Mon. Pasquale Iacobone
Il dialogo tra la Chiesa e gli Artisti
nel Magistero più recente,
da Paolo VI a Benedetto XVI
INTRODUZIONE
Ricorre quest’anno il decennale della Lettera agli Artisti di
Giovanni Paolo II, che porta la data del 4 aprile 1999, Pasqua di
Risurrezione. Per ricordare quel significativo e singolare documento del
Magistero e preparare quella nuova, significativa tappa del rapporto di
amicizia tra la Chiesa e gli artisti, rappresentata dall’incontro che
il Santo Padre Benedetto XVI concederà agli artisti convocati a Roma per
l’occasione, ci sembra utile ed opportuno ripercorrere, seppur molto
sinteticamente, i momenti salienti del rapporto tra la Chiesa e gli
artisti, così come delineato nel Magistero più recente, e cioè dal
Pontificato di Paolo VI a quello di Benedetto XVI, senza trascurare il
suggestivo Messaggio del Concilio Ecumenico Vaticano II agli artisti.
PAOLO VI
Nel secolo appena trascorso, gli interventi più incisivi e specifici
sul tema del rapporto tra Chiesa, arte e artisti appartengono al
Magistero di Paolo VI. Mentre era Arcivescovo di Milano, il Cardinale
Giovanni Battista Montini aveva dedicato numerosi discorsi alla
problematica, intervenendo in tante occasioni per manifestare non solo
la sua personale, profonda e sensibile attenzione al mondo della cultura
e delle arti, ma anche per sollecitare gli artisti ad allacciare una
rinnovata alleanza con la comunità cristiana, in cui esprimere con
creatività e libertà il proprio genio artistico. Poco prima della sua
elezione al Soglio di Pietro, ad esempio, si rivolge ai membri dell’UCAI
con un significativo intervento che anticipa i temi poi trattati nel
memorabile discorso della Cappella Sistina. In esso l’artista viene
definito “veicolo, tramite, interprete, ponte” tra il mondo religioso e
spirituale e la società, ed il suo ministero – “la sua magia, la sua
missione” – viene addirittura qualificato come “parasacerdotale”,
giacché opera mediante il “sacramento” costituito dal “segno sacro e
sensibile dell’arte”. Parafrasando il celebre motto di sant’Agostino,
così il Cardinal Montini si appella agli artisti: “Solo vi domandiamo
che questa vostra arte realmente e degnamente ci serva, che sia
funzionale, che la possiamo capire, che ci offra un aiuto, che dica una
parola vera e che il popolo che abbia una commozione sacra, religiosa.
Siate veramente in comunicazione ed in sintonia con il culto e con la
spiritualità cristiana; e dopo fate quel che volete!”.
Poco mesi dopo, quasi a conclusione del suo primo anno di
Pontificato, realizza quello storico incontro, che rimane ancor oggi una
pietra miliare del rapporto tra la Chiesa e gli artisti nel mondo
contemporaneo. Il 7 maggio del 1964 Paolo VI incontra gli artisti nella
Cappella Sistina, e nel celebre discorso che rivolge loro traccia le
linee essenziali e paradigmatiche di una autentica alleanza, anzi di una
vera amicizia, che deve rinnovarsi e rinvigorirsi con il contributo di
entrambe le parti, senza celare i problemi e gli ostacoli che hanno in
qualche modo rallentato o bloccato il dialogo. La ricchezza del discorso
e degli aspetti trattati non può esser approfondita in questa sede; ci
limitiamo perciò a sottolineare alcuni punti più rilevanti. Cuore del
discorso è la volontà di “ristabilire l’amicizia tra la Chiesa e gli
artisti”, amicizia “guastata” da entrambe le parti, sia col ricorrere ad
un’arte staccata dalla vita, e ancor più dall’esperienza religiosa, e
resasi quasi incomprensibile; sia con il pretendere l’assuefazione a
cliché e modelli “di pochi pregi e di poca spesa”.
“Noi dobbiamo ritornare alleati”, dice il papa agli artisti,
affermando senza remore “Noi abbiamo bisogno di voi. Il Nostro ministero
ha bisogno della vostra collaborazione”. Come già in precedenza, Paolo
VI ribadisce che quello dell’artista è un vero ministero, che per certi
versi si affianca e quasi si fonde con lo stesso ministero sacerdotale.
Il Pontefice giunge fino ad affermare che si dovrebbe “far coincidere
il sacerdozio con l’arte”.
Per rifare la pace e ritornare amici, Paolo VI propone agli artisti
due binari di collaborazione, su cui camminare insieme: la catechesi, in
cui la comunità cristiana rende partecipi gli artisti della sua
esperienza di fede, del suo itinerario spirituale; e il laboratorio, in
cui l’abilità e la genialità dell’artista si confrontano con la materia e
con le esigenze e finalità dell’opera da realizzare.
La riflessione e l’appello di Paolo VI ritornano a risuonare nel Messaggio finale che il Pontefice, a chiusura del Concilio Vaticano II,
rivolge agli artisti, l’8 dicembre del 1965. Con accorate espressioni
il Pontefice ribadisce i punti fermi del discorso della Sistina: “Se voi
siete gli amici della vera arte, voi siete nostri amici!... Oggi come
ieri la Chiesa ha bisogno di voi… Non lasciate che si rompa un’alleanza
tanto feconda!... Ricordatevi che siete custodi della bellezza nel
mondo”. Nel Messaggio troviamo, poi, quelle espressioni divenute celebri
e quanto mai attuali: “Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di
bellezza per non sprofondare nella disperazione. La bellezza, come la
verità, è ciò che infonde gioia nel cuore degli uomini, è quel frutto
prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e
le fa comunicare nell’ammirazione”.
Tra i tanti interventi di Paolo VI che toccano la tematica, e raccolti in un bel volume[1],
ricordiamo soltanto il Discorso pronunciato in occasione
dell’inaugurazione della Collezione di Arte religiosa moderna dei Musei
Vaticani (23 giugno 1973) ed il Discorso ai partecipanti al VII
Congresso Mariologico Mariano Internazionale, il 16 maggio 1975, in cui
si sottolinea l’importanza della via pulchritudinis negli studi teologici e mariologici.
GIOVANNI PAOLO II
Con Giovanni Paolo II sale sulla Cattedra di Pietro non solo un
filosofo e teologo, ma anche un artista, poeta e drammaturgo, che ha
sperimentato e promosso la sintonia tra via veritatis e via pulchritudinis.
In occasione del Dodicesimo Centenario del II Concilio di Nicea,
dedicato alla controversia sulle immagini, scrive nel 1987 la Lettera
Apostolica Duodecimum saeculum, purtroppo poco conosciuta, sia
per ribadire la legittimità delle immagini e della loro venerazione sia
per riaffermare il valore dell’arte per la Chiesa e la sua missione
evangelizzatrice: “Il credente di oggi, come quello di ieri, deve essere
aiutato nella preghiera e nella vita spirituale con la visione di opere
che cercano di esprimere il mistero senza per nulla occultarlo. È
questa la ragione per la quale oggi come per il passato, la fede è
l’ispiratrice necessaria dell’arte della Chiesa”.
Giovanni Paolo II comunque non si limita ad interventi più o meno
occasionali sul tema. Avendo profondamente a cuore il dialogo tra la
Chiesa e il mondo delle arti, rilancia l’alleanza, già sostenuta e
promossa da Paolo VI, con un documento del tutto originale, unico nel
suo genere, la Lettera agli Artisti, che porta la
significativa data della Pasqua di Risurrezione del 1999, alla vigilia
del grande Giubileo del 2000. L’itinerario di preparazione al grande
evento, con la sua scansione trinitaria, non è estraneo al percorso
tracciato dalla stessa Lettera. In essa, infatti, cogliamo
innanzitutto un percorso teologico imperniato sulla Trinità. Giovanni
Paolo II dapprima definisce l’artista “immagine di Dio Creatore”,
dell’Artista Divino, quindi motiva l’essenza dell’arte cristiana a
partire dal mistero del Verbo Incarnato e incoraggia gli artisti ad
accogliere in abbondanza “il dono di quelle ispirazioni creative da cui
prende inizio ogni autentica opera d’arte”, e che viene elargito dallo
Spirito, “il misterioso artista dell’universo”.
Al percorso teologico si affianca quello antropologico e morale, in
cui si riflette sulla vocazione dell’artista, sulla sua missione e sulla
sua responsabilità sociale ed ecclesiale. E’ davvero interessante
quanto Giovanni Paolo II afferma sulla connessione tra la sfera
artistica e quella morale, tra la soggettività della personalità
artistica e l’oggettività dell’opera realizzata: “attraverso le opere
realizzate, l’artista parla e comunica con gli altri. La storia
dell’arte, perciò, non è soltanto storia di opere, ma anche di uomini”.
Il tema dell’uomo, centrale in tutto il Magistero di Giovanni Paolo II,
ritorna imperiosamente anche nel nostro documento.
Suggestivo ed originale è, inoltre, il riferimento al bene comune:
gli artisti “rendono anche un servizio sociale qualificato a vantaggio
del bene comune” se sono consapevoli che esiste “un’etica, anzi una
«spiritualità» del servizio artistico, che a suo modo contribuisce alla
vita e alla rinascita di un popolo”.
Non manca nella Lettera anche un percorso storico, che tocca
alcune tappe significative ed alcuni tra i maggiori protagonisti della
storia dell’arte, in cui si evidenziano gli eloquenti frutti della
feconda alleanza tra l’arte e il Vangelo.
Il punto nevralgico della Lettera è costituito dai paragrafi
(nn. 10-13) in cui, riprendendo il Magistero di Paolo VI e del Concilio,
Giovanni Paolo II propone un rinnovato dialogo, che non può che partire
da una affermazione “La Chiesa ha bisogno dell’arte”, e da un
interrogativo: “L’arte ha bisogno della chiesa?”. La comunità cristiana,
pertanto, continua a nutrire “un grande apprezzamento per il valore
dell’arte come tale. Questa, infatti, quando è autentica, ha un’intima
affinità con il mondo della fede, sicché, persino nelle condizioni di
maggior distacco della cultura dalla Chiesa, proprio l’arte continua a
costituire una sorte di ponte gettato verso l’esperienza religiosa”.
Il documento si conclude con un vigoroso appello agli artisti,
chiamati ad essere responsabili dei talenti ricevuti: “La bellezza che
trasmetterete alle generazioni di domani sia tale da destare in esse lo stupore!”.
E’ un vero inno alla bellezza il brano conclusivo: “La bellezza è cifra
del mistero e richiamo al trascendente. E’ invito a gustare la vita e a
sognare il futuro. Per questo la bellezza delle cose create non può
appagare, e suscita quell’arcana nostalgia di Dio che un innamorato del
bello come sant’Agostino ha saputo interpretare con accenti
ineguagliabili”.
Va ricordato, infine, che tra le celebrazioni del Grande Giubileo del
2000 fu inserito anche il Giubileo degli Artisti, svoltosi dal 17 al 19
febbraio. Il Santo Padre, incontrando i partecipanti alla conclusione
della Celebrazione eucaristica, ricordò loro che “l’artista vive con la
bellezza una particolare relazione”, tanto da poter affermare che è
proprio questa “la vocazione a lui rivolta dal Creatore”. Giovanni Paolo
II riproponendo, infine, la “feconda alleanza tra Chiesa ed arte”,
ribadisce la valenza evangelizzatrice della bellezza artistica: “Se si è
capaci di scorgere nelle molteplici manifestazioni del bello un raggio
della bellezza suprema, allora l’arte diventa una via verso Dio”.
BENEDETTO XVI
L’attuale Pontefice mostra una particolare predilezione per il tema
della bellezza, come pure ha molto a cuore il rapporto con le arti, in
particolare con la musica. Quand’era Cardinale aveva sviluppato la
tematica in diversi interventi, tra cui spicca il Messaggio al Meeting di Rimini del 2002[2],
in cui, partendo dal Salmo 44 e citando Agostino e Platone, Kabasilas e
von Balthasar, parla del rapporto tra bellezza e verità affermando: “La
bellezza è certamente conoscenza, una forma superiore di conoscenza
poiché colpisce l’uomo con tutta la grandezza della verità… La vera
conoscenza è essere colpiti dal dardo della bellezza che ferisce l’uomo…
L’essere colpiti e conquistati attraverso la bellezza di Cristo è
conoscenza più reale e più profonda della mera deduzione razionale”.
Questa prospettiva si ritrova già nell’Omelia pronunciata da
Benedetto XVI nella celebrazione per l’inizio del Ministero Petrino, il
24 aprile del 2005. Anziché prospettare le linee del suo programma di
governo, Benedetto XVI parla alla Chiesa e al mondo intero attraverso i
segni che accompagnano l’inizio del Pontificato: il pallio e l’anello
del pescatore. Il suo appello conclusivo, rivolto soprattutto ai
giovani, coniuga due termini che ricorrono continuamente nel suo
Magistero: bellezza e amicizia, che hanno come termine ultimo e di
confronto definitivo Cristo stesso: “Non vi è niente di più bello che
essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di
più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con Lui…
Solo in quell’amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in
quell’amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della
condizione umana. Solo in quell’amicizia noi sperimentiamo ciò che è
bello e ciò che libera”.
Nel giugno dello stesso anno il Papa presenta il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica ritornando
sull’argomento: “Nel testo sono anche inserite delle immagini… Immagine
e parola s’illuminano così a vicenda. L’arte «parla» sempre, almeno
implicitamente, del divino, della bellezza infinita di Dio, riflessa
nell’Icona per eccellenza: Cristo Signore, Immagine del Dio invisibile.
Le immagini sacre, con la loro bellezza, sono anch’esse annuncio
evangelico ed esprimono lo splendore della verità cattolica, mostrando
la suprema armonia tra il buono e il bello, tra la via veritatis e la via pulchritudinis”.
La bellezza di Dio, del Verbo Incarnato, della fede ritornano
continuamente negli interventi del Pontefice, motivando l’attrazione
profonda che si trasforma poi in amicizia, cioè in un rapporto di fede
vissuto come dono di amicizia e di amore, ricevuto e ricambiato, e che
suscita un vero sentimento di gioia, sempre ricordato ed espresso nelle
parole del Santo Padre.
Tra gli interventi più recenti vogliamo riprendere proprio il Messaggio
rivolto a Mons. Ravasi in occasione della XIII Seduta Pubblica delle
Pontificie Accademie (25 novembre 2008), che aveva come tema:
“Universalità delle bellezza: estetica ed etica a confronto”.
Il Pontefice parte dall’analisi dell’attualità per poi proporre la
visione dell’umanesimo cristiano: “A diversi livelli, infatti, emerge
drammaticamente la scissione, e talvolta il contrasto, tra le due
dimensioni, cioè tra la ricerca della bellezza, compresa però
riduttivamente come forma esteriore, come apparenza da ricercare a tutti
i costi, e la verità e bontà delle azioni che si compiono per
realizzare quella stessa finalità. Infatti, una ricerca della bellezza
che fosse estranea o avulsa dall’umana ricerca della verità e della
bontà si trasformerebbe, come purtroppo succede, in mero estetismo, e,
soprattutto per i più giovani, in un itinerario che sfocia
nell’effimero, nell’apparire banale e superficiale o addirittura in una
fuga verso paradisi artificiali, che mascherano e nascondono il vuoto e
l’inconsistenza interiore. Tale apparente e superficiale ricerca non
avrebbe certo un afflato universale, ma risulterebbe inevitabilmente del
tutto soggettiva, se non addirittura individualistica, per terminare
talvolta nell’incomunicabilità.
Ho sottolineato più volte la necessità e l’impegno di un allargamento
degli orizzonti della ragione, ed in questa prospettiva bisogna tornare
a comprendere anche l’intima connessione che lega la ricerca della
bellezza con la ricerca della verità e della bontà. Una ragione che
volesse spogliarsi della bellezza risulterebbe dimezzata, come anche una
bellezza priva di ragione si ridurrebbe ad una maschera vuota ed
illusoria”.
Nello stesso Messaggio Benedetto XVI ricorda la Lettera agli Artisti
del suo Predecessore e invita tutti, nel decennale della sua
pubblicazione, a rileggerla attentamente, a “farne oggetto di una
rinnovata riflessione sull’arte, sulla creatività degli artisti, e sul
fecondo quanto problematico dialogo tra questi e la fede cristiana,
vissuta nella comunità dei credenti”.
Infine, un capitolo importante della riflessione sviluppata da Joseph
Ratzinger - Benedetto XVI è costituito dall’approfondimento in ambito
liturgico. La bellezza della liturgia manifesta sia la bellezza di Dio
che si comunica quanto la bellezza della Chiesa, dell’assemblea riunita
per vivere e manifestare la propria fede. Due capitoletti
dell’Esortazione Apostolica Sacramentum caritatis sono dedicati a questo aspetto (nn. 35 e 41).
In una recente Udienza Generale il Papa, parlando di Germano di
Costantinopoli, ritorna sulla bellezza della Chiesa e delle chiese,
della liturgia e delle sacre immagini: “Celebrare la liturgia nella
consapevolezza della presenza di Dio, con quella dignità e bellezza che
ne faccia vedere un poco lo splendore, è l’impegno di ogni cristiano
formato nella sua fede… Preghiamo Dio perché ci aiuti a vedere nella
Chiesa la sua presenza, la sua bellezza”.
Il Magistero Pontificio più recente, dunque, si rivela
particolarmente ricco e articolato, e sicuramente si arricchirà di un
altro significativo ed importante tassello con il Discorso che il Santo Padre rivolgerà agli artisti nell’incontro a loro dedicato, e fissato al prossimo 21 novembre.
http://www.cultura.va/content/cultura/it/dipartimenti/arte-e-fede/testi-e-documenti/vari/sulla-via-della-bellezza--fede--arte-e-artisti-nel-magistero-di-.html
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