BEATO
ANGELICO
di Carlo Sarno
Beato Angelico nasce sul
finire del trecento presso Vicchio di Mugello, in Toscana, il suo nome
originario era Guido di Pietro.
Nel 1417 già era pittore e ancora laico a Firenze. Nel 1423 entra nel convento di San Domenico di Fiesole abbracciando la fede domenicana e prenderà il nome di fra Giovanni. Nel convento di S.Domenico, ubicato in un luogo abbastanza isolato e nella quiete della luminosa collina fiesolana , fra Giovanni resterà fino al 1437, poi si sposterà al convento di S. Marco , passato in seguito anch’esso ai domenicani. Anche suo fratello, fra Benedetto, si era ritirato nella stessa clausura.
Fu molto attivo e si circondò di bravi scolari con il cui aiuto realizzò molti dipinti che, con le loro incantevoli e ascetiche immagini , abbellirono molte chiese di Firenze.
Nel 1446 il Pontefice chiamò il frate pittore a Roma per realizzare alcune opere. Nel 1949 ritorna in Toscana come priore del suo primo convento di S. Domenico . Nel 1453 ritornò a Roma, dove morì nel 1455 nel convento di S. Maria sopra Minerva, ricevendo onorata sepoltura.
Nel 1417 già era pittore e ancora laico a Firenze. Nel 1423 entra nel convento di San Domenico di Fiesole abbracciando la fede domenicana e prenderà il nome di fra Giovanni. Nel convento di S.Domenico, ubicato in un luogo abbastanza isolato e nella quiete della luminosa collina fiesolana , fra Giovanni resterà fino al 1437, poi si sposterà al convento di S. Marco , passato in seguito anch’esso ai domenicani. Anche suo fratello, fra Benedetto, si era ritirato nella stessa clausura.
Fu molto attivo e si circondò di bravi scolari con il cui aiuto realizzò molti dipinti che, con le loro incantevoli e ascetiche immagini , abbellirono molte chiese di Firenze.
Nel 1446 il Pontefice chiamò il frate pittore a Roma per realizzare alcune opere. Nel 1949 ritorna in Toscana come priore del suo primo convento di S. Domenico . Nel 1453 ritornò a Roma, dove morì nel 1455 nel convento di S. Maria sopra Minerva, ricevendo onorata sepoltura.
Beato Angelico , Annunciazione , 1433
Beato Angelico attua una mediazione in pittura tra la mistica medievale e
l’umanesimo nascente. Per lui dipingere significava glorificare Dio: le sue
opere dovevano essere strumenti di pia meditazione.
Luciano Berti così scrive sull’Angelico : “…L’arte e la bellezza naturale sono considerati veicolo a Dio, ma attraverso un processo al tempo stesso intellettuale (risalire dagli effetti alla causa), e morale (scelta del bene ed eliminazione del male). Vedremo difatti l’Angelico ricercare non la bellezza individuale ma il “ bello ideale ”; calare nelle cose significati simbolici (i fiori saranno anche quelli del “campo supremo”); epurare entro il naturalismo gli aspetti del “ male “; sostituire alla prospettiva e al chiaroscuro rinascimentale – di base matematica e quantitativa, facente centro sulla ragione umana - , piuttosto, il valore qualitativo della luce, cara all’estetica e alla metafisica medievale, e considerata emanazione celeste, divina: fino a pervenire non alla “vista” obiettiva , ma alla “visione” luminosa che la sublima e recupera l’originale aspetto del mondo…”.
La concezione storica e la rappresentazione dell’azione in Beato Angelico è esente da conflitti di volontà propri di una visione terrena, manifesta invece una serenità ed un ingenuo stupore verso quelle azioni rappresentate che rientrano in una volontà superiore dove tutto è finalizzato per la salvezza dell’uomo.
Luciano Berti così scrive sull’Angelico : “…L’arte e la bellezza naturale sono considerati veicolo a Dio, ma attraverso un processo al tempo stesso intellettuale (risalire dagli effetti alla causa), e morale (scelta del bene ed eliminazione del male). Vedremo difatti l’Angelico ricercare non la bellezza individuale ma il “ bello ideale ”; calare nelle cose significati simbolici (i fiori saranno anche quelli del “campo supremo”); epurare entro il naturalismo gli aspetti del “ male “; sostituire alla prospettiva e al chiaroscuro rinascimentale – di base matematica e quantitativa, facente centro sulla ragione umana - , piuttosto, il valore qualitativo della luce, cara all’estetica e alla metafisica medievale, e considerata emanazione celeste, divina: fino a pervenire non alla “vista” obiettiva , ma alla “visione” luminosa che la sublima e recupera l’originale aspetto del mondo…”.
La concezione storica e la rappresentazione dell’azione in Beato Angelico è esente da conflitti di volontà propri di una visione terrena, manifesta invece una serenità ed un ingenuo stupore verso quelle azioni rappresentate che rientrano in una volontà superiore dove tutto è finalizzato per la salvezza dell’uomo.
Natività , Beato Angelico
Il Vasari ci parla dell’Angelico come di un uomo profondamente devoto, pio,
umile, obbediente, che svolgeva tutte le sue mansioni di frate senza lamentarsi.
Dice il Vasari che l’Angelico non metteva mai mano ai pennelli se prima non
aveva pregato e racconta che quando dipingeva il Crocefisso scoppiava in
lacrime, e non ritoccava mai le sue opere perché ciò che era stato dipinto la
prima volta era volontà di Dio. Dice il Vasari:”…mai volle lavorare altre cose
di Santi…- e usava dire l’Angelico - …che chi faceva quest’arte aveva bisogno di
quiete e di vivere senza pensieri; e che chi fa cose di Cristo, con Cristo deve
stare sempre…”.
Pochi anni dopo la sua morte, la pittura di fra Giovanni fu denominata “angelica espressione artistica” , ed il popolo attribuì a questo straordinario artista-religioso la dignità celestiale di Beato, da qui il suo soprannome.
Nella Storia dell’Arte Italiana di Bertelli, Briganti, Giuliano, è scritto di lui:” …Fu un religioso, dunque, ma non un uomo fuori dal mondo. Sentì fortemente il richiamo della grazia lineare, del dettaglio pittoresco e del colore variato e brillante, quindi non recise subito i legami con il gotico fiorito di Lorenzo Monaco e di Gentile da Fabriano, o col rinascimento moderato di Lorenzo Ghiberti; mantenne vivo il contatto con l’iconografia religiosa del Trecento per garantire una immediata comprensibilità dei temi. Ma fu un uomo del rinascimento, che conobbe il sistema di costruzione dello spazio inventato da Brunelleschi e adottato da Masaccio, e lo applicò ai suoi dipinti, innovando profondamente la tradizionale iconografia della pala d’altare..”.
Pochi anni dopo la sua morte, la pittura di fra Giovanni fu denominata “angelica espressione artistica” , ed il popolo attribuì a questo straordinario artista-religioso la dignità celestiale di Beato, da qui il suo soprannome.
Nella Storia dell’Arte Italiana di Bertelli, Briganti, Giuliano, è scritto di lui:” …Fu un religioso, dunque, ma non un uomo fuori dal mondo. Sentì fortemente il richiamo della grazia lineare, del dettaglio pittoresco e del colore variato e brillante, quindi non recise subito i legami con il gotico fiorito di Lorenzo Monaco e di Gentile da Fabriano, o col rinascimento moderato di Lorenzo Ghiberti; mantenne vivo il contatto con l’iconografia religiosa del Trecento per garantire una immediata comprensibilità dei temi. Ma fu un uomo del rinascimento, che conobbe il sistema di costruzione dello spazio inventato da Brunelleschi e adottato da Masaccio, e lo applicò ai suoi dipinti, innovando profondamente la tradizionale iconografia della pala d’altare..”.
Trasfigurazione ,
affresco del Convento di S. Marco, Firenze, 1439
Beato Angelico è stato
proclamato nel 1984 da Papa Giovanni Paolo II protettore degli Artisti
Cattolici.
In conclusione, chiunque vuole avvicinarsi ad una arte come manifestazione dello Spirito di Dio non può ignorare l’insegnamento profondo della sublime arte di Beato Angelico.
In conclusione, chiunque vuole avvicinarsi ad una arte come manifestazione dello Spirito di Dio non può ignorare l’insegnamento profondo della sublime arte di Beato Angelico.
Carlo Sarno
Bibliografia delle fonti delle citazioni:
- I Maestri del Colore, Beato Angelico, di Luciano Berti, Fabbri Editore, 1964, Milano.
- Storia dell’Arte Italiana, di C. Bertelli, G. Briganti, A. Giuliano, Electa/Mondatori, 1986, Milano.
Fonte foto: Beato Angelico, Madonna e santi (Pala di San Marco), 1440 circa; tempera su tavola, 220x227 cm, Firenze, Museo di San Marco, da la Storia dell’Arte Italiana, di C. Bertelli, G. Briganti, A. Giuliano, Electa/Mondatori, 1986, Milano.
Fonte testo : Rubrica
Chiesa e Arte (arte come manifestazione dello Spirito di Dio) a cura di Carlo
Sarno , Portale Cattolico TantumErgo+
http://www.tantumergo.com
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