sabato 3 agosto 2019

FRATERNITA' CRISTIANA COME FRATERNITA' SOCIALE di Mons. Guglielmo Giaquinta




FRATERNITA' CRISTIANA COME FRATERNITA' SOCIALE
di Mons. Guglielmo Giaquinta


Mons. Guglielmo Giaquinta
Vescovo

Fondatore del Movimento Pro Sanctitate



"...La vocazione universale alla santità nasce con il messaggio di Cristo che viene inviato a tutti attraverso gli Apostoli. Cristo infatti ha il suo messaggio da annunciare al mondo, lo presenta in terra di Palestina e poi dice agli Apostoli: Andate e annunciate a tutte le genti (Mt 28,19). In quel momento si manifesta la chiamata universale alla santità da parte di Dio e nasce il compito della Chiesa...". Mons. Guglielmo Giaquinta


Non possiamo limitare la nostra indagine circa l'umana fratellanza al fatto che, provenendo noi tutti da Dio, siamo fratelli e come tali dobbiamo trattarci. La vita umana è una grande parabola che si conclude con il ritorno al punto di partenza. Ricopia in qualche modo lo schema di Gesù: «sono uscito dal Padre per venire in questo mondo; di nuovo lascio il mondo e ritorno al Padre» (Gv 17,28).
Anche noi siamo in cammino pellegrini dell'eterno, verso il Padre che a noi ha donato la triplice universale vocazione salvifica, ecclesiale, santificante, Siamo fratelli non solo perché da Lui, Padre, siamo venuti, ma anche perché al suo amore noi tutti dobbiamo tornare.
Ed è proprio tale comune ritorno a Lui che fonda di fatto rapporti più ampi e quasi sconfinati del legame fraterno della «pietas».
Dobbiamo trattarci, aiutarci, amarci quali fratelli che insieme si sforzano di arrivare all'amore del Padre.
Se questo deve essere il canone interiore della vita spirituale, perché non dovrebbe esserlo anche per la vita sociale?
Possiamo considerarci fratelli nell'essere e nelle finalità ma non nell'agire e nelle realtà concrete della vita? L'assurdo di una tale posizione rinunciataria è evidente e contro di essa dobbiamo schierarci, anche se non possiamo nasconderci che dura è la lotta contro l' egoismo che sta alla base della negazione dei legami umani di fraternità.
Le conclusioni pratiche che da tutto questo si dovessero dedurre, potrebbero apparire formulazioni astratte e troppo lontane dalle possibili realizzazioni umane.
Nella esposizione del pensiero è perciò necessario distinguere sempre la verità assoluta dalla metodologia esecutiva. Il vero si staglia come punto immobile al di fuori del fluttuare delle vicende umane. Sarà verso di esso che noi dovremo tendere, con le nostre incertezze, miserie e cedimenti; lo faremo nel tempo e con molti sforzi. Ma finche tale vero brillerà come meta al di sopra del nostro sguardo offuscato dalle umane passioni, avremo sempre la speranza di avvicinarci ad esso, anche se non di raggiungerlo in assoluta completezza.
Ci è di guida e di incoraggiamento il pensiero della Chiesa che nella costituzione pastorale Gaudium et spes del Concilio Vaticano II, tanto ha insistito sui concetti di «comunità», «fraternità» e «comunione fraterna»: «Come Iddio creò gli uomini non perché vivessero individualisticamente ma destinati a formare l'unione sociale, così a Lui anche "...piacque santificare e salvare gli uomini non a uno a uno, escluso ogni mutuo legame, ma di costituirli in popolo, che Lo conoscesse nella verità e santamente Lo servisse". Sin dall'inizio della storia della salvezza, Egli stesso elesse gli uomini non soltanto come individui ma come membri di una certa comunità. Infatti questi eletti, Dio, manifestando il Suo disegno, chiamò "suo popolo" (Es 3,7-12) con il quale poi strinse il patto sul Sinai.
Tale carattere comunitario è perfezionato e compiuto dall'opera di Cristo Gesù. Lo stesso Verbo incarnato volle essere partecipe della convivenza umana. Fu presente alle nozze di Cana, entrò nella casa di Zaccheo, mangiò con i pubblicani e i peccatori. Egli ha rivelato l'amore del Padre e la distinta vocazione degli uomini, rievocando gli aspetti più ordinari della vita sociale e adoperando linguaggio e immagini della vita di ogni giorno.
Santificò le relazioni umane, innanzitutto quelle familiari, dalle quali trae origine la vita sociale, volontariamente, sottomettendosi alle leggi della sua patria. Volle condurre la vita di un lavoratore del suo tempo e della sua regione.
Nella sua predicazione espressamente comandò ai figli di Dio che si trattassero vicendevolmente da fratelli. Nella sua preghiera chiese che tutti i suoi discepoli fossero una "cosa sola". Anzi Egli stesso si offrì per tutti fino alla morte, Redentore di tutti. "Nessuno ha maggior amore di chi sacrifica la propria vita per i suoi amici" (Gv 15,13).
Comandò, inoltre, agli Apostoli di annunciare il messaggio evangelico a tutte le genti, perché il genere umano, diventasse la famiglia di Dio, nella quale la pienezza della legge fosse l'amore.
Primogenito tra molti fratelli, tra tutti quelli che Lo accolgono con la fede e con la carità, dopo la sua morte e risurrezione, ha istituito attraverso il dono del suo Spirito una nuova comunione fraterna, in quel suo Corpo, che è la Chiesa, nel quale tutti, membri tra di loro, si prestassero servizi reciproci, secondo i doni diversi loro concessi.
Questa solidarietà dovrà sempre essere accresciuta, fino a quel giorno in cui sarà consumata, e in cui gli uomini salvati dalla grazia, renderanno gloria perfetta a Dio, come famiglia da Dio e da Cristo Fratello: amata» (GS n. 32).





Fonte :  www.conoscereperessere.it/fratellanza.htm
Brano tratto dal libro di Guglielmo Giaquinta , Dalla Rivolta dei Samaritani , Ed. La Guglia 1977, p.141-144.
Sull'Autore mons. Guglielmo Giaquinta vedi anche i siti web : www.guglielmogiaquinta.org www.prosanctitate.org 







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