lunedì 5 agosto 2019

Un grande grazie a PADRE GIUSEPPE SAMA' s.j. ! , di Elisabetta Nardi



Un grande grazie a PADRE GIUSEPPE SAMA'  s.j. !
 
di Elisabetta Nardi
 
   

Da sinistra: Fra Egidio sj; Padre Giuseppe Sama sj ( defunto il 13-12-2010) ed Elisabetta Nardi.



“La Chiesa è santa e peccatrice” ricorda Elisabetta, soleva ripetermi Padre Giuseppe Samà, un ottuagenario gesuita calabrese, ma napoletano di adozione.
Il Signore aveva arricchito Padre Samà di molti doni particolari, era un uomo intelligente e colto, umile e buono, ed estremamente generoso. Era anche un uomo di grande autorità a cui si rivolgevano folle di sofferenti nel corpo e nello spirito.
A Napoli lo chiamavano il “segretario di Don Peppino”, ossia di San Giuseppe Moscati, per una sua straordinaria dote: ogni volta che una persona, affetta da qualche sofferenza, gli confidava i suoi problemi, Padre Giuseppe chinava il capo, si immergeva nella preghiera e poi guardandola con lo sguardo dolce di Gesù, la confortava dicendogli, il più delle volte, che la sofferenza avrebbe avuto un esito positivo e  invitava il sofferente a confidare nel Signore.
Pregava San Giuseppe Moscati con la preghiera del cuore, si metteva davanti alla sua statua con rispetto e reverenza come se il Santo fosse presente in carne ed ossa e… ci parlava! Utilizzava nel colloquio un linguaggio forbito, citava San Paolo, impetrava l’aiuto del santo con tale e tanta convinzione… che dal cielo le grazie scendevano ogni volta copiose.
Per lui i santi erano gli “amici” in Cielo a cui ricorrere nel momento del bisogno e vantava varie amicizie importanti, oltre a quella di San Giuseppe Moscati, Padre Pio, che aveva conosciuto personalmente e lo aveva instradato alla vita religiosa e Santa Teresa di Lisieux, la santa della piccola via, tanto cara a Padre Giuseppe.
Aveva un’attenzione particolare per tutti, ma i poveri e gli ammalati erano i suoi prediletti. Ai poveri riservava un giorno al mese per soddisfare come poteva le loro legittime richieste di aiuto, offrendo ciò che era riuscito a racimolare dalle offerte lasciategli dai pellegrini.
Ai malati dedicava tutta la giornata, ascoltandoli, esortandoli, incoraggiandoli presso il “suo” confessionale che era il più prossimo all’urna di Moscati e pregando per loro, giorno e notte! Soleva ripetere: “Il mio confessionale è diventato un ambulatorio, accorrono da tutte le parti per raccontarmi i loro mali e raccomandarsi al santo!”
Vantava, Padre Giuseppe, una memoria tenace, ricordava nomi e situazioni anche a distanza di tempo e questo sorprendeva chi a lui ricorreva e soprattutto sentiva la partecipazione di quell’uomo di Dio alle proprie sofferenze. Aveva interesse per la persona, per lui veniva “prima l’amico e poi il sacerdote”, non amava che gli venisse dato del “lei”, preferiva il “tu”, perché “crea amicizia, toglie le distanze”.
Aveva il dono della lettura dei cuori, chiunque si fosse presentato al suo cospetto, si sentiva amato, apprezzato, capito nel più profondo dell’essere e anche se ripreso per delle gravi mancanze, sentiva comunque che quell’ammonimento veniva dato con autorità paterna, di un padre buono, generoso, comprensivo, disponibile al perdono. Incarnava il motto agostiniano: “Ama e fa ciò che vuoi!”
Avvenuto il primo incontro con una persona, si assicurava di mantenere il contatto e chiedeva subito: “Poi ritornerai a far visita a San Giuseppe Moscati? Ci manterremo in contatto, ci sentiremo per telefono?”
Ogni giorno… e così fino all’ultimo giorno di vita. Riceveva le telefonate secondo un preciso orario, e veniva chiamato da ogni parte d’Italia. Nessuno sa dire quanti erano i contatti che egli aveva con  maceratesi, alcuni conosciuti casualmente al Gesù Nuovo, altri attraverso la scrivente. Chi lo aveva conosciuto passava il numero all’amico sofferente e così via… e Padre Giuseppe era disponibile per tutti, aveva una parola buona anche per coloro che non aveva mai incontrato fisicamente.
La generosità era un suo tratto caratteristico, tutto per lui era dono, donava se stesso ogni giorno, donava ciò che riceveva per dono. Nulla tratteneva per sé. Quanti ricordini con l’effige di San Giuseppe Moscati ha donato agli amici!
Era estremamente discreto, sia verso i suoi affetti familiari, sia verso i suoi confratelli, niente sfuggiva al suo occhio vigile, ma tutto serbava nel cuore, soffrendo con i sofferenti, esultando con chi era nella gioia. Soleva ripetermi: “Tu non conosci la solitudine del sacerdote!”
Era molto dispiaciuto nel vedere che i pellegrini entravano nella Chiesa del Gesù Nuovo senza neanche farsi “il segno della croce” verso quel Dio tanto “delicato” nei nostri confronti. Usava ripetere: “I turisti considerano le chiese alla stessa stregua dei musei!” e quando vedeva un turista parlare al cellulare in chiesa lo redarguiva, con la sua imponente figura, puntandogli contro il dito in segno di diniego.
Padre Giuseppe era un uomo di Dio, era tutto di Dio, era solo di Dio, lui è sempre stato dalla parte della Chiesa Santa, ha collaborato alla santità della medesima e continuerà dal Cielo ad intercedere per tutti noi!
Grazie Padre Giuseppe, da parte mia e di tutti i maceratesi che a te sono ricorsi!













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