Un grande grazie a PADRE
GIUSEPPE SAMA' s.j. !
di Elisabetta Nardi
Da sinistra: Fra Egidio sj; Padre Giuseppe
Sama sj ( defunto il 13-12-2010) ed Elisabetta Nardi.
“La Chiesa è santa e peccatrice”
ricorda Elisabetta, soleva ripetermi Padre Giuseppe Samà, un ottuagenario
gesuita calabrese, ma napoletano di adozione.
Il Signore aveva arricchito Padre
Samà di molti doni particolari, era un uomo intelligente e colto, umile e buono,
ed estremamente generoso. Era anche un uomo di grande autorità a cui si
rivolgevano folle di sofferenti nel corpo e nello spirito.
A Napoli lo chiamavano il
“segretario di Don Peppino”, ossia di San Giuseppe Moscati, per una sua
straordinaria dote: ogni volta che una persona, affetta da qualche sofferenza,
gli confidava i suoi problemi, Padre Giuseppe chinava il capo, si immergeva
nella preghiera e poi guardandola con lo sguardo dolce di Gesù, la confortava
dicendogli, il più delle volte, che la sofferenza avrebbe avuto un esito
positivo e invitava il sofferente a confidare nel Signore.
Pregava San Giuseppe Moscati con la
preghiera del cuore, si metteva davanti alla sua statua con rispetto e reverenza
come se il Santo fosse presente in carne ed ossa e… ci parlava! Utilizzava nel
colloquio un linguaggio forbito, citava San Paolo, impetrava l’aiuto del santo
con tale e tanta convinzione… che dal cielo le grazie scendevano ogni volta
copiose.
Per lui i santi erano gli “amici” in
Cielo a cui ricorrere nel momento del bisogno e vantava varie amicizie
importanti, oltre a quella di San Giuseppe Moscati, Padre Pio, che aveva
conosciuto personalmente e lo aveva instradato alla vita religiosa e Santa
Teresa di Lisieux, la santa della piccola via, tanto cara a Padre Giuseppe.
Aveva un’attenzione particolare per
tutti, ma i poveri e gli ammalati erano i suoi prediletti. Ai poveri riservava
un giorno al mese per soddisfare come poteva le loro legittime richieste di
aiuto, offrendo ciò che era riuscito a racimolare dalle offerte lasciategli dai
pellegrini.
Ai malati dedicava tutta la
giornata, ascoltandoli, esortandoli, incoraggiandoli presso il “suo”
confessionale che era il più prossimo all’urna di Moscati e pregando per loro,
giorno e notte! Soleva ripetere: “Il mio confessionale è diventato un
ambulatorio, accorrono da tutte le parti per raccontarmi i loro mali e
raccomandarsi al santo!”
Vantava, Padre Giuseppe, una memoria
tenace, ricordava nomi e situazioni anche a distanza di tempo e questo
sorprendeva chi a lui ricorreva e soprattutto sentiva la partecipazione di
quell’uomo di Dio alle proprie sofferenze. Aveva interesse per la persona, per
lui veniva “prima l’amico e poi il sacerdote”, non amava che gli venisse dato
del “lei”, preferiva il “tu”, perché “crea amicizia, toglie le distanze”.
Aveva il dono della lettura dei
cuori, chiunque si fosse presentato al suo cospetto, si sentiva amato,
apprezzato, capito nel più profondo dell’essere e anche se ripreso per delle
gravi mancanze, sentiva comunque che quell’ammonimento veniva dato con autorità
paterna, di un padre buono, generoso, comprensivo, disponibile al perdono.
Incarnava il motto agostiniano: “Ama e fa ciò che vuoi!”
Avvenuto il primo incontro con una
persona, si assicurava di mantenere il contatto e chiedeva subito: “Poi
ritornerai a far visita a San Giuseppe Moscati? Ci manterremo in contatto, ci
sentiremo per telefono?”
Ogni giorno… e così fino all’ultimo
giorno di vita. Riceveva le telefonate secondo un preciso orario, e veniva
chiamato da ogni parte d’Italia. Nessuno sa dire quanti erano i contatti che
egli aveva con maceratesi, alcuni conosciuti casualmente al Gesù Nuovo, altri
attraverso la scrivente. Chi lo aveva conosciuto passava il numero all’amico
sofferente e così via… e Padre Giuseppe era disponibile per tutti, aveva una
parola buona anche per coloro che non aveva mai incontrato fisicamente.
La generosità era un suo tratto
caratteristico, tutto per lui era dono, donava se stesso ogni giorno, donava ciò
che riceveva per dono. Nulla tratteneva per sé. Quanti ricordini con l’effige di
San Giuseppe Moscati ha donato agli amici!
Era estremamente discreto, sia verso
i suoi affetti familiari, sia verso i suoi confratelli, niente sfuggiva al suo
occhio vigile, ma tutto serbava nel cuore, soffrendo con i sofferenti, esultando
con chi era nella gioia. Soleva ripetermi: “Tu non conosci la solitudine del
sacerdote!”
Era molto dispiaciuto nel vedere che
i pellegrini entravano nella Chiesa del Gesù Nuovo senza neanche farsi “il segno
della croce” verso quel Dio tanto “delicato” nei nostri confronti. Usava
ripetere: “I turisti considerano le chiese alla stessa stregua dei musei!” e
quando vedeva un turista parlare al cellulare in chiesa lo redarguiva, con la
sua imponente figura, puntandogli contro il dito in segno di diniego.
Padre Giuseppe era un uomo di Dio,
era tutto di Dio, era solo di Dio, lui è sempre stato dalla parte della Chiesa
Santa, ha collaborato alla santità della medesima e continuerà dal Cielo ad
intercedere per tutti noi!
Grazie Padre Giuseppe, da parte mia
e di tutti i maceratesi che a te sono ricorsi!
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