SOLENNITÀ
DELL'EPIFANIA DEL SIGNORE
OMELIA DEL SANTO PADRE PAOLO VI
OMELIA DEL SANTO PADRE PAOLO VI
6 gennaio
1975
Figli e Figlie, in Cristo tutti
carissimi!
Ecco un giorno memorabile! Per la
vostra vita : esso segna un momento, che conferma quelli decisivi della vostra
vocazione, della vostra scelta ecclesiale, religiosa, missionaria negli anni
venturi, che il Signore concederà al vostro pellegrinaggio nel tempo; un
momento, che qualifica, cioè dà una forma, un aspetto, uno stile sia alla vostra
spiritualità interiore, la vostra spiritualità missionaria, e sia alla vostra
esteriore funzione professionale, nella quale sarà impegnato il vostro cuore, il
vostro lavoro, la vostra dedizione al servizio della Chiesa: la vostra attività
missionaria. Giorno memorabile: procuriamo di viverlo bene, con tutta
l'intensità dei nostri animi, e con lo studio delle circostanze, che lo rendono
singolare e degno poi di futura riflessione. Il punto focale, centrale cioè, dei
nostri pensieri, adesso è quello dell'Epifania. Epifania significa
manifestazione, apparizione, rivelazione. Epifania è un termine generico,
astratto; esso acquista significato e valore dall'oggetto a cui si riferisce.
Nel nostro caso sappiamo bene a chi 'ed a che cosa si riferisce; esso si
riferisce alla manifestazione di Gesù Cristo in questa terra, al mondo, alla
umanità (Cfr. S. AUGUSTINI Sermo 200; PL 38, 1029).
Di per sé questa parola è
comprensiva di tutto il piano rivelatore di Dio. La famosa lettera agli Ebrei si
apre appunto con una visione sintetica. Come si è manifestato Dio agli uomini?
Multifariam, multisque modis: a più riprese, ed in molti modi (Hebr. 1,
1). Il meraviglioso spettacolo del panorama naturale, e possiamo aggiungere,
tutto il campo della creazione, il regno delle scienze, l'esperienza delle cose,
la cosmologia, a chi bene la osserva, a chi penetra con l'intelligenza e con la
simpatia della nostra capacità di conoscere e di individuare la ragione profonda
degli esseri, sono già forme di linguaggio, mediante le quali Dio, Principio
creatore dell'universo, parla a chi lo sa ascoltare: parla di potenza, parla di
sapienza, parla di bellezza, parla di mistero. Per quanto miope, per quanto
insensibile, l'uomo si dimostri davanti allo scenario delle cose, minime e
massime che siano, microbi o astri di smisurata grandezza, un Disegno, un
Pensiero, una Parola emana dagli esseri esistenti; e un'esigenza logica
fondamentale reclamerebbe da lui, dall'uomo, e tanto di più quanto meglio egli è
istruito ed evoluto, un riconoscimento religioso, un'adorazione, un cantico
delle creature.
Citiamo un Autore, iniziato a questo
confronto dell'uomo moderno con l'esplorato mondo circostante; egli scrive:
«l'arricchimento e il turbamento del pensiero religioso, nel nostro tempo,
derivano senza dubbio dalla rivelazione che si apre, intorno a noi ed in noi,
dalla grandezza e dall'unità del Mondo. Intorno a noi, l'e Scienze del Reale
distendono smisuratamente gli abissi del tempo e dello spazio, palesano
incessantemente dei vincoli nuovi fra elementi dell'universo» (PIERRE TEILHARD
DE CHARDIN, Le milieu divin, p. 2). Procuriamo noi religiosi, noi
credenti, di non perdere di vista questo primo schermo della rivelazione
naturale di Dio, ma di tenerlo presente sullo sfondo della nostra panoramica
conoscitiva e spirituale, per alimentare con genuine impressioni il nostro
sentimento religioso e la nostra meraviglia esistenziale circa l'opera di Dio e
circa la nostra stessa vita; e per essere in migliore condizione di valutare la
nuova, la gratuita, la sbalorditiva, la misteriosa epifania, che Dio si è
degnato di compiere nella scena umana, mediante l'Incarnazione e la successiva
economia della salvezza.
Dalla piattaforma della rivelazione
naturale noi potremo meglio apprezzare l'originalità eccezionale della comparsa
del Verbo di Dio stesso, «per mezzo del quale tutto è stato fatto» (Io.
1, 3), in un istante, in un angolo dell'opera sua, nel Vangelo. Il Verbo di Dio,
Dio lui stesso, si è manifestato in aspetto umano. Egli ha abitato con noi.
Meraviglia, delle meraviglie: Egli si è manifestato nelle sembianze più piccole
e più umili, nel silenzio, nella povertà, bambino, poi giovane, poi artigiano, e
finalmente Maestro e Profeta, capace di dominare miracolosamente le cose e le
sofferenze umane, la morte stessa, e di presentarsi nella prospettiva preparata
per secoli, quella del Messia, e più che Figlio dell'uomo, Figlio di Dio,
l'Agnello espiatore di tutti i peccati umani presentati al suo riscatto, il
Salvatore, il Risorto per il regno di Dio e per il secolo eterno.
Oh! Figli carissimi, voi conoscete
questo grande e misterioso ciclo della rivelazione di Cristo, e sapete come
messo investa tutta la terra, tutta la storia; e come la via, la verità, la
vita, sia Lui, quel Gesù, di cui oggi noi, la Chiesa sua, celebriamo la
manifestazione nel mondo. Avremo mai meditato abbastanza questa «storia sacra»,
questo disegno di Dio riguardo alla umanità, questo mistero di salvezza, da cui
dipende ogni nostro destino? No, non mai abbastanza! Gli anni, tanto brevi e
veloci della nostra esistenza terrena, non basterebbero a saziare il nostro
studio, la nostra meditazione, la nostra contemplazione. E, sì, noi tutti non
tralasceremo mai di prolungare questa indagine teologica e spirituale per tutta
la durata della nostra vita. Essa sarà come la lampada accesa sul sentiero che
si apre davanti. Ma ecco che una duplice conclusione, l'una e l'altra derivata
dal mistero stesso dell'Epifania, si riflette, con chiarezza decisiva, sulla
vostra vita vissuta. E di questa duplice conclusione, voi, Figlie e Figli
carissimi, fate senz'altro programma della vostra vita.
La prima conclusione è la fede.
Bisogna accettare in pieno la verità, la realtà dell'Epifania; vogliamo dire,
della rivelazione di Dio, Padre e Creatore d'ogni cosa, mediante il Verbo,
Figlio suo, Gesù Cristo, in virtù dello Spirito Santo, luce e forza delle anime
battezzate, e fedeli a questa investitura della vita umana, associata per grazia
a quella divina. Oggi è la festa del Credo. Di quel Credo, ch'è stato
proclamato, come un'alleanza nuova, come una comunione vitale ineffabile, al
momento del nostro battesimo. Dobbiamo oggi ripetere, con totale dedizione, con
nuova convinzione, con incomparabile consolazione, il Credo, uno e
cattolico, nostro e di tutti i fedeli al Cristo rivelato. Oh! noi sappiamo quale
dramma relativo alla questione della Fede, dramma di ricerche, di controversie,
di dubbi, di negazioni esista oggi in tanti spiriti e con un decisivo atto di
fede sia non abolito, ma sia però superato. Siete missionari? E di quale
missione, se non di quella della fede? È per la fede, che voi partite ed
affrontate il mondo.
Diventate una gente speciale: in un
mondo che sviluppa la sua scienza alla misura del proprio pensiero, voi misurate
la vostra certezza sulla Parola di Dio, della quale la Chiesa, Madre e Maestra,
garantisce l'autenticità. In un mondo, che sembra misurare la propria maturità
razionale, in campo religioso specialmente, dalle incontentabili sottigliezze
dei propri dubbi e dei propri sofismi, voi camminate diritti e sicuri, con
mentalità, che chi non vi conosce potrà qualificare puramente elementare e
popolare mentre essa attinge alla semplicità e alla lucidità della divina
sapienza. Camminate con la logica della fede, diventata principio di pensiero e
d'azione, come c'insegna S. Paolo: il giusto, cioè l'uomo buono, l'uomo
autentico ex fide vivit (Rom. 1, 17; Gal. 3, 11), vive cioè
traendo dalla fede i principii orientatori della propria vita.
La seconda conclusione programmatica
della vostra vocazione è la necessità di Cristo, perché è Cristo; cioè perché
emana da lui una attrazione obbligante a militare per la sua gloria. Chi lo ha
incontrato, chi, in profondità un po' almeno, lo abbia conosciuto, chi abbia
udito l'invito incantevole e avvincente della sua voce, non può non seguirlo; e
lo segue con uno spirito di fiducia e di avventura, che fa del seguace un eroe,
un apostolo, anche qui come enfaticamente, ma realisticamente, conclude San
Paolo: fratres nostri apostoli ecclesiarum, gloria Christi (2 Cor.
8, 23), questi nostri fratelli sono Apostoli delle Chiese, gloria di Cristo!
Necessità di Cristo per se stesso; Egli ben merita l'amore, il dono, il
sacrificio della vita e simultanea deriva la necessità di Cristo per gli uomini,
per tutti i fratelli della terra, perché Egli, ed Egli solo è il Salvatore (Act.
4, 12), mentre l'annuncio della sua salvezza è condizionato all'azione
apostolica, alla diffusione missionaria (Cfr. Rom. 10, 14 ss.). Voi,
Missionari, personificate questa necessità di Cristo.
Oggi, come ieri. Se, infatti, da un
lato, il Missionario cattolico dovrà riconoscere quanto vi è di vero e di santo
anche nelle altre religioni (Cfr.
Nostra Aetate, 2) e, in particolare, i tesori di fede e di grazia, che
le Chiese e le comunità cristiane, da noi pur troppo tuttora separate, ancora
conservano ed alimentano, e se nel suo zelo apostolico egli dovrà astenersi da
ogni sleale proselitismo, resta pur sempre vera la parola del recente Concilio
ecumenico, che «solo per mezzo della Chiesa cattolica di Cristo, la quale è lo
strumento generale della salvezza, si può ottenere ogni pienezza di mezzi
salutari» (Unitatis
Redintegratio, 3). Così dicendo, noi non facciamo . . . del
trionfalismo. Noi cerchiamo, voi ben lo sapete, d'interpretare il sistema
storico-sociale, cioè ecclesiale, che il Signore ha stabilito per la diffusione
del Vangelo e per l'edificazione della sua Chiesa; e voi, Missionari, operai e
collaboratori della Gerarchia apostolica, siete i cruciferi, i portatori della
Croce, mandati nel mondo. Per questo vi sarà oggi consegnato, da noi benedetto,
il Crocifisso: umile crocifisso, segno di pazienza e di confortante coraggio per
voi; segno di fede, di liberazione e di gaudio a quanti voi avrete l'onorifico
ministero di predicarlo e di portarlo.
Fonte : www.vatican.va
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