso con gli altri»
[17].
Poi incalza
Kandinsky citando un pioniere dell’arte di domani
che così affermava ai suoi coevi:
«Non
c’è niente al mondo -diceva
Maeterlinck-
che desideri la bellezza e sappia diventare
bello più dell’anima. Perciò pochissimi resistono
al fascino di un’anima che si dedica alla bellezza
».
Unico mezzo del pittore
gli oli e la tavolozza e l’urgente necessità di manifestare con onestà la
propria anima.
«Proprietà
dell’anima l’olio per il pittore russo che rende
manifesta esteriormente a volte bloccata
La conclusione della
trattazione di Kandinsky circa l’area della
“spiritualità” nell’arte del futuro è avvincente e per molti versi l’artista
di oggi può ritrovarsi per
quell’inestinguibile inquietudine propria del vero artista. Queste
conclusioni vanno rilette congiuntamente ad altri scritti
kandinskyani ed in particolare ci riferiamo al “Der
Blaue Reiter”. Trovo
questo scritto un po’ troppo tecnicistico ed
accademico -seppure nella sua preziosità per definire l’ambito sottratto della
spiritualità nell’arte- e molto cerebrale, ma al contempo
frontale per la definizione di una nuova poetica che ha origine da
molte figurazioni medievali (San Giorgio...) qui poco argomentate. Mancano
tutte le sue “fonti” molto discusse in altre sue opere
letterarie
«Presto
il pittore sarà orgoglioso di spiegare che le sue opere sono costruite. Già
ora siamo vicini al tempo della creazione che ha uno scopo Lo spirito della
pittura, infine, ha un rapporto diretto con la
costruzione, già avviata, del nuovo regno spirituale. Perché questo spirito è
l’anima dell’epoca della grande spiritualità.»
[19].
CONCLUSIONI
Lo “Spirituale nell’arte”
si apre con una dichiarazione di indipendenza dal
passato. Kandinsky propone un nuovo modello alla
“copia dei modelli”, figlio del proprio tempo, la
ricerca della necessità interiore. Questa ricerca introduce all’aspetto
fondamentale della vita spirituale nonostante la decadenza delle epoche. Il
positivismo e materialismo in campo artistico tradotti in naturalismo
impressionista e l’estetizzazione
«l’art
pour l’art»
deve esser superata. Il “Manuale di armonia” di
Schonberg suggerisce l’esempio dell’arte nuova,
del raggiungimento dell’interiorità, meta prefissa del manifesto
kandinskyano per il raggiungimento della
spiritualità nell’arte.
L’arte è al “servizio del
divino” e pare -nel presente scritto- preannunciare la nozione
heideggeriana di arte
quale
«lessico
dell’essere».
«Le
figure febbricitanti del Greco, le mele filosofiche di
Cézanne, l’universo adolescente di Rousseau
sono ugualmente anti-naturalistici e carichi di significati interiore»
[20].
L’astrattismo spirituale
di Kandinsky è “vero” come “astrazione”, libertà
dalle apparenze, indipendentemente dall’oggetto, unico strumento fondamentale
nella ricerca della spiritualità. L’intento è quello di creare una “teoria
dell’armonia in pittura” già vagheggiata da Goethe,
grammatica tra colore-forme-effetti.
Riconosce che la sua analisi è approssimativa e suscettibile di modiche
postume, Kandinsky riconosce che il suo non è
testo dogmatico.
«Annotazioni
generali che potrebbero essere contraddette dall’effetto complessivo della
composizione, ma anche da una sola pennellata...»
Anticipa la nozione
wittgeinsteiniana di significato, arricchendola
della necessarietà -propria del fare pittura-
nella pratica pittorica e
«rivela
infinite possibilità».
Il tono
oracolare dei momenti più apocalittici e visionari
si stempera nella costruzione della “metafisica dei colori”. Compito
dell’artista avvincersi della carica evocatrice dei colori (come dirà
Hesse nel suo scritto a Sils in Svizzera durante
la realizzazione di alcuni
gouache e acquerelli) per scoprire la grammatica che sottende la
composizione lirica, sottile, che col pennello il pittore deve esplicitare
mediante un “coro di colori”.
I colori
divengono sentimento
«I
tubetti sono come esseri umani, di grande ricchezza
interiore, ma dall’aspetto dimesso, che improvvisamente, in caso di necessità,
rivelano e attivano le loro forze segrete.»
[21].
«L’essoterismo
si congiunge con l’enigmaticità, mentre il colore, divincolandosi dagli schemi
chimici, si rivela quello che è: l’elemento irreale delle cose, la metafora
del loro mistero.»
[22].
Concludo
sostenendo la tesi di Tolstoj dal suo scritto del
1897 “Che cos’è l’arte?” affermando che necessariamente essa è
«organo
della vita»
e del progresso dell’umanità. La ricerca in Kandinsky
, che con freddezza analizza i colori, dimentica che è spesso tormento;
a tal riguardo desidero citare Sant’Agostino che
nel suo “De Civitate Dei” afferma che:
Il nero è ciò che è il
male.... rappresenta l’ineffabilità, l’informe, il
movimento.
L’arte deve crearsi figlia
del suo tempo e madre di tutti i sentimenti solo così sarà
“onesta”.
Poi
incalza Kandinsky
«l’onestà
“vera” è
rappresentazione della Rivelazione».
L’arte di
Kandinsky è necessariamente un package di:
spiritualità, necessaria onestà, in breve la funzione
di una siffatta pittura è “apocalittica”.
La strutturazione di
questa sua “estetica della onestà” si traduce in
una profonda ed estrema ricerca della necessità interiore che è “funzionalità
della veridicità” dell’arte che non è nient’altro che strumento di
“rivelazione di una verità trascendente”.
[1]
W.
Kandinsky,
Lo spirituale nell’arte. Milano,
SE, 1989, 46.
[2]
W.
Kandinsky,
op. cit.,
45.
[3]
W.
Kandinsky,
op. cit.,
50.
[5]
W.
Kandinsky,
op. cit.,56.
[6]
Ed è la forza che lui addita.
[7]
W.
Kandinsky,
op. cit.,57.
[8]
W.
Kandinsky,
op. cit.,58.
[9]
W.
Kandinsky,
op. cit.,
59.
[10]
W.
Kandinsky,
op. cit.,
87.
[11]
W.
Kandinsky,
op. cit.,89.
[12]
H.
Hesse,
Il tempo ele
grandi distese, Sils, 2001, 2.
[13]
W.
Kandinsky,
op. cit.,
88.
[14]
W.
Kandinsky,
op. cit.,89
[15]
W.
Kandinsky,
op. cit.,
89.
[16]
W.
Kandinsky,
op. cit.,
88.
[17]
W.
Kandinsky,
op. cit.,
91.
[18]
W.
Kandinsky,
op. cit.,
90.
[19]W.
Kandinsky,
op. cit.,
92.
[20]
Dalla Postfazione de Lo spirituale
nell’arte a cura di
E. Pontiggia,
121.
[21]
”Ruckblick”, 18.
[22]
E. Pontiggia,
op. cit., 122.
Fonte : scritti del prof. Alessio Varisco , sito web www.alessiovarisco.it .
[ di Alessio Varisco , «Sviluppo in arte del simbolismo teriomorfo del cavallo in Apocalisse. Il cavallo bianco metonimia del simbolo cristico». 2001, Monza, Técne Art Studio® ]
Nessun commento:
Posta un commento