sabato 3 agosto 2019

EGLI E' LA NOSTRA PACE, di P. Raniero Cantalamessa



EGLI E' LA NOSTRA PACE
di P. Raniero Cantalamessa

“Immagina che non esiste paradiso, / è facile se provi./ Nessun inferno sotto di noi, / nient’altro che il cielo su di noi.
Immagina tutta la gente / vivere per l’oggi, / immagina non ci sono patrie. /Non è difficile, vedrai. / Nulla per cui uccidere o morire / e nessuna religione più. (Imagine all the people / living for today./ Imagine there’s no countries / it isn’t hard to do./ Nothing to kill or die for /and no religion too).
Immagina tutta la gente / vivere la vita in pace. / Ti sembro un sognatore? /Non sono il solo. / Spero che un giorno ti unirai a noi / e il mondo sarà una cosa sola. (Imagine all the people / living life in peace. / You may say I’m a dreamer / But I’m not the only one./ I hope someday you’ll join us / and the world will live as one)” .
 
Mi pare sia di Platone la massima: “Agli anziani sono maestri i filosofi, ai giovani i poeti”. Oggi, a dire il vero, maestri dei giovani non sono più neppure i poeti, ma i cantautori; non la poesia, ma la musica. Vi sono milioni di giovani la cui visione della vita è ricalcata su quella del cantautore (se non addirittura del canto) preferito.
Nelle settimane agitate che abbiamo vissuto, quella canzone, scritta da uno dei grandi idoli della musica leggera moderna, su una melodia suadente, è risuonata con frequenza nei cortei e nei programmi radiofonici, come una specie di manifesto pacifista. Non possiamo lasciarla senza una risposta. Gesù, una volta, prese lo spunto per un suo insegnamento da quello che cantavano i ragazzi del suo tempo nelle piazze: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto” (Mt 11,16-17). Dobbiamo seguirne l’esempio.
La prima domanda che ci poniamo è questa: Perché sforzarsi di ”immaginare” qualcosa che abbiamo avuto sotto gli occhi fino a ieri? Un mondo senza paradiso e inferno, senza religione, senza patrie, with no possessions, senza proprietà privata, dove si insegnava alla gente a vivere solo “per quaggiù”: non è esattamente la società che si erano proposto di realizzare i regimi totalitari comunisti? Il sogno dunque non è nuovo, ma il risveglio da esso non è stato allegro…
“Non più paradiso, non più inferno”: anche queste parole non è la prima volta che sono risuonate nel mondo. “Se Dio esiste l’uomo è nulla. Dio non esiste! Felicità, lacrime di gioia! Non più cielo. Non più inferno! Nient’altro che la terra”. Sono parole che un noto filosofo e scrittore metteva in bocca a un suo personaggio negli anni ruggenti dell’esistenzialismo ateo .
Lo stesso autore scrisse però anche un altro dramma, intitolato Porte chiuse. In esso si parla di tre persone -un uomo e due donne- introdotte, a brevi intervalli, in una stanza. Non ci sono finestre, la luce è al massimo e non c’è possibilità di spegnerla, fa un caldo soffocante, e non c’è nulla all’infuori di un canapè. La porta è chiusa, il campanello c’è, ma non dà suono. Di chi si tratta? Sono tre persone appena morte, e il luogo dove si trovano è l’inferno.
Dopo che, a forza di frugare uno nella vita dell’altro, le loro anime sono diventate nude davanti a tutti e le colpe di cui più ci si vergogna sono venute a galla e sfruttate dagli altri senza pietà, uno dei personaggi dice agli altri due: “Ricordate: lo zolfo, le fiamme, la graticola Tutte sciocchezze. Non c’è nessun bisogno di graticole: l’inferno sono gli Altri” . Per questa via, l’inferno non viene dunque abolito; è solo trasferito sulla terra.
* * *
Ma il canto che ho ricordato, a parte i suggerimenti sbagliati per realizzarlo, contiene un anelito giusto e santo che non si può lasciar cadere nel vuoto. Ascoltiamo un’altra “canzone” sulla pace e l’unità, scritta molto tempo prima:
“Egli è la nostra pace,
colui che ha fatto dei due un popolo solo,
abbattendo il muro di separazione che era frammezzo,
cioè l'inimicizia,
annullando, per mezzo della sua carne,
la legge fatta di prescrizioni e di decreti,
per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo,
facendo la pace,
e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo,
per mezzo della croce,
distruggendo in se stesso l'inimicizia.
Egli è venuto perciò ad annunziare
pace a voi che eravate lontani
e pace a coloro che erano vicini.
Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri,
al Padre in un solo Spirito” (Ef 2, 14-18).
Anche qui viene presentato un mondo in cui si vive “in pace”, come fosse “una cosa sola”; ma la via per realizzarlo è assai diversa. “Ha fatto la pace, distruggendo in se stesso l’inimicizia”. Distruggendo l’inimicizia, non il nemico; distruggendola in se stesso, non negli altri!
In quello stesso tempo un altro grande uomo proclamava al mondo l’avvenuta pace. In Asia Minore è stata ritrovata, tra le pietre di una moschea, copia del famoso “Indice delle proprie imprese” dell’imperatore Augusto. In esso egli celebra la pax Romana da lui stabilita nel mondo, definendola parta victoriis pax, una pace ottenuta mediante vittorie militari .
Gesù non entra nel merito di questa pace, ma rivela che ne esiste un’altra di genere diverso. Dice: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi” (Gv 14, 27). Anche la sua è una “pace frutto di vittorie”. Ma vittorie su se stessi, non sugli altri, vittorie spirituali, non militari. “Ha vinto il leone della tribù di Giuda”, vicit leo de tribu Juda, esclama l’Apocalisse (5, 5), ma S. Agostino spiega: “Victor quia victima”, vincitore perché vittima . Gesù ci ha insegnato che non c’è nulla per cui uccidere, ma che c’è qualcosa per cui morire.
 
* * *
La via alla pace del Vangelo non ha senso solo nell’ambito della fede; vale anche nell’ambito politico, per la società. È l’attuale assetto del mondo a esigere che si cambi il metodo di Augusto con quello di Cristo. Non è più accettata dalla coscienza moderna la vocazione che Virgilio additava ai suoi concittadini: “Tu regere imperio populos, Romane, memento” : “il tuo compito, ricordati, Roma, è esercitare l’impero dei popoli”. Ogni popolo rivendica il proprio diritto ad autogovernarsi.
Oggi vediamo chiaramente che l’unica via alla pace è di distruggere l’inimicizia, non il nemico (distruggeremo metà della popolazione del mondo, scontenta del suo assetto? e come individuare il nemico nel terrorismo?). Senza contare che si applica anche ai nemici ciò che Tertulliano diceva del sangue dei cristiani: “Semen est sanguis christianorum”: anche il sangue dei nemici, purtroppo, è seme di altri nemici.
Qualcuno rimproverò un giorno Abramo Lincoln di essere troppo cortese con i propri nemici e gli ricordò che il suo dovere di presidente era piuttosto di distruggerli. Al che egli rispose: “Non distruggo forse i miei nemici quando me li faccio amici?”.
Troverà, il grande presidente degli Stati Uniti, qualcuno che raccolga questa formidabile sfida? I nemici si distruggono con le armi, l’inimicizia con il dialogo. Prima di additarlo alle nazioni, la Chiesa, guidata dal papa, si sta sforzando di realizzare questo programma nel rapporto tra le varie religioni.
* * *
Ma non abbiamo raccolto che metà del messaggio cristiano sulla pace. Uno slogan oggi assai di moda dice: “Think globally, act locally”: pensa globalmente, agisci localmente. Esso vale soprattutto per la pace. La pace non si fa come la guerra. Per fare la guerra, occorrono lunghi preparativi: formare grossi eserciti, predisporre strategie, sancire alleanze e poi muovere compatti all’attacco. Guai a chi volesse cominciare per primo, da solo e alla spicciolata: sarebbe votato a sicura disfatta.
La pace si fa esattamente al contrario: alla spicciolata, cominciando subito, per primi, anche uno solo, anche con una semplice stretta di mano. Miliardi di gocce d’acqua sporca non faranno mai un oceano pulito. Miliardi di uomini senza pace nel cuore - e di famiglie senza pace al loro interno - non faranno mai un’umanità in pace. Uno dei messaggi di Giovanni Paolo II per la giornata della pace, quello del 1984, portava come titolo: “La pace nasce da un cuore nuovo”.
Che senso ha sfilare in corteo per le strade gridando “Pace!”, se si alza il pugno minaccioso e si sfondano vetrine? Si può essere dei “pacifisti a mano armata”? Anche esporre il drappo della pace fuori della propria finestra che senso avrebbe, se dentro casa si alza la voce, si impone tirannicamente la propria volontà ed si erigono muri di ostilità o di silenzio? Non sarebbe meglio, in questo caso, ritirare il drappo ed appenderlo dentro casa?
Ma anche noi che siamo qui riuniti dobbiamo fare qualcosa per essere degni di parlare di pace. Gesù è venuto ad annunciare “pace ai lontani e pace ai vicini”. La pace con “i vicini” è spesso più difficile che non la pace con “i lontani”…Gesù ha detto: “Se presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare e và prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono” (Mt 5, 23-24).
Fra poco noi ci accosteremo a baciare il Crocifisso. Se non vogliamo che dall’alto della sua croce Gesù debba ripeterci: “Vai prima a riconciliarti con il tuo fratello!”, il nostro deve essere un bacio dato non solo a Lui che è il capo, ma anche alle membra del suo corpo, specialmente quelle che tendiamo a rifiutare.
Un tempo, al termine della Quaresima o di Missioni popolari, si facevano i falò delle vanità. In un rogo acceso al centro della piazza principale della città, ognuno gettava gli strumenti del vizio o gli oggetti di superstizione che aveva in casa. Essi facevano un falò delle vanità, noi facciamo un falò delle ostilità! Gettiamo tra le braccia del Crocifisso e nella fornace ardente del suo cuore ogni odio, rancore, risentimento, invidia, rivalità, ogni desiderio di farci giustizia da soli.
* * *
“Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito”. “Gli uni e gli altri” non sono più solo giudei e gentili; sono anche cristiani e musulmani, latini e greci, cattolici e protestanti, clero e laici, uomini e donne, bianchi e neri.

Ecco la risposta del Vangelo al “sogno” della canzone: “e il mondo sarà una cosa sola”, and the world will live as one. Conosciamo l’obbiezione: “Sono passati duemila anni da allora e cosa è cambiato?” Ma non ci inganniamo. Il mondo riconciliato, divenuto una cosa sola in Cristo, esiste già. È ciò che vede Dio quando guarda questo nostro tormentato pianeta, lui che abbraccia con il suo sguardo passato, presente e futuro insieme.
Vale anche per il mondo ciò che Francesco d’Assisi dice di ogni uomo: “L’uomo, ciò che è davanti a Dio, quello è, e non altro” . Il mondo, ciò che è davanti a Dio, quello è, e non altro. E agli occhi di Dio, già ora, “non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, perché tutti siamo uno in Cristo Gesù”(cf. Gal 3, 28).
Il 13 Aprile 1997, nello stadio di Sarajevo, il Santo Padre Giovanni Paolo II elevò a Dio una preghiera per la pace. Ci uniamo al suo grido accorato, non meno attuale oggi di allora, dopo che una guerra si è appena consumata e altre continuano dimenticate:
“Io, vescovo di Roma, mi inginocchio davanti a te, Signore, per gridare: Liberaci dal flagello della guerra. Venga il tuo regno; regno di giustizia, di pace, di perdono e di amore. Tu non ami la violenza e l’odio, tu rifuggi dall’ingiustizia e dall’egoismo. Tu vuoi che gli uomini siano fra loro fratelli e ti riconoscano come loro padre. La tua volontà è la pace”. Sia fatta la tua volontà!





Fonte :  www.cantalamessa.org , sito web di P. Raniero Cantalamessa .








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