ICONOGRAFIA
DELL'ORDINE DELLA SANTISSIMA TRINITA'
I. Il "signum" che ha fatto nascere e ha modellato l'Ordine è unico e nettamente circoscritto, sicché nell'Ordine non si è dovuto ricorrere a varie iconografie. Il segno visto da Giovanni de Matha e trasmesso attraverso l'Ordine alla cristianità, contiene un messaggio: la Trinità espressa per il tramite cristo centrico e, simultaneamente, il messaggio della liberazione del cristiano che soffre per Cristo, ottenuta anche attraverso lo scambio con il prigioniero pagano. Questi tre elementi: Trinità, liberazione e scambio sono presenti sin dalle origini dell'Ordine nella sua iconografia, e fanno di essa una espressione iconografica propria e inappropriabile lungo i secoli e l'evoluzione dell'arte cristiana. Secondo fonti coeve, Giovanni de Matha, durante la celebrazione della sua prima messa, "vidit, apparuit" la Divinità, Gesù che teneva per mano due captivi incatenati, uno alla sua destra e l'altro alla sua sinistra: uno bianco macilento e
l'altro moro. Questo fatto-segno rappresenta il tema scenico della iconografia dell'Ordine sin dai primi anni del sec. XIII, quando erano vivi il fondatore e Innocenzo III.
Il tema è stato utilizzato e riprodotto, per esprimere il "signum Ordinis", nei sigilli dell'Ordine già dal 1203 e quindi verso il 1210 è stato riprodotto (in mosaico) a Roma, in S. Tommaso in Formis nella fondazione ottenuta per munificenza e interesse di Innocenzo III. Questo mosaico, studiato esaurientemente solo da pochi anni, è di una importanza eccezionale per il tema iconografico. Esso è collocato all'esterno, in facciata, nel vano-nicchia di un'edicola posta sul portale romanico, ideato e costruito senza particolari adorni. L'insieme architettonico è opera di Jacopo e Cosma, marmorari romani. Innocenzo III era consapevole della collocazione dell'opera d'arte e, quindi, delle eventuali obiezioni, riserve o adesioni alla novità iconografica, espressa attraverso questa icona. Il mosaico esprime e la divinità e la temporalità, nel medesimo piano giallo oro. Anzi, la divinità prende per mano la temporalità, nel benevolo atteggiamento di liberazione; notiamo il Cristo Pantocratore, che ha le mani impegnate. Si tratta di un Cristo Pantocratore in movimento. Con la sua destra afferra la destra di un prigioniero bianco-cristiano, che, con la sinistra, sorregge una croce astata i cui bracci sono di colore rosso e azzurro; mentre, con la mano sinistra, Cristo Pantocratore afferra la sinistra di un prigioniero moro-pagano. Per il primo prigioniero si notano i ceppi spezzati e un meditatissimo legame di essi al trono di Cristo; mentre, per il prigioniero moro, sono evidenti i ceppi chiusi, il non legame al trono e un nerbo impugnato con la mano destra: una sorta di origine di violenza che era evidente pericolo per la fede al tempo stesso termine di violenza per i ceppi ai piedi.
2. La croce che portano
sull'abito. I simboli trinitari sono legati imprescindibilmente alla Trinità
e alla redenzione. La più antica simbologia trinitaria dell'Ordine coincide con
i colori dell'abito: bianco, rosso e ceruleo (azzurro).
La croce rossa e azzurra
è già presente nel piano-oro del mosaico.
Fonte : www.trinitari.it ; www.trinitari.org
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