SAN TOMMASO APOSTOLO
Patrono degli Architetti,
venerato
nella Cattedrale di Ortona.
Biografia
Nato e trascorsa la sua giovinezza sulle rive del
lago di Genezareth, dove esercitava il mestiere di pescatore, Tommaso
(traduzione greca: Didimo e dell'aramaico "ta’am": appaiato, gemello) fu
aggregato al collegio apostolico dopo la seconda pasqua. Certamente seguiva il
Maestro dall'inizio della vita pubblica; ignoriamo, comunque, la precisa
occasione quando entrò in relazione con Lui.
D'altronde quando gli apostoli devono surrogare Giuda nel numero dei Dodici per bocca di S. Pietro, richiamano il criterio per la scelta: "Tra chi ci fu compagni per tutto il tempo in cui il Signor Gesù ha vissuto in mezzo a noi, incominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato tra di noi assunto al cielo"; che vuol dire che la qualifica di apostolo richiedeva l'essere stati con Gesù tutti gli anni dalla Sua vita pubblica.
Dell’origine e dei genitori dell'apostolo non si ha nessun informazione; Cristo stesso sarebbe stato suo gemello nel senso che le somigliava molto; al punto - si diceva - che, spesso, egli era scambiato col Nazareno.
Dopo aver evangelizzato (negli anni 42-49) i Parti, i Medi, gli Ircani, i Battriani, i Margiani,
S. Tommaso si diresse in India dove, la prima volta (anni 53-60), predicò la fede di Cristo lungo le coste sud-occidentali (Malabar) e, successivamente, nel Coromandel (costa sud-orientale). Suggellò la sua missione col martirio - fu ucciso a colpi di lancia - in Calamina (l'odierna Myla - pour, sobborgo di Madras) tra gli anni 68-72.
D'altronde quando gli apostoli devono surrogare Giuda nel numero dei Dodici per bocca di S. Pietro, richiamano il criterio per la scelta: "Tra chi ci fu compagni per tutto il tempo in cui il Signor Gesù ha vissuto in mezzo a noi, incominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato tra di noi assunto al cielo"; che vuol dire che la qualifica di apostolo richiedeva l'essere stati con Gesù tutti gli anni dalla Sua vita pubblica.
Dell’origine e dei genitori dell'apostolo non si ha nessun informazione; Cristo stesso sarebbe stato suo gemello nel senso che le somigliava molto; al punto - si diceva - che, spesso, egli era scambiato col Nazareno.
Dopo aver evangelizzato (negli anni 42-49) i Parti, i Medi, gli Ircani, i Battriani, i Margiani,
S. Tommaso si diresse in India dove, la prima volta (anni 53-60), predicò la fede di Cristo lungo le coste sud-occidentali (Malabar) e, successivamente, nel Coromandel (costa sud-orientale). Suggellò la sua missione col martirio - fu ucciso a colpi di lancia - in Calamina (l'odierna Myla - pour, sobborgo di Madras) tra gli anni 68-72.
L'Apostolo del Vangelo
Per delineare da vicino la figura dell'Apostolo
Tommaso, andando oltre ciò che di essa la semplice religiosità popolare conosce,
bisogna riferirsi essenzialmente ai Vangeli ed in particolare al quarto
Evangelo, quello secondo Giovanni. In esso la figura di Tommaso si trova quattro
volte (cfr. Gv 11,16; 14,5; 20,24; 21,2) e sembra avere un ruolo ben preciso
all'interno di tutta la narrazione evangelica.
Escludendo la citazione di 21,2, dove Tommaso viene elencato tra altri discepoli, le restanti si trovano in contesti molto importanti.
La prima (Gv 11,16) è situata nel contesto del racconto della resurrezione di Lazzaro, miracolo che in tutto il Vangelo di Giovanni riveste un ruolo assai importante. E' il momento decisivo dopo il quale i giudei decidono di uccidere Gesù e, mentre i discepoli vogliono trattenere il Maestro nel timore di perderlo, Tommaso dice loro: "Andiamo anche noi a morire con Lui!". Egli pensa al pericolo reale ed attuale che Cristo corre nella Giudea ed esprime la sua prontezza a condividere tale pericolo. Già in questa prima comparsa possiamo rilevare la grandezza del nostro apostolo, poiché le sue parole sembrano sintetizzare il comune destino di tutti i cristiani: morire con Cristo per essere nuovamente vivi nella resurrezione.
La seconda circostanza in cui Tommaso è in evidenza la troviamo in 14,5 quando, dopo l'ultima cena, Gesù pronuncia il suo discorso di addio ai discepoli. Tommaso chiede al Maestro: "Signore non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via?" e il Signore pronuncia quella frase, "Io sono la Via, la Verità e la Vita", con la quale annuncia apertamente la sua identità. La sua domanda riflette l'ignoranza e l'ottusità dei discepoli, ma conduce Gesù a rivelare loro l'intima unione che corre tra Lui e il Padre. Tutto ciò ci dà la dimensione dell'uomo Tommaso che non conosce mezze misure e che, quindi, a ragione potrà pronunciare quella affermazione di fede che concluderà tutto il Vangelo di Giovanni: "Mio Signore e mio Dio!". Come ben si vede, la figura del nostro Apostolo, nel quarto Vangelo, emerge in connessione con i grandi temi, propri della teologia giovannea, della glorificazione di Cristo, della sua intima unione con il Padre, della sua risurrezione e della richiesta di fede.
Ciononostante San Tommaso è conosciuto soprattutto per l'episodio narrato al capitolo 20 dal versetto 24 al versetto 29 di cui diamo una traduzione.
v. 24 Tommaso uno dei dodici, detto didimo, non era con loro quando venne Gesù.
v. 25 Gli dissero dunque gli altri discepoli: abbiamo visto il Signore; ma egli rispose ad essi: se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato non crederò.
v. 26 Otto giorni dopo i suoi discepoli erano di nuovo in casa e Tommaso era con loro, venne Gesù a porte chiuse e stette in mezzo e disse : pace a voi.
v. 27 Poi dice a Tommaso: metti qua il tuo dito e guarda le mie mani, avvicina la tua mano e mettila nel mio costato, e non essere (diventare) più incredulo ma credente.
v.28 Tommaso rispose e gli disse.Signore mio e Dio mio.
v.29 Gli disse Gesù: perché mi hai veduto hai creduto, beati coloro che pur non avendo visto hanno creduto.
Il brano è la conclusione del capitolo sulla risurrezione che si compone di cinque scene due delle quali narrano la scoperta della tomba vuota e le altre due le apparizioni a Maria Maddalena e ai discepoli. L'ultima scena, quella nella quale compare il nostro Apostolo, sembra raccogliere e concludere le precedenti. Siamo nella seconda apparizione ai discepoli, avvenuta otto giorni dopo la pasqua e Tommaso mostra di essere disposto ad accogliere la testimonianza degli altri discepoli, che gli annunziano di avere visto il Signore, soltanto se controllerà fisicamente nel Risorto i segni della passione. Con infinita condiscendenza Gesù gli viene incontro e lo porta a proferire la più alta professione di fede presente nel quarto vangelo: " Signore mio e Dio mio!" Per capire tale risposta dobbiamo porla in relazione con la traduzione greca dei nomi ebraici, JHWH e Elohim, che nell'Antico Testamento erano le parole indicavano "Signore" e "Dio". La risposta che l'evangelista pone sulle labbra di Tommaso trasferisce su Cristo quanto l'Antico Testamento dice di JHWH e diventa l'esplicita proclamazione della divinità del Crocifisso-Risorto. Uno dei temi più importanti e centrali nel vangelo di Giovanni è senz'altro quello della fede, dell'incapacità e della difficoltà a credere: Nicodemo, la Samaritana, l'incomprensione degli apostoli. In particolare ciò che più difficilmente poteva essere accettato era l'identificazione che Gesù faceva di se stesso con il Padre facendosi uguale a Dio. Il tema della confessione di fede che percorre tutto il quarto vangelo trova nella professione di Tommaso la sua più alta espressione: tutti i lettori del vangelo, tutti coloro che in esso credono, fino alla fine dei tempi, sono chiamati a raggiungere la stessa maturità di fede del nostro Apostolo e, come lui, a dare la vita per il Cristo unico Signore e Dio.
Tommaso, l'ultimo che ha visto il Signore Risorto, diviene il primo dei credenti, l'APOSTOLO della FEDE.
Il campo di apostolato:
Gli Scritti Sacri non forniscono nessuna notizia intorno alle ulteriori vicende della vita di Tommaso; gli Atti degli Apostoli, ad esempio, non hanno conservata nessuna parola di lui, non ci informano di alcuna lettera sua. Ma potrebbe egli accomiatarsi dal Nuovo Testamento in modo più bello che con la sua professione nel Signore e Dio Gesù Cristo? Le notizie della tradizione ci indirizzano tutte verso oriente, verso la terra del sole levante, anzi nella tradizione siriaca e armena egli appare quale apostolo principale dell'Oriente. Le antiche informazioni, capeggiate dallo stesso Origene (+ 253), parlano di una attività apostolica di Tommaso fra i Parti; vengono ricordati pure i popoli dei Medi, Persiani, Ircani e Bactriani, che abitavano i territori degli odierni Iran, Iraq, Afghanistan e Belucistan. Un'altra tradizione dice che Tommaso incontrò fra i Persiani gli stessi Magi che un dì avevano reso omaggio al Bimbo di Betlemme, e amministrò loro il battesimo. Tommaso si sarebbe spinto ancor più innanzi, sino cioè alla vera India odierna, ebbe a suo favore anche scrittori cattolici solo dalla metà del secolo quarto; questa notizia non è in sé inconciliabile con le più antiche; nell'India stessa è sopravvissuta sino ad oggi l'opinione che Tommaso giungesse nella regione per la "via della seta", attraverso cioè la Persia e il Tibet. Quasi negli stessi anni, molti fuggitivi giudeocristiani sarebbero arrivati per via di mare in Cochin, dove il nostro Apostolo avrebbe faticato, finché più tardi si sarebbe inoltrato nel Travancore. Una antica tradizione siriana chiama Tommaso "guida e maestro della Chiesa dell'India, ch'egli fondò e resse". I cosiddetti "cristiani di Tommaso", che sono sopravvissuti sino al nostro tempo nella costa del Malabar - quelli uniti a Roma ascendevano nel 1937 a 700.000 credenti -, vedono in questo Apostolo il loro padre spirituale. V'è anche un'altra opinione, secondo la quale egli avrebbe predicato il Vangelo addirittura in Cina; ma questa non si può dimostrare storicamente vera.
Escludendo la citazione di 21,2, dove Tommaso viene elencato tra altri discepoli, le restanti si trovano in contesti molto importanti.
La prima (Gv 11,16) è situata nel contesto del racconto della resurrezione di Lazzaro, miracolo che in tutto il Vangelo di Giovanni riveste un ruolo assai importante. E' il momento decisivo dopo il quale i giudei decidono di uccidere Gesù e, mentre i discepoli vogliono trattenere il Maestro nel timore di perderlo, Tommaso dice loro: "Andiamo anche noi a morire con Lui!". Egli pensa al pericolo reale ed attuale che Cristo corre nella Giudea ed esprime la sua prontezza a condividere tale pericolo. Già in questa prima comparsa possiamo rilevare la grandezza del nostro apostolo, poiché le sue parole sembrano sintetizzare il comune destino di tutti i cristiani: morire con Cristo per essere nuovamente vivi nella resurrezione.
La seconda circostanza in cui Tommaso è in evidenza la troviamo in 14,5 quando, dopo l'ultima cena, Gesù pronuncia il suo discorso di addio ai discepoli. Tommaso chiede al Maestro: "Signore non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via?" e il Signore pronuncia quella frase, "Io sono la Via, la Verità e la Vita", con la quale annuncia apertamente la sua identità. La sua domanda riflette l'ignoranza e l'ottusità dei discepoli, ma conduce Gesù a rivelare loro l'intima unione che corre tra Lui e il Padre. Tutto ciò ci dà la dimensione dell'uomo Tommaso che non conosce mezze misure e che, quindi, a ragione potrà pronunciare quella affermazione di fede che concluderà tutto il Vangelo di Giovanni: "Mio Signore e mio Dio!". Come ben si vede, la figura del nostro Apostolo, nel quarto Vangelo, emerge in connessione con i grandi temi, propri della teologia giovannea, della glorificazione di Cristo, della sua intima unione con il Padre, della sua risurrezione e della richiesta di fede.
Ciononostante San Tommaso è conosciuto soprattutto per l'episodio narrato al capitolo 20 dal versetto 24 al versetto 29 di cui diamo una traduzione.
v. 24 Tommaso uno dei dodici, detto didimo, non era con loro quando venne Gesù.
v. 25 Gli dissero dunque gli altri discepoli: abbiamo visto il Signore; ma egli rispose ad essi: se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato non crederò.
v. 26 Otto giorni dopo i suoi discepoli erano di nuovo in casa e Tommaso era con loro, venne Gesù a porte chiuse e stette in mezzo e disse : pace a voi.
v. 27 Poi dice a Tommaso: metti qua il tuo dito e guarda le mie mani, avvicina la tua mano e mettila nel mio costato, e non essere (diventare) più incredulo ma credente.
v.28 Tommaso rispose e gli disse.Signore mio e Dio mio.
v.29 Gli disse Gesù: perché mi hai veduto hai creduto, beati coloro che pur non avendo visto hanno creduto.
Il brano è la conclusione del capitolo sulla risurrezione che si compone di cinque scene due delle quali narrano la scoperta della tomba vuota e le altre due le apparizioni a Maria Maddalena e ai discepoli. L'ultima scena, quella nella quale compare il nostro Apostolo, sembra raccogliere e concludere le precedenti. Siamo nella seconda apparizione ai discepoli, avvenuta otto giorni dopo la pasqua e Tommaso mostra di essere disposto ad accogliere la testimonianza degli altri discepoli, che gli annunziano di avere visto il Signore, soltanto se controllerà fisicamente nel Risorto i segni della passione. Con infinita condiscendenza Gesù gli viene incontro e lo porta a proferire la più alta professione di fede presente nel quarto vangelo: " Signore mio e Dio mio!" Per capire tale risposta dobbiamo porla in relazione con la traduzione greca dei nomi ebraici, JHWH e Elohim, che nell'Antico Testamento erano le parole indicavano "Signore" e "Dio". La risposta che l'evangelista pone sulle labbra di Tommaso trasferisce su Cristo quanto l'Antico Testamento dice di JHWH e diventa l'esplicita proclamazione della divinità del Crocifisso-Risorto. Uno dei temi più importanti e centrali nel vangelo di Giovanni è senz'altro quello della fede, dell'incapacità e della difficoltà a credere: Nicodemo, la Samaritana, l'incomprensione degli apostoli. In particolare ciò che più difficilmente poteva essere accettato era l'identificazione che Gesù faceva di se stesso con il Padre facendosi uguale a Dio. Il tema della confessione di fede che percorre tutto il quarto vangelo trova nella professione di Tommaso la sua più alta espressione: tutti i lettori del vangelo, tutti coloro che in esso credono, fino alla fine dei tempi, sono chiamati a raggiungere la stessa maturità di fede del nostro Apostolo e, come lui, a dare la vita per il Cristo unico Signore e Dio.
Tommaso, l'ultimo che ha visto il Signore Risorto, diviene il primo dei credenti, l'APOSTOLO della FEDE.
Il campo di apostolato:
Gli Scritti Sacri non forniscono nessuna notizia intorno alle ulteriori vicende della vita di Tommaso; gli Atti degli Apostoli, ad esempio, non hanno conservata nessuna parola di lui, non ci informano di alcuna lettera sua. Ma potrebbe egli accomiatarsi dal Nuovo Testamento in modo più bello che con la sua professione nel Signore e Dio Gesù Cristo? Le notizie della tradizione ci indirizzano tutte verso oriente, verso la terra del sole levante, anzi nella tradizione siriaca e armena egli appare quale apostolo principale dell'Oriente. Le antiche informazioni, capeggiate dallo stesso Origene (+ 253), parlano di una attività apostolica di Tommaso fra i Parti; vengono ricordati pure i popoli dei Medi, Persiani, Ircani e Bactriani, che abitavano i territori degli odierni Iran, Iraq, Afghanistan e Belucistan. Un'altra tradizione dice che Tommaso incontrò fra i Persiani gli stessi Magi che un dì avevano reso omaggio al Bimbo di Betlemme, e amministrò loro il battesimo. Tommaso si sarebbe spinto ancor più innanzi, sino cioè alla vera India odierna, ebbe a suo favore anche scrittori cattolici solo dalla metà del secolo quarto; questa notizia non è in sé inconciliabile con le più antiche; nell'India stessa è sopravvissuta sino ad oggi l'opinione che Tommaso giungesse nella regione per la "via della seta", attraverso cioè la Persia e il Tibet. Quasi negli stessi anni, molti fuggitivi giudeocristiani sarebbero arrivati per via di mare in Cochin, dove il nostro Apostolo avrebbe faticato, finché più tardi si sarebbe inoltrato nel Travancore. Una antica tradizione siriana chiama Tommaso "guida e maestro della Chiesa dell'India, ch'egli fondò e resse". I cosiddetti "cristiani di Tommaso", che sono sopravvissuti sino al nostro tempo nella costa del Malabar - quelli uniti a Roma ascendevano nel 1937 a 700.000 credenti -, vedono in questo Apostolo il loro padre spirituale. V'è anche un'altra opinione, secondo la quale egli avrebbe predicato il Vangelo addirittura in Cina; ma questa non si può dimostrare storicamente vera.
Chi è San Tommaso Apostolo ?
"Apostulus ille dubitans, dum in magistro suo
vulnera palpat carnis,in nobis vulnera sanat infidelitatis"
Chi era l’apostolo San Tommaso? Cosa significa il suo nome? Come viene ritratto dai Vangeli canonici? Che cosa può dire oggi a noi, dopo duemila anni, la figura di un santo tanto grande e insigne? Per poter rispondere in modo preciso e semplice a queste domande vale la pena di leggere la catechesi tenuta da Sua Santità Benedetto XVI durante l’udienza generale del 27 settembre 2006.
“Proseguendo i nostri incontri con i dodici Apostoli scelti direttamente da Gesù, oggi dedichiamo la nostra attenzione a Tommaso. Sempre presente nelle quattro liste compilate dal Nuovo Testamento, egli nei primi tre Vangeli è collocato accanto a Matteo (cfr Mt 10,3; Mc 3,18; Lc 6,15), mentre negli Atti si trova vicino a Filippo (cfr At 1,13). Il suo nome deriva da una radice ebraica, ta’am, che significa "appaiato, gemello". In effetti, il Vangelo di Giovanni più volte lo chiama con il soprannome di "Didimo" (cfr Gv 11,16; 20,24; 21,2), che in greco vuol dire appunto "gemello". Non è chiaro il perché di questo appellativo.
Soprattutto il Quarto Vangelo ci offre alcune notizie che ritraggono qualche lineamento significativo della sua personalità. La prima riguarda l'esortazione, che egli fece agli altri Apostoli, quando Gesù, in un momento critico della sua vita, decise di andare a Betania per risuscitare Lazzaro, avvicinandosi così pericolosamente a Gerusalemme (cfr Mc 10,32). In quell'occasione Tommaso disse ai suoi condiscepoli: "Andiamo anche noi e moriamo con lui" (Gv 11,16). Questa sua determinazione nel seguire il Maestro è davvero esemplare e ci offre un prezioso insegnamento: rivela la totale disponibilità ad aderire a Gesù, fino ad identificare la propria sorte con quella di Lui ed a voler condividere con Lui la prova suprema della morte. In effetti, la cosa più importante è non distaccarsi mai da Gesù. D'altronde, quando i Vangeli usano il verbo "seguire" è per significare che dove si dirige Lui, là deve andare anche il suo discepolo. In questo modo, la vita cristiana si definisce come una vita con Gesù Cristo, una vita da trascorrere insieme con Lui. San Paolo scrive qualcosa di analogo, quando così rassicura i cristiani di Corinto: "Voi siete nel nostro cuore, per morire insieme e insieme vivere" (2 Cor 7,3). Ciò che si verifica tra l’Apostolo e i suoi cristiani deve, ovviamente, valere prima di tutto per il rapporto tra i cristiani e Gesù stesso: morire insieme, vivere insieme, stare nel suo cuore come Lui sta nel nostro.
Un secondo intervento di Tommaso è registrato nell’Ultima Cena. In quell’occasione Gesù, predicendo la propria imminente dipartita, annuncia di andare a preparare un posto ai discepoli perché siano anch'essi dove si trova lui; e precisa loro: "Del luogo dove io vado, voi conoscete la via" (Gv 14,4). E’ allora che Tommaso interviene dicendo: "Signore, non sappiamo dove vai, e come possiamo conoscere la via?" (Gv 14,5). In realtà, con questa uscita egli si pone ad un livello di comprensione piuttosto basso; ma queste sue parole forniscono a Gesù l'occasione per pronunciare la celebre definizione: "Io sono la via, la verità e la vita" (Gv 14,6). E’ dunque primariamente a Tommaso che viene fatta questa rivelazione, ma essa vale per tutti noi e per tutti i tempi. Ogni volta che noi sentiamo o leggiamo queste parole, possiamo metterci col pensiero al fianco di Tommaso ed immaginare che il Signore parli anche con noi così come parlò con lui. Nello stesso tempo, la sua domanda conferisce anche a noi il diritto, per così dire, di chiedere spiegazioni a Gesù. Noi spesso non lo comprendiamo. Abbiamo il coraggio di dire: non ti comprendo, Signore, ascoltami, aiutami a capire. In tal modo, con questa franchezza che è il vero modo di pregare, di parlare con Gesù, esprimiamo la pochezza della nostra capacità di comprendere, al tempo stesso ci poniamo nell’atteggiamento fiducioso di chi si attende luce e forza da chi è in grado di donarle.
Notissima, poi, e persino proverbiale è la scena di Tommaso incredulo, avvenuta otto giorni dopo la Pasqua. In un primo tempo, egli non aveva creduto a Gesù apparso in sua assenza, e aveva detto: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò!" (Gv 20,25). In fondo, da queste parole emerge la convinzione che Gesù sia ormai riconoscibile non tanto dal viso quanto dalle piaghe. Tommaso ritiene che segni qualificanti dell’identità di Gesù siano ora soprattutto le piaghe, nelle quali si rivela fino a che punto Egli ci ha amati. In questo l’Apostolo non si sbaglia. Come sappiamo, otto giorni dopo Gesù ricompare in mezzo ai suoi discepoli, e questa volta Tommaso è presente. E Gesù lo interpella: "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la mano e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo, ma credente" (Gv 20,27). Tommaso reagisce con la più splendida professione di fede di tutto il Nuovo Testamento: "Mio Signore e mio Dio!" (Gv 20,28). A questo proposito commenta Sant’Agostino: Tommaso "vedeva e toccava l’uomo, ma confessava la sua fede in Dio, che non vedeva né toccava. Ma quanto vedeva e toccava lo induceva a credere in ciò di cui sino ad allora aveva dubitato" (In Iohann. 121,5). L'evangelista prosegue con un’ultima parola di Gesù a Tommaso: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno" (Gv 20,29). Questa frase si può anche mettere al presente: "Beati quelli che non vedono eppure credono". In ogni caso, qui Gesù enuncia un principio fondamentale per i cristiani che verranno dopo Tommaso, quindi per tutti noi. E’ interessante osservare come un altro Tommaso, il grande teologo medioevale di Aquino, accosti a questa formula di beatitudine quella apparentemente opposta riportata da Luca: "Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete" (Lc 10,23). Ma l’Aquinate commenta: "Merita molto di più chi crede senza vedere che non chi crede vedendo" (In Johann. XX lectio VI § 2566). In effetti, la Lettera agli Ebrei, richiamando tutta la serie degli antichi Patriarchi biblici, che credessero in Dio senza vedere il compimento delle sue promesse, definisce la fede come "fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono" (11,1). Il caso dell’apostolo Tommaso è importante per noi per almeno tre motivi: primo, perché ci conforta nelle nostre insicurezze; secondo, perché ci dimostra che ogni dubbio può approdare a un esito luminoso oltre ogni incertezza; e, infine, perché le parole rivolte a lui da Gesù ci ricordano il vero senso della fede matura e ci incoraggiano a proseguire, nonostante la difficoltà, sul nostro cammino di adesione a Lui.
Un'ultima annotazione su Tommaso ci è conservata dal Quarto Vangelo, che lo presenta come testimone del Risorto nel successivo momento della pesca miracolosa sul Lago di Tiberiade (cfr Gv 21,2). In quell'occasione egli è menzionato addirittura subito dopo Simon Pietro: segno evidente della notevole importanza di cui godeva nell’ambito delle prime comunità cristiane. In effetti, nel suo nome vennero poi scritti gli Atti e il Vangelo di Tommaso, ambedue apocrifi ma comunque importanti per lo studio delle origini cristiane. Ricordiamo infine che, secondo un’antica tradizione, Tommaso evangelizzò prima la Siria e la Persia (così riferisce già Origene, riportato da Eusebio di Cesarea, Hist. eccl. 3,1) e poi si spinse fino all'India occidentale (cfr Atti di Tommaso 1-2 e 17ss), da dove poi il cristianesimo raggiunse anche l’India meridionale. In questa prospettiva missionaria terminiamo la nostra riflessione, esprimendo l’auspicio che l’esempio di Tommaso corrobori sempre più la nostra fede in Gesù Cristo, nostro Signore e nostro Dio.”
Chi era l’apostolo San Tommaso? Cosa significa il suo nome? Come viene ritratto dai Vangeli canonici? Che cosa può dire oggi a noi, dopo duemila anni, la figura di un santo tanto grande e insigne? Per poter rispondere in modo preciso e semplice a queste domande vale la pena di leggere la catechesi tenuta da Sua Santità Benedetto XVI durante l’udienza generale del 27 settembre 2006.
“Proseguendo i nostri incontri con i dodici Apostoli scelti direttamente da Gesù, oggi dedichiamo la nostra attenzione a Tommaso. Sempre presente nelle quattro liste compilate dal Nuovo Testamento, egli nei primi tre Vangeli è collocato accanto a Matteo (cfr Mt 10,3; Mc 3,18; Lc 6,15), mentre negli Atti si trova vicino a Filippo (cfr At 1,13). Il suo nome deriva da una radice ebraica, ta’am, che significa "appaiato, gemello". In effetti, il Vangelo di Giovanni più volte lo chiama con il soprannome di "Didimo" (cfr Gv 11,16; 20,24; 21,2), che in greco vuol dire appunto "gemello". Non è chiaro il perché di questo appellativo.
Soprattutto il Quarto Vangelo ci offre alcune notizie che ritraggono qualche lineamento significativo della sua personalità. La prima riguarda l'esortazione, che egli fece agli altri Apostoli, quando Gesù, in un momento critico della sua vita, decise di andare a Betania per risuscitare Lazzaro, avvicinandosi così pericolosamente a Gerusalemme (cfr Mc 10,32). In quell'occasione Tommaso disse ai suoi condiscepoli: "Andiamo anche noi e moriamo con lui" (Gv 11,16). Questa sua determinazione nel seguire il Maestro è davvero esemplare e ci offre un prezioso insegnamento: rivela la totale disponibilità ad aderire a Gesù, fino ad identificare la propria sorte con quella di Lui ed a voler condividere con Lui la prova suprema della morte. In effetti, la cosa più importante è non distaccarsi mai da Gesù. D'altronde, quando i Vangeli usano il verbo "seguire" è per significare che dove si dirige Lui, là deve andare anche il suo discepolo. In questo modo, la vita cristiana si definisce come una vita con Gesù Cristo, una vita da trascorrere insieme con Lui. San Paolo scrive qualcosa di analogo, quando così rassicura i cristiani di Corinto: "Voi siete nel nostro cuore, per morire insieme e insieme vivere" (2 Cor 7,3). Ciò che si verifica tra l’Apostolo e i suoi cristiani deve, ovviamente, valere prima di tutto per il rapporto tra i cristiani e Gesù stesso: morire insieme, vivere insieme, stare nel suo cuore come Lui sta nel nostro.
Un secondo intervento di Tommaso è registrato nell’Ultima Cena. In quell’occasione Gesù, predicendo la propria imminente dipartita, annuncia di andare a preparare un posto ai discepoli perché siano anch'essi dove si trova lui; e precisa loro: "Del luogo dove io vado, voi conoscete la via" (Gv 14,4). E’ allora che Tommaso interviene dicendo: "Signore, non sappiamo dove vai, e come possiamo conoscere la via?" (Gv 14,5). In realtà, con questa uscita egli si pone ad un livello di comprensione piuttosto basso; ma queste sue parole forniscono a Gesù l'occasione per pronunciare la celebre definizione: "Io sono la via, la verità e la vita" (Gv 14,6). E’ dunque primariamente a Tommaso che viene fatta questa rivelazione, ma essa vale per tutti noi e per tutti i tempi. Ogni volta che noi sentiamo o leggiamo queste parole, possiamo metterci col pensiero al fianco di Tommaso ed immaginare che il Signore parli anche con noi così come parlò con lui. Nello stesso tempo, la sua domanda conferisce anche a noi il diritto, per così dire, di chiedere spiegazioni a Gesù. Noi spesso non lo comprendiamo. Abbiamo il coraggio di dire: non ti comprendo, Signore, ascoltami, aiutami a capire. In tal modo, con questa franchezza che è il vero modo di pregare, di parlare con Gesù, esprimiamo la pochezza della nostra capacità di comprendere, al tempo stesso ci poniamo nell’atteggiamento fiducioso di chi si attende luce e forza da chi è in grado di donarle.
Notissima, poi, e persino proverbiale è la scena di Tommaso incredulo, avvenuta otto giorni dopo la Pasqua. In un primo tempo, egli non aveva creduto a Gesù apparso in sua assenza, e aveva detto: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò!" (Gv 20,25). In fondo, da queste parole emerge la convinzione che Gesù sia ormai riconoscibile non tanto dal viso quanto dalle piaghe. Tommaso ritiene che segni qualificanti dell’identità di Gesù siano ora soprattutto le piaghe, nelle quali si rivela fino a che punto Egli ci ha amati. In questo l’Apostolo non si sbaglia. Come sappiamo, otto giorni dopo Gesù ricompare in mezzo ai suoi discepoli, e questa volta Tommaso è presente. E Gesù lo interpella: "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la mano e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo, ma credente" (Gv 20,27). Tommaso reagisce con la più splendida professione di fede di tutto il Nuovo Testamento: "Mio Signore e mio Dio!" (Gv 20,28). A questo proposito commenta Sant’Agostino: Tommaso "vedeva e toccava l’uomo, ma confessava la sua fede in Dio, che non vedeva né toccava. Ma quanto vedeva e toccava lo induceva a credere in ciò di cui sino ad allora aveva dubitato" (In Iohann. 121,5). L'evangelista prosegue con un’ultima parola di Gesù a Tommaso: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno" (Gv 20,29). Questa frase si può anche mettere al presente: "Beati quelli che non vedono eppure credono". In ogni caso, qui Gesù enuncia un principio fondamentale per i cristiani che verranno dopo Tommaso, quindi per tutti noi. E’ interessante osservare come un altro Tommaso, il grande teologo medioevale di Aquino, accosti a questa formula di beatitudine quella apparentemente opposta riportata da Luca: "Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete" (Lc 10,23). Ma l’Aquinate commenta: "Merita molto di più chi crede senza vedere che non chi crede vedendo" (In Johann. XX lectio VI § 2566). In effetti, la Lettera agli Ebrei, richiamando tutta la serie degli antichi Patriarchi biblici, che credessero in Dio senza vedere il compimento delle sue promesse, definisce la fede come "fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono" (11,1). Il caso dell’apostolo Tommaso è importante per noi per almeno tre motivi: primo, perché ci conforta nelle nostre insicurezze; secondo, perché ci dimostra che ogni dubbio può approdare a un esito luminoso oltre ogni incertezza; e, infine, perché le parole rivolte a lui da Gesù ci ricordano il vero senso della fede matura e ci incoraggiano a proseguire, nonostante la difficoltà, sul nostro cammino di adesione a Lui.
Un'ultima annotazione su Tommaso ci è conservata dal Quarto Vangelo, che lo presenta come testimone del Risorto nel successivo momento della pesca miracolosa sul Lago di Tiberiade (cfr Gv 21,2). In quell'occasione egli è menzionato addirittura subito dopo Simon Pietro: segno evidente della notevole importanza di cui godeva nell’ambito delle prime comunità cristiane. In effetti, nel suo nome vennero poi scritti gli Atti e il Vangelo di Tommaso, ambedue apocrifi ma comunque importanti per lo studio delle origini cristiane. Ricordiamo infine che, secondo un’antica tradizione, Tommaso evangelizzò prima la Siria e la Persia (così riferisce già Origene, riportato da Eusebio di Cesarea, Hist. eccl. 3,1) e poi si spinse fino all'India occidentale (cfr Atti di Tommaso 1-2 e 17ss), da dove poi il cristianesimo raggiunse anche l’India meridionale. In questa prospettiva missionaria terminiamo la nostra riflessione, esprimendo l’auspicio che l’esempio di Tommaso corrobori sempre più la nostra fede in Gesù Cristo, nostro Signore e nostro Dio.”
42-72 d.C.: Tommaso Apostolo, Missionario
evangelizzatore dei popoli fino al lontano Oriente.
La
presenza cristiana in Oriente ha radici antichissime. I cristiani di questa
parte del mondo, che va dall'Iraq fino all'India, si definiscono "figli di san
Tommaso". Tutto cominciò, infatti, quando l'Apostolo Tommaso (traduzione greca
dell'aramaico "Toma"=Gemello), dopo la morte e Risurrezione di Gesù, partì da
Gerusalemme nel 40 d.C. ed evangelizzò negli anni 42-49 tutte le popolazioni del
Medio Oriente (i Parti, i Medi, gli Ircani, i Battriani, i Margiani) che
abitavano i territori degli odierni Iran, Iraq, Afghanistan e Belucistan. Ma San
Tommaso, preso dall'ardore missionario di tutti gli apostoli di Gesù, non si
fermò: il primo missionario di Oriente si diresse in India per portare il Lieto
Annuncio del Vangelo a genti ancora più lontane. Così l'Apostolo predicò la fede
di Cristo la prima volta (anni 53-60 d.C.) lungo le coste sud-occidentali
dell'India (zona del Malabar, l'odierno Kerala) a popolazioni che accolsero con
entusiasmo e gioia la sua predicazione. Successivamente Tommaso riuscì ad
arrivare anche nella costa sud-orientale dell'India (zona del Coromandel), dove
continuò la sua missione evangelizzatrice, una missione che lo condusse a dare
la vita per la fede in Gesù Cristo. L'Apostolo infatti suggellò la sua missione
col martirio: proprio in uno dei suoi viaggi missionari, mentre annunciava la
Buona Novella a persone che non conoscevano Gesù, fu ucciso a colpi di lancia in
Calamina (l'odierna Mylapour, sobborgo di Madras) tra gli anni 68-72 d.C.
Una antica tradizione chiama Tommaso "guida e maestro della Chiesa dell'India, ch'egli fondò e resse". Da allora, ancora oggi questi cattolici sono chiamati "cristiani di Tommaso": essi sono sopravvissuti sino al nostro tempo nella costa del Malabar, oggi stato del Kerala, e vedono in questo Apostolo il loro padre spirituale. Secondo alcuni storici, san Tommaso avrebbe predicato il Vangelo addirittura in Cina; ma questa ipotesi non si può dimostrare con prove documentate.
Da questa predicazione dell'Apostolo sono nate la Chiesa Caldea, che ha la culla nell'odierno Iraq, e la Chiesa siro-malabarese, che avuto una grandissima fioritura nell'India Sudoccidentale. Nel corso dei secoli la Chiesa Caldea, come altre Chiese in Oriente, ha lavorato a livello pastorale soprattutto per la propria sopravvivenza, resistendo alla conquista Islamica e conservando viva la luce della Fede in Cristo nei limiti imposti da un contesto a maggioranza islamica (Iraq, Iran, Medio Oriente) o indù (India). Attualmente la missionarietà della Chiesa Caldea si esprime soprattutto nelle comunità della diaspora, che si impegnano nel garantire assistenza spirituale e catechesi rivolte soprattutto ai giovani, spesso con il supporto di strutture e mezzi delle comunità di rito latino.
Una antica tradizione chiama Tommaso "guida e maestro della Chiesa dell'India, ch'egli fondò e resse". Da allora, ancora oggi questi cattolici sono chiamati "cristiani di Tommaso": essi sono sopravvissuti sino al nostro tempo nella costa del Malabar, oggi stato del Kerala, e vedono in questo Apostolo il loro padre spirituale. Secondo alcuni storici, san Tommaso avrebbe predicato il Vangelo addirittura in Cina; ma questa ipotesi non si può dimostrare con prove documentate.
Da questa predicazione dell'Apostolo sono nate la Chiesa Caldea, che ha la culla nell'odierno Iraq, e la Chiesa siro-malabarese, che avuto una grandissima fioritura nell'India Sudoccidentale. Nel corso dei secoli la Chiesa Caldea, come altre Chiese in Oriente, ha lavorato a livello pastorale soprattutto per la propria sopravvivenza, resistendo alla conquista Islamica e conservando viva la luce della Fede in Cristo nei limiti imposti da un contesto a maggioranza islamica (Iraq, Iran, Medio Oriente) o indù (India). Attualmente la missionarietà della Chiesa Caldea si esprime soprattutto nelle comunità della diaspora, che si impegnano nel garantire assistenza spirituale e catechesi rivolte soprattutto ai giovani, spesso con il supporto di strutture e mezzi delle comunità di rito latino.
India - Lo stupore dei Portoghesi nell'incontro con la
Chiesa generata dall'evangelizzazione di San Tommaso Apostolo
L'evangelizzazione di San Tommaso Apostolo, il primo Missionario d'Oriente,
nell'India meridionale, avvenuta nel 52 d.C., generò la Chiesa chiamata oggi "Siro-malabarese"
che appartiene alla tradizione rituale Caldea. Secondo gli storici l'Apostolo
Tommaso seguì la via del commercio, dal Medio Oriente all'India, e approdò sulla
costa dell'attuale Kerala, nota come Malabar ai mercanti di spezie, per
diffondere il Vangelo in questa regione famosa per il pepe, il cardamomo, il
caffè e il tè. Oggi la Chiesa Siro-malabarese, che ha la sua culla nel Kerala,
l'area con la maggiore densità di cattolici in India, conserva una peculiarità e
una ricchezza di riti, gestualità e costumi che si esprimono anche in una
tradizionale danza folcloristica, chiamata "Margam Kali", che racconta la storia
dell'evangelizzazione della zona..
La comunità locale conobbe una grande fioritura nei secoli successivi. E quando i Portoghesi arrivarono in India alla fine del XV sec., essi incontrarono con grande stupore le comunità cristiane fondate da San Tommaso, ampiamente integrate nella società indiana.
La comunità locale conobbe una grande fioritura nei secoli successivi. E quando i Portoghesi arrivarono in India alla fine del XV sec., essi incontrarono con grande stupore le comunità cristiane fondate da San Tommaso, ampiamente integrate nella società indiana.
Ricognizione scientifica
testo integrale sulla rimozione del
cranio
Dalla DICHIARAZIONE VESCOVILE CIRCA LA RIMOZIONE DELLA RELIQUIA DEL CRANIO
(dal verbale consegnato il 13 settembre 1983)
Il giorno 12 settembre dell'Anno Santo della Redenzione 1983, alle ore 16, nella Cattedrale di Ortona, si è proceduto all'estrazione della Reliquia del Cranio dell'Apostolo San Tommaso dal busto argenteo custodito nell'urna posta al centro dell'altare nella cappella a Lui dedicata…. Rotti i sigilli, dice S.E. l'Arcivescovo Mons. Enzio d'Antonio, ho estratto il Cranio dell'Apostolo. Un frammento bruciacchiato di reliquia è stato rinvenuto tra la stoffa che riveste all'interno la testa del busto argenteo; un pezzo di mandibola, rabberciato con nastro adesivo, era legato in qualche modo ad un nastro di seta rossa.
Terminata l'operazione, alle ore 18 il busto argenteo è stato ricollocato nell'urna.
Il Sacro Cranio è stato preso in consegna e trasferito in luogo sicuro.
Dalla DICHIARAZIONE VESCOVILE CIRCA LA RIMOZIONE DELLA RELIQUIA DEL CRANIO
(dal verbale consegnato il 13 settembre 1983)
Il giorno 12 settembre dell'Anno Santo della Redenzione 1983, alle ore 16, nella Cattedrale di Ortona, si è proceduto all'estrazione della Reliquia del Cranio dell'Apostolo San Tommaso dal busto argenteo custodito nell'urna posta al centro dell'altare nella cappella a Lui dedicata…. Rotti i sigilli, dice S.E. l'Arcivescovo Mons. Enzio d'Antonio, ho estratto il Cranio dell'Apostolo. Un frammento bruciacchiato di reliquia è stato rinvenuto tra la stoffa che riveste all'interno la testa del busto argenteo; un pezzo di mandibola, rabberciato con nastro adesivo, era legato in qualche modo ad un nastro di seta rossa.
Terminata l'operazione, alle ore 18 il busto argenteo è stato ricollocato nell'urna.
Il Sacro Cranio è stato preso in consegna e trasferito in luogo sicuro.
VERBALE DELL'ASSEMBLEA DEL POPOLO
ORTONESE
( del 21 dicembre 1983 )
La sera del 21 dicembre 1983 - 40° anniversario della distruzione della Cattedrale - Terminata la celebrazione eucaristica , il Vescovo Enzio d'Antonio commemorava il drammatico avvenimento e quindi faceva una relazione all'assemblea del popolo ortonese, convocato per la circostanza, sui lavori del restauro eseguiti nel 1982 e 1983.
"Noi abbiamo", ha detto l'Arcivescovo, "il privilegio di conservare da 725 anni le insigne reliquie di un Apostolo del Signore”.
Nel corso dei secoli le ossa di San Tommaso, pur custodite sempre con la massima cura, sono state oggetto di varie peripezie e persino di gesti sacrileghi, come è accaduto nel sacco dei Turchi (1566) e in quello dei Francesi ( 1799). Ai nostri giorni si stanno verificando furti di busti e di statue d'argento di santi. Di fronte a questi tristi fenomeni -continua Sua Eccellenza- non potevamo rimanere indifferenti e perciò, ho convocato il capitolo per procedere con urgenza all'attuazione delle opportune misure per la custodia della reliquia del Cranio e del Busto che lo conteneva.''
Il progetto prevede una ricognizione scientifica delle ossa di San Tommaso, per assicurarne anche la conservazione; Il Corpo sarà ricomposto in un'urna trasparente, sarà esposto alla venerazione dei fedeli.
I presenti alla assemblea del popolo hanno applaudito lungamente con emozione, quale segno di consenso al progetto.
L'Arcivescovo conclude, ringraziando il popolo e dicendo: "La nostra Cattedrale rimane simbolo della chiesa che vi si raduna è richiamo e monito all'unità di mente, di cuore e di azione, per tutti coloro che hanno accolto la parola di Dio e hanno partecipato all'unico pane per formarne, pur essendo molti un corpo solo (cfr. 1 Cor. 10.17 )".
Il progetto viene avviato con la richiesta del 10 gennaio 1984, da parte del Vescovo, al Presidente dell'Associazione Archeologica Frentana di Ortona di occuparsi della sua realizzazione. Il prof. Nicola Iubatti, a nome dell'Assocazione, nella lettera del 30 gennaio 1984 comunica la piena disponibilità dei membri ad iniziare e condurre a buon fine l'opera.
Il 4 aprile del 1984 si riuniscono il Consiglio Direttivo dell'Associazione Archeologica Frentana, Sua Eccellenza Mons. Enzio d'Antonio, il professor Arnaldo Capelli, Preside della Facoltà di Medicina dell'Università di Chieti, il prof. Fulvio Della Loggia , della stessa Università, per una ricognizione della reliquia del cranio dell'Apostolo San Tommaso e per studiare il trattamento più opportuno per la sua sicura conservazione.
Il 22 agosto 1984, nella Cripta situata sotto l'altare Maggiore della Cattedrale, vengono aperti il sarcofago e la cassetta contenente le reliquie.
Constatata l'integrità dei sigilli dell'urna metallica, questa viene aperta, viene letta la pergamena che ricorda la ricognizione effettuata nei giorni 28 e 29 aprile 1958, vengono tolti altri sigilli e, dopo la venerazione, le reliquie vengono consegnate all'esame dell'équipe medico-scientifica, per una prima osservazione e poi vengono portate nel Palazzo Arcivescovile opportunamente attrezzato, come risulta dal verbale di trasferimento, dello stesso giorno.
Nello stesso giorno l'équipe medico-scientifica, costituita dai signori: prof. Dott. Arnaldo Capelli, il prof. Dott. Sergio Sensi, prof. Dott. Luigi Capasso, il prof. Dott. Fulvio Della Loggia, Sergio Salvatore, laureando in Medicina, su invito dell'Arcivescovo Enzio d'Antonio, avvia una ricognizione preliminare delle reliquie e si procede ad una prima pulizia e all'assemblaggio dei frammenti, che risultano combacianti.
Al prof. Capasso viene consegnata una scheggia della pietra tombale, detta volgarmente "pietra calcedonia'', perché venga sottoposta ad indagini di laboratorio.
Il 21 dicembre 1984 la Commissione consegna al Cancelliere Vescovile, mons. Tarcisio Frezza, la relazione definitiva.
PERIZIA ANTROPOLOGICA SUI RESTI DELLO SCHELETRO "SAN TOMMASO L'APOSTOLO" CONSERVATI NELLA CHIESA CATTEDRALE A ORTONA (CHIETI)
Il giorno 22 agosto 1984 fummo convocati da Sua Eccellenza Monsignor Enzio d' Antonio che ci affidò l'incarico di procedere ad una ricognizione sulle "Reliquie di San Tommaso" allo scopo di accertarne lo stato di conservazione dei resti, per garantirne la migliore e più lunga conservazione. Nell'occasione ci è stato altresì affidato l'incarico di eseguire perizia antropologica allo scopo di stabilire:
( del 21 dicembre 1983 )
La sera del 21 dicembre 1983 - 40° anniversario della distruzione della Cattedrale - Terminata la celebrazione eucaristica , il Vescovo Enzio d'Antonio commemorava il drammatico avvenimento e quindi faceva una relazione all'assemblea del popolo ortonese, convocato per la circostanza, sui lavori del restauro eseguiti nel 1982 e 1983.
"Noi abbiamo", ha detto l'Arcivescovo, "il privilegio di conservare da 725 anni le insigne reliquie di un Apostolo del Signore”.
Nel corso dei secoli le ossa di San Tommaso, pur custodite sempre con la massima cura, sono state oggetto di varie peripezie e persino di gesti sacrileghi, come è accaduto nel sacco dei Turchi (1566) e in quello dei Francesi ( 1799). Ai nostri giorni si stanno verificando furti di busti e di statue d'argento di santi. Di fronte a questi tristi fenomeni -continua Sua Eccellenza- non potevamo rimanere indifferenti e perciò, ho convocato il capitolo per procedere con urgenza all'attuazione delle opportune misure per la custodia della reliquia del Cranio e del Busto che lo conteneva.''
Il progetto prevede una ricognizione scientifica delle ossa di San Tommaso, per assicurarne anche la conservazione; Il Corpo sarà ricomposto in un'urna trasparente, sarà esposto alla venerazione dei fedeli.
I presenti alla assemblea del popolo hanno applaudito lungamente con emozione, quale segno di consenso al progetto.
L'Arcivescovo conclude, ringraziando il popolo e dicendo: "La nostra Cattedrale rimane simbolo della chiesa che vi si raduna è richiamo e monito all'unità di mente, di cuore e di azione, per tutti coloro che hanno accolto la parola di Dio e hanno partecipato all'unico pane per formarne, pur essendo molti un corpo solo (cfr. 1 Cor. 10.17 )".
Il progetto viene avviato con la richiesta del 10 gennaio 1984, da parte del Vescovo, al Presidente dell'Associazione Archeologica Frentana di Ortona di occuparsi della sua realizzazione. Il prof. Nicola Iubatti, a nome dell'Assocazione, nella lettera del 30 gennaio 1984 comunica la piena disponibilità dei membri ad iniziare e condurre a buon fine l'opera.
Il 4 aprile del 1984 si riuniscono il Consiglio Direttivo dell'Associazione Archeologica Frentana, Sua Eccellenza Mons. Enzio d'Antonio, il professor Arnaldo Capelli, Preside della Facoltà di Medicina dell'Università di Chieti, il prof. Fulvio Della Loggia , della stessa Università, per una ricognizione della reliquia del cranio dell'Apostolo San Tommaso e per studiare il trattamento più opportuno per la sua sicura conservazione.
Il 22 agosto 1984, nella Cripta situata sotto l'altare Maggiore della Cattedrale, vengono aperti il sarcofago e la cassetta contenente le reliquie.
Constatata l'integrità dei sigilli dell'urna metallica, questa viene aperta, viene letta la pergamena che ricorda la ricognizione effettuata nei giorni 28 e 29 aprile 1958, vengono tolti altri sigilli e, dopo la venerazione, le reliquie vengono consegnate all'esame dell'équipe medico-scientifica, per una prima osservazione e poi vengono portate nel Palazzo Arcivescovile opportunamente attrezzato, come risulta dal verbale di trasferimento, dello stesso giorno.
Nello stesso giorno l'équipe medico-scientifica, costituita dai signori: prof. Dott. Arnaldo Capelli, il prof. Dott. Sergio Sensi, prof. Dott. Luigi Capasso, il prof. Dott. Fulvio Della Loggia, Sergio Salvatore, laureando in Medicina, su invito dell'Arcivescovo Enzio d'Antonio, avvia una ricognizione preliminare delle reliquie e si procede ad una prima pulizia e all'assemblaggio dei frammenti, che risultano combacianti.
Al prof. Capasso viene consegnata una scheggia della pietra tombale, detta volgarmente "pietra calcedonia'', perché venga sottoposta ad indagini di laboratorio.
Il 21 dicembre 1984 la Commissione consegna al Cancelliere Vescovile, mons. Tarcisio Frezza, la relazione definitiva.
PERIZIA ANTROPOLOGICA SUI RESTI DELLO SCHELETRO "SAN TOMMASO L'APOSTOLO" CONSERVATI NELLA CHIESA CATTEDRALE A ORTONA (CHIETI)
Il giorno 22 agosto 1984 fummo convocati da Sua Eccellenza Monsignor Enzio d' Antonio che ci affidò l'incarico di procedere ad una ricognizione sulle "Reliquie di San Tommaso" allo scopo di accertarne lo stato di conservazione dei resti, per garantirne la migliore e più lunga conservazione. Nell'occasione ci è stato altresì affidato l'incarico di eseguire perizia antropologica allo scopo di stabilire:
-
il numero degli individui rappresentati;
-
individuazione dei segmenti scheletrici conservati e sicuramente riferibili al cranio "di san Tommaso" conservato a parte;
-
attribuzione di sesso, di età alla morte e di epoca della morte del complesso di segmenti scheletrici congruenti col suddetto cranio;
-
rilievo di eventuali condizioni patologiche;
-
riordino del materiale scheletrico dell'individuo in oggetto, allo scopo di una razionale conservazione.
RICOGNIZIONE DEI RESTI:
All'apertura della cassetta metallica contenente i resti abbiamo potuto osservare che gli stessi erano raccolti all'interno di una sacca costituita con un drappo rosso e versavano in uno stato di estrema frammentarietà. Sia il rivestimento interno della cassetta metallica che il drappo rosso presentavano colonie macroscopiche di microrganismi non meglio identificati: le stesse colonie sono state trovate anche nei segmenti scheletrici. Il materiale di detta cassetta è stato trasferito presso i locali dell'episcopio, dove si trovavano il calvario e la mandibola di "san Tommaso".
Ai quesiti postici al momento della convocazione rispondiamo preliminarmente con le seguenti proposizioni riassuntive:
1. la cassetta metallica conteneva resti scheletrici in pessimo stato di conservazione e che avevano sicuramente subito l'azione diretta del fuoco, appartenenti ad almeno due individui uno dei quali era ampiamente rappresentato ed era certamente lo stesso soggetto cui apparteneva il cranio "di san Tommaso" e il reliquiario di orbita sinistra "di san Tommaso" nonché il reliquiario della mano;
All'apertura della cassetta metallica contenente i resti abbiamo potuto osservare che gli stessi erano raccolti all'interno di una sacca costituita con un drappo rosso e versavano in uno stato di estrema frammentarietà. Sia il rivestimento interno della cassetta metallica che il drappo rosso presentavano colonie macroscopiche di microrganismi non meglio identificati: le stesse colonie sono state trovate anche nei segmenti scheletrici. Il materiale di detta cassetta è stato trasferito presso i locali dell'episcopio, dove si trovavano il calvario e la mandibola di "san Tommaso".
Ai quesiti postici al momento della convocazione rispondiamo preliminarmente con le seguenti proposizioni riassuntive:
1. la cassetta metallica conteneva resti scheletrici in pessimo stato di conservazione e che avevano sicuramente subito l'azione diretta del fuoco, appartenenti ad almeno due individui uno dei quali era ampiamente rappresentato ed era certamente lo stesso soggetto cui apparteneva il cranio "di san Tommaso" e il reliquiario di orbita sinistra "di san Tommaso" nonché il reliquiario della mano;
2. i resti scheletrici appartenenti al
suddetto soggetto è di un longitipo, con ossatura genericamente gracile, di
statura 160/170 cm., di età scheletrica compresa fra i 50 e i 70 anni, con
caratteri sessuali secondari scheletrici di tipo maschile, affetto fra l'altro
da una malattia reumatica che molto probabilmente è inquadrabile come
spondilo-artrite anchilopoietica di Strumpell-Marie.
Traslazione
MYLAPOUR
La prima testimonianza circa il sepolcro di San Tommaso in India ci viene fornita da S. Efrem il Siro, che visse tre secoli dopo il martirio dell'Apostolo. Egli ne fa menzione in Sancti Ephrem Syri Hymni et sermones (de Thoma apostolo: V, VI, VII, VIII).
La seconda è contenuta nell'apocrifo "Acta Thomae" che, però, localizza predicazione e martirio di San Tommaso nel territorio dell'India nord-occidentale.
Altra testimonianza è poi data dalla "Cronaca anglosassone" che, nel riferire alcuni avvenimenti d'Inghilterra del sec. IX (885), parla del re Alfredo che, nel difendere Londra assediata dai danesi, emette il voto di spedire ricchi donativi ai santuari lontani e a quello indiano di San Tommaso.
Nessun'altra notizia si ha nei secoli dal IX al XII; ma, "ormai la cristianità europea è divisa dall'India dalla muraglia non facilmente valicabile del dominio musulmano. Essa ripete fedelmente la vecchia tradizione di San Tommaso, senza però sapere quel succede oltre il sipario islamico".
Marco Polo ne Il Milione parla della tomba di San Tommaso che egli ha venerato in India, nella regione del Malabar, chiamando i suoi abitanti "cristiani di San Tommaso".
Nello stesso secolo il grande Missionario ed esploratore Giovanni da Montecorvino dice di aver visitato nel 1292 la tomba di San Tommaso in India. Simile atto di venerazione è compiuto altresì dal francescano b. Odorico da Pordenone nel 1324.
Per venti secoli la tradizione costante e mai smentita del martirio di San Tommaso in India ha un peso così cospicuo di attendibilità per cui sarebbe assai improbabile asserire il contrario.
Mylapour o Calamina? - Dove va ricercato il luogo del primo sepolcro di San Tommaso?
In diversi documenti si parla di Mylapour, il cui nome (Malai-puram) significherebbe "città del monte", indicando così il luogo del martirio dell'Apostolo (oggi noto come "monte di San Tommaso").
Di Calamina si comincia a far menzione dal sec. VII; S. Isidoro di Siviglia (636), infatti, dice: "in verità essendo trafitto da una lancia egli morì in Calamina città dell'India, e ivi fu onorevolmente seppellito il XII (giorno) prima delle calende di gennaio (=21 dicembre). Il Breviario romano (festa di San Tommaso, 21 dicembre, prima della riforma liturgica) faceva menzione di Calamina come luogo dell'India dove l'Apostolo soffrì il martirio e fu sepolto. Posta fuor di dubbio l'esistenza di una città con questo nome ci si domanda dove collocarla. Oggi la località Calamina non esiste in nessun luogo dell'India. E allora? O la città, lungo i secoli, cambiò il nome primitivo o fu distrutto. Entrambe le ipotesi sono state prospettate da autori relativamente recenti, la più interessante è del Medlycott (1838-1918) - Vicario Apostolico di Trichur-Kerala - che individuò la località in San Thomè da Meliapore eretta a Sede Vescovile fin dal 1606.
La prima testimonianza circa il sepolcro di San Tommaso in India ci viene fornita da S. Efrem il Siro, che visse tre secoli dopo il martirio dell'Apostolo. Egli ne fa menzione in Sancti Ephrem Syri Hymni et sermones (de Thoma apostolo: V, VI, VII, VIII).
La seconda è contenuta nell'apocrifo "Acta Thomae" che, però, localizza predicazione e martirio di San Tommaso nel territorio dell'India nord-occidentale.
Altra testimonianza è poi data dalla "Cronaca anglosassone" che, nel riferire alcuni avvenimenti d'Inghilterra del sec. IX (885), parla del re Alfredo che, nel difendere Londra assediata dai danesi, emette il voto di spedire ricchi donativi ai santuari lontani e a quello indiano di San Tommaso.
Nessun'altra notizia si ha nei secoli dal IX al XII; ma, "ormai la cristianità europea è divisa dall'India dalla muraglia non facilmente valicabile del dominio musulmano. Essa ripete fedelmente la vecchia tradizione di San Tommaso, senza però sapere quel succede oltre il sipario islamico".
Marco Polo ne Il Milione parla della tomba di San Tommaso che egli ha venerato in India, nella regione del Malabar, chiamando i suoi abitanti "cristiani di San Tommaso".
Nello stesso secolo il grande Missionario ed esploratore Giovanni da Montecorvino dice di aver visitato nel 1292 la tomba di San Tommaso in India. Simile atto di venerazione è compiuto altresì dal francescano b. Odorico da Pordenone nel 1324.
Per venti secoli la tradizione costante e mai smentita del martirio di San Tommaso in India ha un peso così cospicuo di attendibilità per cui sarebbe assai improbabile asserire il contrario.
Mylapour o Calamina? - Dove va ricercato il luogo del primo sepolcro di San Tommaso?
In diversi documenti si parla di Mylapour, il cui nome (Malai-puram) significherebbe "città del monte", indicando così il luogo del martirio dell'Apostolo (oggi noto come "monte di San Tommaso").
Di Calamina si comincia a far menzione dal sec. VII; S. Isidoro di Siviglia (636), infatti, dice: "in verità essendo trafitto da una lancia egli morì in Calamina città dell'India, e ivi fu onorevolmente seppellito il XII (giorno) prima delle calende di gennaio (=21 dicembre). Il Breviario romano (festa di San Tommaso, 21 dicembre, prima della riforma liturgica) faceva menzione di Calamina come luogo dell'India dove l'Apostolo soffrì il martirio e fu sepolto. Posta fuor di dubbio l'esistenza di una città con questo nome ci si domanda dove collocarla. Oggi la località Calamina non esiste in nessun luogo dell'India. E allora? O la città, lungo i secoli, cambiò il nome primitivo o fu distrutto. Entrambe le ipotesi sono state prospettate da autori relativamente recenti, la più interessante è del Medlycott (1838-1918) - Vicario Apostolico di Trichur-Kerala - che individuò la località in San Thomè da Meliapore eretta a Sede Vescovile fin dal 1606.
EDESSA
Le stesse fonti sin qui esaminate ci informano che le Ossa di San Tommaso dall'India furono trasferite altrove. Gli "Acta Thomae" (nel testo siriaco) dicono testualmente: "uno dei fratelli prese segretamente le Reliquie e le portò in occidente"; nel testo greco, invece, essi recano un'ulteriore indicazione esplicativa facente riferimento alla Mesopotamia; il "de miraculis b. Thomae apostoli" è ancora più esplicito riguardo alla località e cita chiaramente la città di Edessa. Infine la "Passio S. Thomae" è ancor più circostanziata geograficamente e storicamente: "tornando vincitore l'imperatore Alessandro Severo dalla guerra contro i persiani, con la sconfitta del re Serse, i siri lo supplicarono di mandare qualcuno presso i re indiani affinché consegnassero il corpo ai cittadini edesseni. E così avvenne che il corpo dell'apostolo fu portato via dall'India e collocato nella città di Edessa, in un'urna argentea sospesa con catene pur esse d'argento". La testimonianza ineccepibile di S. Efrem il Siro ci ha conservato il nome di quel trafugatore, Kabin: sappiamo di lui che era un mercante edesseno, che spesso trafficava in India e che durante uno dei suoi viaggi ebbe modo di ammirare e venerare il sepolcro di San Tommaso, maturando in sé l'idea del trafugamento. Conoscendo la data della vittoria dell'imperatore Severo sui persiani (anno 230) si può datare la prima traslazione che ebbe luogo il 3 luglio 230. I buoni uffici, interposti dall'imperatore per la concessione delle Reliquie, servirono ad avallare ancor più credito alla furtiva sottrazione. Nel 373 venne edificata e dedicata a San Tommaso una grande chiesa: l'evento è riferito con dovizia di particolari dal "Chronicon Edessenum". Anche San Gregorio di Tours, nel secolo VI, descrive minutamente la morte e la sepoltura di san Tommaso in India e la susseguente traslazione a Edessa.
Dal secolo VII riprendono però per la città di Edessa i disastrosi periodi della occupazione straniera: persiani, bizantini e arabi, proseguiti fino al 1143, anno in cui maturò la violenta e definitiva reazione musulmana, capeggiata dall'emiro Imad al-Din Zinchi. Il 13 dicembre 1144 segna la data della capitolazione di Edessa. Chiese e case furono saccheggiate e distrutte; i cristiani e i crociati scacciati o uccisi; i corpi dei santi profanati e molti anche dispersi. Durante quei terribili sconvolgimenti quale sorte toccò alle Ossa di San Tommaso?
Le stesse fonti sin qui esaminate ci informano che le Ossa di San Tommaso dall'India furono trasferite altrove. Gli "Acta Thomae" (nel testo siriaco) dicono testualmente: "uno dei fratelli prese segretamente le Reliquie e le portò in occidente"; nel testo greco, invece, essi recano un'ulteriore indicazione esplicativa facente riferimento alla Mesopotamia; il "de miraculis b. Thomae apostoli" è ancora più esplicito riguardo alla località e cita chiaramente la città di Edessa. Infine la "Passio S. Thomae" è ancor più circostanziata geograficamente e storicamente: "tornando vincitore l'imperatore Alessandro Severo dalla guerra contro i persiani, con la sconfitta del re Serse, i siri lo supplicarono di mandare qualcuno presso i re indiani affinché consegnassero il corpo ai cittadini edesseni. E così avvenne che il corpo dell'apostolo fu portato via dall'India e collocato nella città di Edessa, in un'urna argentea sospesa con catene pur esse d'argento". La testimonianza ineccepibile di S. Efrem il Siro ci ha conservato il nome di quel trafugatore, Kabin: sappiamo di lui che era un mercante edesseno, che spesso trafficava in India e che durante uno dei suoi viaggi ebbe modo di ammirare e venerare il sepolcro di San Tommaso, maturando in sé l'idea del trafugamento. Conoscendo la data della vittoria dell'imperatore Severo sui persiani (anno 230) si può datare la prima traslazione che ebbe luogo il 3 luglio 230. I buoni uffici, interposti dall'imperatore per la concessione delle Reliquie, servirono ad avallare ancor più credito alla furtiva sottrazione. Nel 373 venne edificata e dedicata a San Tommaso una grande chiesa: l'evento è riferito con dovizia di particolari dal "Chronicon Edessenum". Anche San Gregorio di Tours, nel secolo VI, descrive minutamente la morte e la sepoltura di san Tommaso in India e la susseguente traslazione a Edessa.
Dal secolo VII riprendono però per la città di Edessa i disastrosi periodi della occupazione straniera: persiani, bizantini e arabi, proseguiti fino al 1143, anno in cui maturò la violenta e definitiva reazione musulmana, capeggiata dall'emiro Imad al-Din Zinchi. Il 13 dicembre 1144 segna la data della capitolazione di Edessa. Chiese e case furono saccheggiate e distrutte; i cristiani e i crociati scacciati o uccisi; i corpi dei santi profanati e molti anche dispersi. Durante quei terribili sconvolgimenti quale sorte toccò alle Ossa di San Tommaso?
KIOS
In seguito alla completa distruzione di Edessa, nessun'altra fonte localizza la tomba e le Ossa di San Tommaso in città. Alla distanza di 113 anni fu vergato un Documento che è tuttora fondamentale per il prosieguo dell'aggancio storico. Pur mancando in esso esplicito riferimento alla città di Edessa vi si afferma: "il corpo del beato apostolo Tommaso…fu trasportato con riverenza nell'isola di Scio".
Perché proprio a Kios e quali furono le circostanze che determinarono tale traslazione?
Menzione della suddetta isola viene fatta in Atti 20,11, allorché si narra di San Paolo che nel 58, dopo aver evangelizzato la Troade e aver toccato Mitilene, era sbarcato a Scio. Sappiamo inoltre che verso la metà del 3° secolo vi subì il martirio S. Isidoro e che a partire dal secolo V vi era stabilita la gerarchia ecclesiastica: infatti nel Concilio di Calcedonia (451), in quello di Costantinopoli (680) e in quello di Nicea (787) gli "Atti" risultano sottoscritti anche da un Vescovo di Scio.
Torniamo, però, al nostro Apostolo che avevamo lasciato a Edessa mentre infuriava l'incursione musulmana. La necessità di porre al sicuro le Sacre Ossa indirizzò, probabilmente, gli edesseni a spingersi verso occidente, cioè nel regno di Bisanzio, nel tentativo di sottrarle a sicura profanazione. Sulle motivazioni che spinsero a scegliere in particolare l'isola di Kios non ci è dato sapere, possiamo soltanto avanzare delle congetture; da un "Documento" conosciamo, però, la data della traslazione, che avvenne, ad opera dei Crociati, il 6 ottobre 1144. L'isola di Kios fu disputata con fasi alterne tra la Repubblica di Genova e la Serenissima. Va segnalato che in quegli anni vi fu, da parte dei veneziani, un tentativo di trafugamento delle Reliquie, fortunatamente mal riuscito, in quanto il tempestivo allarme degli abitanti di Kios li fece fuggire ed essi riuscirono a portare con sé soltanto l'urna d'argento.
In seguito alla completa distruzione di Edessa, nessun'altra fonte localizza la tomba e le Ossa di San Tommaso in città. Alla distanza di 113 anni fu vergato un Documento che è tuttora fondamentale per il prosieguo dell'aggancio storico. Pur mancando in esso esplicito riferimento alla città di Edessa vi si afferma: "il corpo del beato apostolo Tommaso…fu trasportato con riverenza nell'isola di Scio".
Perché proprio a Kios e quali furono le circostanze che determinarono tale traslazione?
Menzione della suddetta isola viene fatta in Atti 20,11, allorché si narra di San Paolo che nel 58, dopo aver evangelizzato la Troade e aver toccato Mitilene, era sbarcato a Scio. Sappiamo inoltre che verso la metà del 3° secolo vi subì il martirio S. Isidoro e che a partire dal secolo V vi era stabilita la gerarchia ecclesiastica: infatti nel Concilio di Calcedonia (451), in quello di Costantinopoli (680) e in quello di Nicea (787) gli "Atti" risultano sottoscritti anche da un Vescovo di Scio.
Torniamo, però, al nostro Apostolo che avevamo lasciato a Edessa mentre infuriava l'incursione musulmana. La necessità di porre al sicuro le Sacre Ossa indirizzò, probabilmente, gli edesseni a spingersi verso occidente, cioè nel regno di Bisanzio, nel tentativo di sottrarle a sicura profanazione. Sulle motivazioni che spinsero a scegliere in particolare l'isola di Kios non ci è dato sapere, possiamo soltanto avanzare delle congetture; da un "Documento" conosciamo, però, la data della traslazione, che avvenne, ad opera dei Crociati, il 6 ottobre 1144. L'isola di Kios fu disputata con fasi alterne tra la Repubblica di Genova e la Serenissima. Va segnalato che in quegli anni vi fu, da parte dei veneziani, un tentativo di trafugamento delle Reliquie, fortunatamente mal riuscito, in quanto il tempestivo allarme degli abitanti di Kios li fece fuggire ed essi riuscirono a portare con sé soltanto l'urna d'argento.
ORTONA
Al tempo di Manfredi, Principe di Taranto, nell'anno 1258, le flotte di Venezia e Genova si scontrarono al largo di Acri per il controllo delle principali rotte di navigazione verso l'Oriente. Manfredi, figlio dell'imperatore Federico II di Svevia, inviò una flotta in appoggio ai veneziani, flotta della quale facevano parte anche tre galee ortonesi al comando del navarca Leone. Nello scontro i veneziani ebbero la meglio, conquistando, così, il diritto di saccheggiare le isole circostanti il mar Egeo, tra le quali vi era Kios (Scio) dove approdarono le galee ortonesi.
Qui l'ammiraglio, seguito da alcuni uomini, trovò un sacro edificio che conservava la tomba dell'Apostolo San Tommaso, le cui ossa erano state traslate dall'India. Da qui il proposito, come era consuetudine del tempo, di trafugare le sacre reliquie e la pietra tombale di marmo calcedonio dove era sepolto il corpo dell'Apostolo.
Il 6 settembre 1258, come documenta un'antica pergamena, le tre galee comandate dal navarca Leone sbarcarono nel porto di Ortona con il "sacro tesoro".
L'anno seguente, il 22 settembre 1259, il notaio Nicola di Bari, essendo giudice ai contratti Giovanni Pavone, raccoglieva in un solenne atto pubblico le testimonianze, rese sotto giuramento, che veramente gli ortonesi avevano asportato da Scio le Reliquie dell'Apostolo Tommaso.
Da allora, fino ai nostri giorni il corpo di San Tommaso è custodito nella Concattedrale Basilica a Ortona (CH) che, nei secoli, ha accolto numerosi pellegrini desiderosi di venerare la tomba dell'Apostolo. Per ben due volte, nel 1365 e nel 1368, Santa Brigida di Svezia ebbe la rivelazione che le ossa di San Tommaso erano conservate in Ortona e quivi si recò in penitente pellegrinaggio. Nella Bolla di canonizzazione della santa svedese del 7 ottobre 1391, promulgata da Papa Bonifacio IX, si fa pubblica menzione della presenza delle Ossa dell'Apostolo Tommaso ad Ortona. Lo stesso Pontefice in un'altra sua Bolla del 1398, concedeva il privilegio dell'Indulgenza Plenaria (Perdono) a quanti si recassero a venerare la tomba di san Tommaso il giorno 6 settembre. A questa Bolla fece seguito un'altra datata 5 luglio 1479, promulgata da Papa Sisto IV, che spostava la data per l'acquisto dell'Indulgenza alla prima domenica di maggio.
Al tempo di Manfredi, Principe di Taranto, nell'anno 1258, le flotte di Venezia e Genova si scontrarono al largo di Acri per il controllo delle principali rotte di navigazione verso l'Oriente. Manfredi, figlio dell'imperatore Federico II di Svevia, inviò una flotta in appoggio ai veneziani, flotta della quale facevano parte anche tre galee ortonesi al comando del navarca Leone. Nello scontro i veneziani ebbero la meglio, conquistando, così, il diritto di saccheggiare le isole circostanti il mar Egeo, tra le quali vi era Kios (Scio) dove approdarono le galee ortonesi.
Qui l'ammiraglio, seguito da alcuni uomini, trovò un sacro edificio che conservava la tomba dell'Apostolo San Tommaso, le cui ossa erano state traslate dall'India. Da qui il proposito, come era consuetudine del tempo, di trafugare le sacre reliquie e la pietra tombale di marmo calcedonio dove era sepolto il corpo dell'Apostolo.
Il 6 settembre 1258, come documenta un'antica pergamena, le tre galee comandate dal navarca Leone sbarcarono nel porto di Ortona con il "sacro tesoro".
L'anno seguente, il 22 settembre 1259, il notaio Nicola di Bari, essendo giudice ai contratti Giovanni Pavone, raccoglieva in un solenne atto pubblico le testimonianze, rese sotto giuramento, che veramente gli ortonesi avevano asportato da Scio le Reliquie dell'Apostolo Tommaso.
Da allora, fino ai nostri giorni il corpo di San Tommaso è custodito nella Concattedrale Basilica a Ortona (CH) che, nei secoli, ha accolto numerosi pellegrini desiderosi di venerare la tomba dell'Apostolo. Per ben due volte, nel 1365 e nel 1368, Santa Brigida di Svezia ebbe la rivelazione che le ossa di San Tommaso erano conservate in Ortona e quivi si recò in penitente pellegrinaggio. Nella Bolla di canonizzazione della santa svedese del 7 ottobre 1391, promulgata da Papa Bonifacio IX, si fa pubblica menzione della presenza delle Ossa dell'Apostolo Tommaso ad Ortona. Lo stesso Pontefice in un'altra sua Bolla del 1398, concedeva il privilegio dell'Indulgenza Plenaria (Perdono) a quanti si recassero a venerare la tomba di san Tommaso il giorno 6 settembre. A questa Bolla fece seguito un'altra datata 5 luglio 1479, promulgata da Papa Sisto IV, che spostava la data per l'acquisto dell'Indulgenza alla prima domenica di maggio.
Cattedrale di San Tommaso
Apostolo ad Ortona
Maestosa e austera nel suo aspetto
moderno, la cattedrale di S. Tommaso ha subito nel corso dei secoli numerosi
interventi strutturali di cui il più consistente è dovuto alle ricostruzioni
operate dopo i danni della seconda guerra mondiale. Questi innumerevoli
interventi rendono oggi particolarmente difficile formulare ipotesi di lettura
del monumento nelle sue fasi più antiche. L'avvicendarsi degli interventi sulla
struttura muraria, l'eterogeneità dei materiali costruttivi impiegati in epoche
diverse, l'incidenza dei fenomeni atmosferici e bellici, ci ha consegnato, dopo
circa nove secoli dal suo impianto, un edificio che pone diversi problemi
d’interpretazione nel tentativo di recuperare i livelli di lettura più antichi.
E' dall'osservazione della fabbrica attuale e dalla ricognizione dei restauri
eseguiti, inglobando a volte nelle cortine murarie attuali reperti antichi, che
deriva qualche riflessione sulle vicende dell'edificio e delle sue
trasformazioni. Possiamo allora riconoscere qui come altrove, nella costa
adriatica meridionale, i segni della fase normanno-sveva, per trarne indizi e
valutazioni circa l'origine e la formazione. Nelle linee generali, l'edificio
presenta uno schema longitudinale che sembra seguire il modello delle grandi
basiliche pugliesi impostosi lungamente già nei primi decenni del Duecento.
Vanno qui rilevate le imprescindibili relazioni tra le vicende costruttive di
questa chiesa e la complessa vita iniziale del centro urbano, documentate dalla
costruzione del secondo portale monumentale trecentesco che si apre direttamente
sulla piazza antistante alla chiesa e che si presenta molto rimaneggiato dopo i
danneggiamenti della guerra.
(1)
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Ufficio parroco
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(2)
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Sacrestia
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(3)
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Cripta di San
Tommaso
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(4)
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Cappella San
Tommaso
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(5)
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Cappella San
Sebastiano
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(6)
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Cappella SS.
Sacramento
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(7)
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Museo Diocesano
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(8)
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Ingresso p.za San
Tommaso
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(9)
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Ingresso vico
dell'orologio
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Cosa è il Perdono
Il
Perdono è l’indulgenza plenaria che la Chiesa concede ai fedeli in determinate
occasioni e a condizioni ben precise; il Codice di diritto canonico definisce
l’indulgenza come “la remissione dinnanzi a Dio della pena temporale per i
peccati, già rimessi quanto alla colpa, che il fedele debitamente disposto e a
determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale come
ministra della redenzione, dispensa ed applica autoritativamente il tesoro delle
soddisfazioni di Cristo e dei Santi”.
La più
antica testimonianza archivistica a proposito della concessione del Perdono è
costituita dalla Bolla Pastoris aeterni del papa Sisto IV; scritta su pergamena,
essa porta la data del 5 luglio 1479. Tuttavia non è questo l’atto istitutivo
dell’importante privilegio; nel decreto di Sisto IV, infatti, si fa esplicito
riferimento ad una precedente concessione promulgata da Bonifacio IX nel 1398.
Va notato che col il documento del 1479 il pontefice non è intervenuto per
concedere il privilegio del Perdono, ma per autorizzarne il trasferimento dal 6
settembre – data indicata inizialmente per lucrare l’indulgenza e anniversario
della traslazione delle reliquie in Ortona – alla prima domenica di maggio
perché, a dire degli ortonesi, in questo giorno i fedeli delle Terre vicine
sarebbero venuti più volentieri e più numerosi a pregare sulla tomba
dell’Apostolo.
G. B.
de Lectis, nel 1577, annota una “Bolla di Papa Innocentio dove concede ai
visitanti la chiesa del Beato Apostolo di Christo, il dì sesto di settembre nel
giorno della sua Traslatione, tutte l’indulgentie concesse da molti Pontefici a
Santa Maria di Collemaggio nel giorno della decollatione del Precursore di
Christo”; tuttavia non precisa se si sia trattato di Innocenzo V – papa dal 21
gennaio al 22 giugno 1276 – oppure di Innocenzo VI che è stato sul trono di
Pietro dal 1359 al 1362. In contrasto con quanto è stato sostenuto, nel passato,
da Tommaso Rosario Grilli – noto raccoglitore di memorie ortonesi – noi
riteniamo che la prima concessione dell’indulgenza del Perdono sia stata
effettuata da papa Innocenzo VI.
E’
doveroso sottolineare che le Bolle pontificie – riguardanti la concessione di
questo particolare privilegio spirituale – precisano che l’indulgenza sarebbe
stata lucrabile da tutti i battezzati i quali, in spirito di penitenza e dopo
essersi confessati, avessero visitato la Chiesa di San Tommaso Apostolo
esistente in Ortona “in qua corpus eiusdem Apostoli honorifice conservatur”
ossia, “nella quale con grande riverenza si conserva il corpo dello stesso
Apostolo” (Bolla di Sisto IV, 5 luglio 1479); oppure, come si legge nel decreto
con cui S. S. Clemente XII concedeva, il 25 aprile 1735, la facoltà di celebrare
in Ortona e in tutta la circoscrizione diocesana, una volta al mese, la Messa e
l’Ufficio propri di San Tommaso Apostolo “cuius insignes Reliquiae in illa
Cathedrali Ecclesia summa fidelium devotione venerantur” (le cui Reliquie
insigni sono venerate, con grandissima devozione dei fedeli, in quella Chiesa
Cattedrale).
Dopo il gioioso evento del 6
settembre 1258 la devozione degli ortonesi verso le reliquie dell’Apostolo
Tommaso si è fatta sempre più profonda e sentita, manifestandosi – attraverso i
secoli – in diversi modi, dalla cura per il tempio che le custodisce sino ai
festeggiamenti con i quali veniva esteriorizzato l’orgoglio di essere depositari
di un così grande tesoro.
Dall’analisi dell’opera del de Lectis e
dall’attenta lettura dei verbali delle riunioni consiliari del passato emerge in
modo inequivocabile che, almeno sino agli inizi del XVIII secolo, c’era una
netta diversificazione tra la celebrazione liturgica di San Tommaso – che sino a
qualche decennio fa era fissata nel calendario al 21 dicembre – e quella del
Perdono. Mentre questa costituiva un momento eminentemente penitenziale
senza accompagnamento di alcun segno di festaiola esteriorità, la solennità di
dicembre era sottolineata da manifestazioni di sano divertimento e di allegria
popolare. Naturalmente punto focale dei festeggiamenti era proprio il Piano,
cioè l’attuale piazza San Tommaso. In questa circostanza era tipico – nella
seconda metà del XVI secolo – proporre come attrazione una variazione della
cuccagna; si trattava “del correre del Carro, sopra del quale, sta fisso
ligato, con corde, un alto arbore di naviglio, in foggia di un albero di barca,
d’altezza di passa sette in otto, et in cima ci si pone alcuna cosa, per palio,
et il Carro è sempre girato”. Per le esteriorità della festa erano previste
due forme di finanziamento. Infatti le disposizioni per l’affidamento in appalto
dei Feudi della Mucchia prescrivevano che gli assegnatari di questa gabella
potessero tenere per sé il frutto della spigolatura con l’obbligo però di
provvedere – durante il periodo di durata del contratto – a pagare i sonatori
per la festa di San Tommaso, mentre l’assegnatario della gabella della
bastasia (facchinaggio e scaricatori di porto) era tenuto “in lo giorno
di S. Thomaso et Perdono, mondare, et nettare lo piano con tutto lo sopportico
[…] con portarci la mortella secondo il solito et consueto”.
Agli
inizi del XVIII secolo si trova documentato per la prima volta il tentativo di
abbinare all’austerità del Perdono una qualche manifestazione d’allegria,
ma “ciò che s’era introdotto, a Gloria di Dio e del Santo Apostolo
Protettore, di motivo d’allegrezza, e di festa in andare i sonatori per la
Città, o nelle Case (…) era degenerato in positivo scandalo et operazione di
male”. Nel secolo successivo, valenti musicisti – quali Paolo Serrao,
Vincenzo Battista, Francesco Paolo Tosti, Camillo De Nardis – dalla vita, dalla
personalità e dalle celebrazioni di Tommaso protettore di Ortona, hanno tratto
ispirazione per i loro oratori, per le loro cantate, per le loro antifone.
Giubileo
Il Giubileo è la memoria dell’arrivo in Ortona,
il 6 settembre 1258, della Sacre Ossa dell’Apostolo Tommaso portate dall’Isola
di Chios nel Mar Egeo dal navarca Leone.
La ricorrenza, sempre solennemente celebrata, nel 1276 si arricchisce spiritualmente con la concessione dell’indulgenza plenaria, ossia la remissione della pena temporale per i peccati. Storicamente è accertata che il privilegio è stato concesso, dal Pontefice Innocenzo V nel 1276 a tutti i battezzati che il 6 settembre avessero visitato, alle condizioni stabilite dalla chiesa, la cattedrale di San Tommaso Apostolo in Ortona. La concessione dell’Indulgenza è stata poi confermata dal Pontefice Bonifacio IX nel 1398. Il 5 luglio del 1479 il Papa Sisto IV con la “ Bolla Pastoris aeterni” , autorizzava lo spostamento del beneficio spirituale alla prima domenica di maggio, da allora chiamata domenica del Perdono, per permettere una presenza più numerosa di pellegrini in Ortona sulla tomba di San Tommaso,” dove è conservato con grande riverenza il corpo dell’Apostolo”.
La data del 6 settembre è sempre restata come memoria ecclesiale della traslazione del corpo dell’Apostolo.
Dal 1858 viene stabilito di festeggiare solennemente la ricorrenza indicendo un Giubileo straordinario ogni 25 anni. L’evento più importante è individuato in una solenne processione a mare del Sacro Busto di san Tommaso come memoria del ritorno delle galee ortonesi con le Reliquie dell’Apostolo. Naturalmente la manifestazione viene preceduta da una serie di eventi preparatori alla straordinaria occasione. Per il Giubileo del 2008 sono stati programmati una serie di appuntamenti religiosi e culturali che, da maggio 2007 a settembre 2008, potranno portare ad una migliore conoscenza dell’Apostolo Tommaso e quindi ad un risveglio di interesse per questo moderno seguace di Gesù facendo rivivere ai contemporanei la grande venerazione dei nostri padri per Santo Protettore della nostra amata Città di Ortona.
La ricorrenza, sempre solennemente celebrata, nel 1276 si arricchisce spiritualmente con la concessione dell’indulgenza plenaria, ossia la remissione della pena temporale per i peccati. Storicamente è accertata che il privilegio è stato concesso, dal Pontefice Innocenzo V nel 1276 a tutti i battezzati che il 6 settembre avessero visitato, alle condizioni stabilite dalla chiesa, la cattedrale di San Tommaso Apostolo in Ortona. La concessione dell’Indulgenza è stata poi confermata dal Pontefice Bonifacio IX nel 1398. Il 5 luglio del 1479 il Papa Sisto IV con la “ Bolla Pastoris aeterni” , autorizzava lo spostamento del beneficio spirituale alla prima domenica di maggio, da allora chiamata domenica del Perdono, per permettere una presenza più numerosa di pellegrini in Ortona sulla tomba di San Tommaso,” dove è conservato con grande riverenza il corpo dell’Apostolo”.
La data del 6 settembre è sempre restata come memoria ecclesiale della traslazione del corpo dell’Apostolo.
Dal 1858 viene stabilito di festeggiare solennemente la ricorrenza indicendo un Giubileo straordinario ogni 25 anni. L’evento più importante è individuato in una solenne processione a mare del Sacro Busto di san Tommaso come memoria del ritorno delle galee ortonesi con le Reliquie dell’Apostolo. Naturalmente la manifestazione viene preceduta da una serie di eventi preparatori alla straordinaria occasione. Per il Giubileo del 2008 sono stati programmati una serie di appuntamenti religiosi e culturali che, da maggio 2007 a settembre 2008, potranno portare ad una migliore conoscenza dell’Apostolo Tommaso e quindi ad un risveglio di interesse per questo moderno seguace di Gesù facendo rivivere ai contemporanei la grande venerazione dei nostri padri per Santo Protettore della nostra amata Città di Ortona.
Preghiera a San Tommaso Apostolo
Discepolo di Gesù,
fedele nel seguirlo
sprezzante della morte
amante della verità,
glorioso san Tommaso
prega per noi!
Testimone del Risorto,
ricercatore indomito
amico dei dubbiosi
modello dei credenti,
glorioso san Tommaso,
prega per noi.
Apostolo di Cristo,
colonna della Chiesa
nel
collegio dei Dodici
singolare presenza,
glorioso san Tommaso,
prega per noi.
+ Carlo Ghidelli arcivescovo
Fonti : www.tommasoapostolo.it
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