sabato 3 agosto 2019

Educare i nostri figli alla sobrietà, di Lidia e Battista Galvagno



Educare i nostri figli
alla sobrietà

di Lidia e Battista Galvagno


Abbiamo paura della sobrietà. Tutti. Ci siamo adagiati nell’abbondanza e l’idea di essere meno ricchi ci spaventa. Nella nostra fantasia si affacciano immagini di privazioni e di sofferenze: quelle che hanno dovuto sopportare i nostri antenati. Spaventati, facciamo dietrofront e ci rifugiamo nell’isola “del di più”, che pur essendo popolata da mostri come le guerre, l’ingiustizia, il degrado ambientale, ci dà un senso di grande sicurezza.
Le famiglie contadine da cui proveniamo ci hanno trasmesso un po’ di questa paura: i nostri genitori avevano conosciuto, da bambini, condizioni di vita povere e precarie. Avevano conosciuto anche la fatica del lavoro, fin da bambini e avevano ben presente la quantità di lavoro necessario per produrre i beni essenziali per la vita. L’educazione alla sobrietà era dunque parte integrante della condizione di vita di allora ed era un valore condiviso dalla maggior parte della società: quasi nessuno poteva permettersi lo spreco che oggi vediamo attorno a noi.
Oggi che siamo noi papà e mamma, alle prese con l’educazione di tre figli in età di scuola dell’obbligo, sentiamo tutto il peso e la difficoltà che l’educazione comporta. Pur non vivendo la condizione di precarietà dei nostri genitori, ci poniamo come obiettivo quello di educare i nostri figli alla sobrietà, alla semplicità di vita, perché sappiamo che una vita troppo piena di cose non può lasciare spazio alle persone e a Dio. Quando siamo assaliti da dubbi e paure, cerchiamo di ricordarci che è possibile vivere bene pur disponendo di meno, anzi, forse si vive ancora meglio. Basta affrontare la vita con un altro spirito, ridare agli oggetti il loro giusto valore e soprattutto tornare a porre in primo piano le persone.
Proviamo a dare più spazio al dialogo, all’amicizia, alla partecipazione, alla riflessione, perché è dimostrato che il consumo è una sorta di compensazione della nostra insicurezza e della nostra insoddisfazione affettiva, umana, sociale e spirituale. Forse tanti nostri ragazzi hanno bisogno non di una televisione, un walkman o un telefonino in più, ma di amici, di persone con cui dialogare, confrontarsi, magari anche scontrarsi: persone capaci di insegnare loro il segreto della vita!

Fare comunità, fare tendenza
Da soli, certo è molto difficile. Può addirittura diventare frustrante per i ragazzi e le stesse famiglie. Più volte ci siamo trovati davanti alla domanda imbarazzante dei figli, che, avendo confrontato il nostro stile di vita con quello di coetanei, ci hanno interpellati: «Papà, mamma, noi siamo poveri?» È stato impegnativo, ma anche appassionante spiegare loro che non siamo poveri, perché abbiamo tutto ciò che è essenziale alla vita e anche un po’ di superfluo, ma cerchiamo di sprecare il meno possibile, per rispetto verso i doni di Dio e i fratelli che stanno peggio di noi. Appare però sempre più chiaro che discorsi di questo genere e scelte di vita che hanno una rilevanza pubblica e sociale necessitano di un supporto comunitario: solo insieme, come gruppi di famiglie che condividono un certo stile di vita, si può cambiare.
Pensiamo all’esempio di alcune maestre, che hanno sostituito il regalo ai loro alunni in occasione della Prima Comunione con un’adozione internazionale a distanza di un bambino; pensiamo ad alcuni genitori che, d’accordo, hanno deciso di porre un limite, un tetto all’entità dei regali: poche migliaia di lire, all’interno delle quali, spazio alla fantasia!
Chiaramente - ed è la cosa più importante - bisogna motivare bene indicazioni del genere, facendo leva sui valori spirituali: prima di “disamorare” dei beni materiali, bisogna “innamorare” di qualcosa di più grande: il senso della vita, della gratuità, del dono, dell’incontro con l’altro, dell’amicizia; in una parola, del senso di Dio.

Quattro “R” per un consumo critico
Più volte abbiamo letto e utilizzato i suggerimenti del Centro Nuovo Modello di Sviluppo, un centro di ricerca sorto nel 1985 a Vecchiano, presso Pisa, coordinato da Francesco Gesualdi (ex alunno di don Milani alla scuola di Barbiana). Esso affronta i temi del disagio e dell’ingiustizia, con particolare riferimento al crescente divario tra Nord e Sud del mondo, per cercare di capire quali sono le nostre responsabilità e quali iniziative possiamo intraprendere per opporci a quello che è lo scandalo più grave della nostra epoca. Ci è sempre piaciuta molto la tesi secondo cui la sobrietà poggia su quattro imperativi, che iniziano tutti per “R”.
Il primo è “Ridurre”, ossia badare all’essenziale, comperare solo i beni di cui abbiamo veramente bisogno, convinti della verità del detto: «Nella borsa della spesa tu spendi la tua fede».
Ridurre i consumi significa ad esempio chiedersi se l’acquisto che stiamo per fare corrisponde ad un bisogno vero o a un bisogno indotto dalla pubblicità. Abituare i nostri figli ad essere critici nei confronti della pubblicità non è facile. Spesso la cosa che serve di più è l’ironia. Particolarmente impegnativo è l’andare contro corrente nel settore del vestiario e delle abitudini alimentari: aiutare a capire che un bel panino vale ampiamente la merendina reclamizzata o che la miglior firma sui capi di abbigliamento è la nostra fantasia, la nostra simpatia.
Il secondo è “Recuperare”, ossia riutilizzare lo stesso oggetto finchè è servibile e riciclare tutto ciò che può essere rigenerato. In particolare, abbiamo cercato di insegnare ai nostri figli a separare i rifiuti, in particolare ad attuare la raccolta differenziata di lattine, vetro, plastica, carta e prodotti organici con cui fare il composto. Essi ormai aiutano in questo lavoro, anzi talvolta richiamano noi al rispetto delle regole!
Il terzo è “Riparare”, ossia non gettare gli oggetti al primo danno: nella nostra famiglia, ad esempio, il papà è il “mago dell’attaccatutto” e talvolta riesce a fare miracoli con giocattoli rotti! Abbiamo poi una zia “specialista” nel rammendare le calze e nel mettere toppe ai pantaloni “vittime innocenti” del calcio o della bicicletta, una zia che sa spiegare ai nipoti il “valore” di oggetti, fotografie, attrezzi: un valore che va al di là del denaro e sta nella loro storia.
Ma alla base di tutto c’è un quarto imperativo: “Rispettare”. Solo sviluppando un profondo rispetto per il lavoro altrui, impareremo a trattare bene le cose che ci rendono possibile la vita.

Conta soprattutto l’esempio
La famiglia è l’ambito in cui le “prediche” non servono a nulla e anche gli “ordini” hanno esiti incerti. Conta però molto l’esempio. Ad esempio, come può essere credibile, quando parla di solidarietà, una mamma che sfoggi un vestito nuovo a stagione o una pelliccia all’anno? Anche a tavola l’esempio di due genitori che si adattano a mangiare di tutto è la migliore educazione alimentare dei figli. Sempre in questo ambito, cerchiamo di scegliere la genuinità dei cibi, privilegiando le verdure di stagione del nostro orto piuttosto che prodotti esotici o le marmellate di nostra produzione, piuttosto che merendine tanto reclamizzate dalla Tv. Lo stesso discorso vale per il lavoro: se i figli non vedono mai i genitori lavorare e stringere i denti, come potranno educarsi alla fatica?
Molto importante, per noi, il lavoro in casa, nell’orto, oltre, ovviamente la fedeltà alla professione e agli impegni presi, anche quando si è stanchi. La casa infine è per noi uno spazio da usare, non una bellezza da servire e custodire. I nostri tre figli, dopo i compiti, possono tranquillamente invitare i loro amici a giocare: in questo modo, la casa è spesso piena di bambini e nel cortile si gioca anche a pallavolo. Su una cosa, per scelta, non risparmiamo: nella cultura, nell’acquisto di giornali, libri, riviste: fanno parte del nostro lavoro di insegnanti e ci portano il mondo in casa, aiutandoci a riflettere.

Sobrietà non è solo rinuncia
La sobrietà è parte integrante del progetto di Dio, secondo l’insegnamento di Gesù. é il messaggio altissimo dell’abbandono alla Provvidenza: «Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete, né per il vostro corpo, di come lo vestirete. La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito... Cercato piuttosto il Regno di Dio e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Lc 12, 22-34). Gesù insegna cioè che la vita non dipende dai beni che possediamo, ma che la vera ricchezza è quella di chi arricchisce davanti a Dio. La sobrietà mette al primo posto le persone superando la dispersione delle cose. Per questo, essa è la condizione per essere sensibili, aperti agli appelli delle persone e di Dio. La sobrietà infine non va vissuta soltanto nel segno della rinuncia, ma della ricerca della qualità della vita e della qualità dell’amore. È un modo concreto di mettere al primo posto le persone.
Vivere la sobrietà è sempre stato problematico. Ce lo documenta questa pagina: «Il nemico oggi non ci assale alle spalle, ma ci accarezza la pancia; non ci toglie la libertà con la prigione, ma ci riduce alla schiavitù del potere; non ci confisca i beni, ma ci arricchisce portandoci ad avere troppi beni; non taglia la testa, ma uccide l’anima con il denaro; non colpisce i fianchi, ma vuole il possesso del nostro cuore» (Ilario di Poitiers, 380 d.C.). Per questo non dobbiamo spaventarci, ma continuare serenamente a camminare sulla nostra strada, convinti che l’eredità più preziosa che possiamo lasciare ai nostri figli è un senso della vita.

Per chi desidera approfondire
  • Lettera a un consumatore del Nord (EMI, 1990), per denunciare lo sfruttamento che si cela dietro ai prodotti tropicali.
  • Boycott (Macroedizioni, 1992) per indicare come trasformare il consumo in strumento per condizionare il potere.
  • Nord/Sud. Predatori, predati e opportunisti (EMI, 1993) per cercare di far capire i meccanismi che impoveriscono il Sud del mondo.
  • Sulla pelle dei bambini (EMI, 1994) denuncia della tragica realtà del lavoro minorile.
  • Guida al consumo critico (EMI, 1996), per offrire informazioni sul comportamento delle imprese, per un consumo consapevole. (Nuova Guida, EMI 2000).
  • Ai figli del pianeta (EMI, 1998) una sintesi stupenda di tutti i temi di cui sopra.



Fonte:
Brano tratto dal portale dell'Azione Cattolica Italiana , www.azionecattolica.it , sezione rivista "Nuova resposabilità" n°1/2002.
 Gli Autori dell'articolo sono una coppia di spossi aderenti all'Ac della diocesi di Alba, Hanno tre figli. Lui è insegnante di filosofia, lei è insegnante elementare. Insieme hanno pubblicato diversi libri per le Edizioni Paoline




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