LA ABBAZIA BENEDETTINA DELLA SS. TRINITA'
Cava de' Tirreni (SA)
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Introduzione
L'Abbazia Benedettina della
Santissima Trinità di Cava fu nel Medioevo uno dei centri religiosi e
culturali più vivi e potenti dell'Italia Meridionale. Fondata da un nobile
Longobardo, S. Alferio Pappacarbone che ebbe la visione della Santissima
Trinità sotto forma di Tre Raggi Luminosi sorgenti dalla Roccia, ritiratosi in
quei luoghi per vivere in preghiera e contemplazione, vedrà in poco tempo
sorgere una comunità numerosa di monaci. L'Abbazia di Cava formò nell'Ordine
di San Benedetto una congregazione autonoma: la Congregazione della Santissima
Trinità di Cava, che ebbe in pochi decenni un notevole sviluppo divenendo una
delle congregazioni benedettine più fiorenti. L'Abate della SS. Trinità di
Cava nel XII e XIII secolo governava oltre 340 chiese, più di 90 priorati,
almeno 29 abbazie. Egli era anche onorato del titolo di Grande Abate di Cava:
"Magnus Abbas Cavensis". L'Abbazia della SS. Trinità di Cava divenne la Chiesa
madre dell'Ordine Cavese : " Mater vel matrix ecclesia Ordinis Cavensis ".
La storia
Il fondatore della Badia della Santissima Trinità fu S. Alferio
Pappacarbone che nel
1011 si ritirò sotto la grande grotta Arsiccia (significa asciutta) per trascorrervi vita
eremitica. L’accorrere dei discepoli, attratti dalla sua santità, lo indusse a
costruire un monastero di modeste dimensioni. Morì in età molto avanzata il 12
aprile 1050. Fin quasi alla fine del sec. XIII Alferio ebbe una serie di
successori eccezionali, di cui undici, oltre il fondatore, sono stati
riconosciuti dalla Chiesa come santi o beati. Tra di essi si distinse S.
Pietro I, nipote di Alferio, che ampliò notevolmente il monastero e lo fece
centro di una potente congregazione monastica l' Ordo Cavensis (Ordine
Cavense) con centinaia di chiese e
monasteri dipendenti, sparsi in tutta l’Italia meridionale. Furono più di
3.000 i monaci a cui S. Pietro diede l’abito.
Il Papa Urbano II, che lo aveva
conosciuto a Cluny, nel 1092 visitò l’Abbazia e ne consacrò la basilica.
Importante fu anche il governo del B. Benincasa, che nel 1176 inviò in Sicilia
un centinaio di monaci per popolare la celebre abbazia di Monreale, eletta
dalla munificenza del re Guglielmo II. Papi e vescovi, principi e signori
feudali favorirono lo sviluppo della Congregazione Cavense, che giovò
moltissimo alla riforma della Chiesa, promossa dai grandi papi del sec. XI, e
al benessere della società civile. I principi e signori, oltre ad offrire
feudi, beni e privilegi, donarono all’abbazia o la proprietà o il diritto di
patronato su chiese e monasteri. I vescovi ambivano di avere nelle loro
diocesi i Cavensi per il bene che vi operavano. I Papi, oltre la conferma
delle donazioni, concessero il privilegio dell’esenzione, per cui l’abate di
Cava finì per avere una giurisdizione spirituale, dipendente solo dal Papa,
sulle terre e sulle chiese di cui la Badia aveva la proprietà. Da parte sua
Cava costituiva per i Papi un caposaldo di cui potevano fidarsi pienamente,
tanto da affidarle in custodia alcuni antipapi. Amorosa fu la cura che gli
abati avevano delle popolazioni. Ad esse assegnavano le terre delle vaste
possessioni dell’abbazia con l’obbligo di metterle a coltura e di prestare,
dopo un certo numero di anni, o mano d’opera o un censo proporzionato alla
fertilità del suolo. Per la difesa delle popolazioni del Cilento dalle
incursioni saracene S. Costabile e B. Simeone costruirono il castello
dell’Angelo, detto poi Castellabate. I monaci inoltre gestivano ospizi e
ospedali, che venivano generosamente destinati alle necessità dei bisognosi ed
esercitavano il ministero pastorale nei monasteri dipendenti. Le chiese invece
venivano affidate dagli abati a sacerdoti secolari di loro fiducia. Il sec.
XIV rappresenta per Cava un periodo di ripiegamento su se stessa. E’
particolarmente curata la difesa e l’amministrazione dei beni temporali, sono
prodotte splendide opere d’arte, ma l’incidenza dell’azione spirituale e
sociale della badia, anche a causa dei rivolgimenti politici, diminuisce
sensibilmente. Nel 1394 il papa Bonificacio IX conferì il titolo di città alla
terra di Cava, elevandola in pari tempo a diocesi autonoma, con un proprio
vescovo, che doveva però risiedere alla Badia, la cui chiesa venne dichiarata
cattedrale della diocesi di Cava. Il monastero non sarà governato da un abate,
ma da un priore e la comunità dei monaci formerà il capitolo della cattedrale.
L'abate Mons. Angelotto Fusco nel 1431 fu elevato alla dignità cardinalizia e,
malauguratamente, volle ritenere in commenda, percependone le rendite,
l’abbazia e la diocesi cavense. Fu il periodo degli abati commendatari, i
quali portarono l’abbazia ad una grande decadenza. Lontani da essa, la
governarono mediante fiduciari, ai quali interessava soltanto la diocesi e
l’amministrazione dei beni temporali. L’ultimo commendatario unì la badia di
Cava alla congregazione di S. Giustina da Padova. La riforma poneva a capo
della badia non più un vescovo o un cardinale ma un abate temporaneo: così
rifiorì la disciplina monastica e il culto delle scienze e delle arti. Nel
corso dei secoli XVI-XVIII l’abbazia fu rinnovata anche architettonicamente.
L’abate D. Giulio De Palma ricostruì la chiesa, il seminario, il noviziato, e
varie altre parti del monastero. La soppressione napoleonica, per merito
dell’abate D. Carlo Mazzacane, passò senza arrecare gravi danni alla badia: 25
monaci rimasero a guardia dello Stabilimento (tale fu il titolo dell’abbazia)
e il Mazzacane ne fu il Direttore. La restaurazione, dopo la caduta di
Napoleone, portò a un rinnovamento dello spirito religioso. Nel 1866, in
considerazione dei valori artistici e scientifici accumulati nelle sue mura e
del fatto che era centro di una diocesi, il monastero fu dichiarato Monumento
Nazionale e, come tale, si salvò dalla rovina a cui andarono incontro tante
altre illustri abbazie italiane. Eroica si dimostrò allora la virtù dei pochi
monaci rimasti. Aprirono un nuovo campo di apostolato monastico istituendo un
collegio laicale, che è tuttora fiorente, e redassero il Codex Diplomaticus
Cavensis, in cui pubblicarono il testo integrale delle più antiche pergamene
dell’archivio Cavense. Si tratta di un’opera monumentale, che ha resa famosa
la Badia in tutto il mondo scientifico. I più moderni abati hanno continuato
degnamente l’opera dei SS. Padri Cavensi. Essi hanno restaurato ed ampliato
gli edifici del monastero e dato nuovo impulso alla sua vita millenaria, che
dura ininterrotta ancora oggi.
Per approfondimenti sulla " Santa Roccia della Santissima
Trinità " della Badia di Cava vedi anche il seguente articolo su ARTCUREL :
La basilica
Interno della
Basilica: veduta dell'altare con coro ligneo ed organo.
Nel 1025 S. Alferio aveva già costruito la sua
chiesa, che aveva una sola navata. Questa nel 1092 fu ampliata e trasformata
in basilica a più navate da S.Pietro I abate. L’attuale basilica sorse invece
nel 1761 per iniziativa dell’abate D. Giulio De Palma e su disegno
dell’architetto Giovanni del Gaizo, il quale, qualche anno dopo, progettò
anche la facciata. Vi fu un tentativo di bloccare i lavori, ma i monaci
seppero blandire Carlo di Borbone sostenendo che "... le povere parrocchie di
Cava avevano chiese migliori che non ha il monastero tanto ricco di rendite".
Nel 1778, la nuova chiesa era pronta. Seguendo i criteri dell’epoca, la
vecchia basilica venne abbattuta, ad eccezione della cappella dei SS. Padri e
delle fondamenta, che furono rinforzate.
Cappella dei Santi Padri
L’interno della basilica,
specialmente dopo il moderno rivestimento delle pareti e la pavimentazione con
marmi policromi, è luminoso ed armonico. La prima cosa che attira l’attenzione
del visitatore della basilica è l’ambone con mosaico del secolo XII,
recentemente ricostruito. E’ molto probabile che sia un dono del re di Sicilia
Ruggiero II, il quale volle che la regina Sibilla, sua seconda moglie morta a
Salerno nel 1150, fosse seppellita nella chiesa della badia e le fosse
edificata una magnifica tomba ornata di mosaici, di cui si conserva solo il
sarcofago. Il seppellimento nella chiesa o nel cimitero della badia era
ordinariamente accompagnato ad una donazione. Dell’antica basilica, oltre
all’ambone, resta ancora, in fondo alla navata destra, la “Cappella dei SS.
Padri”, ristrutturata e rivestita di marmi policromi (mosaici fiorentini) nel
1641. Subito dopo la balaustra, prima della cappella seicentesca, si notano
sulle pareti quattro statue marmoree, notevoli quelle cinquecentesche di S.
Felicita e di S. Matteo. Procedendo, a destra è la cella grotta di S. Alferio
con l'urna che ne custodisce le reliquie e resti di affreschi parietali del
XIV secolo; a sinistra è l’altare di S. Leone con la sua urna e, sulla parete,
altre reliquie di santi; di fronte l’altare del SS. Sacramento con l’urna
contenente le reliquie di S. Costabile. Gli affreschi della basilica sono
opera del pittore calabrese Vincenzo Morani, che nel 1857 vi rappresentò:
sulla volta del coro “S. Alferio in contemplazione della SS. Trinità”; nella
cupola una visione dell’Apocalisse, cioè l’”Adorazione del Redentore”; nel
transetto a destra la “Morte di S. Benedetto” con altre scene della sua vita e
santi e sante benedettini; a sinistra la “Resurrezione” con profeti ed
apostoli. Il suo capolavoro però è la tela della “Deposizione dalla croce”,
che si trova sull’altare del transetto a sinistra. Sono da notare inoltre il
quadro del primo altare a destra dell’ingresso rappresentante “S. Mauro” di
Achille Guerra, il trecentesco altorilievo della Madonna con Bambino tra San
Benedetto e Sant'Alferio, opera di Tino da Camaino, la porta del battistero
(sec. XVI) a sinistra e il portale marmoreo con la bellissima porta
cinquecentesca della sagrestia. Sotto i 12 altari della basilica sono deposte
le reliquie dei 12 abati santi o beati della badia. Nel paliotto è inserita
una lastra di marmo dell'XI secolo. Accanto alla chiesa è da segnalare la
fontana realizzata nel 1772 da Tommaso Liguoro.
SS. Trinità dipinta sulla volta
dell'altare della Basilica della Badia SS. Trinità di Cava.
Il chiostro
Nel poco spazio esistente fra la grotta Arsiccia e
il ruscello Selano non si è potuto creare un chiostro proporzionato alla
grandiosità del monastero. In compenso il piccolo chiostro dei secoli XI-XIII
è la parte più suggestiva e caratteristica della badia. Un muro romano, ancora
in piedi in questa parte più profonda della grotta, dimostra l’esistenza di
costruzioni anteriori alla venuta di Alferio. La piccola scultura del fauno,
rinvenuta qui, in un muro che delimitava una porzione della grotta, è forse
segno di un culto pagano esercitato nella grande spelonca. Il piccolo chiostro
ha subìto diverse manomissioni, ma nella sua struttura fondamentale è stato
messo in relazione con i coevi chiostri amalfitani e con quelli del San
Domenico di Salerno e di Santa Sofia a Benevento, spartiti in quadrifore con
archi a ferro di cavallo che testimoniano influenze musulmane. Adiacente al
chiostrino è la grande sala del Capitolo del secolo XIII. In essa sono
sistemati alcuni pregevoli sarcofagi romani, attribuiti per lo più al III
secolo d.C. Essi furono inviati qui da illustri personaggi per esservi
seppelliti.
Il Museo
La splendida sala del sec. XIII adibita a museo è
stata una scoperta avvenuta dopo la seconda guerra mondiale, grazie ad un
saggio fortuito che rilevò l’esistenza di un capitello sulle pareti e,
successivamente, delle colonne e di tutta la struttura della sala. La volta è
stata rifatta perché irreparabilmente lesionata; le finestre originali non si
sono potute ricostruire perché mancavano gli elementi, ma tutto il resto
conserva la sua originalità. Era parte di un palazzo, distinto dal monastero e
adibito a foresteria. Un’altra sala dello stesso palazzo di dimensioni quasi
uguali e adiacente alla prima dalla parte occidentale, crollò all’inizio di
questo secolo, ma al piano terra resta ancora l’immenso salone su cui le due
sale erano edificate. Tra le opere custoditevi: una Madonna con Santi, tavola
senese del XV secolo; un Cofanetto d'avorio dell'XI secolo; un Polittico di
scuola raffaellesca, attribuito ad Andrea Sabatini; tele di numerosi pittori
caravaggeschi; numerosi reperti archeologici; una Collezione di monete,
completa ed ordinata delle Zecche longobarde e normanne di Salerno; maioliche
abruzzesi e vietresi; codici miniati.
L'archivio
L’archivio della Badia è molto importante. Nelle
due elegantissime sale della fine del secolo diciottesimo sono contenuti
preziosi manoscritti pergamenacei e cartacei, più di quindicimila pergamene,
di cui la più antica è del 792 d. c., e un considerevole numero di documenti
cartacei. Ciò ha richiamato l'attenzione di numerosi studiosi provenienti da
ogni parte. Dei codici (manoscritti in pergamena) esiste un catalogo completo
a stampa ancora disponibile; presto sarà approntato anche il catalogo dei
manoscritti cartacei. Tra i codici più famosi ricordiamo la Bibblia visigotica
del secolo IX, il Codex Legum Longobardorum (Codice di leggi longobarde) del
secolo XI, le Etymologiae di Isidoro del secolo VIII e il De Temporibus del
Ven. Beda del secolo XI, ai cui margini i monaci annotarono gli avvenimenti
più importanti della badia e del mondo contemporaneo. Tali note marginali
costituiscono gli Annales Cavenses più volte pubblicati. Quanto alle
pergamene, i documenti privati sono ordinati in ordine cronologico e sistemati
nella sala diplomatica in arche di cui ciascuna contiene 120 pergamene. I
documenti pubblici (bolle papali o vescovili, diplomi di imperatori, re e
signori feudali) si trovano invece nell’arca magna in numero di oltre
settecento, ordinati anche essi cronologicamente. La consultazione è resa
facile agli studiosi da un Regestum Pergamenarum, manoscritto di otto volumi
in folio compilato da monaci nel secolo scorso. Vi si trova il riassunto di
tutte le pergamene con l’indicazione dell’arca in cui sono contenute. I
documenti già pubblicati nel Codex Diplomaticus Cavensis appartengono agli
anni 792-1080 e sono esattamente 1669.
La Biblioteca della Badia possiede oltre 40.000 volumi con numerosi incunaboli e importanti cinquecentine. I volumi sono catalogati e sistemati in tre sale. Le scienze più rappresentate sono la Patristica, la Teologia, il Diritto e, soprattutto, la storia. Un catalogo per autori ne facilita la consultazione.
La Biblioteca della Badia possiede oltre 40.000 volumi con numerosi incunaboli e importanti cinquecentine. I volumi sono catalogati e sistemati in tre sale. Le scienze più rappresentate sono la Patristica, la Teologia, il Diritto e, soprattutto, la storia. Un catalogo per autori ne facilita la consultazione.
Il Collegio
Il Collegio "San Benedetto" fu istituito nel 1867
ed è situato nella parte più alta del monastero in locali ampi ed ariosi.
I collegiali frequentano le scuole della Badia (aperte ad esterni e semiconvittori, anche ragazze), che comprendono la scuola media, il ginnasio e il liceo classico, pareggiate alle statali nel 1894, e il liceo scientifico che è stato istituito di recente ed è legalmente riconosciuto.
I numerosi ex - alunni che occupano con onore posti elevati nella vita politica, amministrativa e professionale, attestano i lusinghieri risultati raggiunti dal collegio in oltre un secolo di attività.
I collegiali frequentano le scuole della Badia (aperte ad esterni e semiconvittori, anche ragazze), che comprendono la scuola media, il ginnasio e il liceo classico, pareggiate alle statali nel 1894, e il liceo scientifico che è stato istituito di recente ed è legalmente riconosciuto.
I numerosi ex - alunni che occupano con onore posti elevati nella vita politica, amministrativa e professionale, attestano i lusinghieri risultati raggiunti dal collegio in oltre un secolo di attività.
FONTI :
-
Descrizione storico-artistica illustrata della Badia della SS. Trinità di Cava , a cura dei monaci benedettini della Badia di Cava (Salerno), tip. monastica Badia di Cava, 1927.
-
"La civiltà di un borgo. Storia e sviluppo urbanistico di Cava de' Tirreni" di Paolo Gravagnuolo (a cui si riferiscono molte notizie qui riportate)
-
Cava Sacra , di don Attilio Della Porta , Di Mauro, Cava de' Tirreni (SA), 1965.
-
L'Abbazia benedettina della Santissima Trinità de La Cava , Raccolta di Paul Guillaume , 1875, traduzione di Paola Malavenda.
-
La Badia di Cava nella storia e nella civiltà del Mezzogiorno medievale , a cura di Giovanni Vitolo e Francesco Mottola, Edizioni 10/17, Salerno, 1991.
-
La Badia della SS. Trinità di Cava , Guida storico - artistica a cura dei PP. Benedettini , Badia di Cava, 1994.
-
L'immagine di Sant'Alferio è tratto dal dipinto di don Raffaele Stramondo.
-
Per approfondimenti sulla Santa Roccia della Santissima Trinità della Badia di Cava vedi anche il seguente articolo su ARTCUREL :ALTRI SITI DI INTERESSE:
-
www.ilmillenniocavadetirreni.com sito del Comune di Cava dei Tirreni per il Millennio della Fondazione della Badia SS. Trinità (1011-2011)
-
www.badiadicava.it sito ufficiale della Badia della Santissima Trinità di Cava
Informazioni turistiche Abbazia
Benedettina della SS. Trinità di Cava :
Visite guidate della Abbazia
Benedettina della SS. Trinità di Cava.
Percorso visita: Cattedrale, Grotta di S. Alferio, Chiostro, Nuova ed Antica
Sala Capitolare, Catacombe, Museo.
Per informazioni e prenotazioni visite guidate rivolgersi ad Anna Russo
tel. 347-1946957, e-mail:
annarusso_04@fastwebnet.it .
Vedi anche i links : www.badiadicava.it
(si ringrazia Anna Russo per la documentazione fotografica gentilmente fornita
alla Redazione di Artcurel)
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