LA CATECHESI SUL SALMO 44
"canto nuziale del dono d'amore"
di Papa Giovanni Paolo II
ALL’UDIENZA GENERALE
Udienza Generale , mercoledi 29
settembre 2004
Salmo 44,2-10 - Le
nozze del Re
Vespri del Lunedì della 2a settimana (Lettura: Sal 44,2-3.7-8)
1. «Canto al re il mio poema»: queste parole,
poste in apertura del Salmo 44, orientano il lettore circa il carattere
fondamentale di questo inno. Lo scriba di corte che lo ha composto ci rivela
subito che si tratta di un carme in onore del sovrano ebraico. Anzi, percorrendo
i versetti della composizione, ci si accorge di essere in presenza di un
epitalamio, ossia di un cantico nuziale.Vespri del Lunedì della 2a settimana (Lettura: Sal 44,2-3.7-8)
Gli studiosi si sono impegnati a identificare le coordinate storiche del Salmo sulla base di qualche indizio - come il collegamento della regina con la città fenicia di Tiro (cfr v. 13) - ma senza riuscire a compiere una precisa identificazione della coppia reale. Rilevante è che di scena sia un re ebraico, perché questo ha permesso alla tradizione giudaica di trasformare il testo in canto al re Messia, e a quella cristiana di rileggere il Salmo in chiave cristologica e, per la presenza della regina, anche in prospettiva mariologica.
2. La Liturgia dei Vespri ci fa usare questo Salmo come preghiera, articolandolo in due momenti. Noi ora abbiamo ascoltato la prima parte (cfr vv. 2-10) che, dopo l’introduzione già evocata dello scriba autore del testo (cfr v. 2), presenta uno splendido ritratto del sovrano che sta per celebrare le sue nozze.
Per questo il giudaismo ha riconosciuto nel Salmo 44 un canto nuziale, che esalta la bellezza e l’intensità del dono d’amore tra i coniugi. In particolare, la donna può ripetere con il Cantico dei cantici: «Il mio diletto è per me e io per lui» (2,16). «Io sono per il mio diletto e il mio diletto è per me» (6,3).
3. Il profilo dello sposo regale è tracciato in modo solenne, col ricorso a tutto l’apparato di una scena di corte. Egli reca le insegne militari (Sal 44,4-6), a cui si aggiungono sontuose vesti profumate, mentre sullo sfondo brillano i palazzi rivestiti d’avorio nelle loro sale grandiose e risonanti di musiche (cfr vv. 9-10). Al centro si leva il trono ed è menzionato lo scettro, due segni del potere e dell’investitura regale (cfr vv. 7-8).
A questo punto, vorremmo sottolineare due elementi. Innanzitutto la bellezza dello sposo, segno di uno splendore interiore e della benedizione divina: «Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo» (v. 3). Proprio sulla base di questo versetto la tradizione cristiana raffigurò il Cristo in forma di uomo perfetto e affascinante. In un mondo spesso segnato da bruttezze e brutture questa immagine è un invito a ritrovare la «via pulchritudinis» nella fede, nella teologia e nella vita sociale per ascendere alla bellezza divina.
4. La bellezza, però, non è fine a se stessa. La seconda nota che vorremmo proporre riguarda proprio l’incontro tra bellezza e giustizia. Infatti, il sovrano «avanza, per la verità, la mitezza e la giustizia» (v. 5); egli «ama la giustizia e l’empietà detesta» (v. 8) e il suo è uno «scettro giusto» (v. 7) La bellezza si deve coniugare con la bontà e la santità di vita così da far risplendere nel mondo il volto luminoso di Dio buono, mirabile e giusto.
Nel v. 7, secondo gli studiosi,
l’appellativo «Dio», sarebbe rivolto al re stesso perché consacrato dal Signore
e, quindi, appartenente in qualche modo all’area divina: «Il tuo trono, Dio,
dura per sempre». Oppure potrebbe essere un’invocazione all’unico re supremo, il
Signore, che si china sul re-Messia. Certo è che la Lettera agli Ebrei,
applicando il Salmo a Cristo, non ha esitazione nel riconoscere la divinità
piena e non meramente simbolica al Figlio entrato nella sua gloria (cfr Eb
1,8-9).
5. Sulla scia di questa lettura
cristologica, concludiamo rimandando alla voce dei Padri della Chiesa, che
attribuiscono ad ogni versetto ulteriori valori spirituali. Così, sulla frase
del Salmo in cui si dice che «Dio ha benedetto per sempre» il re-Messia (cfr
Sal 44,3), san Giovanni Crisostomo intesse questa applicazione cristologica:
«Il primo Adamo fu ricolmato di una grandissima maledizione, il secondo invece
di larga benedizione. Quello aveva udito: "Maledetto nelle tue opere" (Gn
3,17), e di nuovo: "Maledetto chi compie fiaccamente l’opera del Signore" (Ger
48,10), e "Maledetto chi non rimane fedele a tutto ciò che è scritto in questo
libro" (Dt 27,26) e "Maledetto chi pende dal legno" (Dt 21,23).
Vedi quante maledizioni? Da tutte queste maledizioni ti ha liberato Cristo,
fattosi maledizione (cfr Gal 3,13): come infatti si è umiliato per
innalzarti ed è morto per renderti immortale, così è divenuto maledizione per
ricolmarti di benedizione. Che cosa puoi mai paragonare con questa benedizione
quando per mezzo di una maledizione ti elargisce una benedizione? Lui infatti
non aveva bisogno di benedizione, ma la dona a te» (Expositio in Psalmum XLIV,
4: PG 55, 188-189).
Udienza Generale , mercoledi 6
ottobre 2004
Salmo 44,11-18 - La Regina e
la Sposa
Vespri del Lunedì della 2a Settimana (Lettura: 44,11-12.14-15.18)
1. Il dolce ritratto femminile che ci è stato
offerto costituisce il secondo quadro del dittico di cui si compone il Salmo 44,
un sereno e gioioso canto nuziale, che la Liturgia dei Vespri ci fa
leggere. Così, dopo aver contemplato il re che sta celebrando le nozze (cfr vv.
2-10), ora i nostri occhi si fissano sulla figura della regina sposa (cfr vv.
11-18). Questa prospettiva nuziale ci permette di dedicare il Salmo a tutte le
coppie che vivono con intensità e freschezza interiore il loro matrimonio, segno
di un «mistero grande», come suggerisce san Paolo, quello dell’amore del Padre
per l’umanità e di Cristo per la sua Chiesa (cfr Ef 5,32). Tuttavia il
Salmo apre un orizzonte ulteriore.Vespri del Lunedì della 2a Settimana (Lettura: 44,11-12.14-15.18)
Di scena, infatti, è il re ebraico e proprio in questa prospettiva la tradizione giudaica successiva vi ha letto un profilo del Messia davidico, mentre il cristianesimo ha trasformato l’inno in un canto in onore di Cristo.
2. Ora, però, la nostra attenzione si fissa sul profilo della regina che il poeta di corte, autore del Salmo (cfr Sal 44,2), dipinge con grande delicatezza e sentimento. L’indicazione della città fenicia di Tiro (cfr v. 13) fa supporre che si tratti di una principessa straniera. Acquista, allora, un significato particolare l’appello a dimenticare il popolo e la casa del padre (cfr v. 11), da cui la principessa si è dovuta allontanare.
La vocazione nuziale è una svolta nella vita e cambia l’esistenza, come già emerge nel libro della Genesi: «L’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne» (Gn 2,24). La regina sposa avanza ora, col suo corteo nuziale che reca i doni, verso il re affascinato dalla sua bellezza (cfr Sal 44,12-13).
3. È rilevante l’insistenza con cui il Salmista esalta la donna: ella è «tutta splendore» (v. 14) e questa magnificenza è espressa dall’abito nuziale tutto intessuto d’oro e arricchito di preziosi ricami (cfr vv. 14-15).
La Bibbia ama la bellezza come riflesso dello splendore di Dio stesso; anche le vesti possono assurgere a segno di una luce interiore sfolgorante, di un candore dell’anima.
Il pensiero corre in parallelo, da un lato, alle pagine mirabili del Cantico dei Cantici (cfr cc. 4 e 7) e, dall’altro, alla ripresa dell’Apocalisse che tratteggia le «nozze dell’Agnello», cioè di Cristo, con la comunità dei redenti, puntualizzando il valore simbolico delle vesti nuziali: «Sono giunte le nozze dell’Agnello; la sua sposa è pronta, le hanno dato una veste di lino puro splendente. La veste di lino sono le opere giuste dei santi» (Ap 19,7-8).
4. Accanto alla bellezza, è esaltata la gioia che traspare nel festoso corteo delle «vergini compagne», le damigelle che accompagnano la sposa «in gioia ed esultanza» (cfr Sal 44,15-16). La letizia genuina, molto più profonda della semplice allegria, è espressione di amore, che partecipa al bene della persona amata con serenità di cuore.
Ora, secondo le parole augurali conclusive, si delinea un’altra realtà insita radicalmente nel matrimonio: la fecondità. Si parla, infatti, di «figli» e di «generazioni» (cfr vv. 17-18). Il futuro, non solo della dinastia ma dell’umanità, si attua proprio perché la coppia offre al mondo nuove creature.
È, questo, un tema rilevante ai nostri giorni, nell’Occidente spesso incapace di affidare la propria esistenza al futuro attraverso la generazione e la tutela di nuove creature, che continuino la civiltà dei popoli e realizzino la storia della salvezza.
5. Molti Padri della Chiesa, come è noto, hanno letto il ritratto della regina applicandolo a Maria, a partire dall’appello iniziale: «Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio…» (v. 11). Così accade, ad esempio, nell’Omelia sulla Madre di Dio di Crisippo di Gerusalemme, un cappadoce che in Palestina fu tra i monaci iniziatori del monastero di sant’Eutimio e, divenuto sacerdote, fu guardiano della santa Croce nella basilica dell’Anastasis a Gerusalemme.
«A te è indirizzato il mio discorso - egli dice rivolgendosi a Maria -, a te che devi andare sposa al grande sovrano; a te si rivolge il mio discorso, a te che stai per concepire il Verbo di Dio, nel modo che Egli conosce… "Ascolta, figlia, e vedi; piega il tuo orecchio"; infatti si verifica il fausto annuncio della redenzione del mondo. Piega il tuo orecchio e ciò che ascolterai solleverà il tuo cuore… "Dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre": non prestare attenzione alla parentela terrena, perché tu sarai trasformata in una regina celeste. E ascolta - dice - quanto ti ami colui che è il Creatore e Signore di tutte le cose. "Infatti il re - dice - brama la tua bellezza": il Padre stesso ti prenderà come propria sposa; lo Spirito predisporrà tutte le condizioni che sono necessarie a questo sposalizio… Non credere di partorire un bambino umano, "perché egli è il tuo Signore e tu lo adorerai". Il tuo Creatore è diventato il tuo bambino; lo concepirai e, con gli altri, lo adorerai come tuo Signore» (Testi mariani del primo millennio, I, Roma 1988, pp. 605-606).
Fonte : www.vatican.va
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