in un mondo che cambia
1. "Per fare di un uomo un santo occorre solo la Grazia. Chi
dubita di questo non sa cosa sia un santo né cosa sia un uomo", ha osservato con
la sua caratteristica lapidarietà Pascal nei Pensieri.
Prendo questa osservazione per accennare alle due prospettive di
queste riflessioni: nel santo si congiungono la celebrazione di Dio (della sua
Grazia appunto) e la celebrazione dell'uomo, nelle sue potenzialità e nei suoi
limiti, nelle sue aspirazioni e nelle sue realizzazioni.
Sono note le tante obiezioni che oggi si muovono al concetto di
"santità" e di "santo". Non poche critiche sono rivolte anche alla tradizionale
e ininterrotta pratica della Chiesa di riconoscere e proclamare "santi" alcuni
suoi figli più esemplari. Nel grande risalto, anche numerico, dato da Giovanni
Paolo II alle beatificazioni e canonizzazioni durante il suo pontificato,
qualcuno ha insinuato esservi una strategia espansionistica della Chiesa
cattolica. Per altri, la proposta di nuovi beati e santi, così diversificati per
categorie, nazionalità e culture, sarebbe solo un'operazione di marketing
della santità con scopi di leadership del Papato nella società civile
attuale. C'è, infine, chi vede nelle canonizzazioni e nel culto dei santi un
residuo anacronistico di trionfalismo religioso, estraneo o persino contrario
allo spirito e al dettato del Concilio Vaticano II che tanto ha evidenziato la
vocazione alla santità di tutti i cristiani.
Evidentemente, una lettura esclusivamente sociologica del nostro
tema rischia di essere non solo riduttiva ma anche fuorviante dalla comprensione
di questo fenomeno tanto caratteristico della Chiesa cattolica.
2. Nella Lettera Apostolica
Novo Millennio ineunte, la lettera che il Papa ha consegnato alla Chiesa
a conclusione del Giubileo dell'anno 2000, si parla con accenti profondi del
tema della santità. Nella "grande schiera di santi e di martiri" che include
"Pontefici ben noti alla storia o umili figure di laici e religiosi, da un
continente all'altro del globo - ha osservato Giovanni Paolo II al n. 7 della
Lettera - la santità è apparsa più che mai la dimensione che meglio esprime il
mistero della Chiesa. Messaggio eloquente che non ha bisogno di parole, essa
rappresenta al vivo il volto di Cristo".
Per capire la Chiesa occorre conoscere i santi che ne sono il
segno e il frutto più maturo ed eloquente. Per contemplare il volto di Cristo
nelle mutevoli e diversificate situazioni del mondo moderno occorre guardare ai
santi che "rappresentano al vivo il volto di Cristo", come ci ricorda il
Papa. La Chiesa deve proclamare dei santi e lo deve fare in nome di quell'annuncio
della santità che la riempie e la fa essere appunto, strumento di santità nel
mondo.
"Nella vita di quelli che, sebbene partecipi della nostra natura
umana, sono tuttavia trasformati nell'immagine di Cristo (Cfr 2 Cor 3,
18), Dio manifesta vividamente agli uomini la sua presenza e il suo volto. In
loro è egli stesso che ci parla e ci mostra il segno del suo regno, verso il
quale, avendo davanti a noi un tal nugolo di testimoni (Cfr Ebr 12, 1) e
una tale affermazione della verità del Vangelo, siamo potentemente attirati" (LG,
50). In questo passaggio della
Lumen gentium troviamo la ragione profonda del culto di beati e santi.
3. La Chiesa compie la missione affidatale dal Divin Maestro di
essere strumento di santità attraverso le vie dell'evangelizzazione, dei
sacramenti e della pratica della carità. Tale missione riceve un notevole
contributo di contenuti e di stimoli spirituali anche dalla proclamazione dei
beati e santi, perché essi mostrano che la santità è accessibile alle
moltitudini, che la santità è imitabile. Con la loro concretezza personale e
storica fanno sperimentare che il Vangelo e la vita nuova in Cristo non sono
un'utopia o un mero sistema di valori, ma sono "lievito" e "sale" capaci di far
vivere la fede cristiana all'interno e dall'interno delle diverse culture, aree
geografiche ed epoche storiche.
"L'avvenire degli uomini - ha osservato il compianto Card.
Giuseppe Siri - non è mai chiaro, perché tutti i loro peccati corrodono tutti i
sentieri della storia e inducono una dialettica intricata di cause e di effetti,
di errori e di nemesi, di esplosioni e di interruzioni. La certezza che i santi
continueranno ad accompagnare gli uomini è una delle poche garanzie
dell'avvenire" (Il primato della verità, 154).
4. Il fenomeno dei santi e della santità cristiana, crea uno
stupore che non è mai venuto meno nella vita della Chiesa e che non può non
sorprendere anche un osservatore laico attento, soprattutto oggi, in un mondo
che cambia continuamente e rapidamente, in un mondo frammentato culturalmente
sia a livello di valori che di costumi. Dallo stupore nasce la domanda: cosa fa
sì che la fede si incarni in tutte le latitudini, nei diversi contesti storici,
tra le più variate categorie e stati di vita? Come è possibile che senza
dinamismi di potere, impositivi o persuasivi che siano, e senza dinamismi di
uniformità, ci siano tanti santi così diversi e così consonanti con Cristo e con
la Chiesa? Cosa spinge alla libera assunzione del nucleo germinativo cristiano
che poi sviluppa tanta diversità e bellezza nell'unità della santità? Quanto è
diversa la globalizzazione, di cui oggi tanto si parla, dalla
cattolicità o universalità della fede cristiana e della Chiesa che quella
fede vive, custodisce e diffonde!
Quell'internazionalismo del cattolicesimo, che non è ricercato
per mire di potere ma di servizio e di salvezza, viene confermato dai santi e
dalle sante che appartengono ai più diversi quadri di riferimento storico, ma
hanno vissuto la stessa fede. Tale internazionalismo conferma che la santità non
ha confini e che essa non è morta nella Chiesa e, anzi, continua ad essere di
viva attualità. Il mondo cambia, ma i santi, pur cambiando essi stessi con il
mondo che cambia, ripresentano sempre il medesimo volto vivo di Cristo. Non vi è
in questo un indizio inconfondibile della vitalità unica, meta-culturale e
meta-storica - "soprannaturale" è per noi cattolici la parola giusta -
dell'annuncio e della Grazia cristiana?
5. In questo contesto di pensieri è interessante fare
un'osservazione su come la Chiesa cattolica riconosce e proclama i beati e
santi. Mi riferisco in particolare al lavoro della Congregazione delle Cause dei
Santi, chiamata a studiare e riconoscere la santità e i santi attraverso un
procedura minuziosa e saggia, consolidata, rinnovata e rinnovabile nel tempo.
I santi e la santità sono riconosciuti con un movimento dal
basso verso l'alto. Ancor oggi, è il popolo cristiano stesso che, riconoscendo
per intuito della fede la "fama di santità", segnala i candidati alla
canonizzazione al proprio Vescovo - titolare della prima fase del processo di
canonizzazione - e successivamente al Dicastero della Santa Sede competente. Né
la Congregazione delle Cause dei Santi e né il Papa "inventano" o "fabbricano" i
santi. Ci pensa già, come sanno bene tutti i credenti, lo Spirito Santo. Che poi
questo stesso Spirito - come dice il Vangelo - "spiri dove vuole" è una
constatazione a cui siamo abituati da secoli, e tanto più oggi, essendo la
Chiesa diffusa in ogni parte del mondo e in ogni strato sociale.
Ciò detto, va riconosciuto che Papa Giovanni Paolo II ha fatto
della proclamazione di nuovi beati e santi una autentica e costante forma di
evangelizzazione e di magistero. Ha voluto accompagnare la predicazione delle
verità e dei valori evangelici con la presentazione di santi che hanno vissuto
quelle verità e quei valori in modo esemplare. Nel corso del suo pontificato, e
dunque dal 1978 ad oggi, Giovanni Paolo II ha beatificato 1.299 persone di cui
1.029 sono martiri, mentre ne ha canonizzate 464 di cui 401 hanno incontrato il
martirio. I laici elevati agli onori degli altari sono anche molti di più di
quanto si pensi, di solito: si tratta infatti di 268 beati e 246 santi, in
tutto sono ben 514 laici.
Sono tanti per alcuni; sono pochi per altri.
Per quanto riguarda il numero dei Santi, Giovanni Paolo II non
ignora il parere di chi ritiene che essi siano troppi. Anzi, ne parla
esplicitamente. Ecco la risposta del Papa in proposito: "Si dice talora che oggi
ci sono troppe beatificazioni. Ma questo, oltre a rispecchiare la realtà, che
per grazia di Dio è quella che è, corrisponde anche al desiderio espresso dal
Concilio. Il Vangelo si è talmente diffuso nel mondo e il suo messaggio ha messo
così profonde radici, che proprio il grande numero di beatificazioni rispecchia
vividamente l'azione dello Spirito Santo e la vitalità che da Lui scaturisce nel
campo più essenziale per la Chiesa, quello della santità. È stato infatti il
Concilio a mettere in particolare rilievo la chiamata universale alla santità"
(13-VI- 1994, in apertura del Concistoro straordinario in preparazione al
Giubileo del 2000).
Nella
Tertio Millennio adveniente Giovanni Paolo II scrive: "In questi anni si
sono moltiplicate le canonizzazioni e le beatificazioni. Esse manifestano la
vivacità delle Chiese locali, molto più numerose oggi che nei primi secoli e nel
primo millennio. Il più grande omaggio, che tutte le Chiese renderanno a Cristo
alla soglia del terzo millennio, sarà la dimostrazione dell'onnipotente presenza
del Redentore mediante i frutti di fede, di speranza e di carità in uomini e
donne di tante lingue e razze, che hanno seguito Cristo nelle varie forme della
vocazione cristiana" (TMA, 37).
Nella Lettera Apostolica
Novo Millennio ineunte, il Papa osserva inoltre: "Le vie della santità
sono molteplici, e adatte alla vocazione di ciascuno. Ringrazio il Signore che
mi ha concesso di beatificare e canonizzare, in questi anni, tanti cristiani, e
tra loro molti laici che si sono santificati nelle condizioni più ordinarie
della vita" (NMI,
31).
Certamente, tante beatificazioni e canonizzazioni sono anche un
segno della capacità di inculturazione della vita della fede cristiana e della
Chiesa.
6. Vorrei infine soffermarmi sul contributo culturale dato dai
santi, dal loro culto e dal fervoroso e serio lavoro di studio che precede e
segue la loro canonizzazione.
Il Concilio Vaticano II chiese che un'"accurata investigazione
storica, teologica e pastorale" circondasse la proposta del culto dei santi (Sacrosanctum
Concilium n.23). Tale indicazione trovava già preparata, e oggi
pienamente sperimentata, la Congregazione delle Cause dei Santi.
La cura della verità storica fu sempre presente nel lavoro della
Congregazione delle Cause dei Santi. Già in un "Decreto" di Pio X del 26.8.1913,
poi recepito nel "Codice di Diritto Canonico" del 1917, chiedeva la raccolta e
lo studio di tutti i documenti storici relativi alle cause. Ma la fondamentale
novità fu apportata dal Motu Proprio "Già da qualche tempo" del 6.2.1930,
con il quale Pio XI istituiva presso la Congregazione dei Riti la "Sezione
storica", con il compito di portare il suo efficace contributo per la
trattazione delle cause "storiche", cioè di quelle senza testimoni contemporanei
ai fatti in causa. Il servizio reso dalla "Sezione storica", poi denominata dal
1969 "Ufficio storico-agiografico", fu esteso a tutte le cause, anche a quelle
"recenti", accrescendo la sensibilità storico-critica a tutti i livelli e in
tutte le fasi del processo. Finalmente, la Costituzione Apostolica "Divinus
perfectionis Magister", del 25.1.1983, seguita dalle "Normae servandae" del
7.2.1983, sancì definitivamente il determinante apporto del metodo e della
qualità storica nella trattazione delle cause dei santi.
La verità storica, tanto diligentemente ricercata per motivi
teologici e pastorali, porta molti benefìci anche alla presentazione culturale
dei santi. I nuovi beati e santi sono "usciti di sacrestia" per essere studiati
e presentati anche come personaggi storicamente significativi, ben dentro alla
vita della loro Chiesa, della loro società, del loro tempo. Così non interessano
più solo alla Chiesa e ai credenti, ma a tutti coloro che si occupano di storia,
di cultura, di vita civile, di politica, di pedagogia ecc. In tale maniera, la
missione di questi straordinari uomini di Dio continua in modo diverso, ma
comunque efficace per il bene di tutta la società. Significativo al riguardo è
il fatto che l'Archivio della Congregazione delle Cause dei Santi non è più
soltanto frequentato da "addetti al lavoro ecclesiastici", ma anche da studiosi
laici che vi attingono per tesi di laurea, per studi storici, di pedagogia, di
sociologia, ecc. perché vi trovano materiale copioso e storicamente attendibile.
7. La santità tocca, dunque, con una sua valenza particolare
anche la cultura. I santi hanno permesso che si creassero dei nuovi modelli
culturali, nuove risposte ai problemi e alle grandi sfide dei popoli, nuovi
sviluppi di umanità nel cammino della storia. Quella dei santi "è un'eredità da
non disperdere - ha più volte insistito il Santo Padre -, ma da consegnare a un
perenne dovere di gratitudine e a un rinnovato proposito di imitazione" (Novo
Millennio ineunte n. 7).
I santi sono come dei fari; hanno indicato agli uomini le
possibilità di cui l'essere umano dispone. Per questo sono interessanti anche
culturalmente, indipendentemente dall'approccio culturale, religioso e di studio
con cui li si avvicini. Un grande filosofo francese del XX secolo, Henry Bergson,
ha osservato che "i più grandi personaggi della storia non sono i conquistatori
ma i santi".
Mentre Jean Delumeau, uno storico del cattolicesimo del
Cinquecento ha invitato a verificare come i grandi risvegli nella storia della
cristianità siano stati caratterizzati da un ritorno alle fonti, cioè alla
santità del Vangelo, provocata dai santi e dai movimenti di santità nella
Chiesa.
In tempi più recenti, il Card. Joseph Ratzinger ha giustamente
affermato che "Non sono le maggioranze occasionali che si formano qui o là nella
Chiesa a decidere il suo e nostro cammino. Essi, i Santi, sono la vera,
determinante maggioranza secondo la quale noi ci orientiamo. Ad essa noi ci
atteniamo! Essi traducono il divino nell'umano, l'eterno nel tempo".
8. In un mondo che cambia, i santi non solo non restano
spiazzati storicamente o culturalmente, ma - mi pare di dover concludere -
stanno diventando un soggetto ancor più interessante e attendibile. In un'epoca
di caduta delle utopie collettive, in un'epoca di diffidenza e di inappetenza di
quanto è teorico e ideologico sta sorgendo una nuova attenzione verso i santi,
figure singolari nelle quali si incontra non una teoria e neanche semplicemente
una morale, ma un disegno di vita da narrare, da scoprire con lo studio, da
amare con la devozione, da attuare con la imitazione.
Di questo risveglio di attenzione verso i santi non c'è che da
rallegrarsi perché i santi sono di tutti, sono un patrimonio dell'umanità che si
sporge oltre se stessa in uno sviluppo che mentre onora l'uomo rende anche
gloria a Dio, perché "gloria di Dio è l'uomo vivente" (s. Ireneo di Lione).
Tutto quanto fin qui considerato, mi piace leggerlo alla luce di
un messaggio, davvero avvincente, del Santo Padre Giovanni Paolo II, che mi pare
possa dare, a chi riflette su questo tema, almeno un'idea della visione del
Sommo Pontefice circa la santità, inscindibilmente legata alla dignità
battesimale di ogni cristiano, e quindi spiegare meglio anche il ruolo delle
beatificazioni e canonizzazioni nel cammino pastorale della Chiesa, in questi
XXV anni di pontificato di Karol Wojtyla. Il messaggio è quello inviato per la
giornata mondiale di preghiera per le vocazioni del 2002: "Compito primario
della Chiesa è accompagnare i cristiani sulle vie della santità. (...) La Chiesa
è "la casa della santità", e la carità di Cristo, effusa dallo Spirito
Santo, ne costituisce l'anima" (AAS, vol. XCIV, 3 maggio 2002, n. 5).
Nella Chiesa dunque tutto, ed ogni vocazione in particolare è a
servizio della santità! Ed è indubbiamente in questo senso che quando guardiamo
alla Chiesa, non dobbiamo mai dimenticare di vedere in essa il volto della
"madre dei santi", che genera santità con feconda e magnanima
sovrabbondanza.
Card. JOSÉ SARAIVA MARTINS
Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi
Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi
Fonte : http://www.vatican.va
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