domenica 4 agosto 2019

LA VITA SECONDO LO SPIRITO IN ORIENTE E IN OCCIDENTE, di Eleuterio F. Fortino





Commissione Ecumenica

LA VITA SECONDO LO SPIRITO IN ORIENTE E IN OCCIDENTE

Eleuterio F. Fortino


«La vita secondo lo Spirito Santo, nella varietà dei modelli e dei carismi, ha arricchito nel corso dei secoli sia la Chiesa cattolica che la Chiesa ortodossa di testimonianze straordinarie. Anche in questo nostro secolo non è mancato l'apporto di grazia di nuovi martiri, da cui i credenti sono stati sollecitati a rivolgere con maggiore attenzione lo sguardo a Cristo "Io stesso ieri, oggi e sempre" (Eb 13,8)». Questa affermazione si trova nel messaggio che il Santo Padre ha indirizzato al cardinale Edward I.Cassidy, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'unione dei Cristiani, per il V Simposio Intercristiano (Assisi, 5-8 settembre 1997), organizzato dall'Istituto di Spiritualità del Pontificio Ateneo Antonianum di Roma e della Facoltà Teologica ortodossa dell'Università "Aristotele" di Tessalonica.
Questa dei simposi intercristiani è una iniziativa di particolare interesse perché si tratta di qualcosa di più di un dialogo o di un confronto fra due facoltà teologiche. Cattolici e ortodossi, in questi incontri, come ha scritto il Santo Padre «intendono riflettere congiuntamente». Quest'anno lo hanno fatto sulla santità come vita nello Spirito. Negli altri anni su altri aspetti comuni della tradizione cristiana. I temi già affrontati negli anni passati lo mostrano con evidenza: "Preghiera e contemplazione" (Creta, 1992), "La spiritualità del monachesimo in oriente e occidente", (Tessalonica, 1993), "La dimensione ecclesiale della spiritualità" (Venezia, 1994), "Orientamento spirituale dell'Europa: il contributo del cristianesimo orientale ed occidentale" (Alessandropoli, Grecia, 1995).
La riflessione comune tra due tradizioni cristiane, come quella greca e quella latina, rivela una grande varietà di espressioni teologiche e spirituali che il più delle volte, sulla base della fede comune risultano complementari ed offrono strumenti fecondi di evangelizzazione nei diversi contesti culturali. Inoltre la messa in comune di queste espressioni può favorire un reciproco arricchimento.
Questa lezione che a noi cattolici proviene dal Concilio Vaticano II ci è stata ricordata da Giovanni Paolo II nella Enciclica Ut Unum Sint (n. 47-48) ed anche nella Lettera Apostolica Tertio Millennio Adveniente (n. 37). Il decreto sull'ecumenismo presenta il riconoscimento dell'opera che Dio opera tra gli altri cristiani come una necessità spirituale. «È necessario che i cattolici con gioia riconoscano e stimino i valori veramente cristiani promananti dal comune patrimonio che si trovano presso i fratelli da noi separati. Riconoscere le ricchezze di Cristo e le opere virtuose nella vita degli altri, i quali rendono testimonianza a Cristo, talora fino all'effusione del sangue, è cosa giusta e salutare: perché Dio è sempre stupendo e sorprendente nelle sue opere» (UR 4).
La riflessione comune sulla santità fa emergere la potenzialità dell'unico battesimo e come tutto ciò che è veramente cristiano non è mai contrario ai benefici della fede, anzi può far sì che lo stesso mistero di Cristo e della Chiesa sia raggiunto in modo più pieno. «Tale comune testimonianza della santità, come fedeltà all'unico Signore, è un potenziale ecumenico straordinariamente ricco di grazia»(Ut Unum Sint, 48).
Il simposio spaziava da un'area dedicata all'evidenziazione delle prospettive bibliche della vita nello spirito e ai fondamenti teologici per estendersi ai modelli di sacri canoni, allo Spirito Santo e ai carismi nei processi di canonizzazione, al linguaggio della santità nella società moderna e secolarizzata, all'esperienza nello spirito e l'educazione del mondo moderno. Ogni tematica era svolta parallelamente, almeno nella problematica, da un relatore cattolico e da uno della facoltà teologica ortodossa. Ne proveniva un quadro variegato, multicolore, popolato di figure diverse, da paesaggi variopinti, ma che - si aveva la chiara sensazione - aveva un'unica fonte di ispirazione.
A differenza di altri incontri di dialogo ecumenico, l'atmosfera di questo simposio era pacifica e pacificante, forse determinata dalla distanza che ciascuno sente in se stesso quando riflette sulla vocazione cristiana e la santità.
Una pubblicazione avvenuta a S. Pietroburgo, presentata da P. Teclevetrali, professore all'Istituto Ecumenico "San Bernardino" di Venezia, può essere presa come una sintesi del simposio stesso. Si tratta di una esperienza di comunione avviata fra il Patriarcato di Mosca e l'Ordine dei Frati Minori Francescani. Il relatore ha detto: «questo rapporto fraterno ha portato a scoprire molte affinità tra la spiritualità ortodossa e quella francescana. Non si tratta di corrispondenze riconducibili al campo psicologico o culturale. La comunione è profonda e tocca le stesse radici dell'esistenza: nasce dall'unico Spirito Santo, che ci introduce nella comunione con l'unico Cristo e con l'unico Padre, illuminandoci con l'unico Vangelo». Il titolo della pubblicazione è: Molteplici esperienze dell'unico vangelo. Testimonianze della spiritualità russa e della spiritualità francescana. Nel libro scritto insieme da cattolici e ortodossi vengono presentate alcune figure eminenti di santi delle due tradizioni: Sergio di Radonez, Serafino di Sarov, Elisabetta di Essen, Nicola di Mira, Francesco di Assisi, Chiara di Assisi, Antonio di Padova. Le biografie sono precedute da una breve storia e caratterizzazione della vita monastica russa e di quella cattolica francescana. Il relatore ha concluso: «Questo libro è presentato come uno scambio di doni fra due Chiese e due tradizioni spirituali che anelano alla comunione e all'unità».
La divisione fra cattolici e ortodossi ha di fatto apportato anche una profonda ferita al riconoscimento della santità. Il calendario della Chiesa cattolica e quello della Chiesa ortodossa, salvo i santi comuni del primo millennio, sono diversi. Sono in particolare assenti i santi canonizzati dopo la divisione. Questa aporia nel culto che si fonde su presupposti teologici esige una soluzione nell'ambito del ristabilimento della piena comunione. La divisione ecclesiale ha inciso nella stessa comunione dei santi almeno per il loro riconoscimento cultuale. Ciò rende più evidente la contraddizione generata dalla divisione.
Le relazioni che la Chiesa cattolica ha stabilito con gli altri cristiani dal Concilio Vaticano II in poi, oltre alla crescita di comunione e di fraternità, hanno fatto anche scoprire ciò che Dio opera in coloro che appartengono ad altre Chiese e Comunità ecclesiali.

Il Santo Padre ne ha fatto un elogio teologico e spirituale inedito. «In una visione teocentrica noi cristiani abbiamo già un martirologio comune»(UUS, 84). Infatti «la testimonianza resa a Cristo sino allo spargimento del sangue è divenuta patrimonio comune di cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti»(TMA, 37). Papa Giovanni Paolo II desidera che questa "testimonianza cristiana" resa particolarmente in questo secolo - in tempo di nazismo, di comunismo, di dittature in varie parti del mondo - non venga dimenticato, ma al contrario, sia riconosciuta, sia messa in evidenza in modo tale da risultare come esempio da imitare. Essa ha una valenza ecumenica che va al di là della stessa concettualizzazione teologica. «L'ecumenismo dei santi, dei martiri - afferma nello stesso luogo il Santo Padre - è forse il più convincente. La communio sanctorum parla con voce più alta dei fattori di divisione».




   
Fonte: http://www.vatican.va





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