FRATERNITA' CRISTIANA COME FRATERNITA' SOCIALE
di Mons. Guglielmo Giaquinta
Vescovo
Fondatore del Movimento Pro Sanctitate
"...La
vocazione universale alla santità nasce con il messaggio di Cristo che viene
inviato a tutti attraverso gli Apostoli. Cristo infatti ha il suo messaggio da
annunciare al mondo, lo presenta in terra di Palestina e poi dice agli Apostoli:
Andate e annunciate a tutte le genti (Mt 28,19). In quel momento si manifesta la
chiamata universale alla santità da parte di Dio e nasce il compito della
Chiesa...". Mons. Guglielmo Giaquinta
Non possiamo limitare la nostra
indagine circa l'umana fratellanza al fatto che, provenendo noi tutti da Dio,
siamo fratelli e come tali dobbiamo trattarci. La vita umana è una grande
parabola che si conclude con il ritorno al punto di partenza. Ricopia in qualche
modo lo schema di Gesù: «sono uscito dal Padre per venire in questo mondo; di
nuovo lascio il mondo e ritorno al Padre» (Gv 17,28).
Anche noi siamo in cammino
pellegrini dell'eterno, verso il Padre che a noi ha donato la triplice
universale vocazione salvifica, ecclesiale, santificante, Siamo fratelli non
solo perché da Lui, Padre, siamo venuti, ma anche perché al suo amore noi tutti
dobbiamo tornare.
Ed è proprio tale comune ritorno
a Lui che fonda di fatto rapporti più ampi e quasi sconfinati del legame
fraterno della «pietas».
Dobbiamo trattarci, aiutarci,
amarci quali fratelli che insieme si sforzano di arrivare all'amore del Padre.
Se questo deve essere il canone
interiore della vita spirituale, perché non dovrebbe esserlo anche per la vita
sociale?
Possiamo considerarci fratelli
nell'essere e nelle finalità ma non nell'agire e nelle realtà concrete della
vita? L'assurdo di una tale posizione rinunciataria è evidente e contro di essa
dobbiamo schierarci, anche se non possiamo nasconderci che dura è la lotta
contro l' egoismo che sta alla base della negazione dei legami umani di
fraternità.
Le conclusioni pratiche che da
tutto questo si dovessero dedurre, potrebbero apparire formulazioni astratte e
troppo lontane dalle possibili realizzazioni umane.
Nella esposizione del pensiero è
perciò necessario distinguere sempre la verità assoluta dalla metodologia
esecutiva. Il vero si staglia come punto immobile al di fuori del fluttuare
delle vicende umane. Sarà verso di esso che noi dovremo tendere, con le nostre
incertezze, miserie e cedimenti; lo faremo nel tempo e con molti sforzi. Ma
finche tale vero brillerà come meta al di sopra del nostro sguardo offuscato
dalle umane passioni, avremo sempre la speranza di avvicinarci ad esso, anche se
non di raggiungerlo in assoluta completezza.
Ci è di guida e di
incoraggiamento il pensiero della Chiesa che nella costituzione pastorale
Gaudium et spes del Concilio Vaticano II, tanto ha insistito sui concetti di
«comunità», «fraternità» e «comunione fraterna»: «Come Iddio creò gli uomini non
perché vivessero individualisticamente ma destinati a formare l'unione sociale,
così a Lui anche "...piacque santificare e salvare gli uomini non a uno a uno,
escluso ogni mutuo legame, ma di costituirli in popolo, che Lo conoscesse nella
verità e santamente Lo servisse". Sin dall'inizio della storia della salvezza,
Egli stesso elesse gli uomini non soltanto come individui ma come membri di una
certa comunità. Infatti questi eletti, Dio, manifestando il Suo disegno, chiamò
"suo popolo" (Es 3,7-12) con il quale poi strinse il patto sul Sinai.
Tale carattere comunitario è
perfezionato e compiuto dall'opera di Cristo Gesù. Lo stesso Verbo incarnato
volle essere partecipe della convivenza umana. Fu presente alle nozze di Cana,
entrò nella casa di Zaccheo, mangiò con i pubblicani e i peccatori. Egli ha
rivelato l'amore del Padre e la distinta vocazione degli uomini, rievocando gli
aspetti più ordinari della vita sociale e adoperando linguaggio e immagini della
vita di ogni giorno.
Santificò le relazioni umane,
innanzitutto quelle familiari, dalle quali trae origine la vita sociale,
volontariamente, sottomettendosi alle leggi della sua patria. Volle condurre la
vita di un lavoratore del suo tempo e della sua regione.
Nella sua predicazione
espressamente comandò ai figli di Dio che si trattassero vicendevolmente da
fratelli. Nella sua preghiera chiese che tutti i suoi discepoli fossero una
"cosa sola". Anzi Egli stesso si offrì per tutti fino alla morte, Redentore di
tutti. "Nessuno ha maggior amore di chi sacrifica la propria vita per i suoi
amici" (Gv 15,13).
Comandò, inoltre, agli Apostoli
di annunciare il messaggio evangelico a tutte le genti, perché il genere umano,
diventasse la famiglia di Dio, nella quale la pienezza della legge fosse
l'amore.
Primogenito tra molti fratelli,
tra tutti quelli che Lo accolgono con la fede e con la carità, dopo la sua morte
e risurrezione, ha istituito attraverso il dono del suo Spirito una nuova
comunione fraterna, in quel suo Corpo, che è la Chiesa, nel quale tutti, membri
tra di loro, si prestassero servizi reciproci, secondo i doni diversi loro
concessi.
Questa solidarietà dovrà sempre
essere accresciuta, fino a quel giorno in cui sarà consumata, e in cui gli
uomini salvati dalla grazia, renderanno gloria perfetta a Dio, come famiglia da
Dio e da Cristo Fratello: amata» (GS n. 32).
Fonte : www.conoscereperessere.it/fratellanza.htm
Brano tratto dal libro di Guglielmo Giaquinta , Dalla Rivolta dei Samaritani , Ed. La Guglia 1977, p.141-144.
Sull'Autore mons. Guglielmo Giaquinta vedi anche i siti web : www.guglielmogiaquinta.org ; www.prosanctitate.org
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