Monte San Liberatore
di Lucia Avigliano
Eremo di Monte San Liberatore
DOVE
Laddove la valle di Cava si
restringe dando adito verso il mare al fiumicello Bonea, si erge con la sua
caratteristica sagoma a gobba e con dirupi rocciosi un monte che connota
inconfondibilmente il panorama: San Liberatore.
Sulla sua cima si leva una croce
alta 18 metri, costruita negli anni '50 dello scorso secolo e illuminata di
notte in una maniera ben visibile sia da Salerno che da Cava de' Tirreni.
Il monte, che fa parte delle colline
che abbracciano sul versante orientale la conca in cui sorge la città di Cava
de' Tirreni, non raggiunge che i 466 metri sul livello del mare, ma con le sue
balze, che scoscendono quasi a picco, e per la sua posizione privilegiata, che
domina sia il golfo di Salerno che il territorio interno, costituisce una delle
escursioni più appaganti tra quelle che è possibile effettuare, partendo dai
"casali" che circondano il borgo di Cava de' Tirreni.
A pochi metri dalla vetta del nostro
monte sorge, incassato nella roccia, un eremo che si affaccia sul mare
scintillante a raccontare la sua millenaria storia.
"Venite et ascendamus ad montem
Domini" è l'invito che ancora oggi sembra rivolgerci la bianca chiesetta
abbarbicata tra le rocce, dove un tempo risuonavano cori e preghiere delle suore
che vi albergarono.
Salire su questo monte è un po' come
ascendere verso mete più nobili e più alte.
E' l'antico monte Butornino "praerupto
vertice", come lo ha cantato il poeta latinista cavese Marco Galdi, un'altura
che, brulla e scarsa di vegetazione verso Vietri, è ammantata di fitto verde sui
versanti di Cava e di Salerno, dove è presente la tipica flora mediterranea con
abbondanza di corbezzoli, ontani, quercioli e molte piante aromatiche come mirto
e rosmarino.
QUANDO
Già nel sec. X era detta di San
Liberatore la chiesetta esistente sul monte Butornino. Ce ne parla lo storico
Andrea Carraturo (1784) che la dice documentata già nell'anno 980 "in latere
montis, entro un cavo seno di rupe verso Oriente a prospetto di Salerno e
del mare, poco al di sotto di quest'ultima cima su cui si veggono i residui di
un'antichissima fortezza".
La chiesa fu fondata "in honore
Domini nostri ac Liberatoris Jesu Christi". L'attuale chiesetta è solo la
navata destra della primitiva chiesa che era a due navate: in quella di
sinistra, dove oggi è la sala di accoglienza dei pellegrini, vi era l'antica
sepoltura delle monache benedettine.
Alla monaca Susanna, infatti, come
ci raccontano le cronache, il Vescovo di Salerno, Giovanni, aveva concesso, nel
980, la chiesa e gli annessi beni, per istituirvi un monastero femminile.
Da tale concessione - è da notare -
il Vescovo aveva escluso il territorio della Valle con le "plagariae",
ossia le "piagare", che riguardavano il "gioco" dei colombi.
" Qui le nostre donne cercavano
solinghe rupi per menarvi vita monastica ed eremitica ". Il monastero, passato
poi alle dipendenze della Badia della SS. Trinità, come si legge in un documento
del 1149, prosperò fino a quando, nel XIV secolo, le suore furono trasferite a
Salerno.
Fino alla fine del '600 la chiesetta
fu curata e frequentata. Dagli storici si ha notizia di "qualche romito che ne
avesse cura e ne coltivasse i beni adiacenti".
A successivi periodi di incuria e di
abbandono pose fine, agli inizi del secolo scorso, il fervore e l'entusiasmo di
molti cavesi, spronati e incoraggiati dal parroco di Alessia don Giorgio
Salierno, che fu detto "il ricostruttore di San Liberatore".
"Nei giorni festivi era uno
spettacolo edificante: da Alessia, dai Marini, da Arcara venivano su per la
mulattiera uomini, donne, fanciulli, portando a spalla mattoni e calce e tavole
e travi... Stanchi? Cantavano." Così scrive G. Trezza in una sua pubblicazione
dedicata a San Liberatore del 1948, di recente ridata alle stampe, insieme ad
altri lavori del Trezza, dall'editore Avagliano.
Quando nel settembre '43 vi fu lo
sbarco anglo-americano nel golfo di Salerno, gli Alleati subito si impadronirono
di questa splendida posizione dominante la via verso Nocera e vi piazzarono i
loro avamposti. Così scrive il Trezza: " Gli Anglo-Americani si precipitarono a
conquistare questa superba postazione strategica, portandovi i cannoni, per
dominare la Valle Tirrena e ricacciare i Tedeschi. Vi rimasero per circa due
settimane a fulminare le colline cavesi".
L'opera pietosa di Mamma Lucia si
svolse appunto su queste alture. Qui furono da lei raccolti i primi resti di
soldati tedeschi.
Dopo la parentesi della guerra i
lavori di restauro ripresero fino a culminare nel 1948, quando dal Vescovo
Marchesani fu consacrata a Cristo Re Liberatore dell'Universo la chiesetta e vi
fu apposta una lapide che ancora oggi si legge.
Durante i restauri fu pure
incanalata l'acqua sorgiva che prima si raccoglieva semplicemente in una vasca.
La tela sull'altare rappresentante
Cristo Re - oggi trafugata - era opera del pittore cavese Guglielmo Coppola.
Veduta di Monte San Liberatore da
Rotolo di Cava de' Tirreni,
foto di Flavio Adinolfi del 2004.
COME SI RAGGIUNGE
L'eremo di monte San Liberatore è
facilmente accessibile dal villaggio di Alessia, che si raggiunge in pochi
minuti d'auto dal borgo di Cava de' Tirreni.
Alessia, a circa 4 Km dal centro
città, è uno dei più antichi "casali". Fu duramente colpito dall'alluvione del
1954 di cui porta ancora i segni, mentre una lapide ricorda le vittime di quella
disastrosa notte.
Alessia conserva un fascino
particolare con le sue case addossate le une alle altre e le sue viuzze dal
sapore medioevale, strette intorno alla chiesetta dedicata all'Arcangelo
Raffaele.
Di qui si perviene in circa 10
minuti alla Valle di San Liberatore, un valico in dolcissima posizione fra
l'azzurro Tirreno e la verde vallata metelliana. Luogo un tempo preferito per
ritrovi campestri, nonché per assistere al "gioco" dei colombi.
Infatti qui alla Valle si "paravano"
le reti, le antiche "plagariae" per la cattura dei volatili, che finivano
prigionieri seguendo la "ghiara", il sasso bianco scagliato dall'alto delle
torri, i "pilieri", di cui resta un esemplare alle falde del monte.
Dalla Valle si comincia la salita
verso l'eremo (30 minuti circa) tramite un comodo, ma abbastanza ripido,
sentiero che si inerpica tra le rocce, guadagnando spazi sempre più ampi sul
porto e su Salerno adagiata sul mare. La vista abbraccia il golfo fino a Punta
Licosa, e, dominando Vietri con "i due fratelli" e la bella cupola maiolicata di
S. Giovanni, si estende fino alla "divina" Costiera.
A poca distanza dalla Valle, su una
delle prime pareti, è stata attrezzata, nel 1984, dalla sezione C.A.I. di Cava
de' Tirreni una palestra per esercitazioni di roccia, dove è frequente vedere
arrampicatori praticare tale attività sportiva.
Lungo il sentiero - ci informa
sempre Giuseppe Trezza - "in una antica cappella, detta della Pietà, si è
costruita nel 1933 una piccola grotta di Lourdes" e poi... "Sul frontone
dell'ingresso sorride una bella immagine di Gesù Cristo scolpita in marmo dal
prof. Giuseppe D'Amico". Alle ultime rampe di accesso al luogo sacro grandeggia
una croce monumentale.
Dall'eremo si può salire in pochi
minuti alla vetta dove si erge una croce in ferro costruita nel 1955 a cura del
comm. Adinolfi di Salerno. La croce è a sezione trapezoidale allo scopo di
consentirne una facile visione dai tre comuni limitrofi, Salerno, Vietri, Cava
de' Tirreni.
Sulla cima si gode un panorama
circolare di stupenda bellezza e si notano i ruderi - poche vestigia in verità -
di un'antica fortificazione di cui ci parlano gli storici: era un punto di
avvistamento contro le incursioni dei pirati. Dalle delibere comunali del XVI
secolo risulta che il posto di guardia a quell'epoca ancora era in funzione.
Il sentiero descritto è l'ultimo
tratto di quel sentiero n°18 del C.A.I., detto anche "delle colline orientali",
che attraversa in quota i monti che cingono la valle di Cava de' Tirreni dal
lato orientale, collegando Monte Caruso (m.763) con monte San Liberatore.
OGGI
Purtroppo oggi, nel terzo millennio,
l'antica chiesetta e i vicini locali di accoglienza si presentano in condizioni
piuttosto precarie. C'è bisogno di urgenti restauri, che consentano di
recuperare la piena fruibilità di un sito tanto ricco di storia quanto
ammaliante per la spettacolarità del panorama. Ai danni e all'usura del tempo si
sono aggiunte le ingiurie di furti e atti vandalici che sconsigliano la continua
apertura e disponibilità dei locali, che ure si presterebbero a raduni e
giornate di riflessione e di preghiera.
Dal terrazzo antistante la chiesa e
da quello adiacente al piccolo campanile si gode una vista che incanta, e induce
a considerare l'impronta del Creatore nella magnificenza del creato.
Il pittore Matteo Apicella ha
descritto questi luoghi, non solo con i colori della sua tavolozza, ma anche in
un libro, diario di un suo soggiorno estivo quassù sull'eremo, dal titolo "Le
bellezze di San Liberatore".
Nell'estate del 1961 egli qui trovò
l'ispirazione di pittore e di poeta, estasiato da una natura sfolgorante. E
rievocò il lontano 1936 quando ricevette da don Giorgio Salierno tanto
incoraggiamento e la commissione di un quadro a olio su lamiera, raffigurante
Cristo Re, da apporre nell'edicola sovrastante l'ingresso. Lo scenario superbo
che si ammira dalla vetta, dove lo sguardo spazia sul mare fino ai monti Alburni
sfumati all'orizzonte e al remoto Cilento, affascinava il pittore.
" Mentre lavoravo - leggiamo in una
pagina del suo diario - l'animo mio udiva una musica divina sprigionarsi dal
verde della vegetazione, e dall'azzurro del cielo. I monti lontani avevano
assunto una tinta viola rosata ".
San Liberatore è stata meta di
escursionisti e di turisti, oltre che di tanti protagonisti del Grand Tour.
Tutti hanno ammirato in estatica contemplazione la visione davvero sublime che
da queste balze si può godere.
" Il panorama circolare aperto ai
devoti di San Liberatore - scrive il Trezza - è di una maestà superba, irreale,
unica. Il visitatore, allontanatosene, sogna sempre l'ora del ritorno ".
Tra i viaggiatori scrittori che
hanno decantato i nostri siti ci piace riportare quanto Paolina Craven, nel suo
libro "Réminiscences", scrive nel capitolo "Dans les montagnes de la
Cava", riferendosi a San Liberatore : " seduta lì tutta sola, così in alto,
così lontano, dinanzi ad un tale spettacolo, guardando il giorno finire e la
luna alzarsi, ho provato un momento di emozione e di gioia di cui conserverò il
ricordo insieme a quello di questa vista ammirevole... Mi sono sentita contenta
e in pace, separata soprattutto da me stessa e da tutti i mille piccoli niente
che costituiscono le preoccupazioni abituali della vita quotidiana...".
Un'anonima turista inglese
dell'Ottocento, autrice di un libro di ricordi intitolato La Cava,
scoperto a Londra qualche anno fa da Federico Guida e da lui tradotto e donato
alla città, così descrive il paesaggio e la gita a San Liberatore compiuta a
dorso d'asino: "Questo
convento è situato sul lato Est della montagna e una volta le sue mura
risuonavano di inni e di avemaria di donne... Le rovine sono occasionalmente
visitate da stranieri; e le contadine si recano nel cortile del convento per
lavare i panni alle fontane: ne abbiamo viste molte, occupate in queste
faccende. Appare singolare la presenza di sorgenti a tali altezze... Un eremita
risiedeva lì fino a circa tre anni fa, ma ora l'edificio è desolato e vuoto. Ci
girammo verso il lato occidentale e vedemmo la meravigliosa Costiera che si
snodava intorno alle montagne che si susseguono l'una all'altra. Guardavamo
dall'alto Raito e Vietri, ancora più giù, sotto di noi. L'azzurra distesa del
mare si apriva in lungo e in largo, assumendo toni più intensi nelle zone buie
mentre scendeva il crepuscolo...".
FONTE : San Liberatore , di Lucia Avigliano , Edito dal Rotary Club di Cava de' Tirreni (SA), 2003.
La Redazione del Portale Artcurel ringrazia l'Autrice Lucia Avigliano che ha cortesemente fornito la documentazione per questo articolo.
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