lunedì 5 agosto 2019

PADRE MATTEO RICCI - Lì Mǎdòu - 利瑪竇 (1552-1610)



PADRE MATTEO RICCI - Lì Mǎdòu - 利瑪竇  (1552-1610)

( il Saggio d'Occidente - 泰西儒士 )

per un dialogo tra Cina e Occidente

                                  

Il destino di certi uomini illustri sembra talvolta essere quello di rimanere nell'oscurità della storia. Uno di questi uomini è senza dubbio Matteo Ricci, più conosciuto, almeno fino a qualche anno fa, in Cina che in Italia. La sua tomba a Pechino è stata distrutta e ricostruita ben tre volte in epoche diverse (l'ultima una decina di anni fa, dopo la Rivoluzione Culturale delle Guardie Rosse di Mao); il suo nome figura tra i pochi stranieri nell'enciclopedia nazionale di quel paese. Da noi la sua conoscenza è stata ristretta, per secoli, a pochi esperti.

Il "rilancio", per così dire, è stato fatto nel 1982 per celebrare il quarto centenario del suo arrivo in Cina. In un discorso tenuto in quell'occasione alla Pontificia Università Gregoriana, Giovanni Paolo II ne tracciava il profilo accostandolo addirittura ai Padri della Chiesa. Riferendosi allo sforzo del Ricci per esprimere il Vangelo nei termini e nelle categorie della cultura cinese, il Papa diceva: «Come già i Padri della Chiesa per la cultura greca, così padre Matteo Ricci era giustamente convinto che la fede in Cristo non solo non avrebbe portato alcun danno alla cultura cinese, ma l'avrebbe arricchita e perfezionata ... A 400 anni dal suo arrivo in Cina, la figura e l'opera del padre Ricci appaiono assumere oggi una grande attualità per il popolo cinese, proteso come è in un processo di modernizzazione e di progresso». In queste poche espressioni troviamo la sostanza della vita e dell'opera del missionario gesuita maceratese.

Matteo Ricci nasce a Macerata il 6 ottobre 1552, lo stesso anno in cui a Sanciano, di fronte a Canton, muore Francesco Xavier senza realizzare l'ambìto sogno di sbarcare nell' "Impero Celeste"; sarà proprio il Ricci, esattamente trent'anni dopo, a sstabilirsi nel territorio cinese e a fondare la prima missione cattolica a Sciaochin (oggi Zhaoqin).

La ricca personalità di Matteo Ricci ha dato un apporto fondamentale al dialogo e alla reciproca comprensione tra Cina e Europa. Grazie alla sua preparazione scientifica egli introdusse in Cina la matematica e la geometria dell'Occidente; presentò le grandi acquisizioni del Rinascimento nel campo della geografia, della cartografia e dell'astronomia. Sull'altro versante, egli dette all'Europa, grazie ai suoi scritti, una conoscenza esatta, e per quanto possibile ampia e comprensiva dei contenuti e del pensiero della civiltà cinese per cui «può ben essere considerato il fondatore della moderna sinologia, cioè la scienza che studia la civiltà cinese in tutti i suoi aspetti».
 

A questi importanti contributi nel campo scientifico dobbiamo aggiungere quello nel campo specificamente religioso, come missionario dell'ancora giovane Compagnia di Gesù. Il suo metodo di evangelizzazione si può riassumere nella breve espressione «farsi cinese con i cinesi», cioè l' "inculturazione" linguistica, sociale, intellettuale e religiosa. Per raggiungere questo obiettivo si adeguò, anche nel modo di vivere esterno, alle usanze e tradizioni cinesi, cosa che non mancò di procurargli noie e critiche da altri missionari e talvolta anche dai confratelli.

Una delle conseguenze di questo atteggiamento è il rispetto del Ricci per il confucianesimo (fu più critico invece con il taoismo e con il buddhismo), la religione più diffusa in Cina (ma che il Ricci considerava tuttavia più come una dottrina morale che come una religione vera e propria), nella quale trovava molte concordanze con il cristianesimo. E ai cinesi, soprattutto ai letterati e alle persone colte, piacque l'interpretazione cristiana di Confucio che portò il Ricci e i suoi confratelli missionari a una grande tolleranza verso numerose usanze locali e verso alcune cerimonie con cui si veneravano gli antenati.

Un segno di quanto Matteo Ricci fosse ben accetto in Cina è quanto avvenne in occasione della sua morte, avvenuta a Pechino l' 11 maggio 1610. La tradizione cinese voleva che gli stranieri che morivano nella capitale non vi potessero essere sepolti. Padre De Pantoja, superiore dei gesuiti a Pechino, inoltrò allora una richiesta all'imperatore chiedendo un pezzo di terra per seppellirvi il Ricci, rifacendosi agli anni in cui il missionario era stato alla corte imperiale e agli onori ricevuti per i suoi meriti. E l'imperatore acconsentì: dall'antichità, disse, non si era mai visto un solo straniero con la virtù, la scienza e l'amore per i cinesi come Matteo Ricci.




MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO INTERNAZIONALE
"MATTEO RICCI: PER UN DIALOGO TRA CINA E OCCIDENTE"  
 
           

1. Con intima gioia mi rivolgo a voi, illustri Signori, in occasione del Convegno Internazionale, indetto per commemorare il 400° anniversario dell'arrivo a Pechino del grande missionario, letterato e scienziato italiano, padre Matteo Ricci, celebre figlio della Compagnia di Gesù. Rivolgo il mio saluto speciale al Rettore Magnifico della Pontificia Università Gregoriana e ai Responsabili dell'Istituto Italo-Cinese, le due istituzioni promotrici ed organizzatrici di questo Convegno. Accogliendovi con viva cordialità, mi è particolarmente gradito rivolgere un deferente saluto agli studiosi venuti dalla Cina, amata patria di adozione del padre Ricci.

So che il vostro Convegno romano si pone, in certo qual modo, in continuità con l'importante Simposio Internazionale, che è stato celebrato nei giorni scorsi a Pechino (14-17 ottobre) ed ha trattato il tema Encounters and Dialogues ("Incontri e Dialoghi") soprattutto nell'orizzonte degli scambi culturali tra la Cina e l'Occidente all'epoca della fine della dinastia Ming e all'inizio della dinastia Qing. In detta assise, infatti, l'attenzione degli studiosi si è rivolta anche all'opera incomparabile che padre Matteo Ricci svolse in quel Paese.

2. L'incontro odierno ci porta tutti idealmente ed affettivamente a Pechino, la grande capitale della Cina moderna, capitale del "Regno di Mezzo" al tempo del padre Ricci. Dopo 21 anni di lungo, attento ed appassionato studio della lingua, della storia e della cultura della Cina, egli entrava a Pechino, sede dell'Imperatore, il 24 gennaio 1601. Accolto con tutti gli onori, stimato e spesso visitato da letterati, mandarini e persone desiderose di apprendere le nuove scienze di cui egli era insigne cultore, visse il resto dei suoi giorni nella Capitale imperiale, dove morì santamente l'11 maggio 1610, all'età di 57 anni, di cui quasi 28 trascorsi in Cina. Mi piace qui ricordare che, quando egli giunse a Pechino, scrisse all'Imperatore Wan-li un Memoriale nel quale, presentandosi come religioso e celibe, non chiedeva nessun privilegio alla corte, ma domandava soltanto di potere mettere al servizio di Sua Maestà la propria persona e quanto aveva potuto imparare sulle scienze già nel "grande Occidente" da cui era venuto (cfr Opere Storiche del P. Matteo Ricci S.I., a cura del P. Tacchi Venturi S.I., vol. II, Macerata 1913, 496s). La reazione dell'Imperatore fu positiva, dando così maggior significato ed importanza alla presenza cattolica nella Cina moderna.

La stessa Cina, da quattro secoli, tiene in alta considerazione Li Madou, "il Saggio d'Occidente", come fu designato e viene tuttora chiamato padre Matteo Ricci. Storicamente e culturalmente egli è stato, da pioniere, un prezioso anello di congiunzione tra l'Occidente e l'Oriente, tra la cultura europea del Rinascimento e la cultura della Cina, come anche, reciprocamente, tra l'antica ed elevata civiltà cinese e il mondo europeo.

Come già ebbi modo di rilevare, con intimo convincimento, rivolgendomi ai partecipanti al Convegno Internazionale di Studi Ricciani indetto nel IV centenario dell'arrivo di Matteo Ricci in Cina (1582-1982), egli ebbe uno speciale merito nell'opera di inculturazione: elaborò la terminologia cinese della teologia e della liturgia cattolica, creando così le condizioni per far conoscere Cristo e incarnare il suo messaggio evangelico e la Chiesa nel contesto della cultura cinese (cfr Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. V/3, 1982, Libreria Editrice Vaticana, 1982, 923-925). Padre Matteo Ricci si fece talmente "cinese coi cinesi" da diventare un vero sinologo, nel più profondo significato culturale e spirituale del termine, poiché nella sua persona seppe realizzare una straordinaria armonia interiore tra il sacerdote e lo studioso, tra il cattolico e l'orientalista, tra l'italiano e il cinese.

3. A distanza di quattrocento anni dall'arrivo di Matteo Ricci a Pechino, non possiamo non domandarci qual è il messaggio che egli può offrire sia alla grande Nazione cinese sia alla Chiesa cattolica, alle quali si sentì sempre profondamente legato e dalle quali fu ed è sinceramente apprezzato ed amato.

Uno degli aspetti, che rendono originale e sempre attuale l'opera del padre Ricci in Cina, è la profonda simpatia, che egli nutrì fin dall'inizio verso il Popolo cinese nella sua totalità di storia, cultura e tradizione. Il piccolo Trattato sull'Amicizia (De Amicitia - Jiaoyoulun), che ebbe grande successo in Cina sin dalla prima edizione fatta a Nanchino nel 1595, e la lunga e fitta rete di amicizie, che egli sempre curò e ricambiò durante i suoi 28 anni di vita in quel Paese, restano una testimonianza inconfutabile della sua lealtà, sincerità e fraternità verso il Popolo che l'aveva accolto. Questi sentimenti e atteggiamenti di altissimo rispetto scaturivano dalla stima che egli aveva per la cultura della Cina, al punto da portarlo a studiare, interpretare e spiegare l'antica tradizione confuciana, proponendo così una rivalutazione dei classici cinesi.

Sin dai primi contatti con i Cinesi, il padre Ricci impostò tutta la sua metodologia scientifica e apostolica su due pilastri, ai quali rimase fedele fino alla morte, nonostante molteplici difficoltà e incomprensioni, interne ed esterne: primo, i neofiti cinesi, abbracciando il cristianesimo, in nessun modo avrebbero dovuto venir meno alla lealtà verso il loro Paese; secondo, la rivelazione cristiana sul mistero di Dio non distruggeva affatto, anzi valorizzava e completava quanto di bello e di buono, di giusto e di santo, l'antica tradizione cinese aveva intuito e trasmesso. Ed è su questa intuizione che il padre Ricci, analogamente a quanto secoli prima avevano fatto i Padri della Chiesa nell'incontro tra il messaggio del Vangelo di Gesù Cristo e la cultura greco-romana, impostò tutto il suo paziente e lungimirante lavoro di inculturazione della fede in Cina, cercando costantemente un comune terreno d'intesa con i dotti di quel grande Paese.

4. Il Popolo cinese è proiettato, in maniera particolare negli ultimi tempi, verso il raggiungimento di significative mete di progresso sociale. La Chiesa cattolica, da parte sua, guarda con rispetto a questo sorprendente slancio e a questa lungimirante progettazione di iniziative ed offre con discrezione il proprio contributo nella promozione e nella difesa della persona umana, dei suoi valori, della sua spiritualità e della sua vocazione trascendente. Alla Chiesa stanno particolarmente a cuore valori ed obiettivi che sono di primaria importanza anche per la Cina moderna: la solidarietà, la pace, la giustizia sociale, il governo intelligente del fenomeno della globalizzazione, il progresso civile di tutti i popoli.

Come scriveva proprio a Pechino il padre Ricci, redigendo negli ultimi due anni di vita quell'opera pionieristica e fondamentale per la conoscenza della Cina da parte del resto del mondo, intitolata Della Entrata della Compagnia di Giesù e Christianità nella Cina (cfr Fonti Ricciane, vol. II, cit., N. 617, p. 152), anche la Chiesa cattolica di oggi non chiede alla Cina e alle sue Autorità politiche nessun privilegio, ma unicamente di poter riprendere il dialogo, per giungere a una relazione intessuta di reciproco rispetto e di approfondita conoscenza.

5. Sull'esempio di questo insigne figlio della Chiesa cattolica, desidero riaffermare che la Santa Sede guarda al Popolo cinese con profonda simpatia e con partecipe attenzione. Sono noti i passi rilevanti, che nei tempi recenti esso ha compiuto nei campi sociale, economico ed educativo, sia pure nel perdurare di non poche difficoltà. Lo sappia la Cina: la Chiesa cattolica ha il vivo proposito di offrire, ancora una volta, un umile e disinteressato servizio per il bene dei cattolici cinesi e per quello di tutti gli abitanti del Paese. Al riguardo, mi sia permesso di ricordare qui il grande impegno evangelizzatore di una lunga serie di generosi missionari e missionarie, unitamente alle opere di promozione umana da loro compiute nel corso dei secoli: essi avviarono importanti e numerose iniziative sociali, specialmente in campo ospedaliero ed educativo, che trovarono ampia e grata accoglienza presso il Popolo cinese.

La storia, però, ci ricorda purtroppo che l'azione dei membri della Chiesa in Cina non è stata sempre esente da errori, frutto amaro dei limiti propri dell'animo e dell'agire umano, ed è stata per di più condizionata da situazioni difficili, legate ad avvenimenti storici complessi e ad interessi politici contrastanti. Non mancarono neppure dispute teologiche, che esacerbarono gli animi e crearono gravi inconvenienti al processo di evangelizzazione. In alcuni periodi della storia moderna, una certa "protezione" da parte di potenze politiche europee non poche volte si rivelò limitativa per la stessa libertà d'azione della Chiesa ed ebbe ripercussioni negative per la Cina: situazioni ed avvenimenti, che influirono sul cammino della Chiesa, impedendole di svolgere in pienezza - a favore del Popolo cinese - la missione affidatale dal suo Fondatore, Gesù Cristo.

Sento profondo rammarico per questi errori e limiti del passato, e mi dispiace che essi abbiano ingenerato in non pochi l'impressione di una mancanza di rispetto e di stima della Chiesa cattolica per il Popolo cinese, inducendoli a pensare che essa fosse mossa da sentimenti di ostilità nei confronti della Cina. Per tutto questo chiedo perdono e comprensione a quanti si siano sentiti, in qualche modo, feriti da tali forme d'azione dei cristiani.

La Chiesa non deve aver paura della verità storica ed è disposta - pur con intima sofferenza - ad ammettere le responsabilità dei suoi figli. Ciò vale anche per quanto riguarda i suoi rapporti, passati e recenti, con il Popolo cinese. La verità storica deve essere ricercata con serenità ed imparzialità e in modo esaustivo. E' un compito importante, di cui si devono fare carico gli studiosi e al cui svolgimento potete contribuire anche voi, che siete particolarmente addentro alla realtà cinese. Posso assicurare che la Santa Sede è sempre pronta ad offrire la propria disponibilità e collaborazione in questo lavoro di ricerca.

6. In quest'ora tornano attuali e significative quelle parole che il padre Ricci scriveva all'inizio del suo Trattato sull'Amicizia (NN. 1 e 3). Egli, portando nel cuore della cultura e della civiltà della Cina di fine 1500 l'eredità della riflessione classica greco-romana e cristiana sulla stessa amicizia, definiva l'amico come "la metà di me stesso, anzi un altro io"; per cui "la ragione d'essere dell'amicizia è il mutuo bisogno e il mutuo aiuto".

Ed è con questo rinnovato e forte pensiero di amicizia verso tutto il Popolo cinese che formulo l'auspicio di vedere presto instaurate vie concrete di comunicazione e di collaborazione fra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese. L'amicizia si nutre di contatti, di condivisione di sentimenti nelle situazioni liete e tristi, di solidarietà, di scambio di aiuto. La Sede Apostolica cerca con sincerità di essere amica di tutti i popoli e di collaborare con ogni persona di buona volontà a livello mondiale.

La Cina e la Chiesa cattolica, sotto aspetti certamente diversi ma in nessun modo contrapposti, sono storicamente due tra le più antiche "istituzioni" viventi e operanti nel mondo: entrambe, pur in ambiti differenti - politico-sociale l'una, religioso-spirituale l'altra -, annoverano oltre un miliardo di figli e di figlie. Non è un mistero per nessuno che la Santa Sede, a nome dell'intera Chiesa cattolica e - credo - a vantaggio di tutta l'umanità, auspica l'apertura di uno spazio di dialogo con le Autorità della Repubblica Popolare Cinese, in cui, superate le incomprensioni del passato, si possa lavorare insieme per il bene del Popolo cinese e per la pace nel mondo. Il momento attuale di profonda inquietudine della comunità internazionale esige da tutti un appassionato impegno per favorire la creazione e lo sviluppo di legami di simpatia, di amicizia e di solidarietà tra i popoli. In tale contesto, la normalizzazione dei rapporti tra la Repubblica Popolare Cinese e la Santa Sede avrebbe indubbiamente ripercussioni positive per il cammino dell'umanità.

7. Nel rinnovare a tutti voi, illustri Signori, l'espressione del mio apprezzamento per l'opportuna celebrazione di un evento storico tanto significativo, auspico e prego che la strada aperta da padre Matteo Ricci tra l'Oriente e l'Occidente, tra la cristianità e la cultura cinese, possa ritrovare vie sempre nuove di dialogo e di reciproco arricchimento umano e spirituale. Con questi voti mi è gradito impartire a tutti voi la Benedizione apostolica, propiziatrice, presso Dio, di ogni bene, di felicità e di progresso.

Dal Vaticano, 24 Ottobre 2001

IOANNES PAULUS II



 G. Bellucci, S.J. , dalla rivista "Jesus", 10/1990, p. 61







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